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    Juventus, il retroscena: Allegri e il discorso alla squadra. La frase detta ai suoi

    Al di là dei discorsi pubblici, ci sono quelli da dietro le quinte. In questi giorni Allegri ha molto insistito su un concetto, dopo aver tenuto a rapporto la squadra. Vale a dire: siete alla Juve e dovete dimostrarvi all’altezza, non potete farvi impaurire e guai a chi perde la speranza nella rimonta. Ancora più brutalmente: «Chi non se la sente lo dica e sta fuori, ma chi c’è tiri fuori i coglioni!». Manco a dirlo, nessuno s’è tirato indietro. Peraltro pur in questi momenti di difficoltà e risultati pessimi s’è avuto modo di apprezzare la disponibilità di molti, lo spirito di sacrificio (ad esempio di Alex Sandro, che a Lisbona era acciaccato ma è comunque sceso in campo). LEGGI TUTTO

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    Juve, Vlahovic rischia anche l'Inter: ricomincia il grande tormento

    Testuale: «All’ultimo momento Vlahovic non ha recuperato da questo persistere di dolore all’adduttore/pube». Ahia. Massimiliano Allegri, ieri in conferenza stampa di vigilia del match che la Juventus disputerà questa sera contro il Lecce, ha stroncato sul nascere le speranze più rosee e ottimistiche circa le condizioni dell’attaccante serbo. E ha riportato la memoria degli astanti non soltanto a martedì scorso (ergo: al momento dell’infortunio patito da Vlahovic durante Benfica-Juventus, con annesso cambio al 25’ della ripresa), bensì anche alla scorsa stagione. Quella travagliata – assai più del previsto – proprio a causa dei fastidi ai bassi addominali, adduttori. Ecco perché l’incubo rischia di ricominciare. Un incubo fatto di dolori, di acciacchi, di difficoltà ad allenarsi oltre che di indisponibilità. Mica per niente Vlahovic era così scorato, martedì, quando s’è accorto della situazione.

    Recente passato

    Vlahovic aveva dedicato buona parte dell’estate a lavori specifici ed esercizi mirati, terapie (saltando le prime partite amichevoli negli Stati Uniti) pur di risolvere una volta per tutte questo fastidio. Lo aveva spiegato chiaramente in una intervista rilasciata durante il ritiro, commentando l’annata appena conclusa: «Non mi piace trovare alibi. Se sono uscito in campo, è perché ero pronto a giocare. Però questo problema me lo sto portando dietro da tanto tempo. Alla fine della stagione volevo recuperare al meglio possibile visto che ho anche dovuto rifiutare la Nazionale, e questa è una cosa che mi spiace molto. Ma quest’estate mi sono dedicato solo a lavorare per recuperare. Ho iniziato un percorso per essere pronto al 100 per cento per questa stagione. Ora sto finendo questo percorso: mi sento bene e sarò a breve al 100 per cento». Effettivamente l’inizio della nuova stagione è stato promettente, con gol e buone prestazioni. Poi c’è stata una flessione dal punto di vista delle marcature, ma fisicamente non c’erano problemi di sorta. Allegri ha avuto modo di insistere molto sull’ex viola. Pure troppo, forse… Vlahovic – alle spalle di Danilo – è il secondo bianconero più presente in campo: 1267 minuti suddivisi in 15 presenze. Ultimamente, ecco il nuovo fastidio.

    Guarda la galleryJuventus dimezzata: la lista dei dieci indisponibili di Allegri

    Le tempistiche

    Ovviamente la speranza di tutti, giocatore in primis, è che il problema si risolva in tempi rapidissimi e senza lasciare conseguenze. Tuttavia il rischio che Vlahovic debba/possa saltare anche la partita contro il Paris Saint Germain in programma mercoledì prossimo all’Allianz Stadium è abbastanza concreto. E c’è di più: pure il match di domenica contro l’Inter, sempre allo Stadium, è a rischio. Sfidare la sorte, peraltro, sarebbe assai pericoloso. Questo è periodo in cui non solo gli infortuni, ma anche le ricadute, sono tutt’altro che una rarità in casa Juventus. Le valutazioni del caso saranno dunque fatte di giornata in giornata, con cautela e prudenza.

