Citando il famoso brano di Fiorella Mannoia: “Come si cambia per non morire… come si cambia per ricominciare”. Parole che sembrano scritte per descrivere quanto fatto in questa stagione da Pep Guardiola e dal suo Man City: una squadra che il tecnico catalano sta ricostruendo sulle ceneri della passata annata, la peggiore da quando, nel 2016, ne ha preso in mano le redini, per riportarla a dominare dentro e fuori i confini nazionali. Due concetti – quello del cambiamento e quello del nuovo inizio – entrambi alla base di una piccola rivoluzione tattica che ha trasformato il Man City versione 2025/26: da squadra simbolo del celebre tiki-taka, a formazione più cinica, più pragmatica e, soprattutto, più verticale. Il tutto a dimostrazione di un altro principio importante: per rimanere al top, anche uno dei migliori allenatori della storia del calcio ha bisogno di rinnovarsi, di trovare nuove soluzioni e nuovi stimoli. A portarli, in questa stagione, è stata l’ultima persona che ci saremmo aspettati di vedere al fianco di Guardiola: un altro Pep, la cui storia personale si è legata a doppio filo a colui che, a detta dello stesso catalano, è stato il suo “miglior rivale di sempre”, l’uomo che più di tutti ha contribuito a “renderlo un allenatore migliore”. A Pep (Guardiola), l’amico Jürgen Klopp ha lasciato in dote non solo il ricordo di una rivalità che ha scritto pagine indelebili di storia dell’ultimo decennio di Premier, ma anche il suo storico secondo Pep Lijnders, preziosissimo per le vittorie ottenute dal tedesco col suo Liverpool, e che si sta immediatamente rivelando importante anche per Guardiola.
Ora il City è verticale
È chiaro che in questa inedita versione “verticale” del Man City vi sia la voglia del genio di Santpedor di apportare delle novità al suo gioco, e dunque la mano e le idee portate proprio dal quarantaduenne olandese, che negli anni a Liverpool era colui che si occupava del lavoro quotidiano con la squadra e che è considerato fondamentale nell’evoluzione tattica del tedesco dopo il Dortmund. Insomma, Guardiola sta evolvendo il suo stile tattico attraverso quelle varianti che proprio il Liverpool di Klopp utilizzava come antidoto al calcio posizionale del catalano: contropressing (o gegenpressing) e attacco in linee verticali. Lijnders, il cui motto è “l’intensità è la nostra identità”, è forse la scelta più estrema della carriera di Pep, e anche quella che potrebbe condurre alla più grande evoluzione del suo credo tattico, concentrandosi su una fase di gioco poco sperimentata dalle sue squadre – quella del non possesso – e in particolare sul pressing.
“Il calcio moderno non posizionale”
Forse parlare di rivoluzione suona esagerato, anche perché il credo calcistico di Guardiola rimane quello di sempre, ma è chiaro che il catalano abbia deciso di apportare delle variazioni sul tema che possano agire come un’ulteriore freccia da poter scoccare soprattutto in Premier, campionato nel quale non esistono quasi più squadre che ti attendono e che ti lasciano costruire dal basso attraverso quel possesso palla esasperato che è da sempre il marchio di fabbrica di Pep. “Il calcio moderno è quello che giocano Bournemouth, Newcastle, Brighton e Liverpool”, ebbe a dire qualche mese fa Pep. “Il calcio moderno non è posizionale. Bisogna seguire il ritmo”. Parole che trovano corrispondenza nei fatti: rispetto alle stagioni 2023-24 e 2024-25, il possesso palla del City è sceso dal 65,5% al 61,3%, mentre la percentuale dei contropiedi è aumentata del 36%. Non sono i numeri di una rivoluzione, ma descrivono perfettamente “come si cambia per ricominciare”… a vincere.
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