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    Immobile, lettera alla Lazio: “Un discorso che non avrei mai voluto fare”

    Lazio, la lettera d’addio di Immobile
    Questo il posto condiviso sui social dall’attaccante italiano: “Oggi è uno dei giorni più difficili della mia carriera. Dopo anni di emozioni, vittorie, sconfitte, sacrifici e gioie condivise, è arrivato il momento di salutarvi. Questo è un discorso che non avrei mai voluto fare, ma la vita ci porta a prendere decisioni che, seppur dolorose, devono essere fatte. Quando sono arrivato qui, giovane e pieno di sogni, non avrei mai immaginato quanto profondo sarebbe stato il legame che avrei sviluppato con questa maglia, con questa città e, soprattutto, con voi, i tifosi. Voi siete stati il nostro dodicesimo uomo in campo, la forza che ci ha spinto a superare gli ostacoli più difficili e a festeggiare le vittorie più belle. Ricordo ancora la prima volta che ho indossato questa maglia, il cuore che batteva forte e la speranza di rendervi orgogliosi. Da allora, ogni partita, ogni allenamento, ogni momento passato su questo campo è stato dedicato a voi, perché sapevo quanto significava per voi, quanto la vostra passione e il vostro supporto rendessero speciale ogni istante.
    Abbiamo condiviso momenti indimenticabili: le vittorie sudate, i gol all’ultimo minuto, le serate di gloria e anche le lacrime dopo le sconfitte. In ogni singolo istante, ho sentito il vostro affetto e il vostro sostegno incondizionato. E per questo vi sarò eternamente grato. Porterò sempre nel cuore i vostri cori, i vostri applausi, il calore che mi avete donato in ogni partita. Mi avete fatto sentire a casa, mi avete fatto sentire parte di una grande famiglia. E per questo non ci sarà mai abbastanza tempo per dirvi quanto vi ringrazio. Vi saluto con la promessa che, ovunque mi porterà la vita, una parte di me sarà sempre qui, con voi, sugli spalti, a tifare per questa squadra. Vi porterò sempre nel cuore, come il più prezioso dei tesori. Grazie di tutto. È stato un onore e un privilegio essere il vostro capitano”.
    Lazio, il saluto della moglie Jessica Melena
    Anche la moglie di Immobile, Jessica Melena, ci ha tenuto a ringraziare la Lazio e i tifosi: “Ci siamo, è arrivato quel giorno che mai avrei immaginato. Oggi finisce un’avventura durata 8 anni. In questi 8 anni ti ho visto crescere, diventare un uomo, ho vissuto con te il tuo sogno, al tuo fianco sostenendoti sempre. Roma e la Lazio sono state la nostra casa, dove siamo cresciuti insieme ai nostri bambini. E oggi mi guardo indietro e vedo tutto quello che abbiamo fatto. Mi fermo e penso a quanto ognuno di voi ha fatto per noi. Facendoci sentire amati e speciali. Il vostro coro che inneggia il Capitano Ciro Immobile, risuonerà nella mia testa sempre, e per 207 volte avete urlato di gioia. In casa e in trasferta. Ripenso al vostro affetto e al vostro amore che non ci è mai mancato e che ci ha accolti fin da subito e che oggi nonostante tutto, ci state ancora dimostrando con tantissimi messaggi di affetto, di ricordi di saluti. 8 anni di vita, in cui abbiamo incontrato tante persone, alcune le abbiamo perse, altre sono al nostro fianco. Amici del cuore, amici nel quotidiano, amici sempre e comunque ma soprattutto ovunque.
    Così la vita ci ha messo davanti alla possibilità di vivere una nuova avventura, una nuova sfida, e voi conoscete il vostro Capitano, non si tira mai indietro e noi con lui. Vi confesso che la nostalgia si è già fatta sentire, ma c’è anche tanta voglia di vivere questo nuovo capitolo di vita. Voi tutti, tifosi e amici siete stati un motore di vita. Una vita che si evolve. Sono sicura che un giorno torneremo e vi ritroveremo tutti e saremo felici di riabbracciarci. Non è un addio, ma solo un arrivederci”. LEGGI TUTTO

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    Conte: “Buongiorno colonna del Napoli”. Poi la frase sul test di Ventrone

    Napoli, il commento di Conte sul mercato

    La conferenza inizia subito con il tema mercato: “Stiamo dando dimostrazione di avere una visione chiara sulle cose da fare. Per un club come Napoli è giusto operare per il presente e per il futuro. Rafa Marin ha buone prospettive, un giovane. Lo stessovale per Buongiorno, anche lui giovane, prospetti che per anni possono essere colonne. Si ragiona anche sul presente per migliorare e c’è stata una grande occasione con Spinazzola e l’abbiamo colta. Stiamo facendo mercato in modo giusto, quello che deve fare il Napoli”.

    Quindi sull’ultima stagione degli azzurri: “È inevitabile che certe scorie non sono del tutto andate, non dimentichiamo che è stata veramente molto deludente, sotto ogni punto di vista. Io ho provato a metterci una pietra sopra con i ragazzi, di concentrarci sulla rivoluzione che ci attende, ma non dimentichiamo quella stagione, teniamola lì. Nessuno è contento ed abbiamo quell’esperienza così come due anni fa abbiamo l’esperienza della vittoria. Ci deve far diventare gente più esperta. E’ giusto metterlo in un cassetto, ma nell’eventualità lo riapriamo per rinfrescarci la memoria”.

