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    Salvetti:”Allegri e Chiellini? Vi dico tutto”

    «E’ il segno di una città che nei decenni ha sfornato tanti campioni e tanti personaggi, bravi non solo tecnicamente, ma dotati di grande appeal con l’opinione pubblica: come è stato Armando Picchi e come sono Giorgio Chiellini e Massimiliano Allegri. Ma vorrei ricordare anche Igor Protti e Cristiano Lucarelli, che quando il Livorno era in Serie A sapevano attrarre grande attenzione quando giocavano ma anche quando parlavano, come Chiellini e Allegri nella Juve»

    A proposito di personaggi sportivi livornesi, è fresco l’argento olimpico di Aldo Montano.

    «L’argento di Montano è la 99ª medaglia olimpica di Livorno, a testimonianza del connubio unico tra lo sport e la città: la più rappresentata d’Italia a Tokyo in rapporto al numero di abitanti e la più medagliata, 556 medaglie, tra Olimpiadi, Mondiali ed Europei».

    Un connubio tra sport e città che vive un momento di­fficile con il Livorno: qual è la situazione?

    «Il Livorno ha vissuto un periodo straordinario, dal 1991, quando era fallito e finito in Eccellenza, a 4-5 anni fa. Grazie ai presidenti, Caresana, Achilli e il primo Spinelli, capace di dare tanto, è risalito con una scalata incredibile: io da giornalista di Granducato Tv ho raccontato sei promozioni. In 14 anni dall’Eccellenza alla Coppa Uefa, un record: solo il Chievo ha fatto altrettanto. Poi purtroppo in sette anni dalla Serie A è passato a sparire dal calcio. Ora siamo qui a cercare di ricosturire un futuro, per ripartire dopo che chi ha gestito il Livorno negli ultimi tempi ha fatto danni»

    Tornando ad Allegri e Chiellini, che livornesi sono?

    «Allegri è un livornese a 360 gradi: spontaneo, genuino, molto pronto al confronto e anche molto schietto. Chiellini ha la forza interiore, la grinta e il carattere dei livornesi nel giocare a calcio. Fuori dal campo è un ragazzo con valori e riferimenti molto chiari che gli ha dato la famiglia, molto più calmo e pacato rispetto ad Allegri. Entrambi hanno il carattere, la grinta, l’orgoglio e diciamo anche la sfrontatezza dei livornesi: Allegri sempre e comunque, Giorgio soprattutto in campo».

    Con Allegri giocava da bambino: com’era?

    «Era il più bravo di tutti calcisticamente, era il capitano della squadra… e poi era indubbiamente esuberante, simpatico, divertente come è adesso»

    Voi compagni pensavate che potesse giocare in Serie A?

    «Sì. Non ci saremmo aspettati, neppure quando era un calciatore affermato, che potesse diventare allenatore, anche per questo carattere. Invece in realtà questo è un punto di forza, comune a tanti allenatori toscani: Allegri, ma possiamo metterci Mazzarri, Sarri stesso, Spalletti, ora Cristiano Lucarelli. Sono tanti allenatori toscani che hanno successo per la capacità di vivere lo spogliatoio e le sue sfumature, capire se uno ha il broncio o se è troppo svagato, e sanno gestirlo».

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    Il codice Allegri per tornare al top

    Massimiliano Allegri, detto Max dagli amici e dal suo presidente, è tornato con la spavalderia che la gente di Livorno ha quasi in esclusiva tra i toscani già altezzosi di loro. Ma così è e alla Juventus va benissimo dopo la gnagnera di Pirlo e la malacreanza di Sarri. Allegri si presenta con portafoglio e incombenze pesanti, sarà un boss all’inglese, già detta le condizioni, sui calci di punizione e sulla fascia di capitano, non usa la diplomazia, va diritto al problema che è poi ridare alla squadra quel censo e quella rabbia che sembra o sembrava aver smarrito. Molte chiacchiere e distintivi nel suo discorso d’avvio ma fa parte del repertorio di molti allenatori che hanno studiato la parte e sanno interpretarla (non tutti) almeno all’inizio della scuola. Poi, quando verranno le partite, le chiacchiere staranno a zero e si dovrà agire.Guarda la galleryElastici e un tabellone da basket: così si allena la Juve di Allegri

    Non va dimenticato come Allegri sia stato allontanato dalla Juventus, fu un colpo a sorpresa, accompagnato dalla commozione del diretto interessato e non certo dalla compassione del liquidatore. Allegri ha avuto due anni per imparare di più. Ma la storia del Real Madrid andrebbe gestita meglio, perché rifiutare il club più football del mondo per una questione di amore bianconero fa bene al cuore dei tifosi ma pone anche qualche interrogativo: non avrebbe fatto bene, ad Allegri, una esperienza all’estero, come è accaduto ad altri suoi colleghi, juventini e non? Meglio così, per il popolo bianconero, quello stesso che lo criticava e si ritenne liberato dal colpevole del “non gioco” e del risultatismo, frasi adaniste che non hanno alcun significato.

