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    Il ‘battesimo’ di Yamal: “Un disegno degli dei”

    Barcellona, 4 luglio 2024. La Spagna si sta preparando a giocare i quarti di finale dell’Europeo contro i padroni di casa della Germania. In tv, sui giornali e per le strade della città non si parla d’altro. Joan Monfort, celebre fotografo catalano, è da poco rientrato a casa dopo una giornata di lavoro qualunque. Tempo di cenare, rilassarsi davanti a un buon libro per poi crollare nel letto. Alle 2 di notte squilla il telefono, Monfort risponde: a cercarlo è un collega della rivista “Sport”. «Joan, scusami se ti disturbo a quest’ora, ma è troppo importante…C’è questa foto di Messi con in braccio un bebè che sta girando sui social. Per caso l’hai scattata tu?». Monfort, ancora mezzo addormentato, si stropiccia gli occhi per poi esaminare gli scatti: «Sì, se non ricordo male dovrebbe essere un servizio fotografico che ho realizzato per il Barca nel 2007. Che c’è di strano?». «Joan, non so bene come dirtelo…Quel bambino in braccio a Messi è Lamine Yamal».
    La benedizione di Messi
    I più cinici non potranno che definirla un’incredibile coincidenza. E forse avranno anche ragione. Ma è molto più semplice, per non dire romantico, credere che la storia di ognuno di noi faccia parte di un’immensa e sconfinata sceneggiatura, scritta e pensata da un animo folle, irrazionale, che si diverte a intrecciare i destini come fossero semplici fili. Quel pomeriggio, la strada del più forte giocatore della storia del Barca – e forse di tutti i tempi – si è incrociata con quella di un ragazzo spagnolo che, per qualità, velocità di pensiero e atteggiamento, ha tutte le carte in regola per poter provare a ereditarne lo scettro di protagonista. Non vi è nulla di blasfemo nel definirlo un vero e proprio battesimo, anche se a detta del papà di Yamal, sarebbe stato suo figlio a benedire il roseo cammino di Leo Messi. «Non riesco a spiegarmi quello che è successo – commenta Monfort – è una benedizione, un disegno degli dei, una congiuntura astrale. Il Barca, a quei tempi, ci aveva commissionato la realizzazione di un calendario di beneficenza in collaborazione con l’Unicef. Dovevamo ritrarre 12 giocatori – uno per mese – assieme a bimbi provenienti da contesti sociali problematici. Per la foto con Messi fecero una sorta di casting nel quartiere di Rocafonda, a Mataró, in Catalogna. A vincere, un po’ per caso, fu la famiglia di Lamine. Leo all’epoca non era ancora diventato Messi. Era un ragazzo timido, di vent’anni, alla sua seconda stagione da titolare. Dovevo trovare un modo per riuscire a farlo interagire spontaneamente con un bimbo di appena 5 mesi. Assorto nei miei pensieri, stavo facendo il bagnetto a mia figlia, da lì l’idea: “Perché non far fare a Messi la stessa cosa con quel bimbo?”. E così è stato. Un colpo di fortuna per me: se avesse posato con Puyol, Iniesta o qualsiasi altro campione di quel Barca, non sarebbe stata la stessa cosa…».
    Il marcatore più giovane degli Europei
    Nessuno poteva immaginare che quel neonato, 16 anni più tardi, sarebbe diventato il più giovane marcatore della storia degli Europei. Con le sue prodezze, il gioiello blaugrana – sulla cui testa pende una clausola rescissoria da 1 miliardo di euro – ha incantato il mondo, trascinando la Spagna alla vittoria dell’Europeo. Una cavalcata speculare a quella dell’Argentina di Messi, impegnata nella Copa America vinta in finale contro la Colombia. La pulce in lacrime per quello che potrebbe essere l’ultimo trofeo della carriera; Yamal per la sua prima grande soddisfazione da professionista. Strade diverse, destini affini. O almeno, così sperano in Catalogna: «Uno spettacolo vedere Messi anche solo passeggiare per il campo – continua Monfort -. Era come Mozart, un genio senza eguali, unico, il più forte di tutti. Difficile pensare che qualcuno possa avvicinarsi alla sua grandezza. Detto questo, Lamine è un giocatore straordinario e dal grande prospetto, diventerà una stella mondiale. Non teme niente e nessuno, gioca con la stessa spensieratezza e la stessa gioia che appartiene ai più piccoli, a chi per la prima volta si affaccia a questo sport. Più che Messi, mi ricorda Ronaldinho. Quando il brasiliano arrivò al Barcellona, il club stava vivendo un momento complicato. Con il suo sorriso e la sua classe è riuscito a invertire il trend, riportando il Barca dove meritava. Chissà che Lamine non possa fare lo stesso…».
    La maglia numero 19
    E poi c’è quella maglia, la “diecinueve”, dai cui tessuti traspira l’aura del fenomeno di Rosario, ai tempi scelta dall’argentino perché per poter indossare la 10 occorreva prima mostrare al mondo cosa fosse in grado di fare con quel sinistro magico. Yamal, in quello che potrebbe essere l’anno della sua consacrazione, giocherà proprio con quella camiseta lì, la numero 19: «Una scelta più che intelligente – continua Monfort – che dimostra la sua indiscutibile maturità come uomo e come calciatore. La 10, in un club come il Barcellona, rischierebbe di sottoporlo a pressioni difficili da gestire. Non ce n’è bisogno. Questo gesto potrà aiutarlo a crescere ancora di più. Spero vinca il Golden Boy, se lo merita più di chiunque altro per il calcio espresso e per il contesto da cui è venuto fuori lavorando ogni giorno. Se quest’anno non dovesse andare a lui, sarebbe una vera ingiustizia». LEGGI TUTTO

