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“Spezia, il mio sogno è riportarti in Serie A”: parla Pio Esposito

Esposito che stagione è?
«Forse la più importante della mia carriera. L’avevo quasi prevista. Lo scorso anno, mentre andavamo in pullman allo stadio per Spezia-Venezia ultima di campionato, dissi a Candelari, ‘oggi segno, ci salviamo, resto qui e facciamo grande cose’. Ha funzionato».

Arrivati anche i complimenti da Luciano Spalletti.
«Lo ringrazio per le belle parole, orgoglioso».

Eppure lo scorso anno sembrava che lei non segnasse neanche in discesa.
«A volte si fanno considerazioni frettolose nel calcio. Avevo 18 anni, alla prima stagione tra i grandi, criticarmi era la normalità. In pochi vedevano il lavoro di tutti i giorni. Poi la squadra era diversa, non era quella dominante di ora, arrivano uno o due palloni a partita buoni».

Un bambino fattosi grande, quindi.
«Penso che due anni fa la scelta di andare allo Spezia fu giusta. Già durante la stagione in cui erano in A si era valutata la mia posizione. Pensavo fosse posto adatto per crescere».

Un giorno disse che la sua fortuna è aver avuto un campetto sotto casa.
«A Castellammare, al rione Cicerone avevano quel rettangolo ed io passavo più tempo lì che a casa. Mia nonna doveva scendere e rincorrermi per portami a casa, sui libri o a mangiare. Lì avevo i miei amici, quelli che ho ancora oggi, con i quali vivo».

Da poco lo avete anche ristrutturato voi, fratelli Esposito, quel campo, regalandolo alla comunità.
«Il calcio è di tutti, deve essere gratis per i più piccoli, il calcio si deve vivere ogni giorno».

Chi è fuori dal campo, Pio Esposito?
«Un ragazzo legato alla famiglia ed alle amicizie, che ama Castellammare e che a Milano faceva campo e casa».

Musica?
«Tantissima, dalla latino al trap. Ma, per esempio, ho seguito molto la serie sugli 883, altra musica che ascolto anche se non dei miei tempi».

Da ragazzino la chiamavano Nedved.
«Vero. Avevo capelli lunghissimi e biondi, parevo il ceko. Erano gli amici del campetto. Lì ho segnato un gol di tacco che ancora ricordo, il più bello».

All’Inter con Chivu, ma prima con Polenghi.
«Non ero ancora così alto. Quando mi sviluppai, pensarono di spostarmi dalla trequarti all’attacco. L’Inter ha sempre avuto massima attenzione per me. Ero al convitto Niguarda, non ho mai vissuto la città».

Tifoso del Napoli?
«No, no, Juve Stabia, la squadra dove ha anche giocato mio padre. Ma sono stato al San Paolo da bambino un Napoli-Roma, gol di Totti e Vucinic».

Mai pensato che due fratelli (Salvatore ci è già riuscito) possano finire in Nazionale come i Baresi, gli Inzaghi…
«No, non è il caso di pensarci. Sarebbe magnifico ma bisogna arrivarci sudandosela».

Papà Agostino, punto fermo.
«Ha avuto un pregio che gli riconoscerò sempre: non si è mai perso una partita, è stato anche critico. Ma quando ci ha voluto correggere, lo ha fatto in privato».

Quindi Mario Giuffredi, l’agente che la guida.
«È uno che con me non ha sbagliato una mossa, che non si vende. Non mi ha mai detto ‘guarda quello o questo’, abbiamo sempre fatto le cose pensando a me e alla famiglia».

10 maggio, Spezia-Venezia, rete salvezza e decollo.
«Quella sera forse è cambiata la stagione e il mio calcio, è stato un 2024 stupendo ed ancora non è finito. Anche con l’Under 21. Tutte le considerazioni vanno di là dai gol».

E con i fratelli?
«Con Salvatore parliamo di calcio ogni ora; Sebastiano mi ha chiamato dopo la rete al Sudtirol dicendomi ‘che culo, quest’anno segni ad occhi chiusi’ riferendosi al rimpallo su Masiello che mi ha favorito. Forse ha ragione, lo scorso campionato la palla avrebbe preso tre pali, ballato sulla linea e sarebbe uscita».

Lo Spezia può centrare la A?
«Sogno di portarcelo, ma la B è lunga, io ancora giovane, la stagione piena di variabili. Ne riparliamo più avanti».


Fonte: http://www.tuttosport.com/rss/calcio/serie-b

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