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    Il prossimo 31 maggio alla Puskas Arena di Budapest la Roma di Mourinho si giocherà contro il Siviglia l’Europa League, andando alla caccia di una doppietta (dopo la Conference di Tirana) a dir poco storica. Un cammino, quello dei giallorossi, cominciato l’8 settembre scorso sul campo del Ludogorets che ha portato gli uomini di Mourinho a giocare 14 partite e segnare 20 gol. Guardiamoli tutti LEGGI TUTTO

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    Dybala, segnali positivi verso Siviglia-Roma: le ultime news

    Cauto ottimismo sul recupero di Dybala. La speranza di Mourinho rimane quella di poterlo utilizzare per i 15-20′ finali. Titolare sarà invece Lorenzo Pellegrini, abituato a giocare sul dolore e a non tirarsi mai indietro. Partirà dalla panchina invece Spinazzola, mentre El Shaarawy, non solo per il gol a Firenze, si candida a un posto da titolare.

    7 gol in campionato e 2 in Europa per il Faraone. Una rete ogni 255′. Tra gli attaccanti solo Dybala (un gol ogni 146′) ha una media realizzativa migliore. Non a caso El Shaarawy potrebbe prendere dall’inizio proprio il posto di Dybala, accanto a Pellegrini, schierando un solo centravanti: Abraham. 3-4-2-1 il sistema di gioco, con Zalewski esterno a sinistra e Celik a destra. Il Siviglia arriva alla finale dopo aver eliminato Manchester United e Juventus.

    La Roma ci arriva con una sola vittoria nelle ultime 8 partite, quella pesantissima all’Olimpico contro il Bayer Leverkusen. Pagando in campionato turn over, stanchezza e tanti infortuni. Ma a Budapest rivedremo l’esperienza e lo spessore internazionale di alcuni leader fondamentali. Come Matic e Cristante a centrocampo, Rui Patricio in porta, Smalling e Mancini in difesa, Pellegrini alle spalle di Abraham. Giocatori determinanti, come si era già visto a Tirana, a gestire l’enorme pressione di un trofeo internazionale. LEGGI TUTTO

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    Siviglia, Monchi: “Non ho capito bene cosa fosse Roma, ho sbagliato”

    «Se mi avessero chiesto a inizio anno, con chi volessi giocare una finale, avrei detto la Roma». Parola di Ramón Rodríguez Verdejo, in arte Monchi, ds del Siviglia, nonché ex direttore sportivo della Roma. Nella Capitale, però, dopo due stagioni di cui la prima trionfale con la semifinale Champions, e l’altra da dimenticare, non è più tornato. «Anche se la città mi manca», ha detto in un incontro con la stampa italiana a pochi giorni dalla finale dell’Europa League.

    Che sensazioni ha in vista di Budapest?

    «Sono contentissimo per la squadra. Dopo una stagione difficile è arrivata fino alla finale di Europa League. Abbiamo sofferto tantissimo e nessuno avrebbe immaginato che potesse succedere». E ritroverà la Roma. «Da quattro anni ho lasciato la Roma e ho pensato tante volte a quello che è successo».

    Cosa non ha funzionato?

    «A Roma pensavano che arrivasse qualcuno che facesse gol o parasse. Le aspettative sul mio conto hanno peggiorato la delusione. Capisco che a Roma non ci fosse il tempo per aspettare. Ma Roma mi resta nel cuore».

    Pensa di aver fatto il massimo?

    «Ci ho provato, ma è vero che ho sbagliato e non ho problemi a riconoscerlo, ma sbaglio e ho sbagliato anche qui a Siviglia. Forse è mancato anche un po’ di tempo. La responsabilità al 95% è mia: non ho trovato la strada giusta per tante cose. Non ho capito bene cosa fosse Roma».

    Cambierebbe qualcosa della sua esperienza?

    «Sicuramente qualcosa, ora conosco molto meglio Roma e la Roma rispetto a quando sono arrivato. L’esperienza aiuta. La Roma è troppo grande, più grande delle persone che ci lavorano. Ho comunque lavorato con onestà, questo mi fa dormire tranquillo la notte. Nella prima stagione è andato tutto benissimo, giravo per le strade o al ristorante e mi trattavano con amore, c’erano tifosi che mi hanno aspettato sotto casa dopo la vittoria contro il Barcellona».

    E il suo rapporto con Totti com’è stato?

    «Ottimo, mi ha aiutato tanto».

    Venendo all’Europa League, un’altra finale…

    «Qui si pensava che siccome rischiavamo di retrocedere avremmo dovuto mollare l’Europa League. Ma c’è una grande sintonia anche con i tifosi e tutti andiamo avanti dalla stessa parte, c’è una certa magia in Europa League…».

    Che avversario sarà la Roma?