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    Chi è Lamine Yamal da Rocafonda: il fenomeno del quartiere operaio tra rabbia e… Rabiot

    Partiamo dalle generalità perché sta diventando sempre più famoso e non è più il caso di continuare a chiamarlo in maniera sbagliata: Lamine Yamal Nasraoui Ebana. I primi due sono il nome composto (come potrebbe essere Luis Enrique o Gian Piero), il terzo il cognome del padre e il quarto, com’è buona abitudine in Spagna, quello della madre. Per tutti, però, è soltanto Lamine Yamal che, nel suo circolo più intimo, diventa Lamine e basta. Sabato prossimo, alla vigilia della finale dell’Europeo di Germania, il crack del Barcellona non sarà a casa per festeggiare il suo diciassettesimo compleanno.
    Le origini di Yamal
    Sarà la prima volta che lo passa lontano da papà Mounir e mamma Sheila (oggi divorziati) e, soprattutto, dalla cara nonna Fatima e in un posto diverso da Rocafonda che, parafrasando gli Ska-P, è il barrio obrero (quartiere operaio) di Mataró, grosso centro industriale a 25 minuti a nord di Barcellona. Ed è proprio al posto che continua a considerare casa che Lamine Yamal dedica i suoi gol più importanti, ricorrendo all’oramai famoso gesto del “304”, le ultime tre cifre (le prime, 08, due sono uguali per tutta la provincia di Barcellona) del codice postale di quello che i militanti di Vox amano definire, con la classe che li contraddistingue, un «letamaio multiculturale». Ed è proprio per aver tirato uova e uno schiaffo a un militante del partito di estrema destra spagnolo che Mounir Nasroui è stato costretto a pagare una multa di 546 euro dopo essere stato condannato per lesioni e danni: «Quello che fanno e dicono non è giusto, siamo nel XXI secolo. Gli pagherò gli occhiali, ma se l’ho fatto è perché avevo le mie ragioni», ha assicurato l’anno scorso il papà di Lamine.
    I valori della Masia
    Un quartiere povero e difficile dove le politiche, siano esse di destra o di sinistra, hanno fallito completamente, quello dov’è cresciuto – molto più in fretta dei propri coetanei di centro città – il piccolo Lamine Yamal che, ancora oggi, ogni volta che torna a casa è seguito per strada da uno stuolo di bambini a cui basta rimanergli vicino per sognare il riscatto: se lui ce l’ha fatta, potrei riuscirci anche io. E non necessariamente nel mondo del pallone. Basta avere un passione e seguirla fino in fondo, proprio come ha fatto Lamine che a sette anni si è trasferito alla Masia, dove vive ancora oggi e lo farà fino al raggiungimento dei 18 anni. Perché se c’è una cosa che il Barcellona non ha perso, malgrado le poche gioie sportive degli ultimi anni, sono proprio i valori della propria cantera. E poco importa se, a differenza di quasi tutti gli altri inquilini della Masia, il crack blaugrana potrebbe permettersi il più lussuoso degli appartamenti: le regole sono regole e, come lui, anche Pedri e Gavi, gli ultimi due Golden Boy made in Barça, le hanno rispettate fino in fondo. Trofeo che difficilmente sfuggirà di mano al fenomeno di Rocafonda che, martedì sera, ha annichilito un altro fenomeno diventato simbolo del quartiere in cui è nato e cresciuto: ci riferiamo, naturalmente, a Kylian Mbappé, anche lui storia del Golden Boy, e la sua Bondy.