    Napoli, Conte su Osimhen e lo scudetto

    Conte ha poi affrontato il tema del futuro di Victor Osimhen: “È un top player, un professionista con cui io ho parlato a lungo. È un calciatore del Napoli e sa benissimo che deve lavorare e avere il giusto atteggiamento. Quello che conta è il presente, del futuro non mi interessa”.

    Sullo scudetto: “È stato un gap netto, sono 41 punti di distanza dall’Inter, fino a -15 dalla quinta per la Champions e -10 dalle romane. Questa è la realtà dei fatti. Chi fa pronostici e previsioni deve essere ragionevole, altrimenti si finisce in qualcosa non dico di ridicolo, ma non veritiero. C’è questo margine, in più è andato via un giocatore simbolo come Zielinski che ha rinforzato proprio l’Inter, non sappiamo il nostro mercato come finirà. C’è un accordo, potremmo perdere Osimhen, il più forte, che ha fatto la differenza nell’anno dello Scudetto… Detto questo, a me questi giochino non fanno paura, se vogliono metterci pressione non è un problema, lo accetto, li lasciamo parlare, noi parliamo poco e siamo concentrati dopo un anno assurd e ingiustificabile. Abbiamo il dovere di migliorare, tornare nelle coppe, dalla porta principale, questo è l’obiettivo realistico.”

    Napoli, Conte: “Ho trovato un gruppo consapevole”

    Quindi un commento sulla squadra dopo i primi giorni di ritiro: “Ho trovato calciatori molto responsabili, hanno capito gli errori commessi. Quando abbiamo vinto, abbiamo vinto tutti, mentre l’anno scorso abbiamo perso tutti. I ragazzi hanno fatto una riflessione e penso di ritrovarli con più esperienza. Nei loro occhi ho visto un po’ di delusione quando hanno parlato dell’anno scorso. Il ritiro? Non mi capitava da tanto di vivere un ritiro in mezzo alla gente, sono tornato indietro nel tempo, quando ho iniziato e si andava in montagna. Sono emozioni forti, rivivendo il percorso fatto. In albergo c’è infatti una foto del mio Siena quando abbiamo vinto la B, facemmo ritiro a Dimaro. Queste emozioni mi stanno facendo molto bene”.

    Napoli, Conte: “Kvara e Di Lorenzo? Promessa mantenuta”

    Conte è poi tornato a parlare delle situazioni legate a Kvaratskhelia e Di Lorenzo: “Il presidente mi aveva promesso che sarebbero rimasti ed è stato così. Grande merito va alla società, che ha agito nella giusta maniera. Sono due bravi ragazzi. Di Lorenzo si era legato a vita al Napoli, la grande delusione lo aveva condizionato. Io ho riportato equilibrio in questa delusione, provando a spiegare che non possiamo gettare anni di lavoro. Il club ha agito come doveva, in questo va dato merito al presidente”.

    Spazio poi al campo, con la sceltra tra la difesa a tre e quella a quattro: “Noi lavoreremo su un tipo di costruzione che va bene per entrambe. Cambierà il tipo di pressione che puoi andare a fare in campo. Anche il mercato è stato fatto in funzione di questa idea con calciatori come Buongiorno e Di Lorenzo. Cercheremo di valorizzare le caratteristiche dei nostri calciatori, dando spazio alla qualità di giocatori come Kvara e Politano. La situazione è chiara dal punto di vista tattico, non voglio una squadra passiva. Dobbiamo fare la partita, poi è chiaro che quando giochi contro una squadra più forte devi anche saperti difendere”.

    Napoli, Conte sull’addio di Zielinski

    L’allenatore ha commentato il centrocampo a sua disposizione dopo l’addio di Zielinski: “La coppia Lobotka-Anguissa è una delle più forti. Devo essere bravo a tirare fuori da Cajuste un po’ di cattiveria, perché ha delle potenzialità importanti. Lo stesso vale per Folorunsho, ci dovrò lavorare. Durante questo ritiro farò delle valutazioni. Tutti i giocatori devono essere consapevoli che a fine campionato saranno migliori. Noi dobbiamo diventare una squadra che deve dare fastidio agli altri. In questo momento non è previsto l’arrivo di un nuovo centrocampista, poi in caso di cessione ci penseremo”.

    Conte non dimentica Ventrone: “Faremo lo yo-yo test”

    Conte ha poi dimostrato di non aver dimenticato l’ex preparatore atletico Gian Piero Ventrone, scomparso nel 2022, citando il metodo d’allenamento dello yo-yo test: “Lo faremo in corso d’opera, da ieri abbiamo iniziato a lavorare in maniera giusta. L’approccio non può essere subito duro anche se per alcuni l’approccio soft può sembrare subito duro. Abbiamo iniziato a lavorare tatticamente e fisicamente, ho trovato disponibilità. Se vuoi fare un calcio aggressivo devi averlo nelle gambe, altrimenti resta un’idea. Lavoreremo il giusto, io ho lavorato tanto da calciatore, non c’è paragone oggi con quello che abbiamo fatto noi. Quando a volte mi dicono se davvero facevano quelle corse… è inevitabile che c’è una metodologia e servirà un adattamento, ma ha sempre dato frutti e la porteremo avanti includendo anche un miglioramento di stress, di fatica, resilienza, tutte situazioni su cui non si lavora più”.