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    Inchiesta Prisma, la Juventus va al contrattacco

    Dunque a partire da questa settimana, da lunedì 24 ottobre, quando alla Juventus la Procura di Torino ha notificato la conclusione della inchiesta iniziata a maggio del 2021 con le prime indagini sulle plusvalenze ritenute sospette (poi oggetto di assoluzione da parte del Tribunale federale in due gradi di giudizio tra aprile e maggio 2022), la società bianconera gioca su due tavoli: il campo, e qui la reponsabilità è di Massimiliano Allegri e il tribunale, con gli avvocati Marco Bellacosa e Davide Sangiorgio in prima fila a difendere l’operato e gli interessi del club bianconero. Due legali che parafrasando il gergo calcistico si possono definire top player visto che il primo a Roma è socio di uno degli studi legali più prestigiosi in Italia, “Severino”, mentre il secondo appartiene allo studio milanese che porta il suo nome. Proseguendo nella metafora pallonara, i due si devono dunque immaginare come una coppia d’attacco da Champions. Nel frattempo trapela la convinzione nel club juventino di non dover giocare in difesa rispetto alle accuse della Procura di Torino su plusvalenze fittizie, false comunicazioni sociali e alterazione dei bilanci dal 2019 al 2021, andando invece all’attacco, forti delle riflessioni che gli avvocati stanno maturando man mano che prosegue l’analisi delle voluminosissime carte prodotte dal pool formato dal procuratore aggiunto Marco Gianoglio e i pubblici ministeri Mario Bendoni e Ciro Santoriello che dopo essersi vista respinta la richiesta degli arresti domiciliari per Andrea Agnelli hanno fatto ricorso al tribunale del riesame per quanto riguarda il sequestro dei beni.

    La full immersion

    I legali della Juventus hanno dunque iniziato una vera e propria full immersion per definire al meglio il perimetro delle contestazioni ricevute e quindi definire la strategia da attuare per portare avanti le proprie ragioni. Ragioni che dovranno essere espresse verbalmente o per iscritto entro la metà di novembre poichè hanno a disposizione 20 giorni dallo scorso lunedì quando alla società bianconera è stata notificata la chiusura delle indagini. I legali devono quindi scegliere non solo i contenuti, ovvero le controdeduzioni alle accuse mosse, ma anche la forma. Si avvicina il bivio in cui si dovrà scegliere la strada: chiedere di essere ascoltati con conseguente verbalizzazione dell’incontro oppure depositare una memoria difensiva scritta, e questa ipotesi potrebbe alla fine essere quella prescelta anche se sono ovviamente ancora in corso le valutazioni del caso.

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    Le tempistiche

    In effetti le opportunità per vedersi e incontrarsi non mancheranno nei prossimi mesi. Il processo sarà lungo e sulla calendarizzazione peserà ovviamente il fatto che in Procura esiste una coda processuale non trascurabile. In teoria si può immaginare la seduta dal Gup, il giudice dell’udienza preliminare, tra febbraio e marzo che con ogni probabilità rinvierà a giudizio gli imputati per il processo di primo grado. Azzardare ora una tempistica per l’inizio vero e proprio del processo non è facile ma si può immaginare, come probabile, l’arco temporale a cavallo dell’estate. Dunque una partita lunghissima, in cui non mancheranno colpi di scena e prefigurare ora quando calerà il sipario del primo atto, ovvero la sentenza di primo grado, è al momento esercizio che appartiene alla magia.

