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    Provaci ancora, Cittadella!

    TORINO- A sorpresa, una delle società di B più attive, che ha già chiuso quattro colpi, è il Cittadella, quasi 30mila abitanti in provincia di Padova, patrimonio del calcio italiano, con una storia unica, gestita in una maniera che ogni anno insegna a tutti come muoversi sul mercato prima (cioè con la giusta parsimonia) e come plasmare la squadra dopo (affrontando la B con una carica agonistica che spesso non ha eguali). Ogni anno il Cittadella parte per mantenere la categoria ma spesso stupisce, ed è per questo che viene amata dai veri calciofili, perché è una sorta di eresia calcistica, un insulto al calcio dei grandi. Il suo periodo d’oro in B risale al quinquennio fra il 2017 e il 2021 quando, sotto la guida di Roberto Venturato, paisà d’Australia tornato in Italia, nella provincia di Treviso, la squadra granata raggiunge sempre i playoff e disputa due finali, perse sempre da altre squadre venete: nel 2019 dal Verona, nel 2021 dal Venezia. Ma quel che più intriga, del Citta, è la sfida che lancia ogni anno al calcio dei grandi. Forse, quella pugnacità unica con cui gioca, è dovuta all’origine stessa del Cittadella, nato nel 1973 dalla fusione delle due squadre cittadine. l’Oylimpia Cittadella e l’Unione Sportiva Cittadellese. Praticamente, fossimo stati nella Brescello di Peppone e Don Camillo di Guareschi, era come se si fossero fuse le loro due squadre di paese, i club di democristiani e comunisti della Cittadella di allora. Ogni anno, si considera come il grande regista del Cittadella Il dg Stefano Marchetti, uno che, per spiegare chi è, un anno fa veniva contatto dal Napoli di De Laurentiis, al quale diceva in sintesi, “no, grazie, ho il mio Citta da curare, ciò!”. Risultato, nella scorsa stagione, dopo un avvio di campionato non semplice, la squadra decollava, arrivava a lottare per la A diretta fino alla partita d’esordio del 2024, prima giornata di ritorno, quando metteva sotto il Palermo di Corini (2-0). Dopodiché la squadra si bloccava, non ne vinceva più una, rischiava di precipitare in C ma con un colpo di reni finale, si cavava fuori dai guai. E dunque, oltre ai soliti elogi al lavoro di Marchetti, sarebbe ora di sottolineare anche quelli del tecnico, il cittadellese Edoardo Gorini, è proprio il caso di dirlo, fatto in casa, a suo tempo vice di Venturato e che ne ha raccolto il testimone quando con la guida del quinquennio d’oro s’era guastato il rapporto. Ogni anno Marchetti lo tiene sulla corda, rinnovandogli il contratto soltanto alla fine del campionato e di un solo anno (e forse, sarebbe il metodo giusto da usare con tutti gli allenatori, anche se ha qualche controindicazione). Però anche se sotto la sua guida, i playoff non sono mai arrivati, mentre va ad iniziare la sua quarta stagione sulla panchina granata, il suo bilancio non va disprezzato: in questi anni il Citta ha affrontato campionati che venivano definiti una sorta di A2, normale che il miracolo granata andasse in scena in formato ridotto. Dunque annate chiuse con salvezze sofferte sì, ma quel che è contato, è averla sfangata sempre. Con qualche chicca non da poco: come aver vinto due volte nel Tempio del Ferraris di Marassi, due stagioni fa contro il Genoa, nella passata annata contro la Sampdoria. E chissà, per quest’anno che verrà, si possa ritrovare la lunghezza d’onda giusta, provare a ridare l’assalto al cielo dei playoff, per sognare ancora quella A mai vissuta nella propria storia e che completerebbe il miracolo Cittadella. Giusto quindi confermare ancora Gorini, perché dalla scorsa stagione si ha l’impressione