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    Idea Pavlovic, la Lazio ci riprova per puntellare la difesa. Ma altri due club…

    Il 22enne centrale del Salisburgo era stato nel 2019 a un passo dalla firma col club di Lotito, ma non superò le visite mediche. È seguito in Italia anche da Napoli e Juve   

    Una filosofia chiara, che verrà portata avanti nel tempo. Il Salisburgo ha sempre agito in maniera molto trasparente. Dà ai calciatori l’occasione di giocare in un campionato che, seppur in crescita, non è di primo livello, ma anche di confrontarsi in Champions League. In questa stagione gli austriaci sono capitati nel girone dell’Inter, negli ultimi anni si sono scontrati con squadre del livello del Siviglia e del Bayern Monaco. E non sempre hanno sfigurato, anzi. Messi in vetrina i propri giovani, il Salisburgo è solito vendere: solo nell’ultima estate sono partiti Sesko, Seiwald, Okafor, Kohn, Adamu, Diakité, Bernede e Bernardo. Un anno fa era stato ceduto Adeyemi, prima ancora Szoboszlai e Haaland. Anche i giocatori che compongono attualmente la rosa degli austriaci sono in vendita. Il Salisburgo si considera infatti un passaggio intermedio, il club giusto per introdursi nel grande calcio e fare un ulteriore salto di qualità. Attualmente il calciatore più rappresentativo della squadra è Strahinja Pavlovic. Difensore centrale possente e forte nei contrasti, ha 22 anni ma vanta già 29 presenze con la nazionale serba (e un gol ai Mondiali) e 23 fra Champions (preliminari compresi) ed Europa League. Potrebbe essere lui il prossimo a partire. E lo osservano con attenzione diversi club italiani. 

    pavlovic—  Già nel 2019 Pavlovic era a un passo dalla Lazio che lo aveva preso dal Partizan. Il serbo (all’epoca appena maggiorenne) però non superò le visite mediche e la trattativa saltò. Ora i biancocelesti tornano alla carica. C’è stata una richiesta di informazione, il Salisburgo di fronte a una buona offerta (non meno di 20 milioni) è pronto a cedere, come da filosofia del club. In Italia però il giocatore è osservato con attenzione anche da Napoli e Juventus. D’altronde il Salisburgo ha una filosofia chiara. Di fronte a una buona offerta nessuno è incedibile. Per permettere al club di crescere e ai giocatori di fare il salto. LEGGI TUTTO

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    Manlio Scopigno, allenatore più democratico del mondo che fu re a Cagliari

    Il vizio delle sigarette. Un carattere ironico, taciturno e dissacrante. L’allenatore “filosofo” vinse solo una cosa, ma indimenticabile: lo scudetto del Cagliari nel 1970. L’unico. Un po’ come lui, così diverso dai colleghi. Ci manca da 30 anni

    Lo chiamavano il Filosofo, ma era solo un uomo, un allenatore tranquillo. Detestava i maghi e i fattucchieri, i saputoni del bla bla e quelli che sdottoravano “mo’ te lo spiego io”. Non poteva vedere Helenio Herrera, perché “parlava dal balcone”. Manlio Scopigno, scomparso il 25 settembre di 30 anni fa, era tutto il contrario dei colleghi. Timido, pigro, silenzioso e modesto. Dicevano di lui: “Quando parla bisbiglia, quando urla parla”. LEGGI TUTTO

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    Inter e Juve: ecco perché ora sono davanti a tutte le altre

    Rose più profonde, difesa a tre, bianconeri senza coppe, nerazzurri che non si sono più fermati dalla scorsa Champions: ma è presto per escludere Milan e Napoli dalla corsa scudetto

    Con tutte le precauzioni del caso, perché siamo ancora al fischio d’inizio, il tema dell’anno sembra Inter-Juve. I nerazzurri sono davanti: non si sono più fermati dall’ultima Champions, fanno punti anche quando dovrebbero affondare, vedi Real Sociedad, e hanno un potenziale ancora inespresso. I bianconeri sono gli inseguitori con meno pensieri: soltanto il campionato e, quando arriverà, la Coppa Italia. LEGGI TUTTO

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    Vlahovic e non solo, un piede tira l’altro

    Sabato scorso il centravanti della Juve ha segnato una doppietta alla Lazio col piede “debole”. Nel suo caso, il destro. Un evento tutt’altro che raro, come dimostrano i fuoriclasse che prima di lui hanno fatto gol usando l’estremità meno forte

    Paulo Roberto Cotechiño era ambidestro ma anche ambisinistro e oggi chissà, magari farebbe comodo in un calcio in cui si parla di piede dominante e di piede debole, dove quest’ultimo nel migliore dei casi funge da appoggio e nel peggiore da stampella. Così quando un attaccante segna con l’altro piede – quello che di solito usa con parsimonia – ci si stupisce assai, come è successo quando Dusan Vlahovic ha segnato – di destro, lui che è mancino naturale – una doppietta contro la Lazio. Nella stessa partita Federico Chiesa – la cui confidenza con il gol poggia sul destro – si è esibito in un esterno sinistro da manuale del calcio. LEGGI TUTTO

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    La Serie A ringiovanisce: età media più bassa negli ultimi cinque anni

    In questa stagione, le squadre hanno mediamente un anno in meno rispetto al 2018-19. Il nostro campionato è sempre più giovane, anche se non ancora come la Ligue 1. Dietro all’Udinese di Pejicic (16 anni) ci sono Lecce, Bologna e Torino

    Il più giovane calciatore della Serie A è nato l’anno in cui è uscito il primo iPhone: giugno 2007. Si chiama David Pejicic, è sloveno e a Udine si diverte sulla trequarti. Andrea Sottil se l’è sempre portato in panchina. E probabilmente sarà lì anche a metà dicembre, dribblando il freddo e il vento, quando i friulani sfideranno il Sassuolo: dall’altra parte ci sarà Gianluca Pegolo, il giocatore più anziano del campionato. Il terzo portiere neroverde è nato nel 1981, l’anno in cui Lady D ha sposato Carlo d’Inghilterra e dall’altra parte dell’Oceano, più o meno nello stesso periodo, Lars Ulrich e James Hetfield battezzavano la loro band come Metallica. Pegolo e Pejicic hanno 26 anni di differenza. Il primo ne ha 42, il secondo 16. Sono il manifesto di due generazioni opposte, ma in una Serie A sempre più giovane rispetto alle stagioni precedenti. LEGGI TUTTO

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    Cristante, l’eroe invisibile di Mou e della Roma che ha trasformato i fischi in applausi

    Friulano di nascita, è diventato in silenzio un simbolo di romanità perché gioca sempre, bene e ovunque… E ora si concede pure colpi da fenomeno

    E se fosse Bryan Cristante il vero fenomeno? Occhio agli eroi invisibili. A quelli dalla bocca cucita, che non parlano mai e le rare volte nessuno ci fa caso, perché non devono spaccare o stupire il mondo. Quelli che non esultano teatrali. Non esultano proprio. Non scimmiottano telefonate a chissà chi e non cullano bebè veri o immaginari, non mostrano orecchie, nasi e bocche, non si atteggiano a statue, non recitano danze, trenini e ammucchiate. Non ammiccano ruffiani. Mai una polemica. Di strano ha solo quel volto un po’ lunare, piuttosto esotico, da esquimese e quel nome Bryan voluto dal padre mezzo canadese, quel volto che non si altera mai, non sai se invaso dalla timidezza o dalla serenità. LEGGI TUTTO