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    Mondiale: l'Argentina in ansia per tre

    TORINO – La frase pronunciata ieri da Lionel Scaloni, ct dell’Argentina, ha gettato un velo d’ansia e preoccupazione tra i tifosi dell’Albiceleste: «Abbiamo dei piccoli problemi, abbiamo alcuni giorni per consegnare la lista finale. Possiamo ancora effettuare dei cambi: ovviamente speriamo di non doverne avere bisogno, ma esiste questa possibilità. Ci sono vari giocatori che nel test con gli Emirati Arabi Uniti sono rimasti in tribuna perché non erano pronti per giocare oppure erano a rischio di infortunarsi seriamente». I giocatori in oggetto sono El Huevo Marcos Acuña, esterno basso del Siviglia e Nicolás González della Fiorentina: il viola rischia di non essere a disposizione per il debutto di martedì contro l’Arabia Saudita in quanto non ha ancora ultimato il suo recupero fisico dallo strappo patito contro l’Inter, il 22 ottobre in Serie A.

    Triplice preoccupazione

    Ma non basta: a preoccupare Scaloni c’è pure Joaquín Correa, che ha concluso la partita negli Emirati Arabi Uniti con un problema al ginocchio. La vicenda del Tucu non è una novità, ma ha a che fare con un infortunio che aveva subito circa un mese e mezzo fa all’Inter, che però sembrava ormai superato del tutto visto che prima di unirsi al gruppo dell’Albiceleste aveva disputato diversi match con il suo club. Ieri è entrato al 1’ della ripresa e ha disputato tutto il secondo tempo in cui ha realizzato anche un gol. A fine gara, però, le cattive notizie. Nelle prossime ore Scaloni deciderà, dopo appurati consulti con lo staff medico, se apportare o meno modifiche alla lista dei convocati dell’Argentina.

     

     

     
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    Da Chiesa a Haaland: fate la top 11 degli assenti a Qatar 2022 VOTA IL SONDAGGIO

    TORINO – (e.e.) Un po’ per gioco, un po’ per logoramento italico. Facciamo la nostra lista dei migliori assenti al Mondiale di Qatar 2022. Una bella rosa da cui attingere per una Top 11 che sarebbe in grado di giocare per il titolo. Ci sono ovviamente gli azzurri campioni d’Europa, capaci nell’impresa di non qualificarsi dopo una prima parte del girone controllato benissimo (Svizzera con il pass, noi a casa dopo la sconfitta agli spareggi con la Macedonia del Nord, tanto per ricordarlo). Ci sono i norvegesi capitanati da Erving Haaland, super bomber vincitore anche del nostro Golden Boy, e dal centrocampista dell’Arsenal Martin Odegaard. Ci sono alcuni dei più forti portieri al mondo: Gigio Donnarumma, ovvio, ma anche il colchonero Jan Oblak, per non tralasciare il milanista Nike Maignan. Ci sono i padroni del centrocampo: dall’azzurro forte (Jorginho, Tonali, Barella) al tedesco campione di tutto, Tony Kroos che ha lasciato la Germania ma resta tra i big assoluti. In difesa, ci sono i big al centro, dove il totem resta Sergio Ramos; sulle fasce ci sono, tra gli altri, i napoletani Mario Rui e Giovanni De Lorenzo. In avanti la bagarre è totale: e se Haaland titolare non si discute, accanto a lui si può mettere Momo Salah con Federico Chiesa; oppure Victor Osimhen e Kvaratskhelia con lo sfortunato Christopher Nkunku. In panchina? No, Roberto Mancini non lo scegliamo. Ha il peccato originale della mancata qualificazione con un gruppo che doveva passare.

    La nostra selezione degli assenti al Mondiale Qatar 2022

    Schema 4-3-3

    Scegli gli 11 titolari

    PORTIERIMaignan (Francia)Donnarumma (Italia)Oblak (Slovenia)

    ESTERNIAlaba (Austria)Robertson (Scozia)Mario Rui (Portogallo)Chilwell (Inghilterra)Di Lorenzo (Italia)

    CENTRALISergio Ramos (Spagna)Skriniar (Slovacchia)Bastoni (Italia)Tomori (Inghilterra)Kimpembe (Francia)Bonucci (Italia)

    CENTROCAMPISTITonali (Italia)Kanté (Francia)Bennacer (Algeria)Jorginho (Italia)Szoboszlai (Ungheria)Barella (Italia)Odegaard (Norvegia)Kroos (Germania)Verratti (Italia)

    ATTACCANTIHaaland (Norvegia)Nkunku (Francia)Salah (Egitto)Osimhen (Nigeria)Reus (Germania)Diogo Jota (Portogallo)Chiesa (Italia)

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    Pellegrini, gli uomini veri della Juventus e il paragone con Kostic che non capisce

    Buongiorno Luca Pellegrini. Dopo tre mesi di Bundesliga, con la maglia dell’Eintracht Francoforte e quindi di vita in Germania, come definirebbe l’approccio con la realtà tedesca?