    Napoli, l’idea di Conte su Raspadori e Lindstrom

    L’allenatore ha parlato del possibile ruolo dei due calciatori nell’attacco del Napoli: “Per quanto riguarda Lindstrom, lui faceva l’esterno alto nel 3-4-3 al Francoforte. Cercheremo di rispettare le sue caratteristiche come per tutti gli altri. Per quel che riguarda Raspadori, è un calciatore per cui ho in mente un ruolo da sottopunta, ma sicuramente non in fascia. Poi mi aspetto delle risposte forti da parte di tutti”.

    Su Oriali che invece lo ha seguito dopo il percorso insieme all’Inter: “Abbiamo avuto il piacere di conoscerci in Nazionale, dove mi è stato proposto da Tavecchio. Siamo partiti insieme in Nazionale e poi l’ho riportato con me all’Inter e gli ho chiesto di accompagnarmi in questa esperienza al Napoli. Lui poteva stare anche a casa, ed invece ha accettato di buon grado di venire con me. È un po’ il mio braccio destro. È una persona molto importante per me e mi fa piacere che mi abbia seguito qui con grande entusiasmo”. LEGGI TUTTO

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    Ricci, Torino e rinnovo: come (non) farlo diventare il Buongiorno del 2025

    TORINO – Chi sarà il Buongiorno del 2025, se ci sarà un altro Buongiorno nel 2025?La buttiamo lì, ma neanche troppo, mettendo assieme una serie di circostanze e, guarda un po’, anche di coincidenze. La buttiamo lì e diciamo che, osservando oggi come oggi la rosa granata rimasta a disposizione di Vanoli, ad alto sono rischio sono innanzi tutto due giocatori, partendo ovviamente dal rendimento fin qui palesato sul prato: Samuele Ricci e Raoul Bellanova, ovviamente. Il primo è il gioiello del Torino formalmente più aggredibile sotto il profilo contrattuale, il secondo quello che più e meglio si è stagliato nella stagione appena conclusa. E proprio dall’esterno destro di spinta cominciamo, visto che ancora pochi giorni fa Vagnati negava il rischio di partenze anticipate: «Siamo felicissimi di lui, abbiamo creduto fortemente nel giocatore, è cresciuto tanto. Ci hanno chiamato soprattutto dall’estero per Raoul, ma posso dire con grande serenità che è giusto che rimanga a Torino perché abbiamo l’ambizione di fare una squadra di un certo livello». Questa è insomma la strategia delineata pubblicamente, a conferma di quanto già si scriveva su queste colonne ancora abbastanza di recente. Ovvero: tra Buongiorno, Ricci e Bellanova, ovvero i tre gioielli più ambiti sul mercato, il piano di Cairo è cederne uno solo nel corso di quest’estate. Detto, fatto: ciao, Alessandro, simbolo vivente ormai di una favola (granata) che fu.
    I contratti di Ricci e Bellanova
    Bellanova, arrivato un anno fa, ha un contratto sino al 2027, dunque ancora abbastanza lungo, con uno stipendio netto già significativo all’interno delle medie salariali del Torino: 1,15 milioni netti a stagione più bonus. La situazione di Ricci, reduce da un campionato meno appariscente rispetto all’esplosione dell’esterno destro 24enne, ma pur sempre globalmente positivo, è diversa. Il contratto del play 22enne scadrà già nel 2026: di conseguenza, per le banalissime leggi del mercato, un prolungamento dovrà materializzarsi quest’etate, o al massimo tra l’autunno e l’inizio dell’inverno. Arrivare a gennaio con ancora il vecchio contratto, dunque a 18 mesi dalla scadenza, sarebbe pericolosissimo per il Torino: Ricci comincerebbe a fare sempre più gola e ovviamente il suo valore verrebbe gambizzato dalla scadenza sempre meno lontana.
    Da ‘capitan futuro’ granata al Napoli di Conte
    E adesso parliamo di soldi, ma non solo di soldi. L’annuncio del rinnovo di Buongiorno fino al 2028 (il massimo possibile: 5 anni) fu diffuso il 12 luglio: esattamente 12 mesi fa, domani. E proprio entro dopodomani Ale si sottoporrà alle visite mediche col Napoli. Prima del prolungamento, guadagnava circa 350 mila euro netti, una cifra assolutamente sottodimensionata rispetto alle qualità, ai margini di crescita e all’importanza che già aveva acquisito Buongiorno un anno fa. L’agente del difensore cercò invano in tutti i modi di portare il suo stipendio sopra il milione netto più bonus. Irremovibile, Cairo. Alessandro dovette cedere, abbassare le pretese, accontentarsi di 850 mila euro netti: una cifra sempre e comunque pazzesca per noi comuni mortali, ma ancora inferiore alle leggi (in questo caso economiche) del mercato italiano, tanto più in considerazione che si parlava del vicecapitano del Torino (e non di una squadra provinciale), nonché di un giocatore già in ascesa impetuosa. Manco a dirlo, appena un mese dopo, cioè grossomodo a una settimana dalla fine del mercato, l’Atalanta si buttava all’assalto del centrale. «Trattative con i bergamaschi per Buongiorno? Una bufala!», dichiarò Cairo all’epoca, salvo poi trovare l’accordo con i Percassi, saltato soltanto perché Ale proprio non se la sentiva di lasciare il suo Toro, il suo mondo (a Bergamo avrebbe anche guadagnato parecchio di più, ovviamente, e oggi sarebbe in Champions). «Buongiorno è il mio capitan futuro», disse sempre a Cairo lo scorso novembre. E il 14 giugno scorso, praticamente l’altro ieri: «L’ho già detto altre volte, non ho pensato a quale possa essere il prezzo giusto di Buongiorno perché non l’ho messo sul mercato. È rimasto con noi lo scorso anno e sono stato felicissimo di questo, ha disputato un campionato notevolissimo e quindi me lo tengo stretto». Come no: così stretto che adesso il Torino di Cairo incasserà una quarantina di milioni dal Napoli (35+5 di bonus, di cui 4 facili).
    Torino, come evitare il Buongiorno-bis
    Ricci, si diceva, ha il contratto in scadenza già nel 2026. Guadagna 950 mila euro netti più bonus. Tanti per intenderci: molto meno di Lazaro e Ilic, peraltro destinato allo Zenit, ma anche di Linetty. Per doti tecniche ed eclettismo tattico, età (23 anni ad agosto), crescita oggettiva, potenzialità, professionalità e serietà (con in aggiunta l’ingresso nel giro azzurro di Spalletti, anche se poi da Coverciano non è stato portato in Germania), per tutte queste ragioni, si diceva, Samuele rappresenta il futuro del Toro: un altro gioiello, sulla carta. Si tratta ora di capire se riusciranno o meno a incrinargli le motivazioni, man mano. Come è capitato ad Alessandro nel corso dell’ultima stagione: e non solo per ragioni economiche, ma anche per un fatto di ambizioni sportive. E le due cose vanno di pari passo. Invece, tra lo stipendio alzato il minimo possibile rispetto alle richieste, il caso Atalanta e le spine del Cairismo digerito al Filadelfia in tutte le sue declinazioni quotidiane, si sono progressivamente sviluppate condizioni che in qualche modo hanno favorito l’assalto del Napoli (prego, entrate pure: purché ci portiate almeno 40 milioni…). E non dimentichiamoci mai che nella scorsa settimana Alessandro ha dovuto ripetere di continuo alla Juventus il suo «no, non posso proprio, io sono del Toro e nel Toro sono cresciuto», con Giuntoli che era già arrivato a offrire 42 milioni più 5 di bonus al Torino, con Thiago Motta che partecipava anche lui al corteggiamento del difensore e con Vagnati che intanto si relazionava di continuo con Alessandro, per poi relazionare al grande capo. Vediamo ora quando cominceranno le trattative per il rinnovo di Ricci, ora. E poi appuntamento all’estate del 2025? LEGGI TUTTO