che il livello medio della B si stia abbassando, che ci siano meno squadre in grado di lottare per la A. E allora chissà, che il Citta possa ancora dire la sua, quantomeno. Ah, i quattro colpi di cui si parlava all’inizio. Il più blasonato è il terzino sinistro Edoardo Masciangelo, 27 anni, giunto dal Benevento in C ma con cui in passato è arrivato a giocare i playoff. Gli altri tre, sono scommesse: dalla Roma, uscito dalla Primavera, il centrocampista Francesco D’Alessio (2004); dal Vicenza un altro mediano, Simone Tronchin (2002); l’ultimo colpo invece potrebbe essere una della sorpresa, il 21enne Jacopo Desogus, vivaio Cagliari, ex Pescara e Gubbio, a cui Marchetti però, ha già chiesto duttilità. Come dire, ragazzo, sei arrivato al Cittadella, prima di tutto devi farti il mazzo. LEGGI TUTTO

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    Nasce il Cesena di Mignani

    TORINO – Delle quattro squadre provenienti dalla C, il Cesena potrebbe essere la più in grado di disputare il miglior campionato (ma occhio al Mantova di Possanzini…). Lo dice soprattutto il blasone del Cavalluccio, il pubblico del Manuzzi (fra i più numerosi d’Italia in rapporto alla popolazione della piazza), l’alchimia che spesso si crea fra la tifoseria e la squadra che in passato ha portato il Cesena a condurre strepitosi campionati di B senza partire fra i più favoriti. La panchina, una volta deciso di non proseguire con Toscano, dopo che erano girati parecchi nomi (anche troppi), è stata affidata a Michele Mignani, genovese d’esportazione, che inizia ad avere un curriculum abbastanza solido in B, pur trovandosi solo alla sua terza annata da allenatore di seconda serie. Nella prima, aveva stupito tutti con quel Bari che chiuse il campionato al 3° posto, andando al di là di ogni aspettativa che c’era su quella squadra, da lui stesso portata in B la stagione precedente, in cui il Bari, al terzo tentativo e con un budget più ridotto, otteneva il ritorno in B da dominatore del girone C della Serie C, da sempre il più competitivo. Ma la scorsa annata, a Bari in panchina avrebbe fallito anche Gesù Cristo: troppo forte la botta subita in finale playoff dal Cagliari, quel “San Nicolazo” delll’11 giugno 2023, maturato al 94’ col gol rossoblù di Pavoletti che gelava i 60mila presenti quella sera, convinti di avere ormai la Serie A in tasca. Davvero, fu un piccolo, grande Maracanazo tricolore che si visse nello stadio astronave di Renzo Piano. Un tonfo clamoroso che s’è fatto sentire per tutta la scorsa annata, passata dal Bari fra mille polemiche e per quattro allenatori per arrivare a una risicata salvezza ai playout. Però forse, se i De Laurentiis non avessero liquidato Mignani dopo una decina di giornate, poteva essere tutta un’altra storia. In seguito Mignani tornava in ballo lo scorso aprile, ereditava il Palermo da Eugenio Corini. Altra squadra però che andava scemando e che già aveva abdicato nella lotta per la A diretta. Dunque, ai playoff, una volta eliminata una loffia Sampdoria (con cui Mignan debutto da giocatore in A, in quella che vinse lo Scudetto 1991, era un difensore della Primavera che debuttò in A, lanciato da Boskov con una presenza), quel Palermo non poteva andare oltre le semifinali, uscendo con dignità al cospetto del super Venezia di Vanoli. E ora il Cesena, per iniziare a capire di che pasta è fatto Mignani. La piazza romagnola ha riconquistato la B con un formidabile lavoro sui giovani (Cristian Shpendi e Tommaso Berti su tutti), i quali, se non saranno ceduti, saranno l’ossatura della squadra, che comunque dovrà essere rafforzata con diversi elementi di categoria. Maita, ad esempio, associato