    «Sto vivendo bene un’esperienza nuova sotto tanti punti di vista. Diciamo che il fatto che la squadra stia ottenendo risultati importanti aiuta perché, si sa, nel calcio vincere aiuta a far sì che tutto finisca sotto una luce migliore. L’aspetto che mi ha sorpreso di più nei primissimi giorni, che mi ha fatto vivere un impatto forte è stato il discorso della mentalità: campionato diverso, nazione con altri usi, siamo abbastanza differenti. Appena arrivato, a metà agosto, mi sono subito dovuto gettare nella mischia per cui ho dovuto accelerare un po’ il processo di abitudine alle novità sia in campo che fuori».

    Quali sono state le diversità maggiori alle quali ha dovuto imprarare a dare del tu?

    «Un po’ tutto, anche il cibo! Ma parlo per esempio dell’orario dei pasti. In Italia a cena noi mangiamo verso le 8 o otto mezza, qui invece ci si mette a tavola alle sette. Ma questo è un dettaglio. Ricordo che nella prima partita di Champions League noi abbiamo perso tre a zero contro lo Sporting e non c’è stato un secondo in cui i tifosi non abbiano smesso di incitarci. Anzi. A fine partita ci hanno pure riservato una standing ovation per l’impegno che avevamo messo in tutti i novanta minuti e che avevano apprezzato. Io non me lo aspettavo proprio, in Italia non è così usuale ricevere applausi e consensi se perdi con un risultato del genere, così pesante. Io dico che c’è proprio un altro modo di vedere e percepire il fenomeno della partita di calcio. I tedeschi la sentono molto la passione per la propria squadra ma hanno comunque sempre un atteggiamento propositivo».

    Sorpreso da questa annata così positiva dell’Eintracht Francoforte? Siete nelle prime posizioni della classifica oltre a esservi qualificati in Champions League per gli ottavi di finale…

    «Sapevo che si trattava di un club forte e importante, altrimenti non avrei preso in considerazione il trasferimento da Torino. Io dico che abbiamo ancora margini di miglioramento anche perché siamo una squadra giovane dietro la quale c’è un progetto bellissimo. Siamo sulla strada giusta».

    Che rapporto ha con il tecnico austriaco Oliver Glasner? Parlate in inglese? Quali le differenze più significative rispetto a Massimiliano Allegri?

    «Per fortuna so l’inglese abbastanza bene, per cui non ci sono problemi per capirci sia negli allenamenti che in partita. Il tedesco è una lingua difficile da imparare, soprattutto in poco tempo. Con qualche compagno si parla e ci si capisce usando anche lo spagnolo. Fare paragoni con Allegri non è facile anche perché si tratta di un campionato diverso. Posso però dire che quello che accomuna i due allenatori è la personalità, hanno un carattere molto forte, sono carismatici».

    Qual è il compagno più forte?

    «Giocatori importanti ne abbiamo tanti, l’impressione che ho avuto subito è che la rosa è di livello altissimo, c’è una competitività davvero spiccata. Si tratta poi di giocatori con una mentalità fortissima, che si sposa con quella della Bundesliga in cui se si pareggia è più facile che accada 3-3 o 4-4 e non 0-0. Qui in Germania l’obiettivo principale è andare all’attacco per fare gol e non preoccuparsi di subire una rete in meno, come per esempio avviene in Italia, dove l’aspetto tattico è molto più impattante e si è più conservativi. Ecco, il termine giusto è conservativi. Qui invece è un continuo andare in avanti, il focus è sempre lo stesso: segnare. In questo modo davvero non ci sono partite scontate, si tratta di match tutti stancanti anche dal punto di vista fisico. Bisogna essere molto pronti dal punto di vista della condizione. Ma devo dire che questo dispendio è figlio dell’approccio mentale con cui si scende in campo».

    Si avvicina il Mondiale. Quali le Nazionali favorite?

    «Semplice: Argentina, Germania, Brasile e forse la Francia. Vorrei che alla fine vincessero tutti quelli che conosco!».

    A un giovane giocatore italiano consiglierebbe un’esperienza all’estero?

