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    Organizzazione Mondiale 2030: Ceferin gela Argentina, Uruguay, Paraguay e Cile

    TORINO – Il sogno sudamericano di organizzare il Mondiale del 2030 rischia di naufragare amaramente. Argentina, Uruguay, Paraguay e Cile, infatti, sono state gelate, poche ore fa, dalle frasi di Aleksander Ceferin. Il numero 1 dell’Uefa, infatti, ha dichiarato, durante l’apertura del congresso internazionale “Football Talks”, che la Coppa del Mondo 2030 si terrà in Spagna e Portogallo. La domanda che ricorre ora è una: sarà solo un desiderio del dirigente sloveno oppure la candidatura latinoamericana è davvero a rischio? E’ infatti passato soltanto poco più di un mese dall’ufficialità della quadrupla candidatura a 4 e il presidente dell’Uefa non ha voluto rimanere indietro rispetto ai colleghi della Conmebol: per questo ha voluto mettere in chiaro che anche l’Europa ha pronta una candidatura, duplice e molto forte.
    Ostenta sicurezza
    «Sono certo che i Mondiali 2030 si giocheranno in Spagna e Portogallo, due Paesi che sentono moltissimo la passione e l’amore per il calcio. È una scommessa vincente e faremo tutto il possibile per aiutare queste nazioni appassionate di football, che vivono e respirano il calcio e che hanno ottime infrastrutture», ha spiegato Ceferin. Dopo che i due Paesi della Penisola Iberica erano stati sconfitti 11 anni fa nella votazione che assegnò la Coppa del mondo del 2018 alla Russia e quella del 2022 al Qatar, Spagna e Portogallo a giugno dello scorso anno hanno stretto un nuovo patto per avanzare nuovamente la candidatura per l’edizione 2030. 
    Cosa offrite?
    Ci sarà però una domanda, fondamentale nell’assegnazione della manifestazione, che gli incaricati della decisione presenteranno a ogni Paese che vuole organizzare il Mundial: «Che cosa potete offrire?». Le candidate dell’Uefa basano il loro potenziale successo sull’ottimo rapporto che intercorre tra i vertici della Federcalcio spagnola e quelli della Federcalcio portoghese. I sudamericani, invece, fanno appello alla nostalgia e alle radici della Coppa del mondo. Nel 2030, infatti, cadrà il centenario del primo Mundial, disputato nel 1930 in Uruguay: non ci sarebbe nessun miglior Paese ospitante di quello dove tutto è iniziato.
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    Haaland: “Julián Álvarez mi ricorda Agüero. Adoro giocare con lui”

    TORINO – Il Ragno ha conquistato la Luna Blu. No, non è il titolo dell’ultimo action movie della Marvel: è la copertina dell’amore sbocciato tra l’argentino Julián Álvarez, El Araña, e il Manchester City, la gente che canta Blue Moon prima di ogni gara a Etihad. Ha sparato due tele, El Araña, nella goleada contro il Nottingham Forest, le prime due griffe nella nuova avventura che si chiama Premier League.
    ELOGI SU ELOGI Dopo il pubblico elogio che gli ha riservato Pep Guardiola, suo attuale allenatore al Man City («E’ un giocatore semplicemente eccezionale»), poche ore fa sono arrivate altre parole dolcissime da parte di uno che lo conosce bene, Fernando Bocha Batista. Batista, che ha diretto l’attaccante cordobése nelle giovanili della nazionale argentina e che attualmente fa parte dello staff tecnico di José Pékerman, ct della Venezuela. «E’ il calciatore che ogni allenatore vorrebbe avere. E’ il miglior prodotto del nostro calcio degli ultimi due lustri, il top in Argentina degli ultimi 10 anni». Il Bocha ha poi aggiunto: «Sappiate che non ha ancora raggiunto il massimo della sua potenzialità».
    E AL SUO SOCIO RICORDA IL KUN Ma l’altra grande impresa del Araña Julián Álvarez è stata riuscire a conquistare il suo socio in attacco al City: Erling Haaland, il tornado che sta squassando le difese anche in Premier League. In una intervista esclusiva realizzata con Veronica Brunati, la miglior giornalista d’Argentina, il crack norvegese s’è lanciato in un paragone lusinghiero: «Álvarez mi ricorda il Kun Agüero. Adoro giocare con lui». Le difese degli altri top team inglesi e europei sono avvisati: la banda Guardiola vive in armonia e amore fraterno. E spesso mischiando amore fraterno e armonia esce un cocktail dal gusto sopraffino. Il gusto del trionfo.
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    Libertadores: il Flamengo è devastante, umiliato il Vélez

