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    Prima Zakaria, poi de Ligt: Allegri, che cosa è successo (e che cosa sta succedendo) nello spogliatoio Juve?

    In principio era stato Matthijs de Ligt, o per meglio dire Julian Nagelsmann, allenatore del Bayern. Non era trascorsa neanche una settimana dall’arrivo in Baviera del Golden Boy Tuttosport 2018, che il nuovo tecnico dell’olandese ha sbottato: “Ho parlato con de Ligt dopo l’allenamento e ha detto che questa per lui è stata la seduta più dura degli ultimi quattro anni. In verità, l’allenamento è stato duro, ma non così tanto. de Ligt non ha giocato molti minuti la scorsa stagione e ho sentito che in Italia poi non è facile tenersi in forma. Dobbiamo lavorare duramente con lui…”. Era il 25 luglio. Il 29 luglio, de Ligt spara la prima bordata: “Scelsi la Juve per giocare un calcio più offensivo perché l’allenatore era Sarri che ha una grande reputazione per ciò che ha fatto con Napoli e Chelsea e pensavo di avere uno stile più simile all’Ajax. Purtroppo dopo un anno è andato via. E con Allegri venivo spesso schierato a sinistra, anche se io gioco meglio a destra”.

    Ieri, 20 settembre, seconda frecciata: in un’intervista alla tv olandese Nos, de Ligt dichiara: “Alla Juve mi sono divertito molto, ma sentivo che per me era arrivato il momento di una nuova sfida. La Juve è una grande squadra, ma trasferirmi al Bayern ha significato fare un ulteriore salto di qualità. Il Bayern ha mezzi migliori per vincere la Champions. Alla Juve ho avvertito un po’ meno questa sensazione”. Dopodiché, siccome in questo periodo la Juve non si fa mancare nulla, è il turno di Denis Zakaria, preso a gennaio (15 presenze, 1 gol) ceduto in agosto in prestito al Chelsea dove non ha ancora raggranellato una presenza, mentre, sempre in Inghilterra, l’altro ex bianconero Arthur è stato aggregato all’Under 21 del Liverpool perché ha bisogno di allenarsi molto intensamente. Zakaria dixit: “Con l’organico che ha la Juve dovrebbe vincere tutte le partite 3-.0. La squadra giocava molto bassa e non avevo molto spazio. Allegri? Un allenatore che ha ottenuto grandi risultati, ma con lui non parlavo molto”.

    Ora, sottolineato che la coerenza e l’eleganza sono come il coraggio manzoniano: se uno non li ha, non se li può dare e quindi de Ligt e Zakaria, le cose che hanno detto dovevano dirle quand’erano a Torino, non dopo avere lasciato Torino. Soggiunto che i bilanci si stilano alla fine della stagione, quando capiremo se de Ligt e Zakaria avranno fatto sfracelli nel Bayern e nel Chelsea. Tutto ciò premesso, le domanda del giorno, rivolte ad Allegri, sono queste: ma che cosa diavolo è successo nello spogliatoio Juve e, soprattutto, che cosa sta succedendo adesso, con i casi Di Maria e Bonucci? Ancora: ma la Juve si allena bene? Quanto e come si allena? Quanto e come correre? Urgono risposte. Chiare, esaurienti. E senza battute.

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    Pjanic esclusivo: “Juve, troppe negatività. Basta una scintilla”

    Pjanic, cosa ha pensato vedendo Bonucci e compagni, prima contro il Benfica e poi domenica a Monza, scusarsi davanti ai tifosi che contestavano?

    «È la dimostrazione che i giocatori sono consapevoli della situazione. Calciatori e tifosi devono essere una cosa sola. È un senso di responsabilità prendersi i fischi della gente. Dispiace vedere la Juventus in questa situazione, ma un momento di crisi arriva sempre nell’arco della stagione».

    La Juventus è ottava in classifica, a meno 7 dalle capoliste Napoli e Atalanta: stupito?