    «Assolutamente sì. Anche come esperienza di vita è molto formativa, ti confronti con altre culture e stili di vita, modi di pensare differenti. Esci dalla comfort zone per cui puoi crescere. Io sono da sempre una persona curiosa per cui se posso cambiare lo faccio volentieri. Non a caso negli ultimi cinque anni ho girato cinque città. Ma la consiglierei anche dal punto di vista calcistico: in Bundesliga ogni squadra che affrontiamo ha moltissimi giovani. Si investe molto su chi non ha esperienza. Secondo me ne vale la pena provare all’estero, lo consiglierei di cuore a un ragazzo italiano qualora si presentasse l’opportunità».

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    Stranezze Mondiali: dalla 4ª serie inglese a Doha, la storia di Gunter e Williams

    TORINO – Qatar vuol dire Mondiale. E Coppa del mondo è sinonimo di fenomeni, di fuoriclasse, di crack e, ovviamente, di storie strane e singolari. Ci sono, ovviamente, i due fratelli Williams, Nico e Iñaki che rappresenteranno due nazionali diverse, Spagna e Ghana, ma ci sono anche due dei protagonisti con il Galles che giocano addirittura in… quarta divisione: stiamo parlando di Christopher Ross Gunter e Jonathan Peter Williams.
    Dai bassifondi alla gloria
    Ross Gunter è un difensore centrale che, dopo una lunghissima militanza in Championship con Nottingham Forest (3 stagioni), Reading (8 campionati) e Charlton Athletic (2 anni) è finito a sbarcare il lunario al Wimbledon, quarta serie dell’English Football. Un presente difficile per uno che nel 2008 e nel 2009 vestiva la maglia del Tottenham: ora con la nazionale gallese potrà cercare di vivere al meglio l’avventura in Qatar cercando di farsi trovare pronto in caso di bisogno dei Red Dragons. Williams, invece, di professione centrocampista, milita nello Swindon Town: anche lui ha un passato di Premier League dato che ha giocato con il Crystal Palace. L’anno scorso è arrivato ai Robins e sìè subito rivelato un fattore, con 11 reti in 56 match. Ora, a Doha, ha la chance di vivere delle settimane da sogno. E di dimenticare, anche se per breve tempo, i campacci della League Two…
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    Dove andrà Cristiano Ronaldo? Intanto c'è chi ha già preso posizione…

    Sarà che Joao Mario ha appena dato in pasto ai media la sua interpretazione del caso («Bruno Fernandes e Cristiano Ronaldo? Non c’è niente, era solo uno scherzo»), ma la forte sensazione è che nessuno creda alle parole dell’ex interista. A parte la famiglia di CR7, naturalmente. Sarà che il Mondiale imminente rischia di fagocitare gossip, indiscrezioni e tracce concrete di mercato, però il tema resta caldissimo, tanto più dopo le ultime dichiarazioni rilasciate dal dottor – nel senso di medico di professione – Frederico Varandas, per tutti il presidente dello Sporting: «Non c’è mai stato nulla». Parole, snocciolate ai media portoghesi, che trasudano convinzione da parte del diretto interessato, e probabilmente anche una certa delusione per chi pensava che sì, questa sarebbe stata sul serio la volta buona per il ritorno del fenomeno portoghese nella sua Lisbona.
    Problemi (tanti)…
    Ciò non toglie che, prima o poi, Cristiano rientrerà nella sua casa (è il suo volere, da sempre), dove l’hanno svezzato, cresciuto e coccolato prima che facesse il grande salto in un top club. Ma il presente racconta di un campione inevitabilmente spento, nonostante i sorrisi di facciata, inutilmente condivisi con compagni di squadra e di Nazionale che evidentemente la sanno lunga. Come Scott McTominay e Harry Maguire che secondo fonti accreditate si sarebbero fatti portavoce di una vera e propria cordata anti-CR7, escludendo il diretto interessato dalla chat Whatsapp del Manchester United e facendosi promotori – altro rumour fresco fresco – di una volontà plausibilmente condivisa da un ampio clan di Diavoli Rossi. Della serie: se la famiglia Glazer non si libera di Ronaldo ora, quando? Avrebbero fatto capire, insomma, a chi comanda che il momento giusto è adesso e che non bisogna aspettare un secondo in più. Il tutto mentre l’entourage del 37enne portoghese, a meno di clamorose novità che al momento non risultano, non è che si stia impegnando più di tanto per approfondire la questione e contattare eventuali club interessati.
    …e soluzioni (poche)
    Il Chelsea in Inghilterra e il Bayern Monaco in Germania non sembrano così propensi ad accollarsi il maxi-ingaggio di un fuoriclasse che però non è più la freccia di un tempo. Qualcosa come 25 milioni netti più bonus – l’attuale stipendio di CR7, peraltro senza giocare – ereditando tuttavia un contratto a costo zero. Nell’accordo tra Ronaldo e lo United, infatti, è prevista una clausola di rinnovo annuale (2024) alla quale nessuno dà credito, nel senso che nessuno è disposto a scommettere un pound su una firma del genere. Così, in assenza di novità fuori dall’ordinario, Cristiano lascerà Manchester – dopo aver “vomitato” tutto il proprio disgusto per il club che lo paga profumatamente – per la seconda volta in carriera e a parametro zero se accetterà di restare da panchinaro di lusso alla corte di Erik ten Hag fino a giugno, oppure si dovrà trovare un’intesa economica con un club alla finestra (già, ma chi?) per liberarsi sei mesi prima. È l’ipotesi più verosimile, anche se ad oggi nessuna società seppur facoltosa pare disposta a fare uno sforzo per portarsi in casa un problema più che una soluzione. Gli arabi ci stanno pensando, ok. Ma il portoghese nel caso accetterebbe?
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    Cristiano Ronaldo piange in tv: “I mesi più difficili della mia vita”

