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    Mercato Juve, Thuram pista sempre più calda: tutti gli altri nomi

    C’era una volta al Milan la “maledizione del numero 9”, poi spezzata da Olivier Giroud: undicesimo rossonero a portare quella maglia dopo Pippo Inzaghi e primo all’altezza delle aspettative. Sulla Juventus sembra invece essersi abbattuta la “maledizione della mezzala destra”, visto quanto accaduto a Paul Pogba e quanto sta accadendo a Nicolò Fagioli. Ferma restando la speranza che per il ventiduenne cresciuto a Vinovo tutto possa risolversi per il meglio e in fretta, la suddetta “maledizione” impone riflessioni importanti al dt Cristiano Giuntoli e al ds Giovanni Manna in vista del mercato di gennaio. «Vedremo se ci saranno opportunità e se sarà il caso di intervenire», aveva detto lunedì Giuntoli.I dirigenti bianconeri stavano e stanno valutando una serie di operazioni per arrivare a un sostituto di Pogba e due piste, Berardi e Sudakov, per aggiungere fantasia al reparto offensivo.
    Il caso Fagioli e la priorità centrocampo
    Valutazione che il caso Fagioli probabilmente sbilancerà in modo decisivo in favore dell’intervento sul centrocampo rendendolo – nella peggiore delle ipotesi ovvero in caso di squalifica – non solo indispensabile, ma anche orientato a un giocatore di immediata affidabilità. Anche a costo di rinunciare, almeno a gennaio, all’uomo di fantasia. Innesto che peraltro la crescita di Yildiz in casa e quella di Soulé in prestito al Frosinone potrebbero rendere superfluo a prescindere. LEGGI TUTTO

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    Soldi, patti, denunce: quasi cent’anni di calcio e scommesse

    Tanti gli scandali che hanno coinvolto stelle come Albertosi, Giordano, Rossi e Signori. Gli anni del Totonero e le inchieste recenti

    N ulla di nuovo sotto il sole, verrebbe da dire. La parola “scommessopoli” è entrata come neologismo nel dizionario Treccani solo nel 2012, ma la penetrazione delle giocate nel mondo del calcio è assai più antica. Prima di arrivare alla ribalta degli scandali dell’era “televisiva”, che hanno coinvolto – a ragione ma anche a torto – gente del calibro di Rossi, Giordano, Manfredonia, fino ad arrivare a Doni, Signori e persino un totem come Buffon, già nel 1927 – quando nell’Italia fascista vigevano gli slogan su legge e ordine – il massimo campionato scopre il fenomeno delle scommesse illegali. LEGGI TUTTO

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    C’è un altro Milan capolista: il metodo Abate per una Primavera a 300 all’ora

    Viaggio tra i ragazzi che guardano tutti dall’alto: primi in campionato, primi nel girone di Youth League. Dall’empatia giocatori-allenatore al senso di appartenenza e al contributo di Vergine, così si costruiscono i rossoneri di domani

    C’è un Milan che guarda tutti dall’alto anche tra i più piccoli. Una squadra imbattuta e capolista in Italia e in Europa, grazie a otto successi e un pareggio nelle prime nove uscite stagionali. La Primavera di Abate vola e si gode un doppio primato in solitaria: in campionato, a +2 sull’Inter, e in Youth League, con due vittorie su due nella Champions dei giovani. LEGGI TUTTO

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    Sassuolo, arriva il cane Chico. Che numeri!

    RCS MediaGroup S.p.A.Via Angelo Rizzoli, 8 – 20132 Milano.Copyright 2023 © Tutti i diritti riservati. CF, Partita I.V.A. e Iscrizione al Registro delle Imprese di Milano n.12086540155. R.E.A. di Milano: 1524326 Capitale sociale € 270.000.000,00 ISSN 2499-3093 LEGGI TUTTO

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    Ibrahimovic, al Festival dello Sport i gol e le magie di un genio anche un po’ italiano

    Domenica 15 ottobre al Teatro Sociale di Trento il campione sarà protagonista di un grande evento che celebrerà la sua carriera, tra Milan, Inter, Juve e non solo

    Ha vinto ovunque, ha riempito la scena – con la sua smisurata classe, la sua straripante personalità – per venti e passa anni di calcio, ha saputo essere antico e moderno allo stesso tempo e se qui si parlasse di letteratura lui sarebbe fuori dal tempo come tutti i grandi classici, che durano in eterno e che ogni volta regalano nuove prospettive per guardare il mondo. È stato un campione e un marchio. Ibra. Un suono, una sentenza. Zlatan Ibrahimovic.

