Audere est facere, osare è fare: è il motto del Tottenham Hotspur Football Club che Antonio Conte, 53 anni, onora a tal punto da avere rischiato veramente grosso. Operato il 1° febbraio per un problema alla cistifellea, diagnosticato dai medici del club e messi in allarme dai forti dolori addominali accusati dal tecnico. L’uomo dei 102 punti record con la Juve e dell’ultimo scudetto interista sarebbe dovuto rimanere a riposo per quindici giorni. Macché. Il 5 febbraio ha saltato la partita con il City (1-0 per il Tottenham), poi, però, non c’è l’ha fatta più a rimanere a guardare. Così, ha sfidato lo stop prescritto dai medici: l’11 febbraio era in panchina a Leicester (4-1 per le Foxes) e il 14 febbraio si è presentato a San Siro per la partita di Champions League persa con il Milan. Però, a San Siro lo si era visto subito: Conte non era lui. Non era il solito carissimo, tarantolato, incontenibile uomo in più della sua squadra, aduso correre, saltare, urlare lungo la linea del campo, esondando dall’area tecnica per dare la carica ai giocatori. Il volto tirato, l’espressione sofferente, Antonio ha tenuto duro, ma l’indomani si è dovuto fermare. Molto a malincuore. LEGGI TUTTO