    TORINO – Non è stato affatto semplice, non lo è tuttora. La perdita di un figlio è un dolore enorme, insopportabile, e Cristiano Ronaldo lo ha vissuto lo scorso 18 aprile, quando solo uno dei due gemellini che aspettava Georgina, la piccola Bella, è sopravvissuto al parto, mentre l’altro, Angel, è nato privo di vita. Il portoghese ha provato a raccontarlo e descriverlo nel corso di un’intervista rilasciata al giornalista inglese Piers Morgan, sottolineando come il momento più difficile dell’intera vicenda probabilmente sia stato quello di comunicare la notizia agli altri figli, a partire da Cristiano Junior: “Un giorno eravamo a tavola, era passata una settimana, e decidemmo che era arrivato il momento di essere onesti anche con loro: ‘È in paradiso’, gli raccontammo. Ma fa ancora parte della nostra vita. I piccoli ogni tanto mi dicono: ‘Papà, lo abbiamo fatto per Angel’, puntando al cielo. La sua morte mi ha portato a essere ancora più vicino ai miei figli, essere più padre, più tenero”.Guarda la galleryPortogallo, Cristiano Ronaldo scaricato anche da Cancelo? Cosa è successo

    Ronaldo e il racconto della tragedia

    Ronaldo ha poi parlato di come si sia modificato il rapporto con Georgina dopo questa tragedia: “Nel nostro caso l’ha migliorato. Mi sono ulteriormente avvicinato a Gio. Ora vedo la vita da una prospettiva diversa. Sono stati i sei mesi più difficili della mia vita da quelli dopo la morte di mio padre”. Il portoghese ha poi raccontato di conservare le ceneri di suoi figlio in una cappella che ha costruito nei sotterranei della casa, dove riposano anche i resti di suo padre, Jose Dinis Aveiro, morto nel 2005: “Le terrò accanto a me per tutta la vita. Se parlo con loro? Certo, sempre, sono sempre al mio fianco. Mi aiutano a essere una persona migliore, un padre migliore. Ed è qualcosa di cui vado fiero. Perdere un figlio è difficile da accettare, io e Georgina ci siamo chiesti spesso: ‘Perché proprio a noi?’ Ma dovevamo essere forti per Bella. È assurdo come una persona possa essere così felice e così triste allo stesso tempo. Non sai se piangere o sorridere, non sai come comportarti. Non trovo le parole per spiegare come mi sentivo in quei momenti”.
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    Ronaldo, il re… ietto: il silenzio di Mendes e la rimozione dal gruppo WhatsApp

    Indifendibile. Inaccettabile. Inqualificabile. Sono gli aggettivi più “morbidi” utilizzati per commentare la clamorosa uscita (sbagliata) di Cristiano Ronaldo nei confronti del suo club, del suo tecnico Erik ten Hag e dei suoi ex compagni al Manchester United. Può un calciatore che percepisce uno stipendio corrispondente a 23,8 milioni di euro netti all’anno permettersi di criticare così aspramente il club che lo paga? E soprattutto può permettersi di farlo pubblicamente, tramite un’intervista che ha fatto il giro del mondo? La riposta, ovvia, è no. Assolutamente no.