    come il jazz—  Lo scrittore svedese Bjorn Ranelid ha scritto: “Ibra crea movimenti che non esistono nel mondo reale: le sue sono improvvisazioni jazz”. Unico dalla prima all’ultima squadra, dal Malmø al Milan, ha rappresentato l’evoluzione del centravanti. 192 centimetri, 84 chili di peso forma, piede numero 47, dimostrazione vivente che le misure non contano, perché la magia e la grazia risiedono nell’equilibrio, nell’armonia che uno sa trovare dentro di sé. Ha unito come nessun altro la superbia, lo straordinario talento e la forza fisica. È stato tuono e folgore, ogni gol – ne ha fatti 511 in carriera – uno squarcio di luce nel temporale, ogni giocata la reazione di un genio alla banalità del calcio. Zlatan in croato significa: oro. Tutto torna. Papà bosniaco, mamma croata, nato in Svezia, cresciuto calcisticamente in Olanda, esploso in Italia, nel curriculum i grandi club d’Europa: Ajax, Juventus, Inter e Milan, Barcellona, Psg, Manchester United, quindi Los Angeles. Se ne andò dall’America con una frase ad effetto: “Ora potete tornare a giocare a baseball”. Da bambino aveva imparato i trucchi del mestiere dai suoi amici Goran, macedone, e Gagge, bulgaro, giocando per strada, a Toernrosen – lo chiamavano con disprezzo il campetto degli zingari – tra il cemento dei palazzoni di Rosengard, il quartiere-ghetto dove è venuto su, a Malmø: è egli stesso un bignami di melting pot pallonaro. Nei suoi geni e nella sua formazione si sono uniti in matrimonio l’imprevedibilità del calcio slavo e la fisicità di quello del nord Europa, ma è stata l’amata Italia – dove ha speso dieci anni della lunghissima carriera – ad avergli regalato le soddisfazioni maggiori e ad averlo completato. Da film il primo incontro con Fabio Capello, all’epoca sulla panchina della Juve. Capello lo convoca nello spogliatoio, lo invita a sedersi, inserisce un VHS su un vecchio registratore e gli fa: “Mi ricordi Van Basten, ma lui si muoveva meglio di te. Qua ci sono tutti i suoi gol. Guarda e impara”. In ogni squadra è stato ora genio solitario ora leader, trascinatore, capopopolo e modello, persino chioccia come nell’ultimo Milan, presenza totemica e accentratore di responsabilità per dna, qualche volta soldato di ventura, sempre bandiera sì, ma di se stesso. Ha raccolto più di chiunque altro nei campionati nazionali, ma quasi nulla nelle coppe, il suo rimpianto più grande.

    inno alla bellezza—  Non ha mai vinto il Pallone d’oro, colpa della concomitanza temporale dei due cannibali, Cristiano Ronaldo e Messi. L’avrebbe meritato? Sì, sicuro che l’avrebbe meritato. Una compagna, Helena, due figli, Maximilian e Vincent, il dolore di un amico che non c’è più – Mino Raiola – una vita vissuta sempre di rincorsa, spesa a dimostrare di essere il migliore e a ribadirlo nella sua autobiografia, “Adrenalina – My untold stories” (ed. Cairo), scritta con Luigi Garlando. Uomo di spettacolo per naturale attitudine, a calamitare l’attenzione basta la posa-cyborg – come a Sanremo – la propensione alla battuta – “Zlatan, è vero che hai comprato una Porsche? No, ho ordinato un aeroplano. È molto più veloce” oppure “Che regalo ho fatto a mia moglie per il suo compleanno? Niente, lei ha già Zlatan” – o una comparsata, come nel film della saga di “Asterix e Obelix: The Middle Empire”, dove recitava nel ruolo di Antivirus. Il Festival di Trento lo omaggia con una grande evento per celebrare la sua splendida carriera. Ibra è stato il meno classificabile tra i grandissimi del football, un inno alla bellezza e all’armonia. Ha smesso un attimo fa col calcio giocato, non ha smesso mai di sentirsi uomo di calcio. Ci sarà ancora un destino da condividere. Ibra è infinito: per l’infradito c’è tempo. LEGGI TUTTO

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    Un uomo solo col finale già scritto: la via crucis di Garcia

    Il tecnico francese ha contro tutta Napoli e ormai aspetta un destino che appare segnato. A Castel Volturno c’è un’atmosfera sospesa: si ascolta chi non esiste?

    D evi essere mentalmente una specie di Robocop foderato di amianto e forse non basta. Riuscire ad allenare una squadra, forse tua, chi sa se ancora tua, mentre ovunque è l’apoteosi dell’epitaffio virtuale, dal manifesto alla Totò del Vota Antonio a quello di Voglio la testa di Garcia, insieme a Mucchio selvaggio il più bel film di quel genio brutale di Sam Peckinpah. Hanno deciso che sei morto, anche se tu sei vivo, per convinzione e per contratto. Dall’aeroporto di Capodichino a Castel Volturno, la via crucis ieri del tecnico francese. Divenuto in poche ore l’Uomo Invisibile di una Panchina Fantasma. Le parole di Aurelio De Laurentiis sono state il colpo del becco funesto. Esplicite nel loro funambolico svolgersi.  LEGGI TUTTO

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    Il dietrofront di Adl, le colpe di Garcia. Napoli nel tunnel

    Dopo Osimhen e Kvara, anche De Laurentiis delegittima l’allenatore: e ora nello spogliatoio chi lo segue? Ma Rudi ha sbagliato troppo…

    E adesso ci sarà ancora qualcuno, nello spogliatoio del Napoli, disposto a dare retta a Garcia? A sostenerlo, a credergli, a seguire le sue idee, a spendere ogni goccia di energia anche per lui? Già non c’era feeling tra calciatori e allenatore prima di queste burrascose giornate: Kvaratskhelia che chiede a Rudi e a tutto lo stadio “ma cosa fai?” quando viene sostituito; Osimhen che s’infuria e s’agita perché vuole giocare con Simeone e non uscire per fare spazio al Cholito; Politano (pure lui) che s’arrabbia nel momento in cui viene richiamato in panchina. LEGGI TUTTO