I rossoneri non si sono fermati al tesoretto: hanno capitalizzato le risorse dalla cessione del centrocampista senza cedere alle occasioni più ghiotte ma non utili, cercando giocatori di livello capaci di portare forza e qualità
Il 6 giugno, giorno dell’addio di Maldini al Milan, era palpabile un clima di grande sconforto in casa rossonera. In molti pensavano che quello sarebbe stato il segno addirittura di un veloce declino, così come fulmineo era stato l’effetto del proficuo lavoro di un simbolo, un mito, più ancora che un dirigente. Un “indiscutibile”, per essere chiari. Quel giorno, in netta controtendenza con l’umore generale, ci permettemmo di scrivere che bisognava tributare tutti gli onori ad un personaggio eccezionale come Paolo Maldini, uno dei segreti di una squadra capace di arrivare allo scudetto, ma che bisognava anche aspettare per giudicare, anzi per criticare anzitempo, il lavoro dei nuovi dirigenti. Che meritavano di essere appunto giudicati su quanto sarebbero riusciti a fare sul campo.