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    Welington, duello Torino-Southampton: se salta riecco Piton

    Il Torino di Cairo sta per incassare ufficialmente e placidamente 40 milioni restando ormai soltanto a osservare, mentre il Torino di Vagnati deve brigare, tribolare, sbuffare e arrabattarsi come può per correre dietro in Brasile a un terzino sinistro semisconosciuto ai più in Europa, che costa tra 4 e 5 milioni. Con i suoi due volti opposti scolpiti sulle statue che lo raffigurano, già ai suoi tempi Giano bifronte doveva tifare per il Torino Fc, evidentemente. Era un dio. Ed era un giocatore del Toro, Buongiorno. Ieri, al termine di un’altra giornata di trattative, il suo agente e i vertici del Napoli hanno trovato l’intesa anche quanto a diritti di immagine e premi. È fatta: domani le visite mediche, poi le firme sui contratti e l’annuncio di De Laurentiis in pompa magna. Per il Torino di Cairo, 35 milioni più 5 di bonus di cui 4 facili. Per Alessandro, 5 anni di contratto con clausola rescissoria da 70 milioni esercitabile solo dopo il 2027, e ingaggio a salire (da 2,8 milioni netti a oltre 3) più bonus fino al 2029.
    Calciomercato Torino, la situazione di Welington
    Per Welington, invece, il Torino di Vagnati sta ballando sul filo del rasoio: trattativa da brividi ad alto coefficiente di difficoltà, soprattutto ora che un intermediario del Southampton è arrivato in Brasile per cercare di sbloccare l’operazione. Sul fronte granata Vagnati continua tuttavia a non arrendersi, parlando tutti i giorni con l’agente del terzino sinistro e con i vertici del San Paolo per portare avanti il duello con la società inglese, neopromossa in Premier. Il Southampton ha un vantaggio netto: la potenza di fuoco. Ma finora non è riuscito a trovare l’accordo con il giocatore, che mostra dubbi sulla destinazione. Il problema, ovviamente, non concerne il palcoscenico della Premier, ci mancherebbe: bensì specificatamente la dimensione sportiva e le ambizioni del Southampton, squadra destinata nel prossimo campionato a lottare in primo luogo per la salvezza. Di qui il tiraemolla che sta perdurando sull’asse Inghilterra-Brasile, con la scelta dei vertici della società britannica di spedire a San Paolo un intermediario affinché possa trattare direttamente con il giocatore e con la sua famiglia, oltreché con il procuratore brasiliano del ragazzo. Vagnati finora è rimasto in piedi, nonostante tutto, per almeno due motivi: punto primo, perché su Welington aveva cominciato a muoversi con grande anticipo rispetto ai dirigenti del Southampton, ritagliandosi una posizione privilegiata al cospetto dell’esterno (soltanto dopo la promozione in Premier il Southampton è infatti potuto uscire allo scoperto, mentre il dt granata discute con il procuratore del terzino da diversi mesi proprio in previsione del mercato estivo); punto secondo, le aspirazioni di Welington: questo terzino di spinta mancino, dotato di una corsa fluida negli affondi oltre la metà campo e di una buona cifra tecnica (i dribbling e i cross dal fondo sono il suo magnete, sul prato), aveva presto dato la sua disponibilità a trattare col Torino, mettendo in conto di atterrare in una squadra più ambiziosa del Southampton, in grado di lottare almeno per la qualificazione alla minore delle Coppe europee.
    Welington-Toro, partita aperta
    Di conseguenza gli inglesi stanno cercando di recuperare terreno mettendo sul piatto offerte già alzate almeno un paio di volte, nonché diversificate: acquisto immediato con pagamento al San Paolo del cartellino e saldo delle alte commissioni che pretende l’agente di Welington (percentuali pesantissime sulla gestione del cartellino stesso: un must, in Sud America), oppure attesa sino al 1° gennaio, quando Welington si libererà a parametro zero, con (in questo caso) un ulteriore sostanzioso premio alla firma per il giocatore e per il suo agente (scadenza contrattuale: 31 dicembre; inutili tutti i tentativi del San Paolo di rinnovare; «sogno l’Europa», ha già detto e ripetuto il ragazzo). Di suo, Vagnati l’altro ieri aveva comunque alzato le offerte al San Paolo e all’agente: 4 milioni, complessivamente. E così è rimasto in corsa. Fino a quando il ragazzo non si farà convincere dagli inglesi la partita resterà aperta anche per il Torino, visto che sotto il profilo sportivo e degli obiettivi il club granata intriga maggiormente Welington. Il problema è uno solo: le sterline. Con i soldi, a colpi di rilanci, il Southampton potrebbe anche riuscire a convincerlo, alla fine.
    Le altre mosse di mercato
    Fin qui inferiori, invece, sono risultate le offerte granata. Spera ancora il Torino, dunque, gufando e disturbando le trattative altrui. Ma, nel contempo, Vagnati è tornato a discutere anche con gli agenti di Owen Wijndal, 24enne terzino di spinta olandese di proprietà dell’Ajax, reduce dal prestito all’Anversa (44 presenze Coppe comprese, con un gol e un assist). È un obiettivo da 7, 8 milioni di euro. Tra le alternative, a prezzi simili, anche una vecchia conoscenza di Vagnati: Lucas Piton, 23 anni, italo-brasiliano (quindi comunitario), colonna del Vasco da Gama (49 presenze, una rete e 7 assist nell’anno solare 2023; rispettivamente 26, 4 e 4 nel 2024, fino all’ultima partita disputata a inizio luglio). Vagnati lo aveva già trattato nel gennaio del ‘22 e poi ancora nell’estate successiva, quando Piton militava nel Corinthians. All’epoca era un talento di belle promesse, ora invece ha acquistato una statura decisamente maggiore anche sotto il profilo della maturità. Ma per adesso, Southampton permettendo, la prima scelta continua a essere Welington. LEGGI TUTTO

