l refrain del popolo granata è, parola più parola meno, sempre lo stesso. “Per una Juve così in sofferenza è una fortuna trovare il Toro, abituato a rianimare le squadre in crisi”. È un complesso insieme di scaramanzia, pessimismo e, certo, anche realismo, nel momento in cui si confrontano i differenti valori di chi scenderà in campo. Questo tipo di riflessione dipende pure dall’andamento di una stagione che era iniziata benissimo (vittoria a Monza, pareggio con la Lazio, vittoria a Cremona) e si è incartata per una serie di circostanze anche sfortunate, producendo un solo punto nelle ultime quattro partite, per di più agguantato in modo fortunello – ancorché meritatissimo – sul finire della gara con l’Empoli. Il pareggio di domenica scorsa, tuttavia, è la testimonianza di quanto sia vivo il Toro, ancorché mortificato dai risultati e da una posizione in classifica inferiore alle aspettative. Eppure, conquistare i tre punti nel derby significherebbe scavalcare la Juve e sistemarsi in una riga della classifica appena a ridosso di chi nutre ambizioni europee. Nello stesso tempo, allungare la serie negativa potrebbe ridurre in modo inquietante la distanza dalla zona retrocessione: per carità, in mezzo ci sono tante squadre, tuttavia ritrovarsi a +3 o +4 sulla terz’ultima non sarebbe di sicuro una comfort zone.
Ma il vero contraccolpo negativo a una sconfitta andrebbe ben al di là dell’immediato, perché – discorsi di classifica a parte – rischierebbe di consegnare i granata a un’annata anonima, di quelle nelle quali all’inizio della primavera ci si comincia a interrogare ossessivamente sul futuro, tanto per non pensare al presente. Il punto della situazione si farà tra un mese esatto, quando la Serie A si fermerà fino al nuovo anno per il Mondiale in Qatar. A gennaio, è cosa nota e risaputa, la società dovrà muoversi sul mercato per risolvere una volta per tutte l’equivoco dell’attaccante e per garantire a Juric un’alternativa in più in mezzo al campo: senza dimenticare che rimane aperto il discorso che conduce a Praet, vera ferita aperta delle trattative d’estate.
Torino, ecco cosa può succedere a gennaio
Ecco, è chiaro che un Torino nella parte destra della classifica, e neppure all’inizio magari, difficilmente stimolerebbe Cairo a investire una parte del denaro messo da parte con la cessione di Bremer alla Juventus. Giusto o sbagliato che sia – non è difficile immaginare il pensiero nostro e dei tifosi – sarebbe una conseguenza molto probabile, per non dire certa. Ben diverso sarebbe l’atteggiamento del pur oculato presidente a fronte di una condizione tale da nutrire ambizioni da un bel po’ di tempo sopite. Ma c’è un altro aspetto che per molti versi potrebbe essere devastante. In diverse occasioni Juric ha mandato segnali di insofferenza per le strategie societarie: un atteggiamento tipico del suo carattere e che, in qualche modo, è diventato parte della dialettica tra l’allenatore, Cairo e il direttore tecnico Vagnati. Se gli eventi precipitassero, diventerebbe naturale per il croato guardarsi attorno alla ricerca di una piazza dove ricominciare a lavorare in un certo modo, a dispetto dell’anno di contratto che ancora lo lega al Torino. A quel punto, assisteremmo a un azzeramento totale e sarebbe necessario ricominciare da capo, sgretolando definitivamente il progetto cominciato con l’avvento di Juric. Pensieri brutti, per allontanare i quali serviranno una prestazione importante e un risultato diventato un miraggio nei derby: la vittoria.
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