TORINO – La Juventus dopo aver avviato la rivoluzione interna degli uomini – con le dimissioni collettive del consiglio d’amministrazione – non concede il bis con la rivoluzione ideologica. Resta la convinzione di aver operato in maniera corretta e in buona fede. Il comunicato del club di ieri pomeriggio, che potete leggere a pagina 2, ne è la testimonianza più chiara. Dunque da una parte cambio degli uomini, rispetto delle istituzioni con il recepimento delle correzioni richieste dalla Consob per poter prossimamente approvare il bilancio, ma convinzione piena di aver agito senza dolo, rispettando la legge. Le contestazioni principali arrivate da Consob e Procura di Torino riguardano le cosiddette plusvalenze e la manovra spalma stipendi. Bene, proprio perché è doveroso rispettare la giustizia possiamo concentraci sul secondo aspetto poiché, sul primo, la Procura Federale, indagando su undici club compresa la Juventus e 59 dirigenti, ha perso in due gradi di giudizio. E non parliamo dei tempi del codice Rocco, bensì del 15 aprile 2022 e del 17 maggio. Dunque veniamo al cuore del problema, la manovra stipendi. Di cosa si tratta? Dello slittamento del pagamento di alcune mensilità nella stagione successiva per mitigare la crisi finanziaria partorita dall’emergenza Covid con chiusura degli stadi e tutto il resto. Il problema è che lo slittamento del pagamento non avrebbe dovuto trovare corrispondenza nello slittamento dei costi. Detto male, se a un giocatore devo dare 10 euro e lo stesso accetta di prenderne 4 nel campionato successivo, il criterio civilistico prevede che io carichi comunque il costo di 10 euro nel bilancio che sto approvando e non in quello seguente. Come minimo si sarebbe dovuta registrare la particolarità a una voce: “fondo” o “accantonamento rischi”. Cosa che non è avvenuta. La Juventus, sulla questione, si difende dicendo che non vi era certezza dell’obbligatorietà di corresponsione della quota non ancora versata in quanto era subordinata alla ripresa o disputa dei campionati, in forse sempre per il Covid.
La Procura, però, ha diramato un comunicato in cui spiega di aver sequestrato scritture private in cui vi era un impegno incondizionato da parte del club di pagare comunque la quota mancante. Ma in realtà qual è il peso specifico del tutto? Ovvero, data per acquisita l’irregolarità contabile – “si deve tener conto dei proventi e degli oneri di competenza dell’esercizio indipendentemente dalla data dell’incasso e del pagamento”, l’osservazione Consob -, in che misura c’è stata un’alterazione rispetto alla portata dei bilanci? Secondo la Consob, nel bilancio 2019/20 si sarebbero dovuti inserire 40.5 milioni di euro di emolumenti in più, nel 2020/21 18,8 milioni in più e nel 2021/22 51,4 milioni in meno, contabilizzando complessivamente circa 8 milioni in meno. Otto milioni che, rispetto ai tre fatturati – circa 1 miliardo e mezzo – rappresentano circa lo 0.5%. Questo dato non serve per capire se la Juventus ha sbagliato o meno, ma certo aiuta a comprendere la portata dell’eventuale misfatto. Chiedendo a un paio di commercialisti di primissima fascia il livello di gravità degli eventuali reati – il più pesante potrebbe essere una serie di irregolarità che sommate configurerebbero il falso in bilancio – abbiamo avuto come risposta “Niente di così impattante”. I reati gravi riguardano la distrazione di somme. Qui, invece, si sarebbe andati incontro a un mancato rispetto di conformità ai criteri civilistici nel redarre il bilancio. Solo per alcuni soggetti la contestazione potrebbe sfrangiare nel penale ma anche in questo caso con condanne difficilmente rilevanti. L’irregolarità sarebbe stata identica anche se la Juventus non fosse quotata in borsa. La differenza rilevante è che qui si potrebbe assistere a richieste danni da parte dei piccoli azionisti.
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