    La finale con la Spagna ed i saluti a Rabiot
    A Rocafonda la metà delle famiglie vive sotto la soglia della povertà e compra il pane arabo da zio Abdul che, ogni mattina, da 30 anni alza la saracinesca alle otto in punto. Suo figlio, Mohamed (per gli amici Moha), oltre a essere cugino di Lamine ne è anche l’autista personale. È lui ad accompagnarlo alla Masia e, nei giorni liberi, ad andarlo a prendere per riportarlo a casa: «Ricordo ancora che l’ultima fase finale di un Europeo l’ho vista in un centro commerciale con i miei amici e oggi, invece, faccio parte della nazionale maggiore», ci ha tenuto a sottolineare la stella della Roja, subito dopo aver messo in ginocchio la Francia con il suo splendido gol. Una rete con una dedica speciale per un volto noto della Serie A, Adrien Rabiot che, alla vigilia dell’incontro, aveva pensato che fosse una buona idea provocarlo, ignaro, probabilmente, di quanto fosse grande la sua personalità: «Se vuole arrivare in finale dovrà fare molte più cose di quello che ha fatto sinora». Ed è stato proprio il centrocampista bianconero a gustarsi, suo malgrado, da pochi centimetri la genesi dell’opera d’arte dello spagnolo che, prima di battere Mike Maignan con uno straordinario tiro a giro, lo ha mandato fuori tempo con una finta: «Parla ora», il messaggio recapitato allo juventino in mondovisione subito dopo la fine dell’incontro.
    La benedizione di Messi
    E, del resto, uno che prima di debuttare con la primavera aveva già esordito con la prima squadra e che prima di segnare con il Barcellona lo aveva già fatto con la sua nazionale non può davvero temere lo scontro dialettico. Men che meno se sei cresciuto a Rocafonda e ne vai, giustamente, fiero: «Quando ho segnato il gol ho cercato di pensare alla squadra, che è la cosa più importante, e non ho dato importanza alle cose esterne. Dico sempre che il tempo mette tutti al loro posto». Parola di Lamine Yamal, il prossimo numero 10 del Barcellona e, questa volta sì, degno erede di un certo Lionel Messi, uno che dopo aver portato a casa il Golden Boy ha anche vinto sette Palloni d’Oro. Un primato difficile da battere anche per lui che di record ne supera uno a partita. A meno che non riesca a vincerli entrambi nello stesso anno. Difficile, ma non impossibile. Domenica sera ne sapremo di più. LEGGI TUTTO

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    Simeone e i “rischi del mestiere”: infortunio e operazione, Costa e Veron lo prendono in giro

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    Premier League, svelato il calendario della stagione 2024/25: subito big match per Maresca

