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    L'ex Lazio Morrison rivela: “Ho rubato degli scarpini per far mangiare la mia famiglia”

    (Photo by Paolo Bruno/Getty Images)

    Ravel Morrison, classe 1993, svincolato. Questo quello che raccontano di lui le statistiche. Ma dietro c’è molto di più. L’inglese nel corso della sua carriera ne ha davvero combinate di tutti i colori ed è passato dall’essere una delle migliori promesse del calcio d’oltremanica a uno dei simboli di un talento enorme sprecato.  E per chi non ci crede, valga la citazione di Sir Alex Ferguson su un allora giovanissimo Morrison: “Ha un talento naturale che non ho mai visto in nessun ragazzo con cui ho lavorato”. E detto da chi nella sua carriera ha cresciuto campioni come Paul Scholes e Ryan Giggs, qualcosa significherà anche. Ma il talento è nulla se non è accompagnato dalla testa. E quella di Morrison comincia a girare molto presto.

    SCARPINI – Brutte amicizie e comportamenti non proprio irreprensibili gli valgono la cacciata da parte dello United, che rappresenta l’inizio di una serie di peregrinazioni che lo porteranno alla Lazio, ma anche in Svezia e in Messico. Ferguson si stanca di doverlo controllare costantemente e lo cede al West Ham, non prima che Rio Ferdinand sia costretto a smentire ufficialmente una voce secondo cui Morrison gli avrebbe rubato un orologio d’oro negli spogliatoi. Giusto, perchè la storia che circolava non era esatta. In realtà erano…degli scarpini e non erano solamente quelli del difensore, ma anche un paio appartenente a Wyane Rooney. Lo racconta lo stesso calciatore al podcast del suo compagno di squadra, FIVE. Spiegando comunque di averlo fatto per ottimi motivi…

    CIBO – “Ti ricordi quando mi hanno cacciato dallo spogliatoio per aver rubato i tuoi scarpini? Ovviamente il mio stipendio era quello di un calciatore delle giovanili, ero ancora un ragazzino. Rivendendo un paio di scarpini riuscivo a fare 250 sterline, se ne prendevo due avrei ne avrei avute 500 e avrei potuto portare la mia famiglia al ristorante cinese o a qualcosa di simile. Voi avevate qualcosa come 30 paia di scarpini. Io non volevo fare del male a nessuno, ma quando ho visto che a te o a Wayne ne consegnavano venti o trenta paia alla volta, ho pensato che prenderne uno per mettere un po’ di cibo sul tavolo a casa mia non sarebbe stato un problema”. Non per Ferdinand, che comunque sembra aver ampiamente perdonato l’ex compagno di squadra. Ma per la carriera di Morrison è stato un problema eccome… LEGGI TUTTO

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    Continuità, ripetizioni e Charlotte: con il nuovo Skriniar, Ibra fa meno paura

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    Milano col primato in testa: l’Inter davanti dà segnali di forza, il Milan prepara il controsorpasso

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    Povero Diawara, lasciato dopo San Valentino! E il motivo…

    Fine della storia. La relazione tra Amadou Diawara e l’attrice Mariana Falace è ormai giunta al capolinea. A comunicarlo, dopo soli 13 mesi, è proprio l’ormai ex compagna del centrocampista guineano, che si è affidata a due storie sul proprio profilo Instagram per raccontare i motivi che l’hanno spinta a prendere questa decisione. Questa una parte del messaggio: “Mi sono sempre esposta sui social, perché non farlo anche quando una relazione finisce, perché si è veri in tutto quello che si fa. Ho avuto al mio fianco per 13 mesi un uomo magnifico, che mi ha amata in tutti i modi in cui una donna possa essere amata. Mi ha protetta, abbiamo combattuto insieme e superato cose che neanche una coppia con un passato di 10 anni alle spalle può affrontare. Sono stata vera, onesta dall’inizio alla fine, ma la scelta più giusta non è anche quella più facile. Purtroppo nasco indipendente – come valore assoluto del mio essere – e ho bisogno di un rapporto che nutra la mia anima ogni giorno. Il lavoro che svolgo ha bisogno di appoggio, sostegno, cose che ho sempre ricevuto ma che non so se ora potranno combaciare. Non è stata per me una decisione facile, purtroppo scelgo me e lo farò sempre”.

    Il rapporto con Diawara però resterà: “Gli auguro ogni bene, farò sempre il tifo per lui perché è un grande giocatore, una persona buona, disponibile, generosa e altruista. Porterò per sempre il ricordo di noi perché non vivrò mai nel rancore. I rapporti umani in generale si basano sull’”ho bisogno di te”. Io sono diversa. Non mi manca nulla nella vita, sia professionalmente che come donna. Per me il bisogno nascerà quando mi sentirò completa, nessuno è la metà di nessuno. Bisogna sentirsi interi da soli e poi trovare la persona che possa camminare al tuo fianco, che ti faccia sentire sempre giusta come donna, che ti migliori e che sappia donarti tutte le attenzioni che meriti. Sono sempre stata sentimentale, ho avuto la possibilità di avere al mio fianco uomini potenti (e non per vantarmi) ma chi mi conosce sa che tipo di donna sono. Nata libera, seguo l’istinto e credo nell’amore. È questo che mi caratterizza, non sarò mai una sfruttatrice perché ho imparato a gestirmi da sola, crearmi da sola tutto quello che sto vivendo. E questo passo, questa decisione, lo dimostra. Sono un’artista, nel mio lavoro ho bisogno di serenità e del giusto equilibrio. Per quanto riguarda me, lascerò per poco tempo i social (il male del mondo) per dedicarmi completamente al nuovo personaggio che sto studiando. Tornerò per mostrarvi il mio nuovo, meraviglioso, strepitoso progetto cinematografico a cui ho preso parte (ancora incredula di aver superato quel provino). Ecco, anche questo mi ha dato la forza di fare la scelta giusta per me! Non vedo l’ora di condividerlo con voi. Baci Mariana”. LEGGI TUTTO

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    Sacchi: “Liti, parolacce, proteste: che tristezza. L'Inter? Sta migliorando, ma…”

    L’ex c.t.: “Non abbiamo cultura sportiva. Il nostro calcio ricorda le arene di 2000 anni fa. Chi critica il Milan ricordi da dove è partito. Che bravo Italiano. Conte deve migliorare la fase di transizione. La Roma? Paga una difficoltà sociologica…”

    Arrigo Sacchi, è stata una settimana ricca di polemiche, in perfetto italian style. La lite Agnelli-Conte in Coppa Italia, le proteste di Pirlo e Simone Inzaghi per i rigori subiti… Che effetto le hanno fatto?“Mi hanno lasciato profonda amarezza, dispiacere, malinconia. Confermandomi quello che, ahimè, già sapevo. E cioè che noi viviamo il calcio in modo diverso rispetto ad altre Nazioni: in quelle anglosassoni è uno sport con regole ferree e fair play; in quelle latine e sudamericane viene vissuto con allegria, condivisione e spettacolo. Da noi invece il calcio è spesso la rivisitazione di quanto accadeva nelle arene 2000 anni fa. Non a caso uno dei cori più frequenti negli stadi, quando ci sono i tifosi sugli spalti, è il “devi morire” rivolto a un giocatore a terra. Oppure diventa motivo di rivendicazione sociale: “Vincete questa partita così da renderci pari a loro…”. Quando scattano sentimenti simili l’obiettivo diventa vincere ad ogni costo, disconoscendo la parola merito”. LEGGI TUTTO