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    Napoli, Massara nuovo ds? C’è la proposta di De Laurentiis

    Garcia è lo sponsor, l’incontro a Roma una settimana fa: offerto un contratto pluriennale, l’ex rossonero ha preso tempo per riflettere

    Roma ha sempre un buon motivo per essere visitata, ma in tempi di mercato bisogna stare attenti a non essere pizzicati in zone “pericolose”. Perché poi la soluzione all’enigma diventa di facile risoluzione: cosa ci faceva Frederic Massara, ex direttore sportivo del Milan attualmente senza squadra, nel cuore della Capitale? L’avvistamento è di una settimana fa e la risposta è semplice: Massara è stato invitato alla Filmauro, sede legale anche del Napoli, da Aurelio De Laurentiis, che gli ha prospettato l’ipotesi di ereditare il vuoto lasciato in società da Cristiano Giuntoli, passato alla Juve. Il Napoli, infatti, è alla ricerca di un nuovo d.s. dopo aver pensato inizialmente di poter fare a meno di una figura così delicata all’interno di una società di calcio. Massara ha le caratteristiche giuste per il club azzurro ed è uno che ama scoprire in anticipo i talenti emergenti. Il Napoli gli ha proposto un accordo pluriennale e il d.s. si è preso del tempo per valutare l’offerta. Ci si riaggiornerà, ma senza fretta, perché intanto il mercato lo stanno portando avanti il presidente De Laurentiis e l’a.d. Andrea Chiavelli, in contatto costante col tecnico Rudi Garcia. 

    Sponsor—   Proprio Garcia sarebbe il grande sponsor di Massara al Napoli: i due si conoscono dai tempi della Roma e fu proprio Massara in gran segreto ad accompagnare Garcia a Boston dall’allora presidente Pallotta, prima della firma. Tra i due c’è stima e affetto, due componenti non banali per chi dovrà svolgere il lavoro di ponte tra staff tecnico e società. Massara è un profilo che si sposerebbe bene con Leonardo Mantovani – l’uomo che ha rivoluzionato il modo di fare scouting permettendo al Napoli di avere un lavoro capillare praticamente a costo zero – e Maurizio Micheli, oggi d.s. in pectore dopo l’uscita di Giuntoli e primo consigliere della proprietà. Ma non c’è solo il nome di Massara sulla agenda di De Laurentiis. Perché sempre a Roma vive anche Ighli Tare, ex d.s. della Lazio, altra candidatura autorevole per i campioni d’Italia. Insomma, De Laurentiis ha cominciato il casting. Per scoprire il vincitore, servirà pazienza. LEGGI TUTTO

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    Vieri è stato Haaland prima di Haaland. Anzi, meglio

    Centravanti potente, tecnico, completo, con il senso del gioco. Per molti versi superiore al norvegese che oggi viene visto come un marziano

    Oggi, quando si discute di centravanti, non si fa che citare il nome di Erling Haaland come se fosse un marziano venuto sulla terra a miracol mostrare. Per carità, il norvegese è un gran bell’attaccante, inserito in un contesto di primo livello come quello del Manchester City guidato da Pep Guardiola, ma la memoria, compagna preziosa che spesso stimola oltre che il ricordo pure la nostalgia, aiuta a ripescare da un passato nemmeno troppo lontano un giocatore che, per caratteristiche, non era certo secondo a Haaland: Christian Vieri, Bobo per tutti, che fa cinquant’anni giusti giusti e, se ne avesse la metà, sarebbe ancora protagonista in campo e di lui si direbbero meraviglie.  LEGGI TUTTO

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    Torino, Radonjic 10: avrà il numero dell’estro

