Il Cairo imprenditore e il Cairo presidente del Torino sembrano perfino due persone diverse.
«Secondo me ha sempre pensato che fosse sufficiente fare quello che stava facendo, che fosse sufficiente dare quello che dava… Invece si è verificato il contrario, inevitabilmente. Credo che pensasse di poter costruire qualcosa di bello, di grande e duraturo anche con poco. Sono tutte scelte. Di sicuro non era nella condizione di dire: più di questo non posso fare. Non era questa la sua condizione. Cairo è una persona che nel calcio delega poco o nulla ai dirigenti. Nel calcio, se sei neofita, è sempre meglio circondarti di persone esperte e valide cui delegare le scelte chiave sotto l’aspetto sportivo… Poi deciderai se confermarli o meno, in base al lavoro e ai risultati. Ma lui ancora adesso vuole controllare tutto, me lo dicono, lo so… Altro che delegare! Per lui la strada giusta è quella dell’uomo solo al comando. Un limite, tanto più al giorno d’oggi».
Il 1° dicembre raggiungerà il grande Pianelli, il giorno dopo diventerà in solitudine il presidente più longevo del Torino.
«Ho letto, sì. Un primato temporale, statistico come questo gli fa certamente piacere, gli darà un orgoglio immenso. Ci tiene tantissimo di sicuro, per lui sarà come vincere una medaglia d’oro alle Olimpiadi, sa che passerà alla storia almeno sotto questo aspetto. E credo anch’io che se mai volesse vendere la società, lo farebbe sicuramente dopo e mai il giorno prima di raggiungere il suo personalissimo record».
Ha letto le sue ultime dichiarazioni?
«Ho letto che dopo la Fiorentina ha risposto male al vostro giornalista che gli domandava se nel caso avrebbe ascoltato un candidato acquirente… Ha perso la calma. Mi metto anche nei suoi panni, però: subire da settimane la contestazione che subisce non farebbe piacere a nessuno, ci sta che si senta particolarmente sotto pressione. Ai tifosi mi permetto però di dire una cosa: è legittimo che possano essere delusi, arrabbiati, che vogliano contestare… Ma ogni comportamento deve essere sempre il più possibile civile… Anche perché certe esasperazioni, certe derive non attraggono certo un candidato acquirente… C’è modo e modo per esprimere il dissenso. Aggiungo che umanamente mi dispiace per Cairo, immagino la sua sofferenza, mi metto nei suoi panni. Detto questo, però, è chiaro che se compri il Toro, poi devi dare qualcosa in più, sempre, per rispetto della storia e della piazza. Più del proverbiale decimo posto, insomma. Il Toro è nel mio cuore: è bastato un anno, quell’anno così pazzesco e trionfale».
Buongiorno, Bellanova… Rinforzi modesti… E ora il Torino è in caduta libera.
«Se vuoi costruire, se vuoi crescere, ne vendi al massimo uno. Ha spiegato che voleva sistemare il bilancio: restano delle scelte, però. Sarebbe stato meglio stare zitto, allora, invece di promettere… I tifosi si sono sentiti non rispettati, persino calpestati: comprensibile, e tanto più dopo 19 anni».
«Non voglio vendere», ripete.
«Ma dentro di sé, anche pensando a tutta la sua famiglia, ascoltando i sentimenti dei suoi cari… Insomma… conoscendolo, e per quel che si percepisce, secondo me ci sta pensando eccome alla possibilità di vendere, se già non sta facendo operare qualcuno per lui sotto traccia. Che poi smentisca è normale, in casi come questi: se no fai solo un favore a un candidato acquirente già esistente o in arrivo… e il prezzo scende… La mia sensazione è che quantomeno ci stia pensando. La contestazione lo ha toccato di sicuro e anche tanto: puoi avere il pelo sullo stomaco, ma vivere così è… pesante».
Perché lei non è rimasto, dopo quel finale trionfale del 2006?
«Ebbi la sensazione di essere stato usato e gettato. Ero molto deluso. Conquistammo la promozione e dovetti andarmene. Già da gennaio cercava un nuovo ds… Prima il caso Sartori, subito dopo Tosi… Tra gennaio e febbraio ci furono ripetuti battibecchi feroci… contestava tutto e tutti solo perché per un po’ non arrivarono grandi risultati sul campo… era già un pochino nervoso… (e dalla voce si coglie benissimo l’ironia, ndr). A promozione ottenuta chiesi un appuntamento, andai da lui a Milano, gli restituii il telefono aziendale e rifiutai la sua proposta di rinnovo. Presidente, io non amo le confusioni in società, gli dissi. Lei da mesi cerca un altro ds e l’ha anche trovato alla fine, seppur un po’ a fatica… E la riconoscenza? Arrivederci e grazie, presidente. Così gli dissi. Rimasi per un po’ senza squadra, ma con la mia dignità e il mio orgoglio intatti».
E lei, adesso, con alle spalle una carriera lunga con diversi bei successi? Da giocatore, prima. E poi da ds, ancor di più: 2 promozioni in A e l’Intertoto vinto col Perugia, quindi altre 2 promozioni dalla B con Torino e poi Bologna. Una promozione anche con la Pistoiese, dalla C. Tante squadre, in questi lustri…
«Mi auguro che una società seria possa apprezzare il mio percorso, la mia esperienza, le mie grandi motivazioni. E mi prospetti un progetto convincente».