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    Così Allegri ha forgiato la sua Juve operaia: con l’Inter prova-verità

    Da Rabiot a Kean al sacrificio di Chiesa, così il tecnico ha ricostruito mentalità e spirito

    Fabiana Della Valle

    13 novembre 2023 (modifica alle 09:38)

    – torino

    A Massimiliano Allegri piace l’aria di montagna. Appena il calcio glielo consente va a rigenerarsi in Val Badia. Stavolta però per sentirsi più in alto di tutti gli è bastato annusare il cielo di Torino subito dopo la vittoria per 2-1 sul Cagliari. La Juventus è tornata in vetta ancora una volta solo per una notte, come era accaduto dopo il successo sul Verona di due settimane fa, ma poco importa. Quel che conta è che vincendo l’ultimo match prima della sosta — e del confronto diretto con la prima della classe, l’Inter — Madama è diventata padrona del proprio destino: battendo i nerazzurri nella sua fortezza, l’Allianz Stadium, può scavalcare gli Inzaghi boys e dare un po’ di concretezza al sogno scudetto. Il 26 novembre è una data cerchiata di rosso: il giorno della verità, il momento in cui la Signora si misurerà con l’eletta di Max, “squadra costruita da anni per vincere gli scudetti”, come ama ripetere l’allenatore di Livorno. L’outsider contro la favorita, una Juventus giovane e molto operaia che proverà a colmare con la fame e l’esperienza del suo tecnico, forte dei 6 scudetti vinti in carriera (5 dei quali sulla panchina bianconera) il gap con un gruppo solido e rodato, reduce da una finale di Champions League.

    L’ora della verità—  L’ultima volta a casa della Signora è finita 2-0 per i bianconeri, con gol di Rabiot e Fagioli. Il secondo non ci sarà (squalificato per 7 mesi per la vicenda scommesse), il primo rientrerà dopo aver scontato la squalifica contro il Cagliari e giocherà con la fascia di capitano al braccio, perché Danilo non ha ancora recuperato dall’infortunio. Adrien è anche un po’ il simbolo di questa Juventus più solida che bella, che bada al risultato più che alla spettacolarizzazione dell’evento. Dopo un anno sulla graticola, fortemente condizionato dalle vicende extracampo, Max si è ripreso il ruolo di leader in una squadra fortemente rinnovata, più che negli uomini nella mentalità. La scorsa stagione novembre era stato il mese della grande rivoluzione: con le dimissioni di Andrea Agnelli e di tutto il Cda Allegri si ritrovò da solo al comando, con il peso di un presente complicato dalle vicende giudiziarie tutto sulle spalle. Adesso il tecnico non è più solo, accanto a lui c’è Cristiano Giuntoli, una presenza costante alla Continassa che lo aiuta nella gestione della squadra con colloqui continui con i giocatori, e novembre può diventare il mese della consapevolezza, quello in cui i bianconeri possono acquisire coscienza piena della propria forza. Un successo sui nerazzurri diventerebbe un certificato di autenticità per quel ruolo di candidata per il tricolore che pubblicamente Allegri continua a rifiutare.Gazzetta digital + Box Panini + Album a soli 80€, il modo più veloce e conveniente per completare la collezione!

    Kean e i suoi fratelli—  “L’Inter è più forte ma in una gara secca più succedere di tutto”: è questo il Max pensiero, che in questa stagione ha già battuto Milan e Fiorentina in trasferta e Lazio in casa e pareggiato con l’Atalanta a Bergamo. Zero sconfitte finora negli scontri diretti con le squadre che puntano alla Champions League. Curiosità: nell’unico big match giocato all’Allianz Stadium hanno segnato sia Chiesa che Vlahovic, i due top player a secco rispettivamente da 7 e 8 partite. Eppure Allegri ha saputo vincere anche senza di loro, collezionando dopo la batosta di Reggio Emilia col Sassuolo (l’unica in stagione) 6 successi, un pareggio e un solo gol subito. Sfruttando la solidità — e anche la prolificità — del reparto arretrato (6 clean sheet di fila e 4 reti su 7 negli ultimi 5 match messe a segno da difensori) e lo spirito di sacrificio degli attaccanti, in particolare di Kean, ormai promosso titolare (6 di fila dall’inizio) nonostante sia l’unica punta bianconera a non aver ancora fatto centro. Kean grazie alla fiducia di Allegri ha ritrovato la Nazionale e insieme a Chiesa cercherà di regalare agli italiani la qualificazione a Euro 2024. Con loro ci saranno anche Gatti, Locatelli e Cambiaso, altri due giocatori chiave di una Juventus fatta di gregari più che di polvere di stelle. “La classe operaia va in Paradiso”: Max s’ispira a un vecchio film degli Anni 70 e aspetta l’Inter del capocannoniere Lautaro (12 reti, unico giocatore in doppia cifra in Serie A) con il fuoco dentro. L’aria di montagna, si sa, risveglia anche l’appetito.

