Sabato sera, all’ora dell’aperitivo, Nicolò Fagioli ha segnato un altro di quei gol che possono rappresentare tranquillamente il punto di svolta di una carriera. Un altro? Sì, certo, quello di Lecce è stato il primo in assoluto sul palcoscenico della Serie A, per giunta con indosso quella maglietta bianconera vestita fin da bambino per le vie e le piazzette di Piacenza, da tifoso della Juventus prima ancora che giocatore del settore giovanile e, ora, della prima squadra. Un traguardo raggiunto, però, anche e soprattutto per via di un altro gol, questa volta metaforico, realizzato ben prima della conclusione a giro che ha illuminato la tiepida serata di fine ottobre al Via Del Mare. Perché entrare nelle grazie un uomo di calcio e di intuito come Ariedo Braida, uno che il talento lo annusa e lo assapora, non è per nulla scontato. La chiamata del consigliere grigiorosso alla Cremonese un anno fa, all’alba di una stagione conclusa con una storica promozione in Serie A centrata da protagonista, è stata uno spartiacque per la conferma estiva agli ordini di Allegri. «Non ho mai avuto dubbi sulla sua classe, ma lo scorso anno ho avuto modo di conoscere anche un ragazzo con la voglia di imparare e questo è fondamentale – la premessa dello storico direttore generale del Milan, che in rossonero aveva portato Van Basten e Weah, Shevchenko e Kakà –. Se al talento abbini la giusta mentalità, allora puoi pensare di affermarti ai vertici».Guarda la galleryFagioli, esultanza liberatoria e bacio alla maglia della Juve
Ariedo Braida, qual è stato il suo primo pensiero quando ha visto quel pallone infilarsi all’incrocio dei pali?
«Il pensiero di un po’ tutti, credo: mamma mia che gol! Ma Nicolò non mi ha sorpreso, in realtà: ha quei colpi nel suo bagaglio tecnico».
E adesso?
«Adesso ci vuole cautela, per non bruciarlo e per limitarne l’esposizione. Il percorso di crescita di un giovane è lungo e graduale. Ma, ora, Fagioli è pronto per intraprenderlo: il talento l’ha sempre avuto, adesso è anche maturo di testa e si è sviluppato bene fisicamente».
La perla realizzata a Lecce può rendere più semplice la sua ascesa?
«Potrebbe aiutarlo ad avere più spazio nelle prossime partite, certo. Ma, in realtà, ora per lui viene il difficile: Nicolò adesso è chiamato aconfermarsi ai massimi livelli, lasciandosi alle spalle quella mancanza di continuità che a volte l’ha limitato».
A proposito di pregi e difetti: qual è il suo ruolo ideale?
«A me la sua evoluzione ricorda da vicino quella di Pirlo, passato da numero 10 a regista basso. Fagioli con noi, a seconda delle necessità, ha agito un po’ più alto o un po’ più basso, ma probabilmente il meglio lo fa vedere davanti alla difesa in un centrocampo a due, come ha fatto vedere nel 4-2-3-1 di Pecchia. A un patto, però…».
Ovvero?
«Che abbia la licenza di risalire il campo e avvicinarsi alla porta: la rete con il Lecce non è stata casuale: ha diversi gol nei piedi nell’arco di una stagione. Una dote da abbinare alla facilità con cui crea gioco: deve stare al centro per poter toccare tanti palloni».
Ma non è che la rete di sabato ha rovinato i piani di aveva fatto un pensierino a lui in vista del mercato di gennaio?
«Ai dirigenti della Juventus lancio pubblicamente un appello (ride, ndr): se avete bisogno di qualcuno che lo faccia giocare con maggior regolarità, la Cremonese è disposta al sacrificio!»
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