    «Sì. Ma diciamo che quasi tutte le big stanno faticando a decollare. Penso all’Inter e pure al Milan, che comunque è più avanti. Il Napoli ha fatto un grande inizio di campionato, come Atalanta e Udinese. È vero, dalla Juventus ci si aspettava di più, ma è soltanto l’inizio e c’è ancora il tempo per recuperare. Per vincere lo scudetto devi essere regolare e continuo, però ci sono più di trenta partite da giocare. La sosta arriva al momento giusto, aiuta a schiarire le idee tanto ai giocatori quanto ad Allegri e allo staff».

    Dopo la sconfitta di Monza è in crescita tra i tifosi il partito del “via Allegri”. La società, invece, ha deciso di andare avanti con lo stesso allenatore. Lei che idea si è fatto?

    «Quando arrivano questi momenti, dove hai tanti dubbi in testa e poche sicurezze, giocare contro la prima in classifica o contro l’ultima, come a Monza, cambia poco: incontri le stesse difficoltà».

    Perché?

    «È una questione mentale, difficile da capire per chi non scende in campo. Ma in questi momenti, basta una scintilla e tutto si sblocca in positivo».

    Cosa intende per scintilla?

    «Alla ripresa, dopo le nazionali, arriverà il Bologna all’Allianz Stadium. Se i bianconeri riusciranno a vincere dominando, poi le cose andranno a posto da sole. A volte basta poco… L’importante, in questi momenti, è restare uniti. Non cercare colpevoli perché alla fine tutti sono colpevoli allo stesso modo quando non si vince. Percepisco tanta negatività, ma quello che si dice fuori non deve entrare nella testa dei giocatori. Il mondo Juve deve restare compatto: società, allenatore, staff, giocatori e tifosi devono ritornare una cosa sola. La Juventus ha già tanti avversari di suo: dalle squadre alle tifoserie rivali… Se entri all’Allianz Stadium e hai anche la tua tifoseria scontenta, pur con delle ragioni in questo momento, diventa tutto complicato».

    Tornando ad Allegri?

    «Adesso non hanno senso i cambi, le somme si tirano alla fine della stagione. La Juventus di Allegri può riuscire a ribaltare tutto, ma si devono mettere tutti in discussione. Nessuno può essere soddisfatto, a partire dai giocatori. Ma anche Allegri e il suo staff staranno facendo delle riflessioni per svoltare. Quando un momento difficile arriva così presto, sei costretto a commettere meno errori possibili. Il campionato è equilibrato, può succedere ancora di tutto. Quando vinci passando da questi periodi duri, poi è ancora più bello e gustoso il successo. Diventano soddisfazioni enormi. Vi ricordate la stagione 2017-18 e la vittoria del Napoli di Sarri allo Stadium con il gol di Koulibaly nel finale?».

    Lo scudetto sembrava sfumato e il ciclo finito…

    «Il giorno dopo la sconfitta contro il Napoli lo ricordo come fosse ieri. Mi presentai al campo per l’allenamento e non vi nascondo che io e altri compagni iniziammo ad avere dei dubbi in testa. Del tipo: lo scudetto non lo vinciamo più. Anche perché la partita successiva era a San Siro, contro l’Inter. Allegri riunì la squadra e ci parlò con una calma e una serenità incredibili. E senza cercare scuse o alibi. Max ci disse di non pensare al gol di Koulibaly, ma ai punti che ancora c’erano in palio per raggiungere l’obiettivo. A San Siro sapete come è andata: andammo prima in vantaggio, poi sotto. E alla fine vincemmo 3-2. Allegri guarda sempre avanti, non indietro. In questi momenti cerca le parole giuste e le soluzioni migliori per svoltare. Farà così anche stavolta. Lo sapete perché noi svoltammo?».

    Racconti pure…

    «Perché dentro di noi avevamo l’orgoglio di non far finire il ciclo e ci rodeva l’idea che un’altra squadra potesse festeggiare lo scudetto. È una cosa che senti dentro. È mentalità. E il nostro era un gruppo di campioni accomunati da questo spirito».

