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Marengo: “Sogno un Toro con Vanoli in panchina e un nuovo proprietario”

Avvocato Marengo, lei ha raggiunto il corteo di protesta quando si è avvicinato allo stadio Grande Torino. Che effetto le ha fatto vedere quella fiumana di gente?

«Bellissimo, davvero. Questa contestazione è stata organizzata in tre giorni, a fine agosto e con un caldo insopportabile. Tanta gente non era nemmeno in città per le ferie. Penso che sia una protesta paragonabile alla marcia dei 50 mila del 2003: ai tempi non c’erano i social, fu una manifestazione organizzata con largo anticipo e tutta la stampa fece da notevole cassa di risonanza. Vennero coinvolti tanti nomi di spicco del mondo granata, ai tempi, ma questa marcia non ha nulla da invidiare a quella: è stata un capolavoro, sì».

Cosa risponde a chi pensa che la protesta sia indirizzata solo e unicamente alla cessione di Raoul Bellanova all’Atalanta?

«Anche la Prima Guerra Mondiale esplose con l’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono d’Austria e Ungheria. La cessione di Bellanova è solo la miccia che ha fatto esplodere la bomba. Questa è una protesta con radici molto più profonde rispetto ad una plusvalenza, ad un giocatore ceduto dopo un solo anno al Toro».

Come spiegherebbe, a chi non li conosce, i motivi che inducono i tifosi a chiedere un passo indietro di Cairo?

«Molto facile: per prima cosa il Toro non è il Sassuolo, con tutto il rispetto per gli emiliani, e non può galleggiare come succede da 19 anni a questa parte nel limbo della Serie A. Parliamo di una società senza ambizioni e senza un progetto tecnico. Per non parlare della storia: quella del Toro, con Cairo, è finita nell’oblio e non è accettabile. E il terzo aspetto, quello che considero il più grave, è questo: Cairo ha trasformato il Toro in una squadra da risultato. Ma il Toro è una squadra sociale, che rappresenta un mondo. Eppure non ha radici sul territorio. Basti pensare che il centro nevralgico del club è a Milano, negli uffici di Cairo».

La protesta ha avuto un seguito roboante: 20 mila persone, fra quelle che hanno marciato e quelle che si sono ritrovate fuori dallo stadio. Ma i prossimi step quali saranno?

«Non si può pensare che l’azione di domenica diventi replicabile in ogni weekend di campionato. Ma almeno tutta Italia ha capito, una volta per tutte, che il mondo granata non è con Cairo. I sondaggi di cui ama fregiarsi sono farlocchi. Ora non bisogna mollare la presa: sicuramente mi aspetto un urlo di ribellione dalla Maratona durante ogni gara casalinga, salvaguardando sempre la squadra, com’è accaduto contro l’Atalanta. Solo così, con una disapprovazione continua, è possibile ottenere qualcosa».

Il mondo Toro chiede un’uscita di scena di Cairo. Ma i tifosi come immaginano una nuova proprietà?

«Dobbiamo essere realisti: nel calcio di oggi i fondi d’investimento sono una componente, un fattore indispensabile per lo sviluppo del business. Persino l’Atalanta è gestita così: c’è il mecenate Percassi, ma anche l’anima statunitense. Io immagino un fondo che possa prendere il Toro, scegliendo delle figure che possano rappresentare il mondo granata. Immagino Paolino Pulici presidente onorario, per dirne una. Immagino gente come Asta e Benedetti in società. Sono andati via loro e non c’è più nulla di granata nel club, nessuno che possa raccontare il Toro».

Bella la risposta della squadra contro l’Atalanta. Se l’aspettava?

«Si, perché nello sport l’adrenalina è il doping più potente in assoluto. La protesta non è mai stata contro i giocatori, così loro si sono compattati e hanno trovato il modo per tirare fuori una partita di nervi. Poi è ovvio che i limiti ci siano: la rosa è raffazzonata e dobbiamo augurare una vita calcistica lunghissima a Zapata, perché se si inceppa qualcosa sono dolori davanti».

E Vanoli? Si aspettava una presa di posizione così netta sulla cessione di Bellanova?

«Ecco, voglio spendere un elogio sincero nei suoi confronti. Raramente ho sentito in vita mia un allenatore così lucido, schietto e libero da servilismi. Non è decisamente un aziendalista e questo aspetto già ce lo fa amare. Vanoli mi ricorda i tre grandi allenatori dopo Superga: Giagnoni era sconosciuto ad alti livelli, Radice fece bene solo a Firenze e anche Mondonico non aveva un vissuto in Serie A. A Torino hanno scritto la storia. Il problema di Vanoli è che i suoi predecessori avevano Pianelli e Borsano come presidenti, lui si ritrova Cairo».

Se dovesse esprimere un desiderio da qui ai prossimi 12 mesi?

«Mi auguro che il prossimo campionato inizi con Vanoli in panchina e con un nuovo proprietario in tribuna».


Fonte: http://www.tuttosport.com/rss/calcio/serie-a

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