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    Napoli sottosopra. Hanno perso tutti, ma hanno sbagliato in due

    L’addio di Spalletti e Giuntoli ha spiazzato il presidente, che ha scelto un tecnico decisionista che mal si sposa con il suo modo di gestire il club. L’allenatore a sua volta ha ribaltato la squadra senza seguire le tracce vincenti di Spalletti

    Hanno perso tutti, a Napoli, nella gestione del dopo scudetto. Nessuno chiedeva di rivincere il titolo, impresa che nelle ultime stagioni non è riuscita né all’Inter né al Milan. Sarebbe stato sufficiente conservare la competitività, iscriversi alla corsa per il primo posto e portare a casa una qualificazione tranquilla alla prossima Champions. LEGGI TUTTO

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    Bet, la prima guardia del corpo del “Piscinin” Baresi

    Difensore roccioso, non superava quasi mai la metà campo, al punto di non aver segnato neppure un gol in Serie A. Da scout segnalò Koulibaly al Milan

    Con la sua posa statuaria e l’esperienza dei trent’anni, Aldo Bet fu il primo bodyguard di Franco Baresi, la sua prima chioccia. Accadeva alla fine degli anni 70, quando Baresi – non a caso soprannominato Piscinin – formava proprio con Bet la coppia libero-stopper, oggi si direbbe di centrali difensivi. Nonostante la giovanissima età – era appena diciottenne – il futuro libero della nazionale poteva perciò permettersi di abbandonare la propria area di rigore e avanzare a centrocampo, tanto c’era Bet a proteggerlo. LEGGI TUTTO

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    Phillips, 90′ in panchina: è ai margini col City e la Juve avanza

    Il mediano non è sceso in campo in Premier e Guardiola conferma la sua partenza. Bianconeri in pole per gennaio

    Si ferma il campionato, non il mercato. I dirigenti della Juventus sfrutteranno la sosta per proseguire sondaggi e incontri. La priorità dei bianconeri resta il centrocampo, ridotto dalle squalifiche di Pogba (sospeso per doping) e Fagioli (scommesse), e il nome più caldo resta quello di Kalvin Phillips del Manchester City. L’inglese è ai margini dei campioni d’Europa, tanto che il d.t. Giuntoli e il d.s. Manna hanno già incassato l’apertura del City al prestito secco. Ieri Phillips è rimasto 90’in panchina nel 4-4 contro il Chelsea e Pep Guardiola, a margine della partita, ha confermato che non tratterrà gli scontenti: “Venderò tutti quei giocatori che vogliono andarsene. Qualcuno andrà e qualcuno arriverà al suo posto”. 

    gradimento—  Phillips, che non vuole perdere l’Europeo, ha già espresso un gradimento di massima all’ipotesi Juve. Alla Continassa, registrato il primo sì dell’inglese, proseguono le valutazioni. Resiste la candidatura di Pierre-Emile Hojbjerg, nel mirino da almeno due mesi e visionato dal vivo la scorsa settimana. Ma il Tottenham, a differenza del City, non è ancora sicuro di volersi privare del danese e comunque lo valuta non meno di 30 milioni. Sabato l’ex Bayern è partito titolare nella sconfitta contro il Wolverhampton e a inizio 2024 gli Spurs perderanno Sarr e Bissouma, entrambi impegnati in Coppa d’Africa. Nella lista bianconera, a ruota di Phillips e Hojbjerg, ci sono sempre De Paul (Atletico Madrid) e Samardzic (Udinese). Un nuovo tentativo, a gennaio, verrà effettuato anche per Domenico Berardi del Sassuolo. LEGGI TUTTO

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    Cairo tuona: “Non c’è rispetto per il Torino. Ogni anno partiamo con 7-8 punti in meno”

    Il presidente dei granata a “La Stampa” dopo l’ennesimo torto arbitrale: “Senza gli errori magari avremmo giocato di più in Europa. Forse siamo antipatici…”

    “Non c’è rispetto per noi, voglio capire il motivo: non c’è rispetto per il Toro, forse siamo antipatici o lo sono io. Le nostre stagioni, così, si complicano perché è come se fossimo penalizzati ogni anno di sette o otto punti: senza i torti subiti, magari, avremmo giocato più partite in Europa…”.  La misura è colma per Urbano Cairo. Il presidente del Torino si è sfogato sulle colonne de “La Stampa”, dopo i recenti torti arbitrali che hanno danneggiato la sua squadra.