    Guarda la galleryMorata diventa Hulk per il compleanno di Alessandro e Leonardo

    Allegri appartiene alla scuola degli allenatori che prediligono la tecnica sulla tattica, dunque non spaccia calcio, non è depositario di teorie e religioni ma è pur vero come, ogni tanto, il coraggio batta la prudenza che si trasforma in paura (vedi alla voce Bayern-Juventus). Il compito non è facile ma, rispetto a Sarri e Pirlo, Allegri 2 punto zero conosce tutti gli attori del teatro, l’atmosfera dello stadio e la pelle dei tifosi. Sono curioso di vedere come saprà sciogliere alcuni dubbi, non di gioco, ma di formazione, l’organico è interessante, eventuali arrivi possono irrobustirlo, il risultato della Nazionale accentua l’autostima. Totale: la variante Juve può riprendere il discorso interrotto. LEGGI TUTTO

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    Allegri, la voce del padrone

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    L'Allegri dei 5 titoli consecutivi apre un nuovo ciclo e torna per rivincere

    TORINO – L’unico problema di Massimiliano Allegri è il tempo: perché avrà a disposizione solo due settimane per lavorare in modo organico, con la rosa al completo. Cioè dalla seconda settimana di agosto (quando il gruppo sarà finalmente al completo) al 22 quando inizierà il campionato a Udine. Poi ci sarà partita casalinga contro l’Empoli e subito dopo la pausa per le nazionali, nemica giurata di ogni allenatore che vorrebbe pianificare tabelle di lavoro specifiche per consentire una maggiore cura del lavoro e che, invece, si ritova con tempistiche sempre più compresse e quello che, nelle scorse estati, era il “ritiro precampionato”, durante il quale spiegare il proprio calcio e, soprattutto, provarlo e riprovarlo, si riduce a due settimane. Due settimane intense «da usare molto bene», dice Allegri che in quel periodo deve costruire la sua nuova squadra, quella con cui sfidare se stesso e il ciclo dei cinque scudetti consecutivi. (…)

    La prima sfida di Allegri

    Fra i suoi pregi più apprezzati da Agnelli è il distacco con il quale riesce a gestire le pressioni esterne, quelle che possono essere un fardello notevole per qualsiasi allenatore della Juventus. Allegri è un pragmatico e un ottimista. Cerca sempre la soluzione più pratica ai problemi che affronta, senza rispondere a un dogma calcistico particolare, ma utilizzando i giocatori a sua disposizione nel modo più efficace possibile. Davanti a lui c’è una stagione insidiosa, quella che segue una grande manifestazione, nella quale molti suoi giocatori sono stati impegnati, uscendone in modo trionfale (gli italiani) o molto deludente (Ronaldo, Szczesny soprattutto, ma in fondo anche Morata). Gestire le fatiche psicofisiche dell’Europeo sarà la prima sfida di Allegri nella parte autunnale della stagione.

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    Torricelli: “Chiesa, che forza!”

    «Max è entusiasta. Com’è giusto che sia quando si torna, perché hai voglia di ricambiare la fiducia dell’ambiente. Se ti hanno richiamato senti addosso responsabilità, ma anche ottimismo e consapevolezza che avrai tutto per vincere».

    Che Juventus vedremo?

    «A me piace molto Allegri, perché vede il calcio come me, come lo vedevamo noi che veniamo dalla stessa epoca. E’ amante della profondità e della voglia di andare a vincere. Credo che spariranno quasi del tutto i passaggi orizzontali. Va bene il possesso palla di questi ultimi due anni, ma se devi vincere devi andare dritto e buttarla dentro. Poi, logicamente, ogni partita ha i suoi momenti e ogni tanto ci sta anche controllarla con un po’ di gioco orizzontale».

    Secondo lei Allegri sente di dover dimostrare qualcosa?

