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    Juve, Allegri: “Vittoria importante. Scudetto? Un passo alla volta”

    TORINO – “Mi è piaciuto lo spirito e la compattezza che abbiamo avuto nonostante abbiamo sbagliato in alcune situazione offensive. La vittoria netta è importante, i ragazzi sono stati bravi, ma bisogna mantenere un profilo molto basso. Milik? Un impatto così era difficile immaginarlo, ma sapevamo che Milik può giocare bene con Vlahovic ed è un buon calciatore. Quelli di Rabiot e Locatelli sono rientri importanti, come saranno quelli di Chiesa e Di Maria. Rabiot ha motore e stasera lo ha dimostrato più volte. Ha un’età giusta per fare bene tutto l’anno”. E’ questo il commento di Massimiliano Allegri a Dazn dopo la vittoria della Juve contro il Bologna. Guarda la galleryKostic, Vlahovic, Milik: la Juve travolge il Bologna

    Juve, il commento di Allegri dopo il Bologna

    Il tecnico bianconero ha aggiunto: “Ho chiesto ai ragazzi di non strafare, ma di giocare una partita solida. Dentro lo spogliatoio non ci credevamo neanche. C’è tanto da migliorare, specie quando saremo al completo. Sono molto realista, la classifica dice che abbiamo 13 punti. Con un passo alla volta ci avvicineremo a chi ne ha più di noi. Sono abituato a preparare la formazione in base ai giocatori che ho. Quando saremo al completo magari qualcosa cambierà e i cambi diventeranno importanti. Ci sono stati eventi che ci hanno condizionato, ma fa parte del gioco. Stasera ero abbastanza sereno e tranquillo. In questi momenti bisogna avere lucidità e freddezza. La settimana tragica è iniziata con un evento che nessuno poteva immaginarsi, poi da cosa nasce cosa”.

    Juventus-Bologna: curiosità e statistiche

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    Juve, vedi Thiago Motta e vinci! Però quanta fatica…

    TORINO – Se pensate che i precedenti diretti qualcosa contino, beh, le ultime volte in cui il caso ha fatto incrociare la Juventus e una squadra allenata da Thiago Motta hanno raccontato una storia curiosa. Una trama che affianca successi bianconeri in partite sì governate, eppure sbloccate solamente in extremis, ad altre vittorie comunque risicate perché l’avversario, quel giorno lì, pareva aver incartato la Juve fino in fondo. Già, pareva. Riassumendo, in ogni caso: tre precedenti e tre sorrisi bianconeri, ok, però il tecnico italo-brasiliano ha già dimostrato di essere un osso duro. Perde ma sempre a testa alta.
    Mai con più di un gol di scartoDetto che Thiago Motta, quando pensa alla Juve, non può dimenticare la sua prima doppietta da calciatore in Serie A (furono tre in totale, la prima è datata 11 aprile 2009, Genoa vittorioso 3-2), ricordate cosa accadde il 30 ottobre 2019? Quella sera i giocatori allora guidati da Maurizio Sarri entrarono in campo con una strana maglietta a strisce bianconere e con uno spiccato verde fluorescente che si stagliava di fianco a una leggera tonalità arancione. Divisa da collezione e partita, a suo modo, unica, perché sbloccata solamente alla fine grazie a un rigore calciato da Cristiano Ronaldo al 96’ per il 2-1 conclusivo (le altre reti furono di Bonucci e Kouamé). Altro giro, altro risultato di misura: 3-2 per la Juve a casa dello Spezia il 22 settembre 2021. Allenatore Massimiliano Allegri, gol decisivo di Matthijs de Ligt dopo che Gyasi e Antiste avevano messo un po’ paura alla squadra di Max, inizialmente in vantaggio grazie a un guizzo di Kean. Girone di ritorno dello scorso campionato, turno numero 28, la Juventus ribatte lo Spezia, ma solo per 1-0 con Morata sugli scudi. Dunque, tre vittorie bianconere, ma con Thiago Motta che alla fine si è sempre portato a casa una prova importante da parte dei suoi giocatori, evidentemente sfavoriti sulla carta. Stasera allo Stadium come andrà?
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    Vlahovic con Milik. E Szczesny si riprende la porta: la Juventus anti Bologna