    21° TURNO, martedì 14 gennaio 2025Arsenal v SpursBrentford v Man CityEverton v Aston VillaIpswich Town v BrightonLeicester City v Crystal PalaceNottingham Forest v LiverpoolWest Ham v Fulhammercoledì 15 gennaio 2025Chelsea v AFC BournemouthNewcastle United v Wolves Man Utd v Southampton 
    22° TURNO, sabato 18 gennaio 2025Arsenal v Aston VillaBrentford v LiverpoolChelsea v WolvesEverton v SpursIpswich Town v Man CityLeicester City v FulhamMan Utd v BrightonNewcastle United v AFC BournemouthNottingham Forest v SouthamptonWest Ham v Crystal Palace
    23° TURNO, sabato 25 gennaio 2025AFC Bournemouth v Nottingham ForestAston Villa v West HamBrighton v EvertonCrystal Palace v BrentfordFulham v Man UtdLiverpool v Ipswich TownMan City v ChelseaSouthampton v Newcastle UnitedSpurs v Leicester CityWolves v Arsenal
    24° TURNO, sabato 1 febbraio 2025AFC Bournemouth v LiverpoolArsenal v Man CityBrentford v SpursChelsea v West HamEverton v Leicester CityIpswich Town v SouthamptonMan Utd v Crystal PalaceNewcastle United v FulhamNottingham Forest v BrightonWolves v Aston Villa 
    25° TURNO, sabato 15 febbraio 2025Aston Villa v Ipswich TownBrighton v ChelseaCrystal Palace v EvertonFulham v Nottingham ForestLeicester City v ArsenalLiverpool v WolvesMan City v Newcastle UnitedSouthampton v AFC BournemouthSpurs v Man UtdWest Ham v Brentford
    26° TURNO, sabato 22 febbraio 2025AFC Bournemouth v WolvesArsenal v West HamAston Villa v ChelseaEverton v Man UtdFulham v Crystal PalaceIpswich Town v SpursLeicester City v BrentfordMan City v LiverpoolNewcastle United v Nottingham ForestSouthampton v Brighton
    27° TURNO, martedì 25 febbraio 2025Brentford v EvertonBrighton v AFC BournemouthNottingham Forest v ArsenalSpurs v Man CityWest Ham v Leicester CityWolves v Fulham20:00 Crystal Palace v Aston VillaMercoledì 26 febbraio 2025Chelsea v Southampton20:00 Liverpool v Newcastle United20:00 Man Utd v Ipswich Town
    28° TURNO sabato 8 marzo 2025Brentford v Aston VillaBrighton v FulhamChelsea v Leicester CityCrystal Palace v Ipswich TownLiverpool v SouthamptonMan Utd v ArsenalNottingham Forest v Man CitySpurs v AFC BournemouthWest Ham v Newcastle UnitedWolves v Everton
    29° TURNO sabato 15 marzo 2025AFC Bournemouth v BrentfordArsenal v ChelseaAston Villa v LiverpoolEverton v West HamFulham v SpursIpswich Town v Nottingham ForestLeicester City v Man UtdMan City v BrightonNewcastle United v Crystal PalaceSouthampton v Wolves 
    30° TURNO martedì 1 aprile 2025AFC Bournemouth v Ipswich TownArsenal v FulhamBrighton v Aston VillaNottingham Forest v Man UtdWolves v West HamMercoledì 2 aprile 2025Chelsea v SpursMan City v Leicester CityNewcastle United v BrentfordSouthampton v Crystal Palace 20:00 Liverpool v Everton
    31° TURNO, sabato 5 aprile 2025Aston Villa v Nottingham ForestBrentford v ChelseaCrystal Palace v BrightonEverton v ArsenalFulham v LiverpoolIpswich Town v WolvesLeicester City v Newcastle UnitedMan Utd v Man CitySpurs v SouthamptonWest Ham v AFC Bournemouth 
    32° TURNO, sabato 12 aprile 2025AFC Bournemouth v FulhamArsenal v BrentfordBrighton v Leicester CityChelsea v Ipswich TownLiverpool v West HamMan City v Crystal PalaceNewcastle United v Man UtdNottingham Forest v EvertonSouthampton v Aston VillaWolves v Spurs 
    33° TURNO, sabato 19 aprile 2025Aston Villa v Newcastle UnitedBrentford v BrightonCrystal Palace v AFC BournemouthEverton v Man CityFulham v ChelseaIpswich Town v ArsenalLeicester City v LiverpoolMan Utd v WolvesSpurs v Nottingham ForestWest Ham v Southampton
    34° TURNO, sabato 26 aprile 2025AFC Bournemouth v Man UtdArsenal v Crystal PalaceBrighton v West HamChelsea v EvertonLiverpool v SpursMan City v Aston VillaNewcastle United v Ipswich TownNottingham Forest v BrentfordSouthampton v FulhamWolves v Leicester City
    35° TURNO, sabato 3 maggio 2025Arsenal v AFC BournemouthAston Villa v FulhamBrentford v Man UtdBrighton v Newcastle UnitedChelsea v LiverpoolCrystal Palace v Nottingham ForestEverton v Ipswich TownLeicester City v SouthamptonMan City v WolvesWest Ham v Spurs 
    36° TURNO, sabato 10 maggio 2025AFC Bournemouth v Aston VillaFulham v EvertonIpswich Town v BrentfordLiverpool v ArsenalMan Utd v West HamNewcastle United v ChelseaNottingham Forest v Leicester CitySouthampton v Man CitySpurs v Crystal PalaceWolves v Brighton
    37° TURNO, domenica 18 maggio 2025Arsenal v Newcastle UnitedAston Villa v SpursBrentford v FulhamBrighton v LiverpoolChelsea v Man UtdCrystal Palace v WolvesEverton v SouthamptonLeicester City v Ipswich TownMan City v AFC BournemouthWest Ham v Nottingham Forest
    38° TURNO, domenica 25 maggio 2025AFC Bournemouth v Leicester CityFulham v Man CityIpswich Town v West HamLiverpool v Crystal PalaceMan Utd v Aston VillaNewcastle United v EvertonNottingham Forest v ChelseaSouthampton v ArsenalSpurs v BrightonWolves v Brentford LEGGI TUTTO

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    Fonseca, ufficiale l’addio al Lille: tutto pronto per il Milan

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    Real Madrid, Florentino Perez e Ancelotti oltre i miti

    BARCELLONA – Come in ogni favola che si rispetti, la relazione di Carlo Ancelotti con la massima competizione continentale è cominciata con una delusione. Cocentissima. Oltre la sconfitta in sé. Nel 1984, infatti, Carletto non solo la perse, ma fu anche costretto a rinunciare alla finale della Coppa dei Campioni vinta, poi, ai rigori dal Liverpool nella “sua” e contro la “sua” Roma. Dagli errori dal dischetto di Bruno Conti e Ciccio Graziani sono, però, passati 40 anni e, nel frattempo, la traiettoria sportiva dell’attuale tecnico del Real Madrid ha assunto contorni leggendari.
    Ancelotti: “Non ci si abitua mai a vincere”
    Fiabeschi, appunto. Soltanto la Casa Blanca, infatti, ha vinto più coppe dalle grandi orecchie di lui: 15 a 7. Secondo posto che Don Carlo “condivide” con Florentino Pérez (di cui ci occuperemo dopo) e con l’altra sua squadra del cuore, quel Milan alla cui leggenda ha contribuito anche lui con quattro Champions League, due conquistate in pantaloncini e maglietta agli ordini di Arrigo Sacchi e altrettante alzate al cielo in giacca e cravatta, soffrendo nell’area tecnica: “Abituato a vincere Champions? Beh, in realtà uno non si abitua mai a vincere – ha assicurato subito dopo il trionfo di Wembley contro il Borussia Dortmund – . E poi è stato difficile, molto di più di quanto avessi immaginato perché nel primo tempo siamo stati vagabondi e abbiamo sofferto tanto, mentre nella seconda frazione abbiamo giocato molto meglio. Queste, però, ora sono stupidaggini e quello che conta è che il sogno continua”.
    Le sue impareggiabili statistiche si fondono e si confondono con la sua umiltà. Ed è proprio questa sua leggerezza (più che modestia) che gli ha permesso di conquistare il cuore del popolo merengue: “Se ero arrabbiato alla fine del primo tempo? No, non avevo bisogno di arrabbiarmi, bensì di chiarire un po’ le cose. Era ovvio che dovevamo modificare qualcosa e lo abbiamo fatto cambiando il sistema di gioco (passando dal 4-4-2 al 4-3-3 con Vinicius e Rodrygo sulle fasce e Bellingham centravanti, ndr). Ma non abbiamo perso mai la tranquillità. Non ho preso la decisione da solo, ne abbiamo parlato all’intervallo nello spogliatoio, i ragazzi erano d’accordo e lo abbiamo fatto. E le cose sono andate meglio”.
    Sembra facile, ma a renderlo semplice è il suo atteggiamento, sempre costruttivo: “Li ho esortati a fare meglio, ma il merito è di tutti. Questo Real è una famiglia calcistica dove tutti lavorano e l’ambiente è sano. E lavorare in una famiglia è decisamente meglio che lavorare in fabbrica”. Tra i tanti record stabiliti in questi anni da Carletto, il fatto di essere l’allenatore con più Champions della storia (5, due in più di Bob Paisley, Zinedine Zidane e Pep Guardiola) e di essere uno dei pochi a essere riuscito a vincerla sia da calciatore sia da tecnico (soltanto Frank Rijkaard, Zizou e Pep sono stati in grado di fare altrettanto) lo rendono uno dei principali totem della più importante competizione per club a livello non solo europeo, ma mondiale. Questo, però, non vuol dire che sia già arrivato il momento di voltarsi indietro e godersi quanto fatto. Il contratto che lo lega al Real fino al 2026 lo obbliga a guardare avanti. E il primo a saperlo è proprio lui: “È così, tutti se lo aspettano”.
    Il primato del capitano Perez
    Tutti, è vero, ma soprattutto uno: Florentino Pérez, l’altra grande colonna del Grande Real a colori. Quello in bianco e nero, invece, ha scritto la storia di questo sport a cavallo tra gli Anni Cinquanta e Sessanta, sotto la guida visionaria di Santiago Bernabéu: “È stato un pioniere perché capì che la costruzione del migliore stadio del mondo e la concentrazione dei migliori calciatori era la formula perfetta per forgiare l’icona universale che è oggi il Real Madrid”, ha ammesso l’attuale numero uno blanco che, numeri in mano, la lezione di Bernabéu l’ha imparata a memoria, riuscendo non solo a emularlo, ma anche a superarlo. Come dicevamo, infatti, sono sette anche le sue Champions League, una in più del leggendario presidente che dà il nome al tempio madridista.
    E, in realtà, anche per numero di titoli complessivi, il Doblete ha permesso a Pérez di operare il sorpasso, 35 a 33: “Aver creato una competizione è più importante che vincerla” ha tuttavia sottolineato, facendo capire quali altre ambizioni – oltre a quelle sportive ed economiche – lo abbiano spinto a lanciarsi nell’avventura Superlega. Subito dopo la rimonta grazie alla quale il Real Madrid ha ribaltato e eliminato, negli ultimi minuti, il Bayern Monaco in semifinale, Ancelotti ci aveva tenuto a correggere un giornalista che lo aveva definito il capitano di questa squadra: “Qui di capitano ce n’è uno solo e si chiama Florentino Pérez. Gli altri siamo tutti marinai. È stato lui a creare questa stupenda generazione di calciatori e la speranza, ora, è di poter conquistare un’altra Champions”. Correva il 9 maggio e Carletto si riferiva alla Quindicesima. Appena tre settimane più tardi, però, nel dopo partita di Wembley, Florentino pensava già alla prossima: “Questa vittoria è il punto di partenza verso la Sedicesima”. Perché le vele dell’ammiraglio Pérez esigono sempre il vento in poppa. Altro che capitano… LEGGI TUTTO

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    Ancelotti dice tutto: Baggio, idea Zidane-Juve e quella sfida con De Zerbi…

    Pochi giorni e Carlo Ancelotti tornernà in campo con il suo Real Madrid per affrontare l’ennesima finale di Champions League della storia del club e nella carriera del tecnico. La nona per l’italiano in cui spesso ha trionfato grazie alla sua capacità di saper preparare al meglio la partita. Un allenatore vecchia scuola, cresciuto con le idee calcistiche di Arrigo Sacchi ma che ha saputo reinventarsi e studiare nuovi modi di giocare per crescere e migliorarsi. Contro il Borussia Dortmund potrebbe confermarsi nella storia del club spagnolo senza però esserne ossessionato: “Il punto chiave è che ho molta passione”.  LEGGI TUTTO

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    United, sicuro che il problema sia Ten Hag? Quando ci sarà la decisione finale

    La rivincita di ten Hag
    Cosa che, va detto, non capita molto spesso. Dunque, la vittoria in FA Cup è stata definita dal popolo rosso di Manchester come la vittoria dell’allenatore. Il tecnico olandese, presentatosi a Wembley come un condannato a morte in attesa di percorrere il corridoio finale verso il patibolo, ne è uscito qualche ora dopo da trionfatore, con il sorriso e il piglio di chi sa di aver compiuto una discreta impresa, e soprattutto di aver reso la vita molto più difficile a chi dovrà decidere se concedergli un’altra opportunità o invece rimuoverlo dall’incarico. D’altronde, per molta parte del popolo dello United il problema non è mai stato lui. Chi ne difende l’operato, (e sono tanti), fa notare che i numeri e i risultati ottenuti dall’ex Ajax sono tutt’altro che terribili, come invece si tende a far credere. 
    Ten Hag, per esempio, è il primo tecnico dei Red Devils che dal 2017 è riuscito a vincere due trofei consecutivamente (la Carabao Cup della scorsa stagione e la FA Cup conquistata sabato). L’olandese ha giocato 3 finali in 2 stagioni, e nonostante i disastri collezionati quest’anno ancora detiene la più alta percentuale di vittorie del post Ferguson (59.8%). Inoltre, anche comparando i suoi risultati con quelli ottenuti da due mostri sacri come Guardiola e Klopp, qualche dato interessante salta fuori: per esempio, nelle prime 50 partite sulla panchina dei Diavoli Rossi, Ten Hag ha ottenuto 35 vittorie. Guardiola e Klopp, invece, nelle prime 50 gare con City e Liverpool avevano collezionato rispettivamente 29 e 23 successi.
    I nomi per il post ten Hag
    Insomma, nonostante i tanti record negativi infranti in questa stagione, soprattutto dopo la conquista della FA Cup (e con essa anche dell’Europa League), la posizione del cinquantaquattrenne di Haaksbergen, almeno agli occhi dei tifosi, si è fortemente rafforzata. Sfortunatamente per lui, però, difficilmente l’opinione dei tifosi condizionerà più di tanto le valutazioni che Jim Ratcliffe (nuovo potentissimo comproprietario del club) e Dave Brailsford (il direttore sportivo) stanno già facendo. Già prima della finale di FA Cup, infatti, erano stati avviati i contatti con alcuni possibili sostituti, fra cui Kieran McKenna, giovane allenatore artefice del miracolo Ipswich Town, ma soprattutto Thomas Tuchel, Mauricio Pochettino e Thomas Frank.
    La decisione verrà presa entro questa settimana, valutando quelle che, dal punto di vista sportivo, sono le aree che andranno migliorate per riportare il club ai fasti di un tempo, e, di conseguenza, se il progetto di ten Hag è compatibile con il modello di sviluppo architettato. A febbraio, dopo aver rilevato il 27,7% del club, Ratcliffe aveva assicurato che prima di prendere qualsiasi decisione si sarebbe accertato che essa conducesse il club a “camminare verso la soluzione giusta, e non a correre verso quella sbagliata”. Ora toccherà capire se questa giusta direzione porta o meno verso una conferma dell’olandese. LEGGI TUTTO