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    Solo zona Champions? Non passa, caro Max. La tua Juve vale di più

    Allegri continua a ripetere che l’obiettivo massimo è competere per il quarto posto. Non è così perché…

    Nel calcio, come nella vita, spesso le cose cambiano in fretta. C’è però qualcosa che rimane immutabile, più forte del tempo. L’ostinazione con cui un po’ tutti preferiscono abbassare il livello degli obiettivi piuttosto che alzare l’asticella delle ambizioni. Lo fanno in particolare gli allenatori, che si preparano sempre una pista d’atterraggio: dobbiamo crescere, ci manca questo o quel giocatore, la concorrenza è agguerrita, e via andare così. Insomma, è potente la tentazione di non scoprirsi, di tenersi al riparo, soffocando le aspirazioni dei propri tifosi, nella speranza poi di poter gonfiare il petto e dimostrare di aver fatto sempre qualcosa di più. A questa regola non sfugge Allegri, che ha finito per contagiare un po’ tutti.  LEGGI TUTTO

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    Milan, è il momento di Okafor: il gemello di Leao è a digiuno da novembre

    Giroud riposa e Pioli fa giocare centravanti lui, che nel 2022 segnò ai rossoneri ai gironi di Champions con il Salisburgo. Ma l’ultima rete ufficiale risale a 10 mesi fa

    Tocca al ragazzo di Binningen. Quello che l’anno scorso ha graffiato il Milan e che adesso veste rossonero. Noah Okafor è pronto al debutto da titolare contro il Cagliari. Pioli lascerà in panchina Giroud per dare allo svizzero la prima chanche. Fin qui l’ha fatto poco, complice l’ottimo rendimento del francese e i soliti squilli di Leao, quello che Noah ha definito più volte “il suo gemello”. Domani è pronto a giocare insieme a lui. E in avanti.

    minutaggio—  Fin qui Pioli li ha regalato solo cinque spezzoni. Comprensibile. Ha giocato un quarto d’ora contro il Bologna, 24 minuti con il Torino, 13 a Roma, 14 nel derby e una decina contro il Verona. La miglior partita l’ha fatta all’Olimpico, dove si è piazzato sulla fascia, ha guadagnato un paio di falli sulla linea di fondo e ha fatto ammonire Lukaku. Okafor, classe 2000 rapido e veloce, ha caratteristiche da esterno alto con licenza di dribblare e poi accentrarsi, ma a Salisburgo ha sempre giocato da attaccante. Un appunto: l’anno scorso ha giocato in tandem con Benjamin Sesko, ventenne sloveno volato a Lipsia in estate dopo 18 gol nella città di Mozart. Tradotto: Noah non è un numero 9 classico. Basta guardare l’heat map, dove il colore rosso abbonda soprattutto sulla sinistra del campo. Non è uno da sponde e da fraseggio stretto, come può essere Giroud, e non è neanche un regista offensivo che smista la sfera spalle alla porta. Con Okafor titolare, il Milan cambia un po’. La squadra perderà qualcosa nella gestione del pallone, ma guadagnerà parecchi punti in profondità.

    odia perdere—  Okafor è uno di quei tipi abituati a vivere a testa alta. Il giorno in cui si è presentato a Milanello per la prima volta ha dato la mano a tutti i cronisti della sala stampa. Uno dei suoi tatuaggi recita “be your own hero”, “sii il tuo eroe”, manifesto di personalità e coraggio. Il Milan lo seguiva già dall’anno scorso. Si è appuntato il suo nome dopo averlo visto dribblare Kalulu e pungere Maignan ai gironi di Champions. Nelle idee di Pioli può fare l’esterno e il vice Giroud. “Per lui gioco ovunque”, ha detto alla Gazzetta in estate, durante la tournée americana. La sua miglior stagione risale a due anni fa: 14 reti in tutte le competizioni. Ha ribadito più volte che odia la sconfitta. “Voglio sempre vincere”. Ora vuole riscattarsi: l’ultimo gol risale al 5 novembre contro il Wolfsberger. Giocava ancora a Salisburgo e forse già sognava il Milan. Un motivo in più per graffiare il Cagliari. LEGGI TUTTO

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    Roma e il mistero degli infortuni: già 13 da inizio stagione, di chi è la colpa?