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    Juve Women, quando esordirà Alisha Lehmann? Il calendario

    Dopo l’arrivo di Alisha Lehmann alla Juventus Women, il conto alla rovescia per il suo esordio in campo è subito iniziato. E ora con l’uscita del calendario del campionato femminile, si può cerchiare di rosso la data per l’esordio della svizzera. La squadra di Canzi debutterrà fuoricasa contro il Sassuolo con l’obiettivo di iniziare subito bene per mettere pressione alla Roma e alle rivali per lo scudetto.

    Juventus Women, il girone d’andata

    1ª GIORNATA (31 agosto – 1 settembre 2024)

    Sassuolo-Juventus Women

    2ª GIORNATA (14-15 settembre 2024)

    Juventus Women-Como Women

    3ª GIORNATA (21-22 settembre 2024)

    Lazio Women-Juventus Women

    4ª GIORNATA (28-29 settembre 2024)

    Juventus Women-Fiorentina

    5ª GIORNATA (5-6 ottobre 2024)

    Sampdoria-Juventus Women

    6ª GIORNATA (12-13 ottobre 2024)

    Juventus Women-Roma

    7ª GIORNATA (19-20 ottobre 2024)

    Inter-Juventus Women

    8ª GIORNATA (2-3 novembre 2024)

    Napoli Femminile-Juventus Women

    9ª GIORNATA (9-10 novembre 2024)

    Juventus Women-Milan

    Juventus Women, il girone di ritorno

    10ª GIORNATA (16-17 novembre 2024)

    Juventus Women-Sassuolo

    11ª GIORNATA (23-24 novembre 2024)

    Como Women-Juventus Women

    12ª GIORNATA (7-8 dicembre 2024)

    Juventus Women-Lazio Women

    13ª GIORNATA (14-15 dicembre 2024)

    Fiorentina-Juventus Women

    14ª GIORNATA (11-12 gennaio 2025)

    Juventus Women-Sampdoria

    15ª GIORNATA (18-19 gennaio 2025)

    Roma-Juventus Women

    16ª GIORNATA (25-26 gennaio 2025)

    Juventus Women-Inter

    17ª GIORNATA (1-2 febbraio 2025)

    Juventus Women-Napoli Femminile

    18ª GIORNATA (8-9 febbraio 2025)

    Milan-Juventus Women LEGGI TUTTO

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    Toro, tre pacchetti da 40 milioni per non sprecare Buongiorno