    No, niente spacconeria. Un po’ di vanità sì, ma nella storia recente del Toro non ci sono certo tanti miti ingombranti ad aver indossato quella maglia. Dalla 10, infatti, sono passati giocatori di ogni lignaggio. Dall’ottimo Sasa Lukic alla meteora Amer Gojak, dal dirompente Iago Falque all’estroso Adem Ljajic, dal goleador Ciro Immobile alla delusione Barreto.
    Nell’era Cairo, poi, spiccano anche altri nomi decisamente minori: Sgrigna, Antonelli Agomeri, Iunco e Ferrarese si sono cuciti sulla schiena le cifre più importanti. Quelle che, messe vicine, fanno accendere la fantasia. Adesso tocca a Nemanja Radonjic. Uno che ha le doti per poterla indossare senza il rischio di vestirla male, quella maglia che per i tifosi granata rimarrà indelebile nel ricordo di giocatori fatati come Gigi Meroni, Claudio Sala e Martin Vazquez, per esempio. Gente che col pallone fra i piedi era sempre in luna di miele. Guai, ovviamente, a paragonare Radonjic a dei mostri sacri della storia: quelli non si toccano mai. Ma la mossa del serbo è una vera e propria dichiarazione d’intenti, che è chiamato a non disattendere. La 10, infatti, è un atto di fede. Un impegno, una promessa, un modo per dire alla gente granata che in questa stagione ci sarà da divertirsi.
    Radonjic, il 10 da Toro: la maglia per svoltare!
    Torino, Radonjic e il feeling con Juric
    Non è un caso che ieri, sui social, il fermento sia stato notevole: Maradonjic è un giocatore che divide, per i suoi continui alti e bassi, ma le capacità che ha non sono discutibili. Quando mette il turbo non lo prende nessuno, quando decide di sverniciare le difese avversarie sono dolori per chiunque. A lui l’eredità di Lukic, un “diez” quasi per caso: elemento importante per tanti allenatori del Toro recente, ma scappato via agli sgoccioli del mercato invernale per sposare la Premier League, per accettare la corte del Fulham. Squadra nella quale oggi, il serbo, è semplicemente uno dei tanti. Radonjic, invece, si è posto un obiettivo: essere il trascinatore del Toro che verrà. Ha preso questo numero per dimostrare a Juric che di lui si può fidare. Già, sembra davvero incredibile che dopo l’ultimo derby i due siano tornati ad essere due perfetti sposini. Quei 16’ in pantofole rischiavano di costare cari a Rado, che per poco non faceva esondare la pazienza del mister. Il confronto da Far West a bordocampo è acqua passata. Per merito di entrambi: di Juric che ha saputo mettere da parte l’orgoglio ferito di un allenatore che dopo il Mondiale ha allenato per due mesi il cugino scarso di Nemanja, ma anche di Radonjic, che dopo la figuraccia dello Stadium si è rimesso a lavorare a testa bassa. Riconquistando credibilità a suon di grandi prove, sia da subentrato che dall’inizio. Il Toro lo ha riscattato ad una cifra di saldo: due milioni al Marsiglia e tanti saluti al passato di un giocatore che in granata si è espresso ad ottimi livelli per tante partite. Tante, sì, ma non abbastanza per fugare tutti i dubbi su di lui. Ora, però, indossa la 10. Per sua precisa volontà. Un gesto per dimostrare un salto di qualità in termini di maturità. Una maniera, allo stesso modo, per alzare la pressione e l’attenzione intorno a lui, unico vero trequartista presenta in rosa. Tutti aspettano Miranchuk e Vlasic, ma intanto c’è Radonjic, da lunedì madido di sudore al Filadelfia per dimostrare di valere il ruolo di leader tecnico che si è attribuito.
    Toro, Radonjic corre e suda in vacanza: è il tempo di svoltare LEGGI TUTTO

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    Vieri fa 50 anni: dieci gol per raccontarlo

    Dal manuale del grandissimo attaccante: Bobo spalle alla porta all’altezza del vertice destro d’attacco dell’area di rigore, va a ricevere il passaggio del compagno, si libera con un colpo di tacco (in pratica si fa l’assist da solo), colpisce di sinistro con un effetto a giro pressoché perfetto. Dettaglio non insignificante. Il difensore che lo marca è Lilian Thuram. Il portiere che si tuffa ma non ci arriva è Gigi Buffon. Ah bè, hai detto niente. È Inter-Parma 5-1 del 19 settembre 1999. LEGGI TUTTO