    Ronaldo idolo dei tifosi United: è il simbolo contro i Glazer

    Avvocati al lavoro

    A livello giornalistico tanto di capello al 57enne inglese Piers Morgan, ex direttore di News of the Word e del Daily Mirror diventato ancor più famoso come giudice negli spettacoli televisivi “Britain’s Got Talent” e “America’s Got Talent”. Ma a livello personale CR7 segna il più clamoroso degli autogol infliggendo a se stesso un tremendo danno d’immagine. Al di là del comunicato interlocutorio e temporeggiante, il Manchester United prepara una stangata storica nei confronti del suo tesserato. Il cd contenente l’intervista esclusiva è già in mano a uno stuolo di super avvocati dei “Red Devils” (da Patrick Stewart a Martin Mosley, da Phil Clancy ad Alexander Barnes) che valuteranno la soluzione più appropriata in risposta alle scioccanti accuse ricevute.

    Guarda la galleryRonaldo-Manchester United, gelo totale: Bruno Fernandes lo accoglie così

    Precedenti scottanti

    Già si è vociferato di una punizione esemplare, una multa storica da tramandare ai posteri che, tradotta in euro, potrebbe essere quantificata in circa 1,4 milioni (un milione di “pounds”). E non è neppure esclusa l’espulsione dalla società, leggi rescissione, per giusta causa. Con tutte le conseguenze del caso. Soprattutto economiche per il calciatore. Sul suo capo già pendono due precedenti scottanti: quando abbandonò Old Trafford dopo l’intervallo dell’ultima amichevole precampionato contro il Rayo Vallecano e quando il mese scorso si è rifiutato di scendere in campo contro il Tottenham. Doppia aggravante. Ed è così giunta a 37 anni suonati (ne compirà 38 il prossimo 5 febbraio) la prima estromissione dalla lista dei convocati (per la cronaca era in programma il match contro il Chelsea). Fatto mai verificatosi nel corso della sua luminosa carriera ormai proiettata tristemente verso il definitivo declino.

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    Ronaldo idolo dei tifosi Manchester United: è il simbolo contro i Glazer

    MANCHESTER (Inghilterra) – Che la clamorosa intervista senza filtri di Cristiano Ronaldo avesse ripercussioni nell’ambiente Manchester United era fuori discussione, ma ora il fenomeno portoghese sta diventando il simbolo dei tifosi per insorgere contro i Glazer. La proprietà statunitense ha preso il timone dei Red Devils nel 2005, ma la gestione non è mai piaciuta ai supporters dello United che nello scorso agosto sono scesi in piazza con una marcia di protesta prima della sfida con il Liverpool. Ora a rincarare la dose sono arrivate le parole al veleno di CR7: “Ai Glazer non importa nulla della squadra, almeno non della parte sportiva. Il Manchester United è un club che frutta loro soldi grazie al marketing, ma della parte sportiva non interessa e danno tutto il potere a presidente e direttore sportivo. Con loro non ho mai parlato, non da quando sono tornato. I tifosi hanno sempre ragione. Dovrebbero conoscere la verità, sapere che i giocatori vogliono il meglio per il Manchester United, che io voglio il meglio per il Manchester United ed è per questo che sono tornato, perché amo questo club. Ma i tifosi dovrebbero anche sapere che ci sono situazioni all’interno del club che gli impediscono di raggiungere il massimo livello, dove sono City, Liverpool e ora anche Arsenal. È dura, sarà dura per lo United essere al vertice nei prossimi 2-3 anni”.Guarda la galleryCristiano Ronaldo, le parole contro Ten Hag e lo United sui giornali di tutto il mondo

    United, Ronaldo simbolo contro i Glazer

    Ronaldo ha palesato tutti i suoi problemi, anche quelli personali che ha avuto con la dirigenza nel momento delle difficoltà con la perdita di un figlio, e i tifosi hanno iniziato ad attivarsi sui social per attaccare la proprietà e difendere il portoghese. Questi alcuni dei cinguettii a supporto di CR7: “Il loro più grande giocatore sta dicendo a tutti che a loro non importa. È finita, sbigati e vendi #GlazerOut”, “Cristiano Ronaldo racconta come stanno le cose nella sua intervista. Queste sono le ragioni per cui i fan volevano #GlazerOut ma non se ne rendono conto. La verità non fa mai piacere”, “Non puoi dire #GlazerOut e criticare anche l’intervista di Ronaldo”. L’Hashtag spopola sul web e tanti sono i messaggi per difendere Cristiano Ronaldo, diventato il simbolo dei tifosi dello united contro i Glazer.
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