    Alcuni sono seguiti da tempo, sono stati anche oggetto di sondaggi, però poi il Torino li ha lasciati in sonno, pur senza dimenticarli mai: tu chiamale, se vuoi, alternative. Altri sono obiettivi chiari, manifesti, chiacchierati, inseguiti, trattati. Altri ancora sono stati proposti nuovamente di recente e hanno destato un crescente interesse, per la serie «fammi capire di più, chiariscimi meglio quanto costa esattamente»: i dirigenti le ripetono mille volte, frasi così. E agenti e intermediari ci sguazzano, soprattutto quando sentono il profumo del cash. Dicevano i latini che il denaro non ha odore. Invece per gli operatori di mercato profuma proprio, quando annusano una società come il Torino, di questi giorni.
    Buongiorno al Napoli
    Per carità, il Bologna tra Zirkzee e Calafiori ballerà sui 100 milioni di ricavato dalle loro cessioni, ma Cairo comunque non risulterà troppo da meno, considerando che Saputo e Sartori sono volati in Champions, mentre lui è rimasto al palo del nono posto con vista su un’Europa sognata anche per grazia divina, alla fine evaporata beffardamente per interposta persona, Commisso: la sconfitta della Fiorentina in finale di Conference. Se i viola avessero vinto, oggi il Torino sarebbe al loro posto, oltreconfine. Buongiorno ha scelto Conte e quindi il Napoli, anche in questo week-end il suo agente ha trattato con il ds azzurro Manna quanto a diritti di immagine e premi, e così oggi potrà prendere il via il conto alla rovescia per la formalizzazione del contratto. E poi si attenderà l’annuncio ufficiale di De Laurentiis, naturalmente in pompa magna: Buongiorno a Napoli è già diventato un eroe, sia perché ha detto no alla Juve (da granata qual è, non certo di latta), sia perché ha scelto Conte e poi ha mantenuto la parola data. Per il Torino, 35 milioni più 5 di bonus, di cui 4 facili. Ma Cairo non li investirà tutti nel mercato, già si sa. Intende metterne da parte, nel bilancio del Torino, almeno una quota a copertura dell’ultimo rosso, 10 milioni di perdite: fino a prova contraria, risulta questo (se ci sbagliamo, avvisateci). Però, stando così le cose, la gente del Toro non solo non capirebbe, ma si arrabbierebbe ancor di più. Uno: sempre e solo la linea di galleggiamento intorno al 10° posto.
    Torino squadra di passaggio
    Due: il Torino resta sempre una squadra di passaggio, quelli forti prima o poi regolarmente se ne vanno. Buongiorno era un simbolo vivente dell’orgoglio e dell’identità granata in campo e nei cuori di tutti. Non è come l’agognata (dal Torino) cessione di Ilic allo Zenit, ora che il serbo si è convinto (da capire quando verrà ufficialmente definita, ma alla fine sarà un’operazione da 25 milioni). Vagnati ci sta facendo il callo, a telefonate così: «Ciao, Davide. Ora che stai per incassare 40 milioni da Buongiorno, volevo dirti che in Francia avrei un difensore che farebbe proprio al caso tuo e manco a dirlo da ieri lo gestisco io». E vai con le proposte: giocatori che hanno voglia di cambiare aria o che sono vicini alla scadenza del contratto o che semplicemente sono acquistabili, davanti alla proverbiale offerta giusta. Scarti o talenti, c’è sempre un po’ di tutto nei taccuini di procuratori e intermediari. Pochi giorni fa, parlando pubblicamente di nuovi titolari da ingaggiare, Vagnati lanciava forte e chiaro un elenco a uso e consumo di qualunque agente: «Cerchiamo due difensori centrali», di cui uno di piede mancino. «Poi un terzino sinistro»: di spinta. «E un’ala», sempre per la corsia mancina.
    Gli obiettivi del Torino
    Nei 12 nomi che elenchiamo e che sono trattati dal Torino o come minimo sono oggetto di sondaggi, di scarti proprio non ce ne sono, anzi. Compaiono 3 difensori centrali di piede destro, 3 di piede sinistro oppure ambidestri, 3 terzini mancini fluidificanti e 3 ali. Alcuni di loro il Torino li coltiva davvero da tempo, come Laurienté. Il Sassuolo ha la sua ben nota solidità finanziaria, ma in B il francese non può restare. Carnevali sta sparando cifre altissime: fa il suo mestiere. Piuttosto aspetta altre offerte. Si scopre intanto che il Torino per la difesa sta seguendo anche il giovane milanista Simic, un bel profilo nel segno del futuro. Mentre per Welington bisogna ora capire se il Southampton, scattato in pole, riuscirà a chiudere con il San Paolo: Vagnati non si è ancora arreso. Il dt controlla anche Gosens: dopo il Bologna, se mai anche l’Atalanta non trovasse l’accordo con l’Union Berlino… Nel mirino, da diversi mesi, c’è poi Wijndal dell’Ajax, reduce dal prestito all’Anversa. Mentre tra le ali, sempre per la sinistra, è oggetto di valutazioni Daramy del Reims, nazionale danese. Vagnati ha chiesto ripetutamente informazioni anche per Alberto Moleiro, stellina del Las Palmas, nazionale under 21 spagnolo. Dall’Argentina stanno spingendo il centrale mancino emergente Gomez del Velez. A quelli del Toro, un intermediario ha detto: «Se Cairo ha ambizioni vere, prende Perez dell’Udinese. E una strada volendo c’è…».
    Le mosse per la difesa
    Vagnati è curioso di capire se la Fiorentina, dopo aver offerto invano 10 milioni più 5 di bonus, abbandonerà il ceco Vitik, colonna difensiva dello Sparta Praga, andato agli Europei ma senza poi giocare. Il Marsiglia è fuori dalle Coppe: Balerdi, nazionale argentino, è molto chiacchierato dentro al Torino, ma il Bologna è davanti, le pretendenti sono diverse in Europa e costa un botto. Restando tra i difensori, una pista fresca è anche il 20enne Coulibaly del Borussia Dortmund, reduce pure lui dal prestito all’Anversa come l’olandese Wijndal. Per questo giovane francese è in azione il Betis e ha chiesto informazioni il Marsiglia, mentre nei taccuini dei Torino compare alla voce scommesse intelligenti. LEGGI TUTTO

