Occhio Juve, lo Stoccarda vuole tornare a brillare anche in Champions
Quando si pensa allo Stoccarda vengono in mente soprattutto grandi attaccanti che hanno fatto la storia: Mario Gomez, Jürgen Klinsmann, Fredi Bobic, Fritz Walter, ma anche giocatori iconici come Cacau. Nomi che hanno scandito le epoche ed i successi di una delle squadre che più di tutte nella loro storia vivono oscillando, capaci di incredibili picchi e numerosi periodi di anonimato. Nel 2016, un quinquennio dopo l’ultima apparizione in Champions League, è retrocesso in Zweite per la prima volta dopo quarant’anni.
Subito tornato in Bundesliga, è nuovamente sceso nel 2019. E anche nel 2023 ci è andato vicinissimo: si è salvato allo spareggio. Nel 2022 lo aveva evitato con un gol di Endo allo scadere all’ultima giornata. E l’anno scorso ha concluso al secondo posto, anche davanti al Bayern Monaco, guadagnandosi nuovamente la Champions League dopo 13 anni. Sfidando la Juve, ma anche il Real Madrid, il PSG e pure l’Atalanta. Come nelle favole.
Hoeness, dalle critiche al successo
Del resto, un paio d’anni fa immaginare un percorso del genere era davvero oltre ogni reale concezione di ciò che poteva essere il futuro. Una squadra che non trovava le misure con costanza, di talento, idee, ma… c’era sempre un ‘ma’. Sulla tenuta difensiva, sulla forza mentale, sulla concretezza. D’altronde un quartultimo e un terzultimo posto non sono proprio la migliore delle basi.
È stato nella stagione 2022/23, quella conclusa al playout, battendo l’Amburgo, che la squadra ha iniziato a trovare una sua dimensione. L’annata era iniziata con Matarazzo in panchina, poi dopo i periodi di scarso successo di Wimmer e Labbadia la scelta è stata di puntare su Sebastian Hoeness, ricevendo un mare di critiche, visto che parliamo del nipote del grande Uli, leggenda del Bayern, e figlio di Dieter, in passato ex giocatore e anche dirigente della società.
L’ascesa dello Stoccarda: la forza delle idee
Mai scelta fu più azzeccata. Dopo la salvezza, a Stoccarda è cambiata aria. E tutti quei talenti che non sono mai mancati – portati nella maggior parte dei casi dall’ex capo scout del Dortmund e dell’Arsenal, Sven Mislintat – hanno d’improvviso trovato un contesto tattico in cui potersi esprimere. E così Enzo Millot, 2002 francese, è diventato uno dei migliori interni d’inserimento in circolazione, Chris Führich una delle ali più imprevedibili, Hiroki Ito uno dei centrali più affidabili (e lo ha preso il Bayern). Per non parlare delle plusvalenze fatte su Kobel e Anton, oggi al Dortmund, o Guirassy, andando fino a Mavropanos ed Endo, rivenduti in Premier a peso d’oro.
A chi è rimasto nel corso degli anni – Führich, Millot, Karazor, Silas – si sono aggiunti innesti mirati come Vagnoman a destra, Undav in attacco, Stiller in mediana, Mittelstädt sulla sinistra, Nübel in porta. E non sono nomi a caso, ma tutti giocatori che a Stoccarda sono arrivati fino alla conquista della nazionale tedesca. Merito non solo del sistema. Ed è poi ciò che ha spinto in estate anche attaccanti in rampa di lancio europea come El Bilal Touré dall’Atalanta o Demirovic dall’Augsburg a volare in Germania per una ventina di milioni di euro, in un posto dove le idee di calcio offensivo e propositivo fanno raccogliere frutti importanti. Ma guai a scambiarla per una provinciale: lo Stoccarda ha più dna Champions di molti altri. E non vede l’ora di poterlo dimostrare. LEGGI TUTTO