    «Lo sport è questo: ogni anno azzerare tutto e ricominciare. I cinque anni di trionfi sono lì e non spariranno mai, ma logicamente Allegri sa che alla Juve conta solo vincere e, anzi, probabilmente è tornato proprio per quello. E’ uno degli allenatori italiani più vincenti di sempre, ma adesso deve rivincere».

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    Allegri, ritorno con il turbo

    Questa volta è tutto differente: i due anni di digiuno, lontano da campi e pallone, hanno aumentato l’appettito di Allegri che smaniava di tornare ad allenare da diversi mesi. E il fatto di tornare proprio alla guida della Juventus aumenta il potenziale elettrizzante della sfida.

    Fin dai primi giorni, quando si è confrontato con i dirigenti, si è visto un Allegri diverso. Non che in passato fosse apparso in qualche modo demotivato, ma l’adrenalina mostrata nel pianificare i primi mesi e nel confrontarsi sul mercato era inedita anche per chi lo conosceva bene e da tempo come il direttore generale Federico Cherubini.

    Allegri si è detto molto soddisfatto della rosa. L’ha analizzata con attenzione (e ha comunque seguito sempre molto da vicino le prestazioni della Juventus nelle ultime due stagioni), pesando il potenziale di ogni giocatore e arrivando alla conclusione che serve poco per mettere a punto una squadra competitiva. Conosce molti dei giocatori presenti, ha studiato quelli arrivati dopo il suo addio e crede nel rilancio di molti di quelli che non sono riusciti a esprimersi al massimo di recente.

    A partire da Paulo Dybala, oggetto del suo entusiasmo nelle prime sedute. Senza la maggior parte della rosa, ancora in vacanza dopo l’Europeo. Allegri si è concentrato sull’argentino, motivandolo con incoraggiamenti spesso urlati durante l’allenamento insieme a complimenti per esercizi svolti bene o giocare riuscite durante una partitella (come quella svolta ieri pomeriggio, simulando una sfida undici contro undici). Allegri non vuole soltanto riportare Dybala ai livelli del passato, ma è convinto che per lui sia arrivato il momento del definitivo salto di qualità, quello che può consacrarlo fra i top mondiali (come diceva il presidente Agnelli a dicembre). Così, in attesa di integrarlo tatticamente nella squadra che, per ora, è ancora nella sua testa, Allegri lavora sull’aspetto emotivo, caricando Dybala della sua stessa energia positiva.

    Ma al netto del lavoro specifico sul numero dieci bianconero, Allegri dà a tutti la sensazione di un allenatore che smania per vincere ancora e per vincere tanto. Che la Juventus sia la sua casa non è una novità e con i cinque anni di scudetti, Coppe e finali di Champions ha dimostrato di possedere un dna vincente. Questa volta aggiunge la consapevolezza di sapere esattamente cosa è chiamato a fare e di sentirsene in grado. Non vede l’ora di iniziare, perché la sensazione di sfida che comunica la panchina della Juventus è quella che gli è mancata di più nei due anni sabbatici.

    Anche perché il ruolo, adesso, è leggermente diverso. Senza stare a scomodare poco calzanti definitizioni di “manager all’inglese”, l’Allegri bis ha compiti più importanti nella gestione della squadra e delle sue problematiche extracampo, così come la sua parola pesa un po’ di più sulle scelte di mercato. L’amicizia e l’intesa con Cherubini certamente aiutano a esercitare le nuove responsabilità che Andrea Agnelli ha voluto assegnargli, richiamandolo due anni dopo quella famosa conferenza stampa d’addio, nella quale la profonda stima (e amicizia) fra allenatore e presidente era emersa in modo piuttosto clamoroso. Insomma, Allegri dimostra che si può ritrovare l’entusiasmo di un esordiente anche a 53 anni e con un palmares che, già allo stato attuale delle cose, consentirebbe di considerarsi fra i più grandi tecnici italiani di sempre.

    Se poi questo entusiasmo basterà per aggiungere trofei a quell’elenco lo si vedrà dal 22 agosto. La carica di Allegri è una bella notizia per il mondo juventino, perché è un fattore chiave e di solito l’atteggiamento dell’allenatore finisce per essere esattamente quello della squadra, ma tanto lavoro divide ancora la nuova Juventus dai risultati che spera di ottenere. E davanti a Max si distende una lunga teoria di difficoltà da superare. Diciamo che la rincorsa è partita nel migliore dei modi. LEGGI TUTTO