    A Trigoria ci si interroga sugli stop e sulle continue ricadute, una delle cause di questo avvio a rilento. Nel mirino il preparatore atletico e l’addetto al recupero infortuni

    Ci sono i 5 punti in 5 giornate a preoccupare e un mal di trasferta che parla di sole tre vittorie in 18 partite nel corso di questo anno solare. Ma c’è anche la situazione infortuni a creare ansie e un po’ di tensione in casa giallorossa, considerando che da inizio stagione sono già 13 gli stop nella rosa di Mourinho, di cui 4 ricadute: Solbakken e Ibanez nel ritiro portoghese (con i due che poi hanno lasciato la Roma, anche se quello del brasiliano era stato uno stop da trauma contusivo), a cui si sono aggiunti i doppi stop di Dybala, Renato Sanches, Aouar e Pellegrini, oltre agli infortuni di Zalewski, Mancini e quello oramai misterioso di Smalling (out da quasi un mese per un non meglio definito problema muscolare). Insomma, una tendenza pericolosa, che ha diviso anche sulle responsabilità: colpa della preparazione atletica o del mancato recupero? 

    a trigoria—  In attesa di capire se si tratti solo di una brutta coincidenza di inizio stagione o meno, sul tavolo degli imputati ci sono finiti il preparatore atletico Stefano Rapetti e l’addetto al recupero degli infortunati Carlos Lalin. C’è chi sostiene che la Roma sia partita male proprio a causa di una preparazione non esattamente adeguata e a riprova di questa tesi ci sarebbe anche una condizione atletica non certo ottimale, come palesato dalla squadra in queste prime sei gare stagionali (tra campionato ed Europa League). E c’è chi, invece, sottolinea come i giocatori si rifermino dopo essere stati rimessi a disposizione dell’allenatore: il caso di Renato Sanches è chiaramente quello più evidente, ma in un doppio stop sono incappati anche Dybala, Pellegrini e Aouar. Insomma, ci si divide, anche dentro Trigoria, per capire le motivazioni di una situazione che ha reso la rosa a disposizione di Mourinho molto meno large del previsto. Fermo restando che, ovviamente, c’è una situazione storica legata alla “vita agonistica” dei giocatori che inevitabilmente influisce. Sanches ha un pregresso di 21 stop e oltre 600 giorni ai box, ma lo stesso Aouar nella scorsa stagione ha saltato ben 25 partite delle 43 del Lione, giocando solo 5 volte dal via nelle altre 18 (un po’ per gli infortuni, un po’ per delle scelte legate al suo mancato rinnovo contrattuale). Insomma, c’è da sistemare le cose e anche in fretta, prima che il distacco con le grandi sia troppo ampio. E che il sogno di tornare in Champions League svanisca, evaporato tra un infortunio e l’altro. LEGGI TUTTO

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    Le piccole hanno numeri da big. All’assalto con idee e coraggio

    Lecce e Sassuolo da caccia, Monza e Bologna palleggiano, e il Frosinone…

    M entre le grandi affrontano problemi più o meno complessi e i loro allenatori chiedono «tempo» per applicare le loro idee, le “piccole” si rivoltano contro l’ordine costituito e occupano posizioni di primo piano. Con coraggio e buon calcio. D’Aversa, Palladino, Di Francesco, Dionisi, Thiago Motta per ora sono stati più bravi con il tempo a loro disposizione: alcuni hanno trovato una nuova panchina, altri si sono visti quasi rivoluzionare la squadra, ma hanno fatto in fretta a far passare i loro concetti. I risultati gli danno ragione, ma ancora di più i dati che dimostrano la bontà del calcio che stanno proponendo. LEGGI TUTTO

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    D’Angelo: “Osimhen? Non l’avrei mai sostituito. E ora battiamo il Real”

    Il cantante tifoso del Napoli: “La squadra è tornata normale, un cambiamento che vedo esemplificato in Lobotka. Era diventato un top player ora sembra un mediano come tanti. E faccio fatica a capire”

    “Rudi, ti prego, ridai il sorriso a questi ragazzi. Il Napoli è diventato triste e non si diverte più in campo”. Quello di Nino D’Angelo, grande tifoso e autore dell’inno storico del club, è un appello accorato e rispettoso. Un appassionato che vuole capire cosa sta succedendo: “Perché proprio non riesco a dire che questo Napoli delle prime partite mi piaccia. Da tifoso voglio capire che cosa è successo, perché una squadra che giocava benissimo oggi fatica”.  LEGGI TUTTO

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    Vucinic: “Juve, occhio a Krstovic. Assomiglia a Boksic”

    L’ex attaccante bianconero partito dal Lecce vive nel Salento ed è un grande estimatore di Corvino: “Ha sempre saputo trovare i giovani talenti, e farli rendere al meglio”. Come Chiesa e Vlahovic…

    Undici anni fa, Mirko Vucinic vinceva il suo primo scudetto. Lo faceva con la Juve di Conte, dopo una stagione senza coppe europee, simile a quella che, quest’anno, sta affrontando la squadra di Allegri. L’ex attaccante, oggi vice c.t. del Montenegro, continua a seguire i bianconeri, reduci dalla sconfitta di Sassuolo e pronti per affrontare il Lecce, il primo club di Mirko tra i professionisti. Per Vucinic, che ancora oggi vive nel Salento, sarà una gara speciale. Dopo un buon avvio di stagione, Danilo e compagni sono crollati al Mapei. LEGGI TUTTO