in questi giorni al Cesena e portato da Mignani a livelli sorprendenti dopo una vita spesa in C, potrebbe essere il primo buon colpo per impostare al meglio una squadra che chissà, proprio per quell’alchimia che sa trasmettere il Manuzzi, fra qualche mese potrebbe stupire. Cesena che farà tutto il possibile per portare Lapadula al Manuzzi ma ha un contratto molto oneroso, non sarà semplice aggiudicarsi l’asta per lui. Dal Perugia potrebbe poi arrivare Stipe Vulikic, 23 anni, difensore croato con buoni numeri in C, mentre dal Trento è in arrivo l’italo nigeriano Nosa Edward Obartin, 21 anni, promettente difensore, in C nel Trento la scorsa stagione. Mignani, giovedì scorso, s’è presentato alla piazza romagnola così: «Mi è sempre stato riconosciuto un equilibrio personale. Essere arrivato a Cesena è motivo di orgoglio. In questi giorni sto conoscendo la proprietà, ambiziosa e in forte crescita. Qui è tutto diverso rispetto a Bari e Palermo. Si deve continuare sull’onda d’entusiasmo per la promozione della scorsa stagione. Abbiamo una squadra giovane: partiamo da qui».   LEGGI TUTTO

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    Samp: alzati e cammina verso la A

    TORINO – Quale Sampdoria nasce in questi giorni in cui si mettono le basi per la prossima stagione? Matteo Manfredi, chiusa la querelle con Ferrero e diventato a tutti gli effetti il nuovo padrone dei blucerchiati, ha scelto Pietro Accardi, 41 anni, come uomo forte del mercato blucerchiato, ex giocatore della Samp ma non solo, ha lavorato 8 anni come ds dell’Empoli, in una società che è il più bel modello calcistico italiano: con la gestione ultra trentennale di Fabrizio Corsi e la sua famiglia, una squadra che di fatto è quasi un sobborgo di Firenze, riesce a sedersi al tavolo delle big italiane, con i conti non solo sempre in ordine ma guadagnandoci e restando una fucina di talenti che danno linfa al movimento calcistico italiano. Navigando in questi anni fra la A e la B con l’Empoli, Accardi sa cosa vuol dire fare una squadra che possa puntare alla massima serie, scegliendo i giocatori giusti per farlo. Anche se la Samp non è certo l’Empoli e accettando di lavorare per Manfredi, Accardi cresce professionalmente ma si mette alla prova in una piazza dove sarà molto più complesso lavorare. Da capire se avrà con sé Andrea Mancini, il discusso dirigente della scorsa stagione che va in scadenza di contratto a fine mese e su cui ancora non è stata presa una decisione. Il figlio del Mancio, nei momenti più difficili della scorsa stagione, è spesso finito nell’occhio del ciclone. Però, tutto sommato, se l’è cavata: con lui (e con l’accantonato Legrottaglie che era più legato al socio di Manfredi, Radrizzani) sono arrivati giocatori che hanno avuto una buona valorizzazione, anche se di fatto ha “lavorato” per altri club: Sebastiano Esposito e il figlio di Stankovic, ad esempio, entrambi proprietà Inter, i maggiori giocatori in prestito alla Samp nella scorsa stagione, con ogni probabilità nella prossima annata giocheranno per altri club (Esposito è già destinato proprio all’Empoli mentre Filip Stankovic, dopo le papere iniziali è diventato forse il miglior portiere della scorsa B). Par di capire che sul futuro di Andrea Mancini deciderà proprio Accardi, in base al feeling che s’instaurerà in questi giorni fra i due. Però, la domanda è: può questa Samp, fra un paio di mesi, essere in grado di primeggiare in B? Forse. Da una parte, viste le 7 nuove squadre della B, si ha la sensazione che il prossimo campionato possa essere meno competitivo degli ultimi due, ci possa essere insomma meno bagarre per la A diretta. Dall’altra