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    Infortuni Juventus, non è solo sfortuna. L'irritazione della dirigenza

    Il mal comune in questo caso non può essere mezzo gaudio. Anche perché, se è vero che l’incremento degli infortuni muscolari è comune, appunto, a tutta la Serie A, è altrettanto vero che non è un male uniforme. Perché se tutte le squadre hanno subìto affaticamenti e lesioni, la Juventus ne ha avuti decisamente tanti, più di tutte le big: 15, distribuiti tra 10 giocatori. Il Milan ne ha avuti 14, ma guardandoli dall’alto del secondo posto fanno meno effetto. Ai guai muscolari per giunta si sono sommati gli infortuni traumatici, a cominicare dalla lesione del menisco di Pogba, che portano il totale degli infortuni bianconeri a 21. Troppi. E se per gli ultimi citati ce la si può prendere solo con la sfortuna, la società è infastidita dai primi, che continuano a susseguirsi. Solo negli ultimi 10 giorni Allegri ha perso Bremer, Paredes, Vlahovic e, almeno come titolare martedì a Lisbona, anche Alex Sandro. Emergenza che peraltro ricorda alcune situazioni del recente passato, come la decisiva sfida degli ottavi di Champions persa con il Villarreal a marzo, quando per problemi muscolari mancavano Bonucci, Alex Sandro e Zakaria, mentre Chiellini, Dybala e Bernardeschi dovettero partire in panchina perché reduci da quegli stessi problemi. Tornando al presente, è evidente che qualcosa nella preparazione atletica non abbia funzionato. Al netto del calendario supercompresso, al netto dei problemi di natura traumatica che limitando le rotazioni hanno sovraccaricato alcuni giocatori e al netto di età e predisposizione a quel tipo di infortuni di altri. Perché tutto questo è vero, ma è vero anche che ci sono club, e staff, che sono riusciti a gestire il surplus di partite: il Napoli ad esempio di infortuni muscolari ne ha subiti solo tre, uno ciascuno per Anguissa, Osimhen e Rrahmani. E riuscire a fare bene le cose difficili, come è senza dubbio la gestione della preparazione atletica in una stagione strana come questa, può fare la differenza tra vincere e perdere.Guarda la galleryJuventus dimezzata: la lista dei dieci indisponibili di Allegri

    Riflessioni e correzioni

    La questione non a caso è da tempo oggetto di riflessione da parte di Allegri e del suo staff, a cominciare dallo storico preparatore Simone Folletti. E ancor meno a caso già a metà settembre la Juventus ha deciso di coinvolgere più attivamente il coordinatore delle aree legate alla performance, Giovanni Andreini, ex preparatore atletico di Roberto Donadoni arrivato in bianconero a luglio. Mosse che finora non hanno portato però i risultati sperati, d’altra parte giocando ogni tre giorni diventa impossibile intervenire su quanto fatto prima. Il tiro si potrà correggere durante la sosta e nell’intervallo tra la fine del Mondiale e la ripresa del campionato. Ora il massimo che si possa fare è gestire la situazione e anche a questo riguardo in seno alla Juventus si registra un certo disappunto per i risultati delle scelte che coinvolgono staff tecnico, atletico e medico. Al di là delle speranze in recuperi più rapidi dei lungodegenti Pogba e Chiesa, hanno fatto storcere qualche bocca le ricadute di Di Maria, infortunatosi alla 1ª giornata all’adduttore sinistro dopo qualche fastidio avvertito ai primi di agosto, e poi allo stesso muscolo alla 5ª (il Fideo si è poi fermato di nuovo per un problema ai flessori della coscia destra). Così come il riaffacciarsi dei problemi, che sembravano essere stati risolti in estate, tra adduttore e pube di Vlahovic, fermatosi martedì a Lisbona, alla 13ª partita da titolare in 50 giorni (comprese due in Nazionale). Questioni che entreranno nelle valutazioni su Allegri e sullo staff assieme a risultati e prestazioni. Perché è difficile giocare in modo efficace senza giocatori.

