C’è tutta la rabbia dei tifosi più fedeli. Quelli che da ogni parte d’Italia – Roma, Venezia, Piemonte e non solo – avevano già prenotato treni, voli e organizzato macchinate per poter essere vicini alla Juventus Women nella trasferta di domani a Pomigliano. E che, martedì, hanno dovuto fare i conti con il comunicato della società ospitante: “La gara si giocherà a porte chiuse per l’indisponibilità dello stadio Gobbato”. Una doccia fredda che per i due gruppi di tifosi, Dominio Bianconero e Juventus Women Supporter, è in realtà solo la goccia che fa traboccare il vaso, di fronte a un professionismo che, come si legge in un comunicato congiunto, “è fatto di parole, mentre la realtà è ben diversa. All’estero il pubblico cresce, qui diminuisce. Le calciatrici meritano un pubblico, noi meritiamo di seguire la nostra squadra del cuore”.
La spiegazione che non convince i tifosi
Perché a loro i soldi già spesi nessuno li rimborsa: «Il professionismo tanto acclamato deve iniziare a essere sostenuto da fatti concreti. Il campo non è agibile? Vittoria a tavolino e multa. Altrimenti non cresceremo mai» lo dice Ersilia Cuna, a nome dei tifosi che hanno inondato di proteste anche il Pomigliano. Che, dal canto suo, ha spiegato come la contemporaneità con la gara di Serie D della Palmese «ci ha impedito di giocare come al solito a Palma Campania, abbiamo cercato altre soluzioni, ma invano. E quindi la scelta è stata obbligata. Per noi il calcio è lo sport della gente, siamo i primi a volere il pubblico». Una spiegazione che non basta ai tifosi, «il calendario di Serie D è programmato da mesi, c’era il tempo di trovare una soluzione. Anzi, si doveva trovare una soluzione. O vogliamo che il professionismo rimanga solo un concetto astratto?».