    Manca più Chiellini o Dybala alla Juventus?

    «Manca chiunque, ma la forza della Juventus è – e sarà sempre – questa: i campioni passano, il club resta e continua a vincere. Prima di loro, c’erano fuoriclasse come Zidane, Nedved, Cannavaro, Del Piero, Trezeguet… La Juventus è una macchina fatta per trionfare e lo capisci subito. Quando arrivai a Torino pensai: non voglio diventare uno che ha giocato nella Juventus senza vincere. E ogni giorno ero focalizzato sul lavorare per arrivare al successo. Questo è il mondo Juve: è il dna del club, del presidente. Ogni giocatore deve avere qualcosa che gli scatta dentro quando è alla Juventus: dire è colpa di quello o di quell’altro è facile, però non è una soluzione. Dopo la sosta l’unico pensiero deve essere provare piacere sul campo, attaccare e vincere 3-0 contro il Bologna. Nel calcio è tutto sul filo. Ogni cosa si può ribaltare in fretta e sono convinto che la Juventus ci riuscirà».

    Basteranno i futuri ritorni di Di Maria (fuori 2 giornate per squalifica), Pogba e Chiesa per far svoltare la Juve?

    «I tanti infortuni condizionano, perché i leader e i campioni danno qualcosa in più. E influenzano anche gli avversari, che quando vedono certi giocatori in campo ti affrontano in maniera diversa. Se puoi schierare questi tre nella formazione iniziale, cambiano le partite. Di Maria crea sempre dei pericoli quando ha la palla. E anche Chiesa è così. Ma non si deve dimenticare che Federico tornerà da un infortunio complicato. E pure Pogba avrà bisogno di un po’ di tempo per tornare al top. Averli in forma, a metà o non averli non è la stessa cosa. Non si devono cercare scuse, si deve soltanto fare qualcosa in più. Tutti. Ma sono certo che Allegri e certi miei ex compagni che sono ancora alla Juventus hanno la forza per ribaltare la situazione».

    È ottimista anche sull’impresa Champions de bianconeri dopo le due sconfitte nel girone contro Psg e Benfica?

    «Sarà dura, ma è ancora tutto aperto con 4 partite da disputare. La Juventus deve conquistare 6 punti con il Maccabi Haifa. E poi il passaggio del turno se lo gioca a Lisbona, dove servirà una grandissima partita. I portoghesi sono sempre difficili da affrontare: partono da outsider, ma sono tosti. Che sia Benfica, Porto o Sporting, sono sempre incroci tosti».

    Intanto Allegri ha ritrovato un regista di ruolo: Paredes. L’ex Psg è stato suo compagno – e allievo – ai tempi della Roma. Ha dato qualche consiglio all’argentino?

    «Leandro non giocava molto, a Roma. Era giovane. Sta facendo la sua strada e adesso avrà molte responsabilità perché quella del centrocampista centrale è una posizione chiave per Allegri. Quel ruolo in passato è sempre stato occupato bene e al regista sono sempre state affidate grandi responsabilità per far giocare la squadra come vuole l’allenatore. Ora tocca a Paredes assumersi le responsabilità. È un giocatore valido e spero faccia bene».

    Vlahovic è a quota 4 gol in campionato, ma a settembre non ha mai segnato: c’è da preoccuparsi?

    «Dusan mi piace tantissimo, ho parlato anche con lui qualche tempo fa. Sono molto contento che sia arrivato alla Juventus. In questo momento deve stare calmo e lavorare sui propri difetti perché è giovane. Higuain, quando è arrivato a Torino, aveva almeno 7-8 stagioni ad altissimo livello in più rispetto a Vlahovic. Il Pipita era un rinforzo pronto, reduce da anni al Real Madrid, al Napoli e con tante partite di Champions sulle gambe. Quando si parla di Dusan, non bisogna dimenticarsi che è un attaccante forte, ma che ha solo 22 anni e tanta responsabilità sulle spalle. Però mi sembra che Dusan abbia l’umiltà giusta per diventare un campione. I gol li sa fare. Ma tra giocare nella Juventus o in un’altra squadra, c’è differenza. A volte non si pensa a questa cosa. La maglia pesa, alla Juve. Sono convinto che farà bene, Dusan, però deve restare calmo e lavorare ogni giorno per migliorarsi».