    metri diversi—  Cairo ha portato come paragone un episodio di Atalanta-Inter: “Andatevi a rivedere come la squadra di Gasperini dimezza lo svantaggio riaprendo la partita: Dimarco ha il pallone tra i piedi, arriva Lookman, c’è un leggero contatto e Scamacca segna. L’arbitro? Dà il gol, a noi, con una dinamica identica, no perché viene punito Zapata: mi chiedo, e chiedo, come mai le interpretazioni prendono strade opposte”.  Cairo poi rincara la dose: “E il rigore? Vorrà dire che diremo ai ragazzi di buttarsi, ma non è questa la soluzione. Non può esserla: se un giocatore viene danneggiato, pur rimanendo in piedi, perché non fischiare?”. Rigori a favore dei granata in questo campionato non ne sono ancora stati dati: “Potremmo anche non avere il rigorista, va così da un bel po’” aggiunge il presidente del Toro.  LEGGI TUTTO

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    Napoli al bivio: Tudor il “sergente” che gioca a tre, Cannavaro lo “spallettiano”. Cosa cambia

    Il croato ha già lavorato in A e in Europa. Fabio ha seguito spesso le sedute degli azzurri l’anno scorso

    Due leader naturali, due modi di allenare profondamente diversi. Così Aurelio De Laurentiis è davanti al bivio: Igor Tudor o Fabio Cannavaro, per raccogliere l’eredità di Rudi Garcia e risollevare immediatamente una stagione che presto sarà al primo vero momento di svolta. Il croato è più accreditato per diverse ragioni, a cominciare dall’esperienza accumulata sia in Serie A sia in Europa. Ha inoltre quell’atteggiamento quasi militare che è ideale per compattare nel minor tempo possibile la squadra intorno a nuovi concetti di gioco, con una predisposizione al sacrificio e all’applicazione ben più marcata. 

    tattica—  Le incognite maggiori sono sempre di natura tattica quando si verifica un avvicendamento e in questo caso qualche dubbio in più è assolutamente legittimo. Tudor ha sempre schierato le sue squadre con la difesa a tre, che fosse 3-4-2-1 con due rifinitori a ridosso della punta o 3-4-3 con due esterni d’attacco di ruolo. La prima opzione è quella più utilizzata, nel Napoli questo aprirebbe ad un dilemma non di poco conto, cioè dove schierare Kvaratskhelia. Preferisce partire largo e se migliorasse la partecipazione alla fase difensiva potrebbe essere l’esterno a tutta fascia, con Raspadori e Zielinski ad agire alle spalle di Osimhen; a destra il quesito non si pone perché Di Lorenzo potrebbe sicuramente assumere simili mansioni. Un assetto incredibilmente offensivo, dunque, che permetterebbe l’impiego contestuale di tanti calciatori di qualità ma renderebbe indefettibile l’equilibrio nelle due fasi. In alternativa, per non snaturare eccessivamente l’identità che da anni si sviluppa attorno al 4-3-3, il Napoli potrebbe disporsi comunque con il tridente, con uno tra Zielinski e Anguissa che resterebbe fuori o comunque dovrebbe reinventarsi.

    come luciano—  Ben diversa è la scuola di Fabio Cannavaro, che invece si inserirebbe nel solco tracciato da Luciano Spalletti. Ne è un appassionato seguace, l’anno scorso ha seguito diversi allenamenti a Castel Volturno soltanto per vederlo all’opera e arricchire la propria conoscenza, e volentieri si sono confrontati a cena insieme sul lungomare. Non ci sarebbe da sorprendersi, dunque, se l’interpretazione richiesta del 4-3-3 – oltre al modulo in sé – fosse molto simile alla stagione passata. Cannavaro non è un dogmatico, è flessibile, si avvale di metodi e strumentazioni moderne e pretende che l’intensità del lavoro quotidiano sia uguale alle partite, così che i giocatori si abituino ad esprimersi a ritmi altissimi. Il suo trascorso da calciatore ne aumenta la presa sul gruppo, la voglia di non stravolgerlo giocherebbe soltanto a suo favore. L’undici titolare, quindi, sarebbe sostanzialmente lo stesso che ha individuato anche Rudi Garcia, con l’unico ballottaggio ad oltranza sulla fascia sinistra tra Mario Rui e Olivera e tutti gli oneri che ne derivano. Uno su tutti: come valorizzare Raspadori nel tridente. LEGGI TUTTO