    «Tutti sanno come gioca. La cosa importante per noi è essere il Siviglia. Abbiamo eliminato Manchester United e Juventus mantenendo la nostra identità. Non possiamo pensare troppo all’avversario. Negli ultimi due mesi siamo stati bravi, dobbiamo continuare così».

    Che finale si aspetta?

    «Il Siviglia non fa tanto possesso, quindi magari la palla l’avrà soprattutto l’arbitro… Mendilibar ha parlato di squadra che gioca all’italiana, ma è una partita in cui gli avversari si rispetteranno tanto. Sarà importante non fare errori».

    Intanto Mourinho potrebbe non avere a disposizione Dybala.

    «Merita di giocare. Con lui la finale sarebbe più bella. Il suo 20% è il 60/70% di tanti giocatori».

    Ha visto la crescita di Pellegrini?

    «Sono contentissimo per Lorenzo, ha avuto delle difficoltà, ma è il capitano giusto».

    Pensa che Zaniolo abbia fatto bene a lasciare la Roma?

    «Nicolò è fortissimo. Non so se ha scelto bene ad andare in Turchia, ma sono sicuro che abbia ancora un grande futuro».

    Se lo aspettava Spalletti campione d’Italia con il Napoli?

    «Spalletti non mi sorprende, è l’allenatore più forte che io abbia conosciuto. Provai a trattenerlo a Roma, ma non fu possibile».

    Tre italiane in finale in altrettante competizioni europee, è rinato il calcio italiano?

    «I risultati dicono che è rinato. L’Italia deve parlare bene di se stessa». LEGGI TUTTO

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    Roma-Siviglia, Monchi: “La Roma è nel mio cuore, volevo questa finale”

    L’ex dirigente giallorosso ora tornato a Siviglia: “Se mi avessero chiesto contro chi avrei voluto giocare la finale, avrei detto la Roma. Se guardo indietro cambierei sicuramente qualcosa, dovevo capire meglio la Roma e l’ambiente. Credo sia mancata conoscenza e tempo, ma è una mia responsabilità. Mourinho? Allenatore top, come normale per una squadra top”
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    “Se mi avessero chiesto contro chi avrei voluto giocare la finale, avrei detto la Roma, mi ritornano in mente tanti momenti che ho vissuto lì”. Perché la finale di Budapest sarà anche la partita di Monchi. Una vita al Siviglia, il dirigente delle vittorie in Europa. E i due anni (in realtà poco meno di due) alla Roma, la semifinale di Champions dopo l’eroica rimonta col Barcellona e la separazione a marzo del 2019. Oggi Monchi è di nuovo alla guida del club della sua vita: “Sono felicissimo, dopo una stagione sofferta abbiamo raggiunto la finale”. Perché il Siviglia è passato da Lopetegui a Sampaoli, fino a Mendilibar, che aveva preso in mano la squadra a marzo in piena lotta per non retrocedere. Ora il club è a metà classifica e lui sfiderà il proprio passato nella finalissima: “Sono ormai quattro anni che sono andato via da Roma e ho avuto tempo di pensare a quello che è successo – ha detto lo spagnolo -. Sicuramente cambierei qualcosa, ho provato a fare il meglio possibile ma ho sbagliato. Dovevo capire meglio la Roma e l’ambiente”.

    “E’ mancata conoscenza e tempo”
    Monchi prosegue sulla sintonia del suo passato giallorosso: “Credo che sia mancata un po’ di conoscenza, e di tempo per essere io. Al 95% è stata una mia responsabilità. Forse oggi sarebbe più facile. Qualcosa di mio nella Roma? No, la Roma è troppo grande per dire che è qualcosa di tuo”. Diversa storia al Siviglia: “Lavoro qui da ventiquattro anni, il tempo nella vita è fondamentale, così come lo è nel calcio. Prima della sosta del mondiale eravamo in zona retrocessione e io non avevo problemi. C’era fiducia”.

    “A Roma anche momenti bellissimi”

    Eppure la sua storia nella capitale è stata anche positiva. Nel 2017-18, al primo colpo, fu storica semifinale di Champions: “Non mi piace parlare di quello che ho fatto bene o di quello che ho fatto male, per me la cosa più importante è l’aver lavorato con onestà. Se penso alla Roma penso che ci sono stati due momenti: benissimo alla prima stagione, la seconda invece è stata più brutta. Nel 2017-18 ho vissuto momenti bellissimi come la semifinale contro il Liverpool o la notte della rimonta col Barcellona. C’erano i tifosi che mi aspettavano per portarmi a casa, Roma è nel mio cuore. Portare felicità ai tifosi è la cosa che conta di più”. Poi sui singoli: “Pallotta? Quando penso a lui sono grato per avermi portato a Roma. Di Francesco? Il rapporto con la proprietà non era il migliore possibile, per questo mi sono fermato”. E su Totti: “Di lui posso solo parlare bene, mi ha aiutato tanto, lo avevo sempre al mio fianco. Francesco è Francesco, nessuno può cambiarlo”. LEGGI TUTTO