consigliato per te

  • in

    Sacchi: “Avrei voluto Vialli al Milan. Lasciò l'Italia per motivi personali”

    L’ex c.t. azzurro: “Scelse di restare alla Samp perché si sentiva in famiglia. Attraverso il calcio ha saputo regalare emozioni. E quella volta che mi ha raccontato della malattia…”Anche Vialli… No! Sono tanti ormai… Troppi! La mente mi si affolla di ricordi, rivedo i loro volti sorridenti, penso alle loro parole: Maradona, Pablito Rossi, Mihajlovic che avevo sentito una ventina di giorni prima che ci lasciasse, poi l’immenso Pelè. E adesso pure Gianluca… Il destino sembra si sia accanito sul nostro amato mondo del calcio, anche se non è giusto dire così perché il dolore è ovunque, in ogni ambiente, in ogni gruppo, in ogni famiglia. La perdita di Vialli mi dà un dispiacere enorme. Gli ho voluto bene quand’era un calciatore, un grande calciatore. E gli ho voluto ancora più bene, se possibile, quando un giorno mi prese da parte e mi raccontò che cosa gli stava capitando. LEGGI TUTTO

  • in

    Mancini e quell'ultimo abbraccio a Vialli dieci giorni fa: “Un leone sino alla fine”

    Il c.t. in clinica da Vialli: “Era molto debole ma al riposo alternava attimi di grande lucidità. La Nazionale era sempre nei suoi pensieri: mi ha chiesto come era andato lo stage”L’ultimo abbraccio è stato il 29 dicembre. A Londra, come un anno e mezzo prima, l’11 luglio 2021. Senza il profumo dell’erba del prato di Wembley, ma con l’odore inconfondibile di una clinica. Un silenzio dove bastava sussurrare, per parlarsi. Ma in fondo Vialli e Mancini l’avevano fatto anche quella sera: erano così poche le cose da dirsi all’orecchio che bastava farlo a bassa voce. LEGGI TUTTO

  • in

    Dzeko e Dimarco, l'oro di Inzaghi nasce dalle “ex” seconde linee. E ora sono insostituibili

    Il bosniaco ha cominciato la stagione come alternativa a Lautaro e Lukaku, l’esterno partiva dietro a Gosens: invece quest’asse ha pochi eguali e ha già prodotto tre reti tra campionato e Champions LeagueL’Inter riparte da lì. Dal sinistro di Dimarco e dal gol di Dzeko. Gosens e la LuLa sono in agguato, si sono avvicinati durante la sosta per i Mondiali. Ma intanto sono sempre Federico ed Edin a trascinare i nerazzurri, a tenere vivo il sogno scudetto. Simone Inzaghi era arrivato alla sosta con la vittoria a Bergamo ottenuta anche grazie al nuovo asse: palla di Dimarco dalla sinistra e gol di Dzeko per il momentaneo 2-1. LEGGI TUTTO

  • in

    Tecnico, moderno, completo e vincente: così Vialli ha cambiato il ruolo di centravanti

    Segnava ma sapeva giocare con i compagni come pochi. La specialità della casa? I gol in acrobazia È meglio un centravanti d’area di rigore o uno di manovra: un falso nove per intenderci? È meglio un centravanti agile e scattante, oppure un centravanti potente e forte? È meglio un centravanti bravo di testa, da servire con i cross, oppure uno che preferisce il gioco a terra? È meglio un centravanti boa, di quelli che fanno salire all’occorrenza il resto della squadra, oppure uno che cerca e sa sfruttare la profondità? È meglio un centravanti furbo, oppure un generoso? A tutte queste domande, vedendolo giocare, avremmo risposto facilmente: è meglio Gianluca Vialli. LEGGI TUTTO

  • in

    Cremona, “Sampdoro”, Juve e due volte azzurro: il calcio felice e acrobatico di Gianluca

    Un attaccante totale, sgrezzato da Mondonico, sbocciato a Genova e consacrato a Torino. In Nazionale accanto all’amico di sempre Mancini. Con quell’eleganza che è sempre stata la sua cifra esistenziale Lucavialli, scritto, pensato e vissuto così: tutto d’un fiato, come una corsa che si fa da ragazzini, fino all’ultima folata di vento, fino all’ultimo minuto dei suoi cinquantotto anni, maledizione, troppo presto se n’è andato. Luca Vialli, il nostro amico fragile che sei anni fa – era il 2017 – raccontò che la malattia gli si era seduta accanto, a fare ombra ai suoi giorni, a oscurarne qualsiasi ipotesi di futuro. Tumore al pancreas. L’aveva detto, così, senza infingimenti, condividendo l’ansia e le paure, con un sorriso triste che nella piega amara della bocca custodiva una sentenza. Qualche giorno fa si era sfilato dal suo ruolo di capo delegazione della Nazionale azzurra, con quell’eleganza che è sempre stata la sua cifra esistenziale, senza far rumore, sfumando in una dissolvenza che aveva il contorno di un congedo. LEGGI TUTTO

  • in

    Dall'oratorio allo scudetto, fino alla Champions: chi era Vialli in campo

    La storia di Gianluca Vialli inizia a Villa Affaitati, vicino Cremona, il castello di papà con l’erba rigogliosa. Gianfranco Vialli, imprenditore, osserva il figlio dalla torre più alta e intravede il talento. “Luca”, intanto, gioca con i fratelli e fa la radiocronaca, immaginandosi nel pantheon del calcio. I pomeriggi sono scanditi da un pallone di carta e da scarpe sporche di fango. Gianluca, ogni giorno, gioca prima in giardino e poi all’oratorio Cristo Re. Il primo a intuirne le potenzialità è Franco Cristiani, professore di italiano e allenatore dei Giovanissimi del Pizzighettone. Inizia lì. La Cremonese lo acquista per mezzo milione di lire nel 1978. LEGGI TUTTO