“Cairo, ascolta i tifosi! E il Toro non è uno step”
Folla di tifosi al Museo del Grande Torino e della Leggenda Granata, per Giovanni Toschi. Stracolmo il salone d’ingresso, lunga e scoppiettante la conferenza stampa prima dell’inaugurazione della mostra dedicata a “Topolino”, «un piccolo grande bomber che segnava solo i gol importanti», come recita il sottotitolo del libro a lui dedicato, scritto dal giornalista (toscano come Toschi) Paolo Bottari: un bel volume ricco di aneddoti e fotografie sulla vita del piccolo, sgusciante attaccante, in granata soltanto per due anni dal 1971 al ‘73, ma capace in quel breve lasso di tempo di entrare comunque nel cuore della tifoseria. «Il fatto che qui, per questo evento, ci siano così tanti tifosi e anche diversi ospiti illustri dimostra una volta di più, oltre mezzo secolo dopo, quanto Toschi sia ricordato con affetto da tutto il mondo granata», ha detto Domenico Beccaria, il presidente del Museo.
La mostra
La mostra è stata curata con la consueta passione (e sensibilità, attenzione) da Giampaolo Muliari, artista e direttore del Museo: tante fotografie dell’epoca, numerosi articoli di giornale, documenti, interviste, cimeli, ritratti. Merita una visita: tutte le informazioni utili sul sito del Museo del Grande Torino. C’erano anche Renato Zaccarelli, Alberto Carelli, Silvano Benedetti, Tonino Asta, Giuseppe Pallavicini e l’ex campione di ciclismo Franco Balmamion, due volte vincitore del Giro d’Italia, gran tifoso granata molto legato ai giocatori del Torino Anni 60 e 70: al fianco Angelo Marello, pure lui abbracciato dalla moltitudine, ancor oggi punto di riferimento sentimentale per il “vecchio” mondo della tifoseria, con la sua semina e il suo oceano di ricordi. È stato insomma un bel tuffo nel passato, nella storia, con Toschi osannato, abbracciato, quasi assalito (ma nel modo più affettuoso possibile) dai presenti. «Ho sempre dato tutto me stesso, non ho segnato solo quel gol al Napoli nel ‘72 o la tripletta in Coppa Coppe l’anno prima al Limerick» (e ancor oggi, 53 anni dopo, Topolino è il più prolifico goleador granata in una partita internazionale). Portato da Giagnoni, che l’aveva lanciato nel Mantova, nella partita in casa contro il Napoli del 9 aprile ‘72 Toschi segnò al 90’ il gol vittoria, sfruttando con il suo scatto bruciante un’incomprensione tra Zurlini e il portiere Trevisan. «Ero così felice che mi misi a correre, a correre e ancora a correre. Non volevo più fermarmi, intanto tutto il Comunale era diventato una bolgia pazzesca, sembrava una liberazione». Sì, perché per la prima volta dopo Superga, 23 anni dopo, il Torino tornava a essere primo in classifica nel girone di ritorno, appaiato alla Juventus.
“Cairo dovrebbe ascoltare i tifosi”
La settimana dopo la vittoria sull’Atalanta, il pareggio dei bianconeri e la vetta in solitudine, a 4 giornate dalla fine (in alto, la prima pagina di Tuttosport dell’epoca, in bella vista nella mostra così come tante altre pagine storiche del nostro giornale). Ma quello sarebbe stato un campionato segnato da scandalosi errori arbitrali, Barbaresco prima a Marassi e Toselli poi a San Siro (la sezione di Cormons…), con la Juve infine scudettata e il Toro secondo, appena un punto sotto. In panchina, Giagnoni. «E in campo, sempre pronti a difendere me che ero il più piccolino di tutti, Cereser e Ferrini». Le doti tecniche da ala erano sopraffine, ma la statura non lo aiutava: «Quante bocciature ai provini, per emergere nel calcio prof». Il discorso si è poi allargato al presente: ma se quel primo posto pur temporaneo del ‘72 era espressione di una società e di una squadra in continua ascesa, che poi avrebbe vinto anche uno scudetto 4 anni dopo, il primo posto in solitudine delle settimane scorse, per la prima volta 47 anni dopo, appare come un successo del tutto estemporaneo, all’interno di una linea di galleggiamento cairota che davvero nulla a che vedere con il ciclo, l’amore granata e i trionfi di Pianelli. «Cairo dovrebbe ascoltare i tifosi», ha sentenziato tra gli applausi Toschi. Mentre Asta, anche lui ricoperto di elogi, ha replicato con stile a Vagnati: «Sento dire da qualcuno che il Torino sarebbe solo uno step, un punto di partenza per un giocatore per poi andare altrove. Ma non scherziamo! Per me il Toro era la mia nazionale! Bisogna avere rispetto dei sentimenti dei tifosi e conoscere la storia». Merita poi una citazione Giorgio Gay, figlio del compianto Piero, tifoso conosciutissimo e collezionista granata (come da volontà del padre, ha donato al Museo 150 distintivi del Torino dagli Anni 50 in poi).
Applausi anche per Rattalino
Applausi anche per Gianni Rattalino, che a sua volta ha consegnato al Museo quanto gli era stato donato da un anziano tifoso (un paio di scarpe del 1928, l’anno dello scudetto, un pallone Anni 40 e fotografie del decennio precedente). In questi ultimi 15 anni, anche la generosità dei tifosi ha permesso al Museo (gestito senza fine di lucro dall’associazione Memoria Storica Granata) di raddoppiare i cimeli esposti. Presenti all’evento anche due rappresentanti del Museo del Cesena (dopo il Torino, Toschi aveva giocato in Romagna, segnando il primo gol in A nella storia del club bianconero). Domanda finale per i lettori: secondo voi era presente qualche dirigente, qualche rappresentante del Torino Fc? Ecco, bravi: risposta esatta. «Meglio… tanti che male accompagnati: noi soli non saremo mai», ha sibilato un tifoso, a sua volta osannato. LEGGI TUTTO