però, per varare una squadra che provi ad ammazzare il campionato, o quasi, ci vogliono investimenti importanti e una solidità economica che forse questa Samp non arriva ad avere. Beninteso, tutto può cambiare da un momento all’altro con l’ingresso in società di nuovi capitali, magari arabi. Però con l’attuale situazione economica del club – non certo florida per i debiti ereditati da Ferrero e per un monte ingaggi elevato per pagare giocatori quasi superflui – è difficile ipotizzare una Samp che possa stare davanti a Palermo e Cremonese, per citare i club più solidi della B e che potrebbero essere le squadre più competitive. Poi però, c’è la Sampdoria intesa come piazza. Con un pubblico che per il maggior numero di presenze allo stadio probabilmente duellerà con quello del Palermo e forse del Bari (che parte da una annata più difficile di quella blucerchiata) e che potrebbe fare la differenza nei brutti momenti. Quanto alle prime mosse di mercato, c’è da utilizzare al meglio il blasone blucerchiato nella scelta degli Under, i giovani nati dal 2001 in poi che possono essere tesserati in numero illimitato, fuori dalla lista dei 18 Over (nati fino al 31 dicembre 2000). E spesso, avere i migliori Under, vuol dire varare la squadra più forte. Ad esempio, Darboe (classe 2001), centrocampista gambiano giunto a gennaio dalla Roma, avrebbe offerte dalla Serie A ma a Genova s’è trovato bene, sa che in blucerchiato potrebbe trovare la sua consacrazione dopo aver fatto vedere cose interessanti nella passata stagione. Insomma, giocare nel Tempio del Ferraris, vuol dire crescere: magari, a parità di offerta, si sceglie il blucerchiato piuttosto che un club magari più solido ma con una piazza più debole e meno formativa. E Pirlo? Il giudizio su di lui resta sospeso. Nella scorsa annata ha mostrato di essere un allenatore ancora in formazione ma non va dimenticato che allenare in B probabilmente è più difficile che allenare in A (vedi la storia da allenatore di Daniele De Rossi). In cuor suo, probabilmente, fosse arrivata un’offerta importante dalla A o da qualche massimo campionato europeo, l’avrebbe presa seriamente in considerazione. Però è anche vero che Manfredi gli ha assegnato un importante ruolo di uomo-immagine della Samp e la sua stessa presenza può aiutare a procacciare i famosi capitali di cui la Samp avrebbe bisogno. E dunque alla fine dovrebbe rispettare il contratto biennale che sottoscrisse un anno fa. Spesso il suo operato in panchina è stato giustamente messo in discussione dalla critica sampdoriana: approccio complicato a calarsi nella realtà della B, difficoltà iniziale a trovare un modulo di riferimento, cambi spesso tardivi e poco influenti. Però è anche vero che il gruppo squadra l’ha sempre seguito, diversi giovani sono maturati al meglio (e pazienza se poi giocheranno per altri club), in qualche partita le sue scelte hanno fatto la differenza. Di sicuro il suo primo anno da allenatore di Serie B deve averlo forgiato non poco. Tutta esperienza che tornerà buona per l’anno che verrà. LEGGI TUTTO

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    Pisa & Inzaghi: pare la coppia giusta

