Se negli stravaganti test d’ingresso a medicina ci fosse il quiz “quanti anni ha Kean”, da qui in avanti mancherebbero ancora più medici: sbaglierebbero tutti. Da quanto lo vediamo in giro, da quanto ne parliamo, la riposta giusta sembrerebbe 34. Invece ne ha 24. E anche in questi tempi di precocismo spinto, con questa nuova tendenza che li vuole imparati all’asilo, comunque Kean resta un giovane. Eppure: da quando è a Firenze, da quando ha tagliato il cordone ombelicale con la grande madre Juve, se guarda lo specchio non vede più un punto di domanda, vede un giocatore fatto e finito.
Il campionato, la nazionale, l’Italia intera si ritrovano un centravanti così come l’avevano sempre intuito, assaggiato, immaginato, però con la solita fretta, secondo la nostra illuminata cultura del tutto e subito. Quello che Kean sembrava, Kean è. Può essere che qualcuno gli rinfacci di averci messo un po’, pure troppo, ma tutto è relativo: questa storia può essere riletta dalla fine al principio, da questi gol viola alle giovanili di Torino e Juve, scoprendo che dentro non c’è l’indolenza, la vacuità, l’incoscienza di tanti smidollati che non arrivano mai, ma magari la tenacia e la forza di un ragazzo italiano che vuole arrivare sul serio.
Se tutto è relativo, certo girare squadre di mezza Europa può essere un brutto segno, già visto in tante altre storie, il segno inequivocabile di una carriera abbozzata, immaginata, eventuale, mai però compiuta davvero. Questo stesso viaggio può tuttavia dire di un’anima forte, che si mette in gioco, che ricerca, che prova, per completare pezzo dopo pezzo il puzzle di se stessa.
Diventa ciò che sei, diceva il pensatore. Kean è partito a 17 anni, ha vestito molte divise e anche molte maschere, alla Juve ci hanno creduto qualche volta senza crederci mai, in Inghilterra e in Francia hanno preteso che fosse grande prima ancora di diventarlo, tutti senza pazienza, tutti senza indulgenza, fino a.
Ogni vita ha il suo snodo e il suo big bang, momento in cui qualcosa scatta e finalmente salta fuori il migliore io. Questo della Fiorentina ha tutta l’aria del big bang di Kean. Dopo tutto, non sembra neanche tanto complicato scoprire un perchè: a Firenze sta toccando con mano il piacere impagabile che sognano tutti gli uomini, in qualsiasi campo, a qualsiasi età, il piacere d’essere cercati, considerati, ammirati. Scoprirsi finalmente qualcosa d’importante per qualcuno, sentirsi al centro senza il timore che ad ogni momento ti dicano scansati, godersi l’idea di non essere un tappabuchi, un riempitivo, un sostituto, un ripiego, giudicato per quello che sei e non per quello che gli altri vorrebbero fossi.
Anche se sembra che Kean abbia 72 anni, è una storia ancora gli inizi, tutta da scrivere. E’ una storia che però dovremmo tenere presente quando tutti quanti ci mettiamo a frignare perchè da noi non nascono più campioni. Tutto è relativo: magari ne nascono ancora, soltanto dovremmo accettarli per quello che sono.