M attina di primavera, fiori sul terrazzo, sole che bacia la città. Alberto Sordi innaffia le piante e il canto degli uccellacci e degli uccellini è rotto dai clacson e dalle voci: «Lazio, Lazio, Lazio». Sordi si affaccia e vede le macchine dei tifosi rivali in marcia verso il derby. Cori, striscioni e bandiere. Con tutta la scorrettezza dialettica del tempo che fu – sceneggiatura di Maccari, Sonego e Scola, per dire – li accarezza a modo suo: «Anvedi &rsq
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