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Juve a Villar Perosa, Marocchino e i ricordi: “La Primavera e il fascino dell'Ajax”

TORINO – Un Villar Perosa con la Primavera e quattro con la prima squadra. Domenico Marocchino, ala della Juventus anni settanta/ottanta (137 presenze, 12 gol, 2 scudetti e una Coppa Italia), ha vissuto il tradizionale vernissage nella località della Val Chisone tanto cara agli Agnelli prima da ragazzino delle giovanili e poi da giocatore affermato.

Buongiorno Marocchino. Se chiude gli occhi e ripensa alla partita di Villar Perosa disputata con la Primavera, quali sono i primi ricordi?

«Gli sguardi dell’allenatore e dei giocatori della prima squadra…».

Perché?

«In quell’amichevole eravamo partiti fortissimo e qualche problema, noi ragazzini, lo avevamo creato ai “grandi”… Merito dell’allenatore che avevamo in Primavera, Francesco Grosso. Era innamorato dell’Ajax e quando poteva andava a vedere la squadra olandese. Grazie a lui, noi, già in quegli anni, giocavamo a zona e facevamo un fuorigioco sistematico. E nella partita di Villar mandammo in offside più volte gli attaccanti della prima squadra. Al punto da spazientirli un pochino…».

C’è dell’altro?

«Mi vengono ancora i brividi se penso alla baraonda. Noi ragazzi della Primavera non eravamo abituati a giocare davanti a cinquemila persone. Bellissimo, una sensazione pazzesca».

Quando era in Primavera, quale era il suo giocatore preferito?

«Avevo un debole per Bettega. Un po’ perché Roberto, come me, aveva giocato nelle giovanili bianconere. Ma soprattutto perché era un giocatore unico nel suo genere. Bettega era un vero e proprio regista d’attacco, fenomenale anche dal punto di vista tattico. Davvero un grandissimo. Uno come lui non lo vedo nel calcio di oggi».

Se ripensa, invece, agli altri Villar Perosa, quelli vissuti da giocatore della prima squadra?

«Era un appuntamento vissuto sempre con grande responsabilità, ma anche con molta allegria perché arrivava al termine di un ritiro duro».

Il ricordo più bello?

«Più che un aneddoto particolare, porterò sempre con me l’orgoglio del primo Villar vissuto con la prima squadra. Sì, l’immensa soddisfazione per essere arrivato a giocare quella partita tanto sentita dall’altra parte della barricata. Non più solo come ragazzo della Primavera, bensì tra i “grandi”».

Ha mai segnato a Villar Perosa?

«Mi sembra di sì, anzi sono praticamente sicuro. Ma non ricordo come. Però…».

Però…

«Non dimenticherò mai alcuni scherzi fatti a Villar Perosa».

Ad esempio?

«A pranzo mangiavamo in una tavolata disposta a ferro di cavallo. Trapattoni sedeva al centro. Una volta posai uno stuzzicadente sulla sua seggiola. E quando il Trap si sedette… Ma questo è soltanto uno dei tanti scherzi che si facevano. Un altro mio classico era quello di sporcare con un po’ di aceto il bicchiere di vino di qualche compagno. Erano tutti modi per scherzare e fare gruppo. Quelli di Villar erano ritiri nel vero senso del termine, non come quelli di adesso dove tramite i cellulari e la tecnologia non si perde mai il contatto con il mondo esterno».

Ogni tanto le capita di riguardare o cercare sul web delle foto dei suoi Villar Perosa?

«Sinceramente, anche se un pizzico di nostalgia c’è sempre, riguardo pochissimo le foto di quando giocavo. E la sapete perché? Perché altrimenti mi viene da confrontarmi e mi sento vecchio… (risata). A parte le battute, le immagini più belle sono quelle che conservo nella mente. E soprattutto nel cuore. Villar Perosa per tutto il mondo Juventus, inteso come giocatori, società e tifosi, è – e sarà sempre – un momento magico nel quale viene espresso al massimo il senso di appartenenza juventino».

Angel Di Maria, uno dei grandi colpi dell’estate bianconera, vivrà l’atmosfera di Villar Perosa per la prima volta…

«E sono convinto che, nonostante abbia giocato nei top club di mezza Europa (Benfica, Real Madrid, Manchester United, Psg), Di Maria resterà impressionato da Villar e dal tifo bianconero. Capirà immediatamente che cosè la Juventus. Una società che, grazie agli Agnelli, ha allo stesso tempo una dimensione mondiale e famigliare».

Da quando ha smesso di giocare è più tornato a Villar Perosa?

«Sì, un paio di anni fa. Ma in un giorno normale, non per il tradizionale vernissage di agosto. Ho fatto un giro nostalgico per il paese. Dal campo al pensionato, dalla fermata del pullman alla storica trattoria. Ci tornerò anche nei prossimi mesi, stiamo organizzando una rimpatriata».

Cioè?

«Abbiamo pensato di vederci a Villar Perosa noi “ragazzi” classe 1957 e 1956. Un po’ come i compagni di scuola che si ritrovano dopo una quarantina d’anni. Ma rispetto ai tempi d’oro, la partita non sarà al campo di Villar: giocheremo al ristorante… Menù tipico piemontese: agnolotti, fritto misto. E ovviamente vino rosso».

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Fonte: http://www.tuttosport.com/rss/calcio/serie-a


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