    TORINO – Pietà l’è morta: nell’andata delle semifinali di Copa Libertadores il Flamengo travolge 4-0 il Vélez Sarsfield e mette molto più di una ipoteca sulla finale. I tifosi del Fortín avevano preparato una festa coi fiocchi per celebrare degnamente il ritorno nel penultimo atto della competizione per club più importante del continente: 11 anni prima l’ultima volta. Nella mente dei tifosi biancoblù ritornavano le immagini dell’indimenticato e indimenticabile trionfo del 1994, ancora contro una brasiliana: con il Virrey Carlos Bianchi in panchina, infatti, il Vélez riuscì a imporsi nella pentola a pressione del Morumbì, zittendo 100 mila torceadores del San Paolo. La scorsa notte, però, il calcio brasiliano ha dimostrato una volta di più, semmai ce ne fosse bisogno, di non avere rivali, di essere troppo superiore, innanzitutto sotto il profilo economico, rispetto a qualsiasi rivale latinoamericano.
    BRUSCO RISVEGLIO A nulla dunque, sono servite le trovate del Cacique Medina, il tecnico uruguaiano degli argentini: negli ultimi giorni aveva chiesto ai giardinieri che curano il terreno dell’Estadio José Amalfitani di non bagnare il campo, rendendolo, di fatto, ai limiti dell’impraticabilità. «Il gioco del Fla ne risentirà, loro scambiano veloce e non potranno farlo», questa era l’opinione diffusa nel Barrio de Liniers a poche ore dall’inizio della semifinale. Sì, sì, l’importante è crederci. La Pandilla, il gruppo più caldo del tifo del Vélez, e tutti gli aficionados argentini ci hanno messo 32 minuti a realizzare che no, non aver fatto bagnare il campo non avrebbe portato alcun beneficio. E così, dopo il vantaggio griffato da Pedro Guilherme Abreu dos Santos, colpevolmente dimenticato dalla difesa argentina su cross di Léo Pereira, i rossoneri carioca trovavano nel recupero, al 46′, il raddoppio: sombrero in area del Vélez di Gabigol, palla a Everton Ribeiro e golazo da applausi.
    STERILITA’ TOTALE In apertura di ripresa il Fortín cerca il gol che riapra la sfida, non riuscendo però mai a farsi pericoloso dalle parti di Santos. Chi dalle parti della porta argentina si presenta, spesso e volentieri, e fa paura è il solito Pedro: logica conseguenza il 3-0 in contropiede. A 7′ dalla fine è sempre lo scatenato bomber carioca a mettere la pietra tombale su match e serie con il 4-0 finale. Tra 7 giorni, al Maracanã, la sfida di ritorno: il Vélez cerca il miracolo. «Lo faremo con l’1% di possibilità e il 99% di fede», giurano gli argentini. La realtà è altra: la realtà dice che, anche quest’anno, in finale ci saranno due brasiliane.
    VELEZ SARSFIELD-FLAMENGO 0-4
    MARCATORI: pt 32′ Pedro, 46? Everton Ribeiro; st 16′, 38′ Pedro
    VELEZ SARSFIELD (4-2-3-1): Hoyos; Jara, de los Santos, Gomez, Ortega; Garayalde, Caseres (20′ st Seoane); Orellano (30′ st J. Fernandez), Bou (20′ st Osorio), Janson; Pratto. A disp. Burian, Brizuela, Castro, D. Fernandez, Bobadilla, Guidara, Insua, Menendez, Mulet. All. Medina
    FLAMENGO (4-3-1-2): Santos; Rodinei, David Luiz, Leo Pereira, Filipe Luis; Everton Ribeiro (40′ st Diego), Thiago Maia (26′ st Vidal), Joao Gomes (40′ st Victor Hugo); De Arrascaeta (34′ st Pulgar); Pedro, Gabriél Barbosa (40′ st Everton Soares). A disp. Hugo Souza, Ayrton Lucas, Fabricio Bruno, Lazaro, Matheuzinho, Pablo, Varela. All. Dorival Junior
    ARBITRO: Wilmar Roldàn (Colombia)
    NOTE: ammoniti Gabriél Barbosa, Gomez, Thoago Maia, de los Santos, David Luiz, Leo Pereira, Pulgar, Seoane. Calci d’angolo: 5-5. Recupero tempo: pt 4′; st 3′ LEGGI TUTTO

