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    Non solo Soulé: Juve, giovani da 10 (gol) e lode in giro per l’Italia

    È stato un weekend estremamente positivo per i giovani della Juve che giocano in prestito in altri club. Ben cinque di loro sono andati a segno, due con doppietta. In più, alla prima volta di Cambiaso (a rete) in prima squadra, si aggiungono i primi gol tra i professionisti due Mbangula e Salifou, che hanno contribuito al successo della Next Gen in Serie C. Vediamo chi sono gli altri. LEGGI TUTTO

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    Vlahovic, prove di rinnovo: i rapporti con Allegri e i dettagli della trattativa

    Il costo azienda del giocatore è il più alto della rosa bianconera: dalle tentazioni estive di mercato al nuovo tavolo con i suoi agenti, passando anche dal campo…

    Vlahovic e la dirigenza della Juve tornano al tavolo: prove di rinnovo anche per il centravanti serbo, che già l’estate scorsa si è detto disponibile a ragionare su un prolungamento funzionale a spalmare l’ingaggio su più anni. Ai fini di bilancio, il costo azienda del giocatore è il più alto della rosa: circa 35 milioni all’anno, tra stipendio e ammortamenti. Ma c’è anche una particolarità che rende la struttura del contratto più complessa: secondo l’accordo fatto nel gennaio 2022, quando il giocatore fu preso dalla Fiorentina per 80 milioni, l’ingaggio del numero 9 della Juve è a salire, fino a percepire quasi un’annualità in più con la parte variabile.  LEGGI TUTTO

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    Weah, gli esami confermano: infortunio muscolare alla coscia destra. Salterà due partite

    Il laterale della Juve era stato costretto ad uscire dal campo al 46′ del match di sabato contro il Verona

    Nuovo stop nella Juventus. Timothy Weah sarà costretto allo stop, verosimilmente fino alla prossima sosta: dovrebbe saltare dunque le gare contro Fiorentina e Cagliari. L’esterno americano – rimasto negli spogliatoi all’intervallo del match con il Verona – ha rimediato una lesione di basso grado al muscolo semitendinoso della coscia destra, come confermato dagli esami strumentali fatti al J Medical questa mattina.

    out—  Un altro infortunio che peserà molto perché inciderà di fatto in due zone del campo, dal momento che l’alternativa a Weah è McKennie, ma quest’ultimo dalla squalifica di Fagioli viene utilizzato più da mezzala. Allegri dovrà rivedere un po’ i piani tattici, magari concedendo più spazio a Miretti. Weah punta a tornare per il match con l’Inter, dopo la sosta per le nazionali. LEGGI TUTTO

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    Il Como da playoff sa di Toro

    TORINO – Sabato scorso il Como è tornato alla vittoria dopo due ko di fila grazie alla prima rete in maglia lariana di Simone Verdi che su rigore ha piegato il Catanzaro, avversaria del Como nell’alta quota della Serie B. Al di là del penalty trasformato impeccabilmente, l’ex trequartista del Toro può essere una carta importante nella squadra di Moreno Longo, attesa a un campionato da protagonista. I lariani hanno una delle proprietà più ricche d’Italia, i fratelli Hartono, e una squadra che, dopo due campionati di assestamento in B, potrebbe puntare al bersaglio grosso, come chiedono i proprietari. Ma questo Como alla A potrebbe arrivarci attraverso i playoff, traguardo per il quale sembra essere pienamente attrezzato. Con un allenatore come Longo poi, che in carriera ha già portato in A il Frosinone vincendo i playoff nel 2018. Prima di ridimensionare il Catanzaro, il Como aveva perso a Parma e in casa con la Cremonese. Gare in cui probabilmente aveva pesato l’assenza in mediana di Kone che dopo il pari di Bari aveva rimediato due giornate di squalifica per qualche parolina di troppo all’arbitro dopo un’espulsione per doppia ammonizione. Guarda caso, col suo rientro la squadra è tornata a vincere, sfoderando una bella prova collettiva, come se la squadra, con gli ex granata Longo, Kone e Verdi avesse un dna da Toro. Anche se sabato in difesa ha giganteggiato l’olandese Odenthal, elemento di categoria superiore, il miglior colpo del mercato estivo lariano per distacco, proveniente dal Nec. Ma la domanda è: questo Como, dove può arrivare? Oggi la classifica dice che i lariani sono al 6° posto, a -4 dal secondo, cioé dalla zona A diretta. Ma va ricordato che la squadra di Longo ha giocato una partita in meno, il derby col Lecco che si recupererà soltanto il 28 novembre. Quel giorno al Sinigaglia i blucelesti sbarcheranno consci di giocarsi la partita più importante della stagione, è un derby sentitissimo, anche se avrà un peso la classifica che fra un mese avrà il Lecco, oggi in zona retrocessione ma che dà grandi segnali di ripresa, dopo aver vinto a Pisa e soprattutto ieri a Palermo. Ma diciamo che per capire l’effettivo valore della squadra di Longo bisognerà aspettare la sosta per le nazionali di novembre, quando di solito si possono tracciare i primi plausibili bilanci di ogni squadra. Quindi, per capire il Como che verrà, attendiamo almeno i prossimi due impegni dei lariani. Il 4 novembre saranno di scena a Pisa, in casa di una squadra che, sulla carta, non dovrebbe essere inferiore al Como. Ma che sul campo sta avendo non pochi problemi sotto la guida di Aquilani che ha vinto la prima gara interna solo nella penultima uscita casalinga (2-1 al Cittadella), salvo poi perdere, sempre all’Arena Garibaldi tre giorni dopo, con lo stesso risultato il recupero proprio col Lecco, oltre al ko di ieri a Venezia (2-1). Quindi, prima che il campionato si fermi, il Como sarà di scena ad Ascoli, oggi al 14° posto. Dunque, due impegni tutt’altro che proibitivi. Vincerli entrambi vorrebbe dire andare alla sosta con la consapevolezza di poter fare una grande stagione. Quella che i fratelli Hartono chiedono alla squadra dalla fine della scorsa annata, chiusa, con qualche rimpianto, a due punti dalla zona playoff. Anche se Longo, da subentrato aveva trovato una situazione complicata e non era stata una cosa da poco mettere in sicurezza un campionato in cui prima del suo avvento s’era rischiato grosso. Ma è tutto passato, ora, con la classifica che sorride, la squadra è più libera mentalmente e c’è la possibilità di vivere ben altra annata. Storica, magari. LEGGI TUTTO