    TORINO – Meno tre alla ripartenza: domenica la Juventus ospita il Bologna all’Allianz Stadium. Massimiliano Allegri, in attesa di verificare le condizioni degli ultimi nazionali, pensa al 3-5-2 per l’incrocio contro i rossoblù di Marko Arnautovic, capocannoniere della Serie A con 6 gol. E saranno Arkadiusz Milik e Dusan Vlahovic (Di Maria è squalificato) i terminali bianconeri. Se DV9 è rientrato più leggero dalla Nazionale grazie al gol segnato contro la Norvegia di Erling Haaland, Arek è uno degli juventini più in forma, senza contare che si ritroverà di fronte quell’Arnautovic con il quale è stato in ballottaggio proprio per la maglia bianconera.
    RABIOT E LOCATELLI Novità importanti soprattutto in mezzo al campo. Allegri recupera Adrien Rabiot e Manuel Locatelli, out contro Benfica e Monza prima della sosta. Il francese e l’italiano probabilmente si piazzeranno ai lati di Leandro Paredes. Recuperato anche Fabio Miretti, che probabilmente si accomoderà in panchina. Qualche dubbio in più sugli esterni: Filip Kostic, reduce dall’assist per Vlahovic in Nazionale, è in ballottaggio con il rientrante Alex Sandro, mentre a destra Mattia De Sciglio è in vantaggio su Juan Cuadrado.
    RIECCO SZCZESNY In porta riecco Tek Szczesny, assente dal 31 agosto (Juventus-Spezia 2-0) ma reduce dal buon rodaggio con la Polonia. Davanti al polacco il trio composto da Gleison Bremer, Leonardo Bonucci e Danilo.
    PROBABILE FORMAZIONEJUVENTUS (3-5-2): Szczesny; Bremer, Bonucci, Danilo; De Sciglio, Locatelli, Paredes, Rabiot, Kostic; Milik, Vlahovic. All. Allegri
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    Juve: Allegri riabbraccia Alex Sandro, Locatelli e Rabiot

    TORINO – Domenica alle 20:45 la Juventus ospiterà il Bologna in occasione dell’8ª giornata di campionato, i bianconeri sono tornati ad allenarsi con buone notizie per Massimiliano Allegri. Dopo 2 giorni di riposo la squadra è tornata al lavoro questo pomeriggio al Training Center con Alex Sandro, Manuel Locatelli ed Adrien Rabiot che si sono allenati in gruppo. In merito ai giocatori impegnati con le nazionali solo i polacchi Milik e Szczesny sono rientranti presenziando all’allenamento odierno focalizzato su un programma composto da esercitazioni tecnico-tattiche di possesso palla. LEGGI TUTTO

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    Allegri, visto Vlahovic nella Serbia? È un altro. Questione di gioco

    I numeri schiacciano le parole e i numeri di Serbia-Svezia (4-1), se paragonati a quelli juventini, raccontano un altro Dusan Vlahovic. Che a Belgrado non ha segnato, ma è risultato fra i migliori in campo insieme con Filip Kostic, pure lui in ombra in bianconero e rigenerato dalla Nazionale di Stojkovic, domani impegnata nel nuovo test premondiale, stavolta con la Norvegia. La verità è semplice: la Serbia ha un impianto di gioco e un’identità che la settima Juve di Allegri non ha ancora trovato. Se Vlahovic nella Serbia detta assist e giocate vincenti, registra il doppio dei passaggi bianconeri con l’87,5% di precisione rispetto al 70,5%, una ragione ci sarà. Se Vlahovic rende di più come un altro attaccante accanto a lui, come Mitrovic, marcatore di tre gol alla Svezia anche grazie a Vlahovic, è evidente quanto Milik non possa né debba essere un’alternativa, ma un partner dell’ex viola. Se Vlahovic nella Serbia gioca con due esterni come Kostic, Zivkovic o Lazovic che lo cercano e lo servono come non gli capita nella Juve, è chiaro quanto molto debba cambiare. Nella Juve, ovviamente. In maglia viola, prima di trasferirsi a Torino, Dusan aveva segnato 20 gol in 24 incontri, media realizzativa 0,83; da quando gioca in bianconero, ha totalizzato 13 reti in 29 gare, media 0,44. L’arrivo di Milik gli gioverà senz’altro, tuttavia, il nodo cruciale che Allegri deve sciogliere non riguarda esclusivamente il modo migliore di sfruttare il talento di Vlahovic.

    La prova di Monza è stata deprimente non soltanto per la bruciante sconfitta, ma, soprattutto, per il non gioco di una squadra senza capo né coda. L’allenatore ne è convinto: la Juve di oggi è virtuale e non vera o, quantomeno, non è la squadra che lui ha in testa, sinora mai vista in azione a causa dei troppi indisponibili. In chiave Bologna, Allegri dovrebbe recuperare Alex Sandro, Locatelli e Rabiot. In quarantadue giorni (2 ottobre – 13 novembre), Max si giocherà tutto. Ha a disposizione 12 partite per ribaltare il pessimo inizio di stagione: Bologna, Maccabi, Milan, Maccabi, Torino, Empoli, Benfica, Lecce, Psg, Inter, Verona e Lazio. Proibito sbagliare. E non è un modo di dire.