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    Dall'Argentina di Di Maria alla Germania: le maglie mondiali. E l'Italia non c'è tra l'indifferenza generale

    TORINO – (e.e.) Le varie nazionali stanno presentando le maglie per i Mondiali. Dalla Germania all’Argentina di Angel Di Maria, stella della Juventus bloccato dopo la prima di campionato da un infortunio muscolare e pronto per rientrare in Champions League contro il Psg dei suoi ex compagni Lionel Messi, Neymar, Kylian Mbappé e via discorrendo. Uno sfoggio di colori e di azzardi non sempre in linea con la tradizione, fantasiose e molto social. E l’Italia? Sì, presenta la nuova maglia ma in Qatar non ci sarà, fra l’indifferenza generale, perché alla Coppa del Mondo invernale ci saranno tutti, ma proprio tutti, tranne gli azzurri di Roberto Mancini. Un flop (che segue un altro flop, quello di Russia 2018) passato quasi in silenzio, senza reazioni indignate, senza un sussulto di orgoglio. E intanto i giovani italiani sono costretti a cambiare aria per giocare. Fabio Miretti della Juve è una delle poco eccezioni. Ma gli attaccanti Gianluca Scamacca e Lorenzo Lucca sono andati in Premier e in Olanda per cercare di trovare la loro strada. Sperando nei loro gol, l’Italia dovrà ripartire. E la parentesi del Qatar farà male, molto male. Anzi, comincia a fare male adesso…Guarda la galleryItalia, nuovo look: ecco la maglia da trasfertaIscriviti al Fantacampionato Tuttosport League e vinci fantastici premi! LEGGI TUTTO

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    Argentina: ancora violenza all'Aldosivi. Sparatoria tra fazioni della tifoseria