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    Giroud: “Mi sento frustrato, due punti persi. Arrabbiato per il cambio? Non sono un robot”

    L’attaccante in gol dopo due mesi: “Dovevamo fare 3-4 reti, serve più ferocia sotto porta. Non volevo uscire perché mi sentivo di continuare, ma rispetto Pioli”

    È iniziata con un sorriso largo così, è finita con un’arrabbiatura colossale. Strana la partita di Olivier Giroud, passata dai due palloni spediti in paradiso a quella lavagna elettronica che a dieci minuti dal novantesimo ha mostrato allo stadio il suo numero 9. Oly stava osservando il quarto uomo con lo sguardo accigliato, con una sorta di presentimento che poi equivaleva una sentenza dal momento che a bordo campo si stavano scaldando Jovic e Okafor. Quando Marinelli ha acceso la lavagna, Giroud non ha fatto nulla per dissimulare la rabbia, urlando un corposo “no!”, sbattendosi le mani sulle gambe e osservando a lungo, torvo, verso il suo allenatore. Poi è andato a sedersi su una borsa frigo accanto alla panchina, e lì è rimasto sino a fine partita.

    nove minuti—  Questo è l’epilogo, ma questa è una serata in cui in realtà vale la pena soprattutto di raccontare il prologo. Due gol nella prima mezzora, una doppietta firmata nello spazio di nove minuti tra il 22′ e il 31′. Oly attendeva tutto questo da due mesi. Interminabili, faticosi nel vedere una squadra produrre tanto e raccogliere poco. Lui si era fermato dopo le prime tre giornate: quattro gol, la partenza migliore di sempre e un’anagrafe che – come per Ibra – pareva non esistere. Poi le bollicine sono finite, l’ultima bottiglia stappata l’1 settembre contro la Roma. In mezzo, la solita imprescindibilità perché pare che al Milan ci siano cose che davvero non cambiano mai, e il fatto che Olivier non abbia una alternativa credibile è una di queste.

    ferocia—  A dire il vero, quando sul calendario rossonero è arrivato il momento del Napoli, a più di qualcuno è scappato un sorriso. In generale, perché negli ultimi anni il Diavolo al Maradona ha sempre sfoggiato esibizioni ottime. E in particolare per Giroud. Nelle ultime due stagioni – ovvero da quando è al Milan – lì ha timbrato due volte e non sono stati gol banali. A marzo del 2022, in campionato, la zampata che ha regalato più o meno mezzo scudetto. Ad aprile di quest’anno, ritorno dei quarti di Champions, il gol che ha protetto l’uno a zero dell’andata a San Siro e ha spedito il Milan in semifinale. Due reti che, come quella di stasera, hanno un denominatore comune: arrivavano tutte e due dopo un digiuno piuttosto lungo. Un mese in entrambi i casi, mentre stavolta un’astinenza così esagerata Oly in rossonero non l’aveva mai vissuta. Ci voleva davvero il Napoli, e lo stadio Maradona per sbloccarlo. Sorrisi che all’intervallo davano l’idea di rimanere sulla bocca di Oly, fino al pareggio napoletano e a quella sostituzione indigesta. Gli passerà, e comunque il ritorno al gol del suo numero 9 resta la nota più lieta della serata milanista, anche se a fine gara la rabbia è ancora tanta: “Sono molto deluso e frustrato per la squadra – racconta il francese -. Abbiamo iniziato bene, creato tante occasioni, dovevamo fare 3-4 gol nel primo tempo, dovevamo mettere la partita a letto… Sapevamo che il Napoli sarebbe tornato in campo con più energia, ci siamo detti di rimanere concentrati. Invece abbiamo perso due punti. La mia reazione al momento del cambio? Non sono un robot, sono umano e ho delle emozioni. Pensavo di poter ancora aiutare la squadra, l’allenatore fa le sue scelte, io ho molto rispetto per il mister e dopo cinque minuti mi sono calmato. Mi sentivo di continuare, ecco perché non volevo uscire. Io sono un competitivo, voglio sempre di più. Fa male per questi due punti persi: prima guardavo l’Inter, spero che non avremo rimpianti. Il vice Giroud? Ce l’abbiamo già, abbiamo una squadra di qualità e quantità, ma bisogna avere più efficacia e ferocia davanti alla porta”. LEGGI TUTTO