    Guarda la galleryVlahovic tra i giocatori più preziosi: ecco la Top 20Iscriviti al Fantacampionato Tuttosport League e vinci fantastici premi! LEGGI TUTTO

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    La parola al mental coach Corapi: “Juve, libera la mente”

    TORINO – Buongiorno Sandro Corapi: da mental coach, che consiglio darebbe alla Juventus per uscire dalla crisi di identità? «Consiglierei un lavoro individuale sulle teste dei giocatori. Ogni calciatore, come ogni persona, ha delle convinzioni che vanno a incidere sulle prestazioni. Quando le convinzioni si discostano dalla realtà portano a dei condizionamenti sbagliati a livello di identità». E’ una questione di autostima? «Certo, quando calano le certezze – individuali o collettive – si abbassa anche l’autostima. E le convinzioni determinano il risultato finale». E’ un circolo vizioso… «Se le convinzioni sono alte generano un alto potenzionale che, a sua volta, genera azioni efficaci ed efficienti e si centra il risultato. Se le convinzioni sono basse, il potenziale diminuisce, le azioni sono inefficaci ed inefficienti e i risultati si rivelano scarsi». Come si lavora, quindi, sulle teste dei giocatori? «In questa fase il ruolo dell’allenatore è molto importante e incide parecchio. Il tecnico deve riconquistare l’affetto, la fiducia e la credibilità della squadra. L’allenatore deve essere un leader: se non lo è, il suo messaggio passa a livello razionale ma non a livello inconscio. E l’inconscio è determinante in un giocatore perché gioca d’istinto. Oppure possono incidere, ma soltanto parzialmente, a breve termine». Gli allenatori non sono però dei mental coach, anche se fra i loro compiti non c’è soltanto l’aspetto tecnico-tattico ma anche motivazionale. «Per motivare la squadra occorre anche essere credibili agli occhi dei giocatori. Non a caso ho passato gli ultimi due giorni a preparare due partite con due allenatori professionisti». E che cosa ha detto loro affinché siano credibili? «Abbiamo lavorato sull’importanza della comunicazione con i giocatori: non bisogna arrivare soltanto alla testa, ma anche al cuore della squadra, colpire le emozioni. E poi ho puntato anche sui comportamenti: le parole devono essere coerenti con le azioni. E’ lì che il tecnico si gioca tutto: se c’è discrepanza tra quello che dice e fa con quello che viene recepito dai giocatori allora non c’è cattiveria, determinazione o sacro furore che possa fare la differenza». Visto dal di fuori Allegri è un bravo motivatore? «Uno dei migliori, è un ottimo comunicatore ed è competente. Almeno, questo è quello che percepisco io dall’esterno. Per risolvere i problemi di testa un tecnico deve essere più uomo e meno allenatore: si deve spogliare delle sovrastrutture e aprirsi alla mente, agli occhi, al cuore e all’anima dei ragazzi. Deve essere umile e vicino alla squadra e con la squadra superare la crisi. Soltanto dopo può riprendersi il ruolo di allenatore». Lei che spiegazione si è dato sulla crisi di identità della Juventus? «Secondo me dovrebbero chiudersi per tutte le ore necessarie dentro lo spogliatoio e chiarirsi perché sicuramente ci sono stati problemi non risolti tra i giocatori, con il tecnico e/o con la società». Serve un chiarimento tra tutti, quindi. «Come spesso succede tra due amici o in una coppia: occorre parlarsi, magari litigare, ma poi resettare tutti e ricominciare altrimenti i rapporti si deteriorano. Se qualcuno, dentro lo spogliatoio, ha dei mal di pancia incide sull’energia della squadra». Torniamo al lavoro sulle teste dei giocatori… «Bisogna analizzare l’autostima e il livello di convinzione di ogni singolo giocatore per incrementarli. Per farlo serve un inconscio libero, la mente non deve essere annodata. Se attraverso un momento di stress e di paura, perdo convinzione e l’autostima scende. Il mio inconscio torna ai ricordi del passato in cui ho provato le stesse sensazioni e vado a rafforzarle. E non riesco a risalire dal momento down». A proposito di stress: Vlahovic è smanioso di segnare perché e da un po’ a digiuno, ma si lascia prendere dalla frenesia con risultati controproducenti. Come si può ovviare? «Il suo punto di forza è la voglia di segnare, la motivazione c’è. In questo caso bisogna farlo ragionare sugli atteggiamenti in modo che quando scende in campo lascia libera la mente al suo istinto. La ragione è il direttore d’orchestra che detta i tempi, l’inconscio determina invece l’azione». Altrettanto fondamentale nei momenti di crisi è il ruolo dei senatori… «Sono determinanti perché devono fare quadrato intorno al tecnico, al suo staff e alla squadra. E’ loro la responsabilità di ricompattare il gruppo, di rimettersi in gioco resettando tutto». Ma anche i dirigenti hanno bisogno di un mental coach? «Certo, io per esempio sto seguendo alcuni direttori sportivi di Serie A e B. Il ruolo del ds è strategico perché fa da trait d’union tra la società, il tecnico e la squadra. E sente la pressione da tutte queste componenti, quindi deve gestire lo stress, avere doti da leadership e da comunicatore». La leadership si allena? «Quando sono nato non ero un leader e non lo ero neppure a 20 anni, poi lavorando su me stesso lo sono diventato. Diciamo che la genetica incide per il 25% mentre il restante 75% dipende dai condizionamenti culturali e ambientali. Per ambiente si intende le persone che si frequentano e i modelli da leader. Noi siamo il risultati della media delle cinque persone che frequentiamo di più. Per cultura si intendono invece gli studi, le letture e le informazioni che quotidianamente immagazziniamo». LEGGI TUTTO