    A parte quelli della Juventus, quali giocatori le piacciono di più in Serie A?

    «Ho un debole per Theo Hernandez e Leao del Milan. E apprezzo tantissimo anche Pellegrini della Roma».

    Lei è stato vicino a un ritorno in Italia nei mesi scorsi?

    «Sì, però sono contento di questa nuova avventura negli Emirati. Ho giocato nelle squadre più forti del mondo, in carriera mi è mancata soltanto la Champions».

    A fine agosto, prima dell’arrivo di Milik, si è parlato molto anche del suo ex compagno Depay per la Juventus: l’olandese si era informato con lei sul mondo bianconero?

    «Memphis è un giocatore del Barcellona. E cosa ci siamo detti, non lo devo dire io…».

    Dopo aver giocato con Cristiano Ronaldo alla Juventus e con Messi nel Barcellona, prima di lasciare i blaugrana ha fatto in tempo anche a incrociare Lewandowski in Catalogna. Com’è il polacco da vicino?

    «Cris e Leo sono giocatori incredibili. Ma anche Lewandowski è impressionante: ogni partita riesce sempre a crearsi diverse occasioni davanti alla porta. E fa sempre gol. Robert è molto umile ed è un gran lavoratore, tanto che a Barcellona è già a casa. Segnerà almeno 30 gol in campionato». LEGGI TUTTO

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    Allegri, l'attacco di Zakaria: “Questa Juve dovrebbe vincere sempre 3-0”

    ZURIGO (Svizzera) – Otto mesi in bianconero per Denis Zakaria che ha parlato della sua esperienza alla Juve al portale svizzero Blick. Il centrocampista, ora in forza al Chlesea, ha raccontato il suo recente passato a Torino e il suo rapporto con Massimiliano Allegri: “Lo stile di calcio non era il mio. La squadra giocava molto bassa, non avevo molto spazio. L’allenatore è una brava persona che ha ottenuto grandi risultati, però con la rosa che ha a disposizione dovrebbe essere in testa alla classifica e vincere ogni partita per 3-0. Mi spiace che non abbiamo parlato molto”. Un rapporto difficile tra Zakaria e il tecnico bianconero, ma ora per lo svizzero c’è da affrontare l’avventura nei Blues che hanno da poco cambiato guida con Potter al posto di Tuchel.

    Zakaria: “Al Chelsea sono arrivato a 6 ore dalla fine del mercato”

    “E’ successo tutto molto velocemente. Non sapevo che fosse possibile fino a sei ore prima della fine del mercato. Ho fatto le valigie e ho aspettato che i contratti venissero firmati. Poi ho fatto le visite mediche a Torino ed è andato tutto bene. Il Liverpool? L’ho sentito dal mio agente, ma alla fine è arrivato il Chelsea. E penso che sarò più felice in Inghilterra che a Torino”. Parla così Zakaria del suo passaggio a Londra e poi ammette: “Tuchel è stato uno dei motivi per cui sono andato al Chelsea, ma non abbiamo trascorso molto tempo con lui. Questo è il calcio, va tutto veloce. Potrei avere una nuova possibilità con il nuovo allenatore. Lavorerò molto per avere un posto in squadra. Mi sento bene fisicamente. So che devo avere minuti nelle gambe per dare il massimo”.
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    Juve in crisi, venerdì il CdA del rilancio