    TORINO – Pochi giorni fa l’Aldosivi diventava la notizia del momento in Argentina: i Barra Brava, la parte più violenta della tifoseria del Tiburón, avevano infatti deciso di punire i giocatori dopo la sconfitta contro Godoy Cruz a Mendoza bruciando le loro auto nel parcheggio del campo di allenamento. La reazione del club e di tutto il calcio del Paese è stata immediata e fermissima: oltre ai classici comunicati e appelli social, i calciatori argentini avevano deciso di inginocchiarsi, prima dell’inizio delle partite, un po’ come per il Black Lives Matter. Basta ricatti, basta minacce, basta violenza. Mai più. Niente da fare: nelle ultime ore il club gialloverde di Mar del Plata è di nuovo salito agli onori delle cronache. Nemmeno stavolta per un fatto positivo.
    INCAPPUCCIATI E ARMATI Nel pomeriggio di ieri, davanti alla sede della società, c’è stata una sparatoria che ha portato a un ferito e a diversi arrestati: sono tutti Barra Brava del club. Secondo le prime ricostruzioni, quattro uomini incappucciati sono scesi da un veicolo in via Magallanes, precisamente tra l’incrocio con Acha e quello con Bermejo: uno di loro ha iniziato a sparare contro un gruppo di persone che fanno parte di un altro gruppo ultrà dell’Aldosivi, i “Plaza Italia”. Questi ultimi si erano riuniti per provare nuovi canti da stadio con tamburi, trombe e con la classica orchestra che anima ogni partita di calcio. Al gruppo, rumorosissimo, si erano uniti diversi abitanti del quartiere tra cui donne e bambini. Gli incappucciati, autori dell’assalto, sono stati tutti arrestati e da quanto fa sapere la Polizia sarebbero parte della fazione degli ultrà dell’Aldosivi che risponde al Indio Coman, meglio conosciuto con il soprannome di Narigón (nasone).
    MATRICOLA ABRASA I 4 arrestati sono Carlos J. (43 anni), Enzo A. (23), Marcos Z. (25) e Claudio Alejandro D. (19), a cui sono stati sequestrati una Bersa Thunder 9 millimetri con la matricola abrasa, un caricatore con cinque cartucce e altre 3 già inserite nell’arma che era pronta a fare fuoco. Ai quattro, inoltre, è stata sequestrata la Peugeot 307 nera su cui viaggiavano. Contemporaneamente all’arresto dei 4, si è presentato spontaneamente al commissariato un uomo che ha raccontato di aver dato vita a una rissa nella sede del club, aggiungendo poi di essere stato picchiato da un gruppo di persone che, però, preferiva non identificare. Dopo un colloquio con gli agenti se n’è andato senza sporgere denuncia, non prima però di aver lanciato efferate minacce contro i suoi aggressori. Insomma, a Mar del Plata la tensione si taglia con il coltello: è in atto la guerra per il controllo degli spalti dell’Aldosivi, un business che fa gola a molti.
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    Bolivia: il nuovo ct in conferenza con lo sciamano!

    TORINO – L’argentino Gustavo Adolfo Costas è stato ufficialmente presentato come nuovo commissario tecnico della Bolivia e ha firmato un contratto che lo legherà alla Verde per i prossimi 4 anni. Assumerà il nuovo incarico, però, solamente tra due mesi abbondanti: fino alla fine di ottobre, infatti, continuerà a essere l’allenatore del Palestino, club di Santiago del Cile fondato da migranti palestinesi. Costas è stato comunque già presentato ufficialmente dai vertici della federcalcio boliviana poche ore fa a La Paz in una conferenza stampa assolutamente sui generis.
    Via le energie negative
    Al di là del protocollo, delle domande di rito, dei flash dei fotografi che, bene o male, sono pressocché identici a qualsiasi latitudine del globo, quello che ha caratterizzato la presentazione di Costas è stata la presenza di uno Yatiri, ossia un medico-guaritore-santone Aymara, una comunità che vive prevalentemente nelle vicinanze del lago Titicaca tra Perù, Bolivia, il nord del Cile e il nordovest dell’Argentina. Il santone, prima dell’inizio delle interviste, ha svolto un rito di buon auspicio, accendendo un turibolo, ossia un bruciaincenso, in cui erano contenute erbe e olii con lo scopo di allontanare ogni tipo di energia negativa dall’ambiente della Nazionale.
    La sfida più grande
    Il neo ct argentino s’è emozionato e commosso: è stato accolto come un autentico salvatore del calcio boliviano. «Sono molto emozionato per l’amore, l’affetto, la fiducia totale e incondizionato che ho ricevuto, da ogni persona incontrata in questo Paese – ha spiegato -. Mi avete inondato di attenzioni da quando sono sceso dall’aereo fino a quando mi sono seduto qui, in questa conferenza stampa. Voglio ringraziare tutti. Caratterialmente non sono uno spaccone, quindi scordatevi dichiarazioni roboanti del tipo “Andremo sicuramente al Mondiale di Canada-Stati Uniti-Messico del 2026″. Quello che posso assicurare è che faremo tutto il possibile per raggiungere questo obiettivo. Credetemi, è la sfida più grande della mia carriera». Anche Evo Morales Ayma, ex presidente boliviano, primo indigeno a ricoprire il ruolo nella storia del Paese e appassionatissimo di calcio, ha voluto dare il benvenuto al nuovo tecnico con un post ad hoc sul proprio profilo ufficiale di Facebook: «Diamo il benvenuto al fratello Gustavo Adolfo Costas, nuovo allenatore della nazionale boliviana, che arriva nel nostro Paese con il compito di realizzare il sogno della qualificazione ai Mondiali. Ci congratuliamo con il presidente della Federación Boliviana de Fútbol, Fernando Costa, per aver reso possibile questa contrattazione». Nessuna paura, con lo Yatiri in conferenza stampa e i suoi fumi contro le energie negative, l’avventura di Costas in Bolivia non potrà che essere un enorme successo.
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    Argentina: cambia la formula del campionato. O forse no

