Dopo i quattro gol presi dal Chelsea, peggiore sconfitta europea in 17 anni di storia, giusto perché si ricordi, la Juventus non riesce a tornare padrona del proprio destino neanche in campionato, cancellando di colpo le vittorie incoraggianti con Fiorentina e Lazio. La traversa scheggiata da Dybala al sesto minuto di recupero è la fine di un tragitto irto di difficoltà, lacci mentali, guai fisici, errori, superficialità, come il gol dell’Atalanta innescato dall’appoggio parrocchiale di Morata, centravanti da 20 milioni all’anno, cioè il leasing più costoso della storia. È un viaggio al termine della notte, per usare la letteratura di Celine, che sa di sbagli continui, quasi tutti commessi a monte. È una rosa costruita male, perché ha i migliori soltanto a destra (Cuadrado, Chiesa, eventualmente Bernardeschi) e tutti adattati a sinistra, dove finisce spesso per agire Rabiot, una sorta di paradosso. È una società che da tre anni, dopo il licenziamento di Marotta, ha fatto una serie impressionante di errori. Prima delle plusvalenze “a specchio”, con la Consob a sonnecchiare, c’era stata la vicenda squalificante di Suarez e la voragine nei bilanci aperta da CR7.
Nel frattempo, dietro appunto giocatori oggi in B senza presenze e valutati chi 8, chi 10 milioni di euro, sfumava la forza tecnica della Juve precedente, quella che in 9 anni era riuscita a costruire una superiorità netta, apparentemente inossidabile. Si è scivolati sempre più in basso, una discesa spesso accompagnata da improvvisazione e arroganza. Nel silenzio quasi generale, con molta informazione o paciosa o troppo amica, la Juve ha cancellato se stessa e l’ottimo, anzi lo straordinario realizzato in precedenza. Lo dicono i raffronti: 6 punti in meno di un anno fa, quando già Pirlo era sembrato un azzardo, -15 sulla stagione di Sarri (anno di “melma”, come ha detto Agnelli), -19 sull’annata ultima di Max Allegri. Il quale non sarà ciò che era, come sostengono i critici, ma evidentemente ha anche una squadra smontata da allora a oggi.
La Juve conosce un solo modo per sopravvivere: non subire gol e andare in contropiede. Appena va sotto, impossibilitata dunque alla transizione, scompare. Sette volte in svantaggio in campionato, solo in una ha ribaltato e in un’altra ha pareggiato. Quattro punti in questa speciale classifica, cioè piena zona retrocessione. La peggiore scelta di Allegri è stata quella di puntare ogni discussione, qualsiasi analisi, sul risultato, teorizzandolo addirittura. Appena viene a mancare questo, non resta altro da presentare, nemmeno la sperimentazione che aveva accompagnato Pirlo.
Due parole sull’Atalanta, che con Gasperini vince per la prima volta in casa della Juve. Ha guidato con ritmo, con il coraggio di andare uno contro uno pure in difesa, recuperando con Djimsiti o Toloi quando ha dovuto chiudere il buco lasciato dalla linea alta. Zapata ha segnato per la settima gara di fila. A Gasperini, che da agosto pensiamo possa vincere il campionato, sono sin qui mancati Gosens e Hateboer, ha avuto Ilicic a fasi alterne e Muriel per gli spiccioli di gara, oltre al girone di ferro in Champions. Parlando al Sole 24 ore, il presidente Percassi ha detto una frase meravigliosa: «Siamo rimasti umili, sappiamo di essere un miracolo». L’umiltà che a Torino si è persa. Spedito Paratici a Londra, forse la rivoluzione non è finita. Ma il futuro è solamente nella testa di John Elkann, che ha intanto garantito altre centinaia di milioni di euro. Ieri, casualmente, era alla prima partita in casa di questa stagione. LEGGI TUTTO