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    Juve a ranghi ridotti: Allegri lavora sulla 'mira'

    TORINO – Senza i tanti nazionali impegnati in giro per il mondo e con diversi infortunati ancora ai box la Juve lavora a ranghi ridotti a Vinovo. Come ieri allenamento mattutino insieme al team di Juventus Next Gen per i bianconeri di Massimiliano Allegri con il lavoro, spiega il club in una nota, che “è stato essenzialmente focalizzato su esercitazioni tecniche miste per la finalizzazione dell’azione e partitella finale”. Domani (sabato 24 settembre) è in programma un’altra seduta di allenamento al mattino. LEGGI TUTTO

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    Morata: «A gennaio mi ha cercato il Barcellona, ma Allegri voleva vedermi giocare con Vlahovic»

    TORINO – La Juve di questi tempi non dà soddisfazioni alla sua tifoseria e se si pensa alle enormi difficoltà che Dusan Vlahovic sta incontrando nonostante sia sempre il cannoniere di squadra con 4 gol in campionato (di cui, però, solo uno su azione), ascoltare Alvaro Morata può fare comunque un bell’effetto e sciogliere per un attimo la tensione. L’ex attaccante bianconero, tornato in estate all’Atletico Madrid da dove nonostante mille rumours non s’è più mosso, ha parlato dal ritiro della Spagna alla nota trasmissione della Cadena Ser, El Larguero. Al centro dell’attenzione le parole dedicate da Alvarito alla sua ex squadra, in particolare al mercato di gennaio e di giugno, quando una squadra l’aveva seguito da vicino: «Sì, è vero, c’è stato un interesse del Barcellona, mi ha chiamato anche Xavi con cui ho parlato non solamente di calcio, un po’ di tutto. E questo mi ha fatto sentire bene, l’ho apprezzato molto». L’ex centrocampista blaugrana era subentrato da un paio di mesi a Ronald Koeman e nelle settimane successive aveva spinto molto perché Morata lo raggiungesse in Catalogna. «Alla fine dell’inverno passato c’erano state 4-5 buonissime opportunità da valutare – prosegue Alvaro – però Allegri è stato chiaro con me, voleva che io rimanessi, mi diceva che voleva vedermi giocare con Vlahovic. Così ha bloccato tutto. E io ho giocato sulla sinistra, l’ho fatto, anche se per me è stato uno sforzo».
    L’addioNon è un mistero che lo spagnolo, finché ha potuto, ha sperato in una conferma nella Juventus, ma l’Atletico Madrid non ha mai mollato un centesimo rispetto all’iniziale accordo tra le società, in base al quale Morata sarebbe stato ceduto a titolo definitivo solamente a fronte di un bonifico da 35 milioni di euro sull’unghia. Ecco perché Alvarito è tornato a Madrid, malgrado si raccontasse da tempo del mancato feeling con Diego Simeone. Non è andata così e non deve stupire il fatto che oggi il bomber della Roja si esprima in questi termini: «Voglio vincere più titoli possibili, penso di poter dare ancora tanto a questa squadra. Credo nel destino. Se concluderò la carriera all’Atletico? La verità è che qui mi sento a casa». Con la Juve, vada come vada la stagione in corso, è ormai finita. Mentre Vlahovic, nel frattempo, ha un nuovo “partner” alla sua sinistra. Il problema è che Filip Kostic s’è abbastanza nascosto fino ad ora.

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