    TORINO – Tra poco meno di 5 ore, alle 10.30 bonaerensi, le 15.30 italiane, nella sede dell’Afa, la Federcalcio argentina, non dovrà mancare nessuno: si discute la riforma del campionato, si parla di come sarà il torneo 2022-23, si analizza un cambio di format. L’ennesimo. Le ultime indiscrezioni che filtrano dal Predio di Ezeiza lasciano capire che il presidente El Chiqui Tapia non accetterà alcuna modifica e rispetterà quanto firmato e votato dall’Assemblea: che ci siano cioè retrocessioni graduali fino al 2025, con l’obiettivo di raggiungere, nel 2026, una Primera Division a 22 squadre, che è  il desiderio dei top club e delle tv detentrici dei diritti. La battaglia, comunque, sarà accesa: alcuni dirigenti hanno intenzione di mettere sul tavolo un vecchio progetto di Eduardo Spinosa del Banfield, una Serie A sempre con 30 squadre, con una modalità di disputa diversa da quella attuale. Se passasse, sarebbero cancellate le retrocessioni del torneo in corso che è al giro di boa (14 giornate giocate su 27).
    Telefono bollente
    Ieri il telefono di Tapia non ha smesso un secondo di trillare:  chili di chiamate e tonnellate di whatsapp e messaggi vocali dai dirigenti dei club di Primera e Ascenso. Man mano che, sulle reti social, venivano pubblicati veri o presunti rumours, aumentava la preoccupazione. «Non cambia nulla», la secca e ripetitiva risposta del Presidente dell’Afa. Questo «Non cambia nulla» significa che, nel 2023, la formula sarà uguale a quella attualmente in uso e cioè un primo semestre con la Copa de la Liga (si vedrà in un secondo tempo se il nome verrà mantenuto o cambiato), con le 28 squadre divise in due zone. Nel secondo semestre, invece, scatterà un Torneo de la Liga Profesional, con 28 squadre che si affronteranno in 27 turni. Un’alternativa sarebbe organizzare due tornei “lunghi”, uno per semestre. «Dipenderà tutto dal parere positivo o meno dei club che giocano Libertadores e Sudamericana, ma non arriverà», fanno sapere fonti interne alla Federazione.
    A caccia del cambio
    In molti, appare evidente, spingono per una riforma. I dirigenti dei club a rischio retrocessione e alcuni loro alleati possono contare sull’appoggio dei club di Nacional B, stimolati dal fatto che, se fossero bloccate le retrocessioni, le squadre del loro campionato ne beneficerebbero nel 2023. Questa la proposta: la prima misura adottata sarebbe mantenere il numero di squadre iscritte a 30, cosa che le tv detentrici dei diritti non accetterebbero manco sotto tortura. Questo implicherebbe il congelamento delle due retrocessioni, mentre dalla Primera Nacional sarebbero promosse le prime due classificate, come da regolamento. Come giocherebbero le 30 squadre? Nel primo semestre si organizzerebbero due zone con 15 squadre l’una. Al secondo semestre accederebbero le prime 10 delle due zone, cosa che porterebbe il format a un torneo da 20 club, la formula preferita dalle grandi (capeggiate da Boca Juniors e River Plate) e dalle tv. Le restanti 10 squadre sarebbero raggruppate in un torneo da 20 con altri 10 club del Nacional B: in palio ci sarebbe la permanenza nella massima serie.
    Al di là delle posizioni che si registreranno tra poche ore nella riunione dell’Afa, Tapia sa perfettamente che non gli serve cambiare ancora un torneo in corso di svolgimento. Proprio il presidente federale, infatti, aveva ratificato il ritorno delle retrocessioni in questo campionato e ritiene che cambiare idea sarebbe un errore politico madornale, soprattutto perché comporterebbe un nuovo confronto con le tv e una nuova convocazione dell’Assemblea per cambiare il regolamento. Il tutto mentre si gioca e la palla rotola. Cervellotico è dir poco.
    Quindi, ricordando che l’incontro di oggi non sarà decisivo, al momento tutto lascia pensare che il Torneo 2023 non cambierà di una virgola: inizierebbe con 28 squadre e si giocherebbe come quest’anno. Attenzione, però: ciò che cambierà rispetto al presente saranno le retrocessioni. Quattro nel 2024 e altrettante l’anno dopo. In questo modo, dato che saranno solo 2 le promozioni dalla Primera Nacional, la Serie A argentina nel 2026 sarà composta da 22 società, decisione che era stata già ratificata dall’Afa e che è quanto vogliono le tv.
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    Tevez, altro ko: punito dal figlio dell'ex amico Retegui