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    E Napoli conquistò Diego: quarant’anni fa l’arrivo di Maradona

    Quarant’anni fa, in una giornata di rinnovato sole, una intera città, di sole e di mare, di anime perdute e di anime salve, di balconi sulla felicità e sulla disperazione, si fermò per salutare, abbracciare e cantare un ragazzo argentino, con il volto da scugnizzo, venuto in uno stadio per miracolo mostrare, per una epifania calcistica che oggi è ballata popolare, odissea della nostalgia e del rimpianto, murales ed ex voto a illustrare la favola per i vicoli antichi, a portare avanti una narrazione che non avrà mai fine, nei secoli dei secoli. Io, giovane inviato di Tuttosport, diretto da Piero Dardanello, avevo seguito da Barcellona e ora lì, a Napoli, centro preciso è perfetto dell’universo del pallone, il trasferimento di Diego Armando Maradona.
    Maradona: la magia di un ricordo
    Il nostro calcio, che soltanto due anni prima, con una impresa epica, da realismo magico, aveva conquistato, passando dal buio al miele, il Mundial ‘82, metteva adesso insieme a quegli assi, da Zoff a Pablito, oltre a fuoriclasse come Zico e Platini, anche il talento più lucente, quel Dieguito che aveva deciso di lasciare il celebrato Barça per portare la sua fantasia e le sue meraviglie in una squadra che, da tempo immemore, tra delusioni e illusioni, attendeva la stella cometa di un nuovo e decisivo profeta: e ora, eccolo lì, sul prato verde al San Paolo, che ora porta il suo nome, come una basilica laica, fare il suo ingresso sul prato verde tra un battere di cuori, un delirio collettivo, tutto esaurito, ottantamila persone e forse anche di più, donne e uomini, anziani e bambini, i neonati, gli ingenui e i furbi, i generosi e gli arroganti, i filosofi e i pescatori, chi aveva letto Matilde Serao e chi sapeva imitare Totò.
    E fuori dallo stadio tanti altri in attesa, a immaginare, a lasciare comunque il segno di una presenza, di una riconoscenza e poi le radio accese da Posillipo ai Quartieri Spagnoli, fermo il traffico, sospeso il tempo. Ma il football, metafora della vita, elemento fondamentale della cultura contemporanea, antidoto alla malinconia, mai aveva conosciuto un momento simile. E là dentro, in quel luogo trasformato in un infinito scrigno capace di raccogliere tutti gli stupori, tutti i sospiri, a quel ragazzo dai capelli arruffati e dal sorriso a girasole, che si portava nell’anima un fanciullino mai domo, bastò calciare la palla al cielo e ringraziare i “napolitani” per entrare già nel mito. Ancora erano lontane le notti sbagliate, le cadute nel baratro della droga.
    Maradona e la “grinta della vita”
    Ma quel Maradona, non avrebbe mai cancellato il Diego della generosità, della partite su campi fangosi per beneficenza, degli scudetti, delle imprese possibili e impossibili, quella punizione a sovvertire le leggi della fisica a Stefano Tacconi, quella rete da centrocampo, quell’altra con le spalle voltate alla porta, in acrobazia, di testa, per terra, e qualcuno giura di averlo visto palleggiare con una goccia d’acqua.
    Osvaldo Soriano, arpiniano bracconiere di tipi e personaggi, non riuscì, prima del suo passo d’addio, a portare a termine due suoi desideri di scrittura: dare un seguito al suo primo capolavoro “Triste, solitario y final” con Emilio Salgari, il padre degli eroi, al posto di Philip Marlowe, il detective americano uscito dalla penna di Raymond Chandler) e dedicare un’avventura a quell’eroe dalla furibonde battaglie, anche politiche, contro il Palazzo della pelota, contro il capitalismo, per la dignità degli ultimi e degli emarginati e degli invisibili, dalla traboccante bravura.
    Diego Armando Maradona. Quel 5 luglio, per i presenti e per gli assenti, per le generazioni future, per i bambini che saranno chiamati Diego, per quello striscione al cimitero con sopra scritto “Cosa vi siete persi”, rimarrà una data da festeggiare, da commemorare, per dire ancora “grazie per averci donato una Utopia realizzata”: perché non è vero che tutto passa, che la memoria lascia vuoti e talvolta cicatrici: camminate per Napoli e a ogni passo sentirete il respiro di Dieguito, rivedrete quel suo sguardo racchiudere tutte le sfumature d’azzurro, quel suo essere un masaniello fragile, ma coraggioso e indomito, un esempio per tutti i suoi compagni.
    Tutti, nessuno escluso. E mi resterà per sempre una sua frase, una delle ultime, capace di riassume tutta la sua essenza di uomo e di calciatore: “Da giovane avevo la grinta della fame. Passata la grinta della fame, ho avuto la grinta della gloria. Adesso, ho la grinta della vita”. Una vita che è finita sulla terra, in solitudine, ma non nel pensiero dominante di tutti coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerlo o, semplicemente, di vederlo all’opera, con il suo abbagliante sinistro a disegnare arabeschi colorati nel suo elemento naturale: un terreno di gioco, tra zolle e avventura, tra la folgore e l’imprevedibilità. Ti vogliamo sempre bene, Dieguito: nostro fratello di luminose primavere, dove in tutto c’è stata bellezza. LEGGI TUTTO