    TORINO – Ormai è certo: il Pisa ripartirà da Filippo Inzaghi. Già due anni fa, Superpippo fu ad un passo dalla panchina toscana. Allora, il club nerazzurro, deluso per la sconfitta in finale playoff patita dal Monza di Berlusconi e Galliani, decise di cambiare allenatore, mandando a casa Luca D’Angelo, lo storico allenatore della promozione in B, e affidando la panchina a Rolando Maran. Una scelta presa dopo un lungo “casting” a cui partecipò anche Inzaghi, ma l’ultima parola la ebbe Alexander Knaster, l’imprenditore britannico naturalizzato statunitense, dal 2021, azionista di larga maggioranza del Pisa. Chissà, il numero 1 del Pisa forse s’è pentito di quella scelta: due anni fa Maran – lungi dall’essere l’allenatore ammirato a Brescia nell’ultimo campionato – a Pisa fallì pesantemente, era un pesce fuor d’acqua, fu esonerato con la squadra che era sul fondo classifica e fu necessario richiamare d’urgenza D’Angelo per raddrizzare la baracca. Però, evidentemente, Knaster rimase impressionato da Inzaghi, conosciuto in quel casting, al punto di sceglierlo per l’annata che va a cominciare. Stagione che dovrà archiviare quella appena conclusa, di fatto anonima, sotto la guida di Alberto Aquilani. E Filippo Inzaghi potrebbe essere davvero l’uomo giusto perché, pur non riuscendo mai a imporsi in Serie A (anche per un pizzico di sfortuna), in B ha numeri davvero notevoli: di fatto, non ha mai fallito una stagione. L’ultima, due annate fa, alla Reggina: nonostante i grossi problemi economici della società, che portarono a pesanti penalizzazioni del club – in seguito escluso dal calcio professionistico – Inzaghi riuscì comunque a portarla ai playoff. Non solo. Finché i problemi non vennero a galla, la squadra lottava per la promozione diretta perché faceva grandi partite. Per dire, al Granillo mise sotto la corazzata Genoa, in seguito promosso in A. Nelle precedenti esperienze di B, Inzaghi portò il Benevento in A a suon di record, nel 2021 (promozione che ebbe un’unica, grande pecca: spremere un po’ troppo i senatori della squadra, giunti poi spompi alla Serie A). L’anno successivo, non stava andando male col Brescia ma patì la “querelle” con Cellino, che gli rinfacciava le troppe sconfitte casalinghe e che lo esonerò nonostante il Brescia fosse nelle prime posizioni (ma chi lo sostituì – Eugenio Corini – di fatto non fece fare alla squadra l’atteso salto di qualità). Ma forse, la volta che Inzaghi fece più la differenza, che incise di più da allenatore, fu al suo debutto nella categoria, quando portò il Venezia – che all’epoca aveva mezzi tecnici piuttosto ridotti – al 5° posto e in semifinale playoff. E quel Venezia, con un gesto di grande umiltà, Inzaghi l’aveva preso in Serie C la stagione prima, dopo aver esordito da allenatore al Milan: risultato, lagunari promossi dominando il campionato e vincendo la Coppa Italia di Serie C. Però, la domanda è: Inzaghi, cosa potrà dare in più a questo Pisa? Lo sciapo campionato di Alberto Aquilani ha detto che comunque la squadra al massimo avrebbe potuto fare i playoff e nemmeno in una posizione privilegiata. Dunque, servono acquisti decisivi e importanti. Però pure una miglior valorizzazione di quel che di buono già c’è. Ad esempio, uno come Alessandro Arena, talentoso fantasista pescato un anno fa dal Pisa in C, nel Gubbio, avrebbe meritato sicuramente maggior spazio. Il 3 agosto, Arena festeggerà 24 anni, potrebbe avere l’età giusta per imporsi. A livello di mercato, con ogni probabilità, il regista-mediano Miguel Veloso, dovrà salutare, andando in scadenza di contratto, non sembrano esserci spazio per lui: ha 38 anni, una carriera strepitosa alle spalle ma non giungono segnali di rinnovo del contratto, anche perché il suo contributo nell’annata appena trascorsa è stato ridotto. Poi, la valorizzazione del terzino Tommaso Barbieri, contro-riscattato dalla Juve per 3.1 milioni, ha portato un discreto gruzzolo che potrà essere reinvestito sul mercato dove il Pisa è iscritto all’asta per avere Massimo Coda, il bomber principe della Serie B, 69 gol negli ultimi 4 campionati e forse, quel che più è mancato al Pisa targato Knaster è proprio il peso