L’islandese è una delle rivelazioni di questa Serie A: “Altro che folletto, amavo Batman e l’Uomo Ragno. Per vincere le paure mi sono lanciato col paracadute. Voi italiani avete abitudini strane, per esempio…”
Dunque, vediamo… ecco qua: “folletto”, figura leggendaria presente nella mitologia nordica. Leggendaria nel senso di immaginaria, quindi frutto della fantasia. Sicuri-sicuri? Perché noi un folletto in carne e ossa ce l’abbiamo qui di fronte, ed è lo stesso che ogni fine settimana in uno stadio di calcio si esibisce davanti agli occhi – attoniti e ammirati – di decine di migliaia di persone. Lo fa da burlone agile e sfuggente qual è quello che popola le storie della terra da cui lui proviene, l’Islanda: scompare da un punto del campo per poi riapparire in quello opposto e colpire. Contorce il suo corpo esile, quelle gambette magre, eppure forti e resistenti, in dribbling strettissimi, col pallone – quel pallone sempre incollato al piede anche quando corre – che fa passare, non si sa bene come, sopra, sotto, forse addirittura “attraverso” gli avversari, che con lui collezionano brutte figure in serie. Un folletto, appunto, che al Genoa dal gennaio di un anno fa, in queste prime otto giornate di Serie A si è rivelato non soltanto imprendibile per la maggior parte dei difensori, ma anche terribilmente efficace: partendo da una posizione ibrida tra seconda punta e trequartista, ha segnato 3 gol e portato a termine 19 dribbling, secondo solo a Soulé del Frosinone (22). Possibile che siano tutti visionari, vittime di un’allucinazione collettiva? Chiediamolo al diretto interessato. LEGGI TUTTO