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    Niccolai, il campione più forte degli autogol

    Il mestiere di figlio è uno dei più complicati che esistano, troppo spesso si è la proiezione inconscia (o meno) di progetti non realizzati dei propri genitori. Una proiezione che comincia dalla scelta del nome, su cui si incrociano parentele da onorare, mode del momento, eteree ispirazioni. Chiamarsi Comunardo non può essere banale. Era il nome di cui andava fiero Niccolai, uno dei difensori più solidi e, al tempo stesso, più misconosciuti del calcio italiano. Uno passato alla storia per una questione di autoreti. Uno che è stato ben altro. A cominciare dal modo in cui interpretava il ruolo di stopper nel Cagliari che, nel 1970, conquista uno scudetto finora unico e difficilmente ripetibile.
    Addio a Niccolai
    Niccolai è morto ieri a 77 anni all’ospedale San Jacopo di Pistoia, dove era ricoverato per un malore. Era tornato nella Toscana dove era nato a Uzzano, il 15 dicembre 1946. Un figlio del secondo Dopoguerra, il figlio cui papà Lorenzo – portiere del Livorno, ribattezzato Braciola dai tifosi amaranto – affida un nome potenzialmente pesante. Comunardo è derivazione della Comune di Parigi che, nel 1871 e per un paio di mesi, fu considerato il primo esperimento di autogoverno nella storia contemporanea. Un nome che era manifesto di libertà e, per questo, vietato nel ventennio fascista. Il nome che Lorenzo sceglie per indicare che un’epoca si è chiusa e una nuova ha avuto inizio. «Difficile portarlo? Ma per carità, mi piace da morire, riempie la bocca. Mi piace quando mi chiamano Comunardo», così raccontava a Tuttosport il 21 agosto 1996. Il calcio è la passione che coltiva da bambino, inizia come attaccante nel Montecatini. Si trasferisce alla Torres non ancora 17enne, si trasforma in difensore centrale ed esordisce in C. Deciso, attento, intelligente: il Cagliari lo nota e lo acquista nel 1964. È uno dei tasselli che, anno dopo anno, sono affidati alla cura di Manlio Scopigno in panchina. L’arrivo del tecnico nel 1966 è il passo decisivo per la costruzione di una squadra straordinaria, in cui il leader è Gigi Riva e gli altri sono qualcosa in più che semplici – e splendidi – comprimari.
    L’uomo degli autogol
    Come Niccolai, per l’appunto. È uno stopper, ma interpreta il ruolo in maniera inedita, al di là della semplice marcatura. Spesso si alterna con il libero (Pierluigi Cera e Giuseppe Tomasini, quando il primo veniva schierato mediano) in una sorta di doppio centrale, da zona che verrà. Una squadra moderna, che vive una sola splendida stagione e che sarà condizionata dai guai fisici di Riva. Niccolai è una certezza – il Cagliari incassa solo 11 reti, record nei campionati a 16 squadre -, ma nella memoria collettiva è identificato come l’uomo degli autogol. Non è nemmeno il primatista: ne ha firmati sei, due in meno di Franco Baresi e Riccardo Ferri. Però è lui il riferimento obbligato, soprattutto quando il gesto autolesionista accade in una circostanza decisiva o implica una certa dose di bellezza. Nel primo caso ricadono quello nel 2-2 di Juventus-Cagliari nell’anno dello scudetto (un anticipo di testa sul primo palo che sorprende Enrico Albertosi) e quello per la 300ª partita arbitrata da Concetto Lo Bello. Nel secondo quello di Bologna, «dove riuscii a fare uno slalom davanti ad Albertosi in uscita e accompagnai la palla in porta».
    Il Mondiale del 1970
    Una fama che solleva crucci in Niccolai («Almeno ho lasciato un segno nella storia del calcio italiano», si consola), ma non ne mortifica la carriera. Con molti rossoblù fa parte della spedizione al Mondiale messicano del 1970. Il 3 giugno è titolare con la Svezia, esce al 37’ pt per una entrataccia di Kindvall. È la seconda presenza, che racconta un’altra storia. Quella di Scopigno che si alza, spegne la tv ed esclama (ironico e affettuoso): «Visto Niccolai in mondovisione, ho visto tutto». La terza arriverà con la Svizzera in amichevole il 17 ottobre e sarà l’ultima in azzurro. Il Cagliari si spegne dopo lo scudetto, come molti di quella squadra. Niccolai resta fino al 1976, quindi raccoglie una manciata di presenze tra Perugia e Prato. Da allenatore entra negli organici federali, chiamando nelle giovanili futuri talenti come Gigi Buffon e Francesco Totti. Guida l’Italia donne nel 1993-94, poi il congedo dal calcio. «Lascia il ricordo di un grande sportivo, un uomo educato, gentile, rispettoso, cordiale, che sapeva farsi voler bene. Un maestro di calcio e di vita», le parole belle, giuste e commosse del Cagliari. LEGGI TUTTO