    TORINO – Talis pater, talis filius. Ma anche: dagli (ex) amici mi guardi Iddio che dai nemici mi guardo io. La notte appena passata ha portato in dono a Carlitos Tévez, tecnico del Rosario Central, un altro ko, questa volta per 3-1 in casa del Tigre. Quando il risultato era ancorato sull’1-1 (rete rossoblù di Castro e pari Canalla di Infantino) per El Apache è tornato a materializzarsi l’incubo Retegui.
    DOPO IL PAPA’, IL FIGLIO All’inizio della sua avventura al Central, infatti, Tévez aveva dovuto gestire la grana con Carlos El Chapa Retegui, ex ct delle Nazionali di Hockey su prato. Retegui, infatti, avrebbe dovuto diventare il secondo dell’Apache al Central. Peccato, però, che dopo un sì entusiasta, aveva deciso per un’inversione ad U preferendo continuare la sua carriera politica e lasciando Carlitos a bagno maria. La reazione dell’ex bomber del Boca alla notizia del due di picche fu tutt’altro che oxfordiana: «El fútbol no es para cagones, il calcio non è di chi ha paura. Retegui è stato negligente, perché ha preferito un impegno politico al suo sogno più grande». La risposta del Chapa non si fece attendere: «Io ero convinto che Carlos fosse mio amico…». Qualche settimana fa aveva preso posizione in questa diatriba anche Mateo Retegui, figlio del Chapa, ex compagno di Tévez al Boca Juniors e attualmente attaccante del Tigre, club a cui è stato prestato dal Xeneize. «Quelli tra Carlos e papà sono discorsi tra grandi. Io giro al largo, me ne tengo fuori».

    DUE LAMPI, CIAO CARLOS Ha preferito rispondere sul campo, Mateo Retegui, e l’ha fatto ieri notte: due gol decisivi, al 30 e al 13′ della ripresa e chau chau Tévez e ciao ciao Central. Due gol che hanno fatto esplodere la gioia descontrolada, totalmente pazza, di papà in tribuna. Gioia di padre e spirito revanchista fusi in urla sovrumane. Per Tévez, invece, il momento non è facile: il Central non vince dal clásico rosarino contro il Newell’s e nella Liga Profesional ha subito due ko consecutivi, a cui va sommata l’eliminazione ai rigori contro il Quilmes in Copa Argentina. «Sono onesto, la gente deve sapere che la squadra è questa. Ma sappiano anche che io non scenderò abbandonerò la nave in nessun caso». LEGGI TUTTO