offensivo. Al resto, potrebbe pensarci Filippo Inzaghi. Curiosa la storia che s’intreccia col fratello Simone: da giocatori, Pippo pareva di un’altra categoria e Simone un comprimario del calcio. Da allenatori, i ruoli sembrano essersi invertiti, con Simone, ancora agli inizi della carriera eppure già onusto di gloria, mentre Superpippo, per vincere qualcosa, pare condannato a masticare solo il pane duro della B. Eppure, in ogni piazza della seconda serie dove viene chiamato, riesce a suscitare un entusiasmo unico perché le tifoserie amano il suo modo di dare tutto alla causa. E quella del Pisa avrebbe bisogno di un condottiero come lui che risollevi una squadra e una piazza a cui manca forse soltanto il manico giusto per inseguire quella Serie A che da queste parti manca dal 1991. LEGGI TUTTO

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    Il Modena che verrà con Bisoli

    TORINO – Che Modena sarà quello che affronterà, sotto la guida della famiglia Rivetti, il suo terzo campionato di fila in Serie B? La scorsa stagione, i canarini si sono “portati avanti” col lavoro. Assumere nel finale di campionato un marpione delle panchine cadette come Pier Paolo Bisoli, potrebbe essere stata la mossa giusta. Al contrario di quella fatta un anno fa, quando si scommetteva sull’esordiente (in B) Paolo Bianco: poteva essere l’uomo giusto, il promettente curriculum non mancava, avendo lavorato per De Zerbi e Allegri. Però alla fine, il campo, ha detto che la squadra ha finito per replicare, grossomodo, l’annata precedente, quella con Attilio Tesser, i valori delle due squadre erano più o meno analoghi. Con Tesser però, colui che aveva portato in B i canarini dopo un memorabile testa a testa con la Reggiana, si soffrì molto meno, la squadra non ebbe certI lunghi blackout avuti con Bianco, pur disputando un campionato che era più competitivo di quello appena concluso. Dunque toccherà a Bisoli, legatosi ai canarini fino al 2025, allenatore della vecchia scuola, difesa e contropiede ma non solo, proseguire il lavoro impostato nel finale della scorsa stagione: il tecnico di Porretta Terme prese il Modena il 4 aprile, lo trovò al 13° posto, con la squadra attanagliata dalla paura di retrocedere e la piazza un po’ troppo sulle barricate quando c’era da stare calmi e provare a ragionare su come levarsi dai guai. Con Bisoli arrivavano 8 punti in 5 gare la salvezza andava in porto, Modena che chiudeva la stagione al 10° posto, a 4 lunghezze dai playoff e ad altrettanti punti dai playout. Attenzione, però. Bisoli, probabilmente, pur allenando in piazze più blasonate, sarà sempre ricordato per la formidabile annata fatta col Sudtirol, quando subentrando sulla panchina altoatesina, riuscì a portare una squadra e una società debuttante in B, in semifinale playoff contro il Bari, venendo eliminato con qualche rimpianto: dopo la vittoria di misura dell’andata, al Druso di Bolzano, nel ritorno al San Nicola, pur in superiorità numerica, fu sconfitto dal Bari, che andò in finale in virtù del miglior piazzamento in campionato. Quel Sudtirol però, giocava un 4-4-2 molto interessante per la compattezza che mostrava in campo, con difesa e centrocampo sempre vicine e mai slegate, cioé ciò che forse più servirà al Modena che verrà, per provare a conquistarsi una stagione migliore dell’ultima appena trascorsa. Il neo ds, Andrea Catellani, che ha appena sostituito Davide Vaira, destinato al Pisa, in queste ore è soprattutto impegnato a sfoltire la rosa con elementi come Manconi (che piace al Benevento e Avellino), Giovannini e Guiebre destinati a fare le valige. Il problema maggiore che aveva la squadra dell’anno scorso era però lo scarso peso offensivo (si era fatta sentire la partenza di Diaw). Dunque quest’anno si vorrebbe un bomber importante come Coda, su cui però ci sono anche altri club, probabilmente più avanti nell’ottenerlo dal Genoa, proprietario del cartellino. Intanto, è stato riscattato un centrocampista da tenere d’occhio come Simone Santoro, giunto a gennaio dal Perugia, da cui magari ci si attendeva di più, nei suoi primi sei mesi coi canarini, ripensando al giocatore visto in B col Perugia. Però il ragazzo c’è tutto e ha i mezzi per imporsi nella prossima stagione, la mediana canarina è forse il punto di forza del Modena, specie quando Gerli e Palumbo danno il meglio di sé. Resta il fatto che, per provare a fare il salto di qualità, il Modena deve essere più “pesante” in attacco. LEGGI TUTTO

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    La Sampdoria che verrà

    TORINO – Risolta la querelle con Ferrero, che permette a Manfredi di comandare la società a tutti gli effetti, la Sampdoria come affronterà la prossima stagione? Nel campionato appena concluso, chiuso al 7° posto, la SamPirlo alla fine ha raccolto quel che poteva raccogliere. Tutte le squadre che le sono finite davanti, le erano superiori, dunque non è proprio il caso di avere troppi rimpianti. Certo, con un pizzico di fortuna in più, cioé con meno infortuni e senza qualche gara toppata, i blucerchiati potevano ambire – al massimo – a un miglior piazzamento playoff, che avrebbe permesso di coltivare ambizioni maggiori agli spareggi promozione poi vinti dal Venezia, la terza squadra salita in A dopo Parma e Como. Invece la Samp ai playoff è partita dal turno preliminare da giocarsi in trasferta, cioé le condizioni peggiori per provare a dare l’assalto alla A. I maggiori rimpianti però, possono esserci per come è stata affrontata l’unica partita disputata ai playoff, la SamPirlo vista a Palermo è stata davvero poca cosa, nel 2-0 dei rosanero con le due reti del difensore Diakité, s’è visto proprio poco da parte blucerchiata, non si sono onorati i playoff, va detto, l’atteggiamento con cui i blucerchiati sono scesi in campo al Barbera non può essere accettabile per una squadra dal blasone importante che sì, ha avuto le sue vicissitudini, ma ci sarebbe anche una maglia che va onorata diversamente. Tutte cose da appuntarsi per la seconda stagione consecutiva in Serie B dei blucerchiati che s’imposta in questi giorni. Pirlo, nonostante qualche corteggiamento dalla A – il Monza di Galliani in particolare – probabilmente guidarà ancora i blucerchiati, è già legato al club fino al 2025. Tuttavia, magari, arrivasse un’offerta interessante e concreta di categoria superiore, la prenderebbe in seria considerazione. Ma è anche vero che dopo questa stagione, senza infamia e senza lode, non è automatico essere ambiti da grandi club. Pirlo comunque ha fatto un lavoro discreto che merita di essere sviluppato. Diverse partite le ha perse per l’inesperienza dei giovani da svezzare, vedi soprattutto le clamorose papere che faceva Stankovic a inizio stagione, costate tre sconfitte sanguinose a Marassi. In seguito, il figlio di Dejan è diventato forse il miglior portiere del campionato. Da quel che emerge dalle prime mosse di mercato però, si ha la sensazione che la squadra sarà smembrata, o quasi: tanti giocatori sono in prestito e non sarà semplice riaverli (Stankovic ed Esposito su tutti), inoltre, per puntare alla A, serviranno più elementi di caratura superiore, quelli che in questa stagione non c’erano e qui entra in gioco il “tesoretto” di cui dispone la Samp: vendere il portiere Audero (che potrebbe andare al Como), riscattare dal Padova il difensore Leoni, forse il 2006 più interessante d’Italia, alla cifra prefissata di 1.5 milioni, per poi rivenderlo (e la Juve è stata la prima squadra a piombare su di lui), un duplice affare che dovrebbe fruttare una manciata di milioni, utili a fare un buon mercato, sperando di azzeccare nuovamente i prestiti, in questo senso il blasone della società aiuta ad ottenere i giovani più promettenti. Tesoretto che in buona parte potrebbe essere speso per acquistare dall’Ascoli la prima punta Mendes e la mezzala Caligara, come si mormora in queste ore, entrambi potrebbero essere un buon investimento (ma Mendes per infortunio ha saltato gli ultimi mesi di campionato, le sue condizioni fisiche vanno verificate). Ma non basta, bisogna ridurre un monte ingaggi insostenibile, fatto anche di stipendi enormi a elementi marginali, eredità della gestione Ferrero. Insomma, al momento ipotizzare che la Sampdoria nella prossima stagione possa puntare ai primi due posti, cioé alla promozione diretta, è un puro atto di fede. A meno che nel frattempo, non subentrino nel capitale societario i famosi soci illustri e danarosi in grado di dare una svolta economica alla Samp, di cui si parla ancor prima che subentrasse il duo Radrizzani-Manfredi, col secondo che gradualmente ha finito per soppiantare il primo. Con l’attuale guida di Manfredi invece, c’è da chiedersi, vista anche la pesante situazione debitoria che affligge la società, quante risorse ci siano per costruire una squadra da promozione diretta e considerati i “paletti” economici che limiteranno gli acquisti. Anche se, in attesa che si completi il quadro delle 20 squadre che affronteranno la prossima B (manca la vincente della finale playoff di C, se la giocano Carrarese e Vicenza), il prossimo campionato potrebbe anche non avere uno o due veri padroni ma tanto equilibrio, senza che ci siano squadre in grado di dominare il torneo, un campionato all’insegna dell’incertezza, come da consolidata tradizione della Serie B. LEGGI TUTTO

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    Diretta Venezia-Cremonese ore 20:30: dove vederla in tv, in streaming e probabili formazioni

    Segui Venezia-Cremonese in diretta su Tuttosport.com
    Venezia-Cremonese: diretta tv e streaming
    La finale dei Playoff di Serie B tra Venezia e Cremonese è in programma questa sera alle 20:30 al Penzo di Venezia. Sarà possibile seguire il match in diretta tv su Sky Sport Uno (201), Sky Sport (251) e DAZN. La partita sarà trasmessa anche in streaming sulle rispettive applicazioni SkyGo, DAZN e Now.
    Guarda su DAZN tutta la Serie A TIM e tanto altro sport. Attiva ora.
    Venezia-Cremonese: le probabili formazioni
     VENEZIA (3-5-2): Joronen; Idzes, Svoboda, Sverio; Candela, Busio, Tessman, Lella, Ellertsson; Pierini, Pohjanpalo. Allenatore: Vanoli.A disposizione: Bertinato, Grandi, Modolo, Altare, Dembelé, Bjarkason, Ullman, Jajalo, Andersen, Gytkjaer, Olivieri, Cheryshev.
    Indisponibili: nessuno.Squalificati: nessuno.Diffidati: Joronen, Idzes, Candela, Zampano, Busio, Bjarkason, Lella, Tessman.
    CREMONESE (3-5-2): Saro; Antov, Ravanelli, Bianchetti; Zanimacchia, Collocolo, Castagnetti, Pickel, Sernicola; Vazquez, Coda. Allenatore: Stroppa.A disposizione: Jungdal, Livieri, Marrone, Tuia, Ghiglione, Quagliata, Lochoshvili, Falletti, Abrego, Majer, Ciofani, Buonaiuto, Tsadjout.
    Indisponibili: Afena-Gyan, Della Rovere, Johnsen, Rocchetti, Sarr.Squalificati: nessuno.Diffidati: Castagnelli, Collocolo, Quagliata, Vazquez.
    ARBITRO: Sozza di Seregno. ASSISTENTI: Alassio-Colarossi. QUARTO UFFICIALE: Marcenaro. VAR: Valeri. ASS. VAR: Marino. LEGGI TUTTO