L’ex dirigente giallorosso ora tornato a Siviglia: “Se mi avessero chiesto contro chi avrei voluto giocare la finale, avrei detto la Roma. Se guardo indietro cambierei sicuramente qualcosa, dovevo capire meglio la Roma e l’ambiente. Credo sia mancata conoscenza e tempo, ma è una mia responsabilità. Mourinho? Allenatore top, come normale per una squadra top”
LO SPECIALE SULLA FINALE ROMA-SIVIGLIA
“Se mi avessero chiesto contro chi avrei voluto giocare la finale, avrei detto la Roma, mi ritornano in mente tanti momenti che ho vissuto lì”. Perché la finale di Budapest sarà anche la partita di Monchi. Una vita al Siviglia, il dirigente delle vittorie in Europa. E i due anni (in realtà poco meno di due) alla Roma, la semifinale di Champions dopo l’eroica rimonta col Barcellona e la separazione a marzo del 2019. Oggi Monchi è di nuovo alla guida del club della sua vita: “Sono felicissimo, dopo una stagione sofferta abbiamo raggiunto la finale”. Perché il Siviglia è passato da Lopetegui a Sampaoli, fino a Mendilibar, che aveva preso in mano la squadra a marzo in piena lotta per non retrocedere. Ora il club è a metà classifica e lui sfiderà il proprio passato nella finalissima: “Sono ormai quattro anni che sono andato via da Roma e ho avuto tempo di pensare a quello che è successo – ha detto lo spagnolo -. Sicuramente cambierei qualcosa, ho provato a fare il meglio possibile ma ho sbagliato. Dovevo capire meglio la Roma e l’ambiente”.
“E’ mancata conoscenza e tempo”
Monchi prosegue sulla sintonia del suo passato giallorosso: “Credo che sia mancata un po’ di conoscenza, e di tempo per essere io. Al 95% è stata una mia responsabilità. Forse oggi sarebbe più facile. Qualcosa di mio nella Roma? No, la Roma è troppo grande per dire che è qualcosa di tuo”. Diversa storia al Siviglia: “Lavoro qui da ventiquattro anni, il tempo nella vita è fondamentale, così come lo è nel calcio. Prima della sosta del mondiale eravamo in zona retrocessione e io non avevo problemi. C’era fiducia”.
“A Roma anche momenti bellissimi”
Eppure la sua storia nella capitale è stata anche positiva. Nel 2017-18, al primo colpo, fu storica semifinale di Champions: “Non mi piace parlare di quello che ho fatto bene o di quello che ho fatto male, per me la cosa più importante è l’aver lavorato con onestà. Se penso alla Roma penso che ci sono stati due momenti: benissimo alla prima stagione, la seconda invece è stata più brutta. Nel 2017-18 ho vissuto momenti bellissimi come la semifinale contro il Liverpool o la notte della rimonta col Barcellona. C’erano i tifosi che mi aspettavano per portarmi a casa, Roma è nel mio cuore. Portare felicità ai tifosi è la cosa che conta di più”. Poi sui singoli: “Pallotta? Quando penso a lui sono grato per avermi portato a Roma. Di Francesco? Il rapporto con la proprietà non era il migliore possibile, per questo mi sono fermato”. E su Totti: “Di lui posso solo parlare bene, mi ha aiutato tanto, lo avevo sempre al mio fianco. Francesco è Francesco, nessuno può cambiarlo”. LEGGI TUTTO