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    Torino-Napoli, 17/11/1975: il giorno in cui i granata cominciarono una cavalcata tricolore da sogno

    Al Comunale la squadra azzurra capolista di Vinicio viene battuta per 3-1. Fu lì che i ragazzi di Radice iniziarono la cavalcata che portò allo scudetto vinto all’ultima giornata, dopo un meraviglioso testa a testa con la Juve Tutte le grandi imprese nascono nel momento in cui si arriva ad avere piena consapevolezza dei propri mezzi e, soprattutto, l’umiltà di ammettere i propri errori. Al Torino di Radice, stagione 1975-76, quella chiusa con un punto di vantaggio sulla Juventus e lo scudetto cucito sul petto, la percezione della propria forza e, contestualmente, il coraggio per andare oltre i propri limiti venne in una domenica d’autunno: il 16 novembre 1975, per la precisione. Stadio Comunale di Torino, avversario il Napoli di Luis Vinicio che stava tre punti sopra in classifica dopo sole cinque giornate di campionato. Troppo presto per parlare di partita decisiva, ci mancherebbe altro, ma definirla sfida-verità non era sbagliato. Per i granata, in particolare. LEGGI TUTTO

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    Sogni da 10: Napoli, è stata la mano di Dio…

    Guardando il tabellone uscito fuori dai sorteggi per i quarti e le semifinali di Champions League è evidente che c’è stata una carezza in un pugno. E la carezza era quella di Diego Maradona… È evidente che c’è un prima e c’è un dopo. Prima diversi gol di mano, alcuni annullati, altri no, uno catalogato come arte contemporanea, qualcuno visto, qualcuno no, segnati in ordine sparso in partite ufficiali e amichevoli, e poi ci sono gli altri, dopo, fuori dal campo. In assenza. La Mano de Dios poesse gol e poesse cortocircuito. Guardando il tabellone uscito fuori dai sorteggi per i quarti e le semifinali di Champions League è evidente che c’è stata una carezza in un pugno. E la carezza era quella di Diego Maradona, tutti l’hanno pensato davanti agli schermi, anche se i pugni che pescavano erano quelli di Hamit Altintop e di Patrick Kluivert. Anzi, di più, c’è stato un giudizio universale. Da una parte tutte le aristocratiche, le habitué, con un monte ingaggi pazzesco (Manchester City, Bayern Monaco, Real Madrid e Chelsea), e dall’altra quelle che guardano i bilanci, e devono anche arrangiarsi, almeno negli ultimi anni (Napoli, Milan, Inter e Benfica). Inattese ai quarti. E il giudizio universale e le beffe maradoniane – se non era magico lui, chi? – sono proseguite: perché la parte alta vede le morigerate economicamente, e quella bassa le smargiasse. Potenti e meno potenti. Poi c’è il gioco, e c’è il Napoli, il vero favorito (dopo il Manchester City, anche per i bookmaker) stando all’oggi, stando alla stagione, e ai suoi calciatori, tre barbari che tutti vorrebbero avere – Osimhen, Kvaratskhelia, Kim – e che forse avranno nei prossimi anni le squadre smargiasse, ma ora sono attori del sogno napoletano innestato dalla mano di Maradona lungo un boulevard con vista Istanbul. LEGGI TUTTO

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    Sei italiane nelle coppe: l'obiettivo è non essere più derisi ma temuti

    La primavera del calcio italiano: la miglior risposta a chi lo ritiene in crisi irreversibile Negli ultimi anni il calcio italiano è stato criticato, deriso, vituperato, e non si può dire che mancassero i motivi. Tra un anno la Nazionale festeggerà un decennio senza Mondiali. Russia 2018 e Qatar 2022 li abbiamo guardati da lontano. L’ultima partecipazione risale al 2014 in Brasile e non ne conserviamo grandi ricordi, eliminazione al primo turno. Come in Sudafrica nel 2010. Così Germania 2006, la Coppa del Mondo vinta, rappresenta l’ultima volta in cui l’Italia è entrata nella fase a eliminazione diretta di un Mondiale. Se ci qualificheremo, rimedieremo forse nel 2026, tra Usa, Canada e Messico, vent’anni dopo. Quanto ai club, l’Inter è stata l’ultima italiana a vincere la Champions League. La Juventus è stata per due volte finalista, nel 2015 e nel 2017, ma ha perso e la cosa non conta. Materiale sufficiente per gridare alla regressione o alla recessione, in fondo la stessa cosa. LEGGI TUTTO

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    Jair: “Inter, vinciamo ancora come ai miei tempi. Chi se la scorda quella finale…”

    Parla il protagonista della partita contro il Benfica del 1965 che regalò ai nerazzurri di Herrera la seconda Coppa dei Campioni consecutivaSono passati quasi 58 anni da quella mitica serata: era il 27 maggio 1965 e l’Inter di Herrera conquistò la seconda Coppa dei Campini consecutiva. Contro il Benfica, bastò un gol di Jair, che adesso dal Brasile farà il tifo per Simone Inzaghi e i suoi ragazzi, pronti a giocarsi un posto nelle semifinali. LEGGI TUTTO

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    Juve, rivoluzione esterni: da Holm a Carlos Augusto, tutti gli obiettivi

    Con Cuadrado in uscita e Alex Sandro “dirottato”, il club bianconero è alle soglie di un ricambio generazionale sulle corsie esterne, un tema non più rimandabileLa Juve è già al lavoro per individuare gli innesti migliori da aggiungere alla rosa durante il prossimo mercato estivo. Le esigenze più impellenti dovrebbero emergere sulle corsie esterne, non a caso i dirigenti bianconeri è proprio lì che da tempo provano a fare delle riflessioni su cosa può saltare fuori come opportunità. LEGGI TUTTO