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    Matuidi: “Così la Francia può rivincere il Mondiale”. E su Pogba…

    Blaise, che ruolo ha giocato lo spirito di squadra nella vittoria della Francia nel 2018?Ha giocato un ruolo fondamentale. È stato essenziale, l’essenza della nostra vittoria. Certo, il talento è importante, ma senza un gruppo forte non saremmo diventati campioni del mondo. Abbiamo vissuto momenti speciali in campo ma, cosa ancora più importante, anche fuori dal campo. Penso che l’unione che ti dà la forza del gruppo in una competizione come i Mondiali sia di vitale importanza.

    Che ruolo hanno avuto i leader della squadra?Penso che noi calciatori più esperti, come Hugo Lloris, Raphael Varane, Paul Pogba, formassimo un gruppo di giocatori che ha portato esperienza. E poi Adil Rami, per esempio, non ha giocato molto, ma ha portato la sua esperienza. Penso che tutti siamo stati dei leader a modo nostro e avere una squadra con giocatori che hanno un po’ di esperienza è importante. Quando tutti incarnano la leadership, il gruppo è come una cosa sola e questo è meraviglioso. Remiamo tutti nella stessa direzione. Certamente ci sono dei giocatori che tirano avanti il gruppo, ma la cosa più importante è essere uniti.

    Qual è la cosa più importante da conservare per una squadra che vince una competizione?Direi che la cosa più importante è l’unione del gruppo, l’unione della squadra. Il calcio è uno sport di squadra. Vinciamo e perdiamo insieme. Penso che questa sia stata la nostra forza, siamo 23 campioni del mondo. Il che è fantastico. Penso che sia ciò che bisogna conservare. Tutti e ventitré siamo riusciti a unire il popolo francese. Non lo dimenticheremo mai.

    Quindi qual è la cosa del 2018 che non dimenticherai mai?I viaggi di ritorno al centro di allenamento in cui alloggiavamo. Non dimenticherò mai quei momenti perché abbiamo condiviso esperienze che non avevo mai vissuto prima. Sono legami forti quelli che si creano. Ci sentivamo come 23 fratelli con i nostri zii che erano i membri dello staff, che ci viziavano. È stato semplicemente magico. E, a parte ciò, direi il fischio finale quando abbiamo festeggiato tutti insieme. Durante il torneo abbiamo vissuto momenti di felicità insieme. Forse abbiamo vissuto in una bolla, ma questa bolla era come una famiglia. E questa famiglia è rimasta unita. A volte le cose erano anche difficili, perché è un periodo lungo, ma è stato bello, è stata una bellissima esperienza.

    Quante chances pensi abbia la Francia di confermarsi campione?E’ una grande sfida. Siamo consapevoli che vincere i Mondiali due volte di fila è una grande sfida. Abbiamo il talento e un gruppo che sta facendo bene. È ormai da qualche anno che molti di loro giocano insieme. E, soprattutto, i giocatori più giovani giocano già nei club più importanti. Poi, l’unione sarà fondamentale, lo spirito di squadra. Abbiamo molta fiducia nell’allenatore che, da quando è sulla panchina della Francia, ha dimostrato di saper guidare il gruppo e far fronte a sfide e aspettative. E spero che Paul (Pogba, ndr), ce la faccia a recuperare: lui è un valore aggiunto.

    Vedi delle somiglianze tra la squadra del 1998 e quella del 2018?Lo spirito di squadra ovviamente. Come nel 1998, c’erano singoli forti che spiccavano, ma l’unità del gruppo, la forza del collettivo è ciò che fa la differenza.

    Descrivici il miglior gol della tua carriera.Penso quello con la Francia contro la Serbia. Era un’amichevole ma penso che sia stato un bel gol. Da calcio d’angolo, ero al limite dell’area di rigore, l’ho presa al volo e ho segnato un gol davvero stupendo!

    E chi è il miglior giocatore con cui hai giocato ai Mondiali? E perché?Sono stato abbastanza fortunato da giocare in Nazionale accanto a grandi giocatori nella mia carriera, sia con la Nazionale, come Franