Roma-Bayer Leverkusen, De Rossi ancora una volta contro Xabi Alonso
Momento nostalgia: come in quel vecchio gioco degli anni ’80 indovinate chi è questo allenatore giovane, ex grande centrocampista, legatissimo al padre, campione del mondo con la sua nazionale e ora in vetrina con il suo club, che ha preso in corsa tempo fa quando andava malissimo. Per gli amanti dell’estetica: aggiungiamoci pure la barbetta rossa e un certo stile. È incredibile come per 20 secondi si possa parlare dell’uno e dell’altro indifferentemente. Poi però a guardare meglio il palmares il gioco finisce: uno si è preso tutto in tre dei top club europei, l’altro ha scelto di essere felice alla Roma.
Due carriere profondamente diverse
La tentazione del paragone è forte ma proveremo a resisterle: troppo presto come allenatori, anche se uno ha già vinto pure in panchina, troppo tardi come giocatori, che hanno fatto scelte profondamente diverse per mettere a confronto oggi le due carriere. De Rossi ha giocato praticamente in una sola squadra, Xabi Alonso invece ha girato le più forti d’Europa e infatti ha trionfato ovunque: con il Liverpool, con il Real Madrid, con il Bayern Monaco. E con la Spagna. Nei peggiori incubi di De Rossi Xabi Alonso c’è, una specie di mostro che occupa la sua zona di campo, un fantasma che nasconde la palla, un Voldemort che trama e organizza l’avversario, e che alla fine vince sempre o quasi. Nella finale degli europei del 2012 persa 4 a 0, nella partita di Champions League persa in casa contro il Bayern 7 a 1 nel 2014.
La missione di De Rossi
Ecco, se c’è un filo che lega tutte le 7 volte in cui De Rossi è stato in campo contro il prossimo avversario è che non è mai partito favorito, come stavolta: ha sempre dovuto sovvertire i pronostici e non c’è mai riuscito, eccezion fatta per un’amichevole in nazionale. D’altronde far cambiare idea sembra essere la sua missione dal primo giorno sulla panchina della Roma: le certezze di chi pensava di avere già non solo l’allenatore più bravo del mondo ma anche il più incompreso, e le convinzioni di chi credeva che lui non fosse pronto. E invece eccoci, 3 mesi e mezzo dopo, a giocare una semifinale che il suo predecessore ha vinto un anno fa, ma non contro questo Leverkusen, squadra dei record, imbattuta in stagione, campione di Germania, ma soprattutto, semplicemente, bella. Xabi Alonso ha preso il meglio dei grandi allenatori che ha avuto e lo ha fatto suo in pochissimo tempo, traducendolo in un calcio senza dogmi eppure riconoscibile, verticale e arioso allo stesso tempo, diretto e ragionato, versatile, asimmetrico, insomma mettendoci dentro tutto quello che di buono c’è nel calcio di oggi. Quello che forse con un po’ di anticipo da giocatori hanno interpretato entrambi, con una sensibilità per lo spazio che non era di tutti. A una generazione, la stessa di quel giochino delle facce da indovinare, è concesso il magone un attimo prima del fischio d’inizio quando Alonso e De Rossi si stringeranno la mano: ma come? Sono già allenatori? E già così bravi? Ma se sino all’altro ieri…E sì, sono già dei bravi allenatori, così bravi che è impossibile indovinare chi passerà il turno. Per sicurezza, dite quello con la barba, che giocava in mezzo al campo, e che ha vinto una Coppa del Mondo. Non vi sbaglierete. LEGGI TUTTO