    TORINO – Si terrà venerdì il Consiglio di Amministrazione della Juventus che approverà il bilancio 2021-22 con un rosso da circa 250 milioni di euro. Il documento contabile sarà poi sottoposto all’attenzione, e al voto, dell’assemblea dei soci, nella seconda metà di ottobre. Venerdì si conoscerà con precisione l’ammontare del passivo: finora la cifra è stata calcolata in base a quanto emerso dal bilancio semestrale di Exor, la cassaforte degli Agnelli-Elkann, azionisti di maggioranza del club bianconero, in cui la perdita per la Juventus si aggirava sui 132 milioni, da sommare alla prima semestrale chiusa al 31 dicembre 2021, quando il meno era di 119 milioni.
    EFFETTO COVID – Si tratta del quinto bilancio consecutivo che chiude in rosso per la società presieduta da Andrea Agnelli, in cui si sentono ancora gli effetti del Covid, con gli stadi soltanto parzialmente aperti, e gli alti costi di gestione dei giocatori, con le spese residue per Cristiano Ronaldo.
    INGAGGI E VALORE ROSA – L’obiettivo della società, che ha varato un piano di sostenibilità per abbattere i costi, è quello di ridurre le perdite del 50% nell’esercizio 2022-23 e di arrivare a un rosso accettabile l’anno successivo. In un anno la Juventus ha già risparmiato 20 milioni il monte ingaggio, passando da 178 a 158 milioni. La rosa attuale a disposizione di Massimiliano Allegri costa attualmente poco più di 278 milioni, in ribasso rispetto ai 311 milioni della passata stagione. Ciò non significa rinunciare ai top player: la Juventus continuerà a comprare campioni ma, parallelamente, ogni anno vuole inserire i migliori della Primavera e della Next Gen in prima squadra. talenti che non costano nulla perché cresciuti in casa e che hanno uno stipendio anche più abbordabile.
    CRISI SPORTIVA – Inevitabilmente il Cda affronterà anche il tema dei risultati sportivi con la crisi di risultati e appena due vittorie su nove partite ufficiali. Ma la panchina di Allegri, al momento, non è in bilico. Esonerare il tecnico livornese costerebbe un’ottantina di milioni, una cifra “folle” per l’ad Maurizio Arrivabene, l’uomo che deve far quadrare i conti.
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    Juve, quell'equilibrio da spezzare

    TORINO – L’equilibrio è uno dei concetti più cari a Massimiliano Allegri, ma non quello che caratterizza l’avvio di stagione bianconero. A essere in sostanziale equilibrio, in questo caso, sono infatti i tiri fatti e i tiri subiti in campionato dalla Juventus: 82 i primi, 88 i secondi. Equilibrio che per giunta si spezza guardando alla Champions, dove le conclusioni effettuate dai bianconeri sono state nettamente meno, 22, di quelle subite, 34 (peggio solo i Rangers con 40). In Europa però la Juve ha giocato solo due partite e una contro una delle principali favorite, il Paris Saint-Germain dal tridente stellare: il bilancio non è certo bello (e d’altra parte lo sono ancora meno i risultati), ma lo si potrà riguardare più avanti.
    IL BILANCIO in equilibrio del campionato, invece, è decisamente più preoccupante: intanto perché l’equilibrio è sostanziale, ma i tiri subiti sono comunque più di quelli fatti, poi perché è frutto di sette giornate e perché in queste sette la Juve ha affrontato sei squadre che al momento si trovano dal 10° posto in giù in classifica. E oltre il 10° posto è la squadra bianconera sia per quanto riguarda le conclusioni verso la porta avversaria, sia per quanto riguarda quelle concesse verso la propria: per la precisione dodicesima per tiri fatti, tredicesima per quelli subiti. E’ chiaro che il numero di tiri, fatti e subiti, incide su quello dei gol, realizzati e incassati, e dunque sui risultati. In questo senso la Juve è riuscita anche a sfruttare bene quanto creato e limitare quanto concesso, visto che ha l’ottavo attacco della Serie A con 9 gol e la seconda difesa con 5 reti subite. Il rapporto tra le due, però, ossia il +4 della differenza reti, resta però troppo stretto: il Napoli ha una differenza reti di +10 e le altre squadre ai primi quattro posti, Atalanta, Udinese e Lazio, tutte di +8. E hanno tra 7 e 4 punti in più della Juve. Che deve segnare di più, oppure subire di meno: ma di certo spezzare quell’equilibrio tra tiri fatti e concessi.
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    Chiellini vola in Mls. Comanda Los Angeles, l'ex capitano Juve esulta: “Primi! E resteremo in testa!”

