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    Quella volta che Silvio in Gazzetta fece la profezia del Grande Milan

    All’epoca il giornale aveva una rubrica di successo: le telefonate dei lettori. Voleva mostrare a tutti quanto era forte, intelligente, avanti sui tempiMolto, se non tutto, è opinabile nella figura di Berlusconi imprenditore e politico: se ne discuterà per decenni perché il personaggio è entrato a vele spiegate nella storia italiana. Ma una cosa è graniticamente certa e inattaccabile: Silvio è stato il più grande presidente del Milan e uno dei massimi del calcio mondiale. Gli albi d’oro lo dimostrano incontrovertibilmente. In quella seconda metà degli Anni 80 imparammo a conoscerlo anche noi della Gazzetta. LEGGI TUTTO

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    Capello: “Il miglior presidente nella storia del calcio. Dedichiamogli lo stadio”

    L’ex tecnico del Milan: “Un genio che mi ha cambiato la vita. È stato più grande di Bernabeu. Il club potrebbe intitolargli il nuovo impianto”Chi lo conosce si accorge delle lievi incrinature nella voce. Una sfumatura minuscola, ma quanto basta per capire che la morte di Silvio Berlusconi ha lasciato una cicatrice che non si rimarginerà. Comprensibile. Fabio Capello ha legato alcuni dei migliori anni della sua vita al Cavaliere e al Milan, raccontandoli così. LEGGI TUTTO

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    Il sogno di Berlusconi avverato a metà: l’epopea della polisportiva Milan

    Negli anni Novanta, sull’onda dei successi del Milan, il Cavaliere lanciò il progetto Mediolanum: una polisportiva che raccogliesse le squadre di volley, rugby, hockey e baseball, con i loro campioni più affermatiL’idea veniva dal passato, e anche dall’estero. Costruire una polisportiva, mettere insieme le forze, unire tante discipline sotto un unico ombrello. Silvio Berlusconi ci provò fondando nel 1989 la Polisportiva Mediolanum, che ne era lo sponsor. LEGGI TUTTO

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    Berlusconi, Del Piero e il ricordo silenzioso: una foto iconica

    Berlusconi, il messaggio di Del Piero
    Del Piero ha voluto ricordare Silvio Berlusconi tramite un’iconica foto che li ritrae insieme postata nelle storie del suo account Instagram. L’immagine risale addirittura al 6 gennaio 2007, durante il post partita dello storico Trofeo Berlusconi: in quel caso Pinturicchio mise a segno un gol, anche se poi la sfida venne vinta dal Milan con il risultato di 3-2. La foto, che mostra Del Piero e l’ex presidente dei rossoneri che sorridono insieme, è stata accompagnata dalla didascalia: “Rip”. LEGGI TUTTO

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    Da Dida a Van Basten passando per Pirlo, Gullit e…: la Top 11 di Berlusconi

    Quando neutralizzò i rigori degli juventini a Manchester, nella primavera del 2003, e regalò la Champions League al Milan, entrò definitivamente nel cuore del presidente. Che si considerava ben protetto da quell’armadio d’uomo, agile come una pantera, silenzioso e saggio, autentico leader senza mai alzare la voce. Poi venne l’altra Champions League, nel 2007 ad Atene, e allora Dida fu per sempre il portiere dell’era berlusconiana. Senza però dimenticare le qualità di Giovanni Galli, di Abbiati e del giovane Donnarumma, il cui lancio fu fortemente caldeggiato dal presidente. LEGGI TUTTO

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    Juventus, Di Livio e Calciopoli: “Moggi colpito per far tacere tutti”

    Angelo Di Livio, 269 partite, 3 scudetti, 1 Coppa Italia, 2 Supercoppe italiane, 1 Champions League, 1 Supercoppa europea e 1 Coppa Intercontinentale nella Juventus: che cosa significa farne parte? «La Juve è grande responsabilità e grande orgoglio: queste sono le due parole che voglio mettere dentro al grande calderone bianconero. Grande responsabilità perché vesti una maglia importante: se non dai tutto quello che devi dare ti mandano via. Grande orgoglio perché sei altamente competitivo e giochi sempre per vincere». Qual è il ricordo più significativo della sua carriera per spiegare che cos’è la Juventus? «E’ molto semplice, il concetto di Juventus te lo inculcava Boniperti: “se arriviamo secondi abbiamo perso” era il benvenuto che dava a tutti i nuovi arrivi in casa bianconera. E poi lo ripeteva a tutti pressoché ogni giorno… Immaginatevi la responsabilità che sentivi, però erano parole che ti caricavano tantissimo». Che cosa ha di differente la Juventus dalle altre società? «È difficile spiegare le differenze perché per me quando ero alla Juventus tutto era magico, tutto brillava d’oro: la maglia che indossavi, l’ambiente, l’organizzazione, il gruppo, straordinario, guidato prima da Trapattoni e poi da Lippi. Senza dimenticare i tifosi: in ogni luogo dove tu andassi trovavi sempre tifosi del posto che ti seguivano. L’insieme di tutte queste cose creava un mondo particolare e unico. A livello invece di qualità, ai miei tempi soltanto il Milan di Berlusconi si avvicinava alla nostra Juve: ci somigliava un po’ perché era vincente, ma era ancora un gradino al di sotto». Qual è il dirigente della Juventus che ne ha più incarnato lo spirito? «Per me rimane Moggi, è stato il dirigente che incarnava la cattiveria agonistica della Juve. E con lui tutta la triade, Giraudo e Bettega: sono stati formidabili per competenza, professionalità, unione, erano perfettamente amalgamati come dirigenti. Davano un segnale forte alla squadra. Mi spiace per Calcipoli: hanno voluto colpire Moggi per fare tacere tutti, il sistema era sbagliato, ma Moggi non era certo l’unico a farlo e tutti lo sapevano». Che cosa non deve fare mai un giocatore, un dirigente e un allenatore della Juventus? «Non deve mai comportarsi male, deve essere sempre un professionista, arrivare un’ora prima all’allenamento e rimanere in campo un’ora dopo la fine della seduta, curare i particolari, avere un rendimento costante. Poi il giudice sarà il campo. Alla Juve ti danno tantissimo, ma giustamente pretendono tantissimo». LEGGI TUTTO