    TORINO – Mentre dall’altra parte del mondo la tifoseria della Juventus s’interroga su errori e omissioni della squadra di Allegri, inclusa l’evidente assenza di personalità, negli Stati Uniti c’è un club, il Los Angeles Fc in testa alla classifica della Western Conference del massimo campionato di calcio. E chi, per associazione d’idee, ha pensato non casualmente a Giorgio Chiellini – a proposito di giocatori e uomini forti in ogni senso – non sbaglia. «Primi ad Ovest! E non ci fermeremo!», è l’urlo di battaglia dell’ex capitano della Juve, tutto sorrisi e abbracci con i compagni di squadra per il successo conseguito nella notte italiana tra domenica e lunedì contro lo Houston Dynamo (3-1 con doppietta del messicano Carlos Vela, non una novità). La squadra californiana ha nove punti di vantaggio (64-55) in classifica sui texani di Austin dopo 32 giornate di campionato. Chiellini, giustamente, se la gode. L’obiettivo è il titolo: Los Angeles ha tutto per riuscirci.Iscriviti al Fantacampionato Tuttosport League e vinci fantastici premi! LEGGI TUTTO

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    Bremer, vitamina Seleçao e poi la Juve: il brasiliano in Francia per ricaricarsi

    TORINO – Il Brasile per provare a tirarsi su, dimenticando le vicissitudini di una Juve in piena crisi. Gleison Bremer ha raggiunto il ritiro della nazionale verdeoro che in Francia si sta preparando alle due amichevoli programmate nei prossimi giorni in vista del Mondiale in Qatar: venerdì a Le Havre si gioca contro il Ghana, martedì 27 si replica al Parco dei Principi di Parigi contro la Tunisia, nello stesso stadio in cui meno di due settimane fa il difensore ha cercato di far fronte alle avanzate di Messi, Neymar e Mbappé ricavandone, in verità, ben poco (incluso un 5 in pagella su Tuttosport, ma non è che attorno a lui sia andata tanto meglio).
    AmbizioniPer l’ex Toro è la prima convocazione nel Brasile del ct Tite che l’ha seguito a lungo e ha apprezzato l’ottimo impatto del centrale nella sua nuova squadra di club, al di là dei risultati insoddisfacenti della Juventus. «Negli ultimi due anni ha fatto un bel lavoro, è tutto merito suo, lui è uno dei difensori top del campionato italiano», ha detto di Bremer il selezionatore in una recente intervista. E non è un mistero che lo stesso giocatore abbia scelto la Juve proprio per creare i presupposti per il grande salto nella Seleçao. A Monza il brasiliano si è “adeguato” ai ritmi non accettabili di una squadra allo sbando e la Nazionale gli servirà di sicuro per ricaricare le batterie e ritrovare il giusto spirito. Allegri non vede l’ora di ritrovarlo al rientro: Max è il suo primo tifoso.
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    La Juve in Nations League e amichevoli nazionali: date e orari dei bianconeri

    “Dopo un avvio su ritmi forsennati, con tante partite concentrate nel primo mese di stagione, i campionati si fermano per fare spazio agli impegni delle Nazionali, tra Nations League e amichevoli. Sono 14 i giocatori della Juventus che risponderanno alla chiamata delle loro selezioni”. Con questa nota pubblicata sul proprio sito ufficiale, il club bianconero rende noti i calciatori convocati dalle rispettive rappresentative e il programma dei match validi per le amichevoli internazionali o per la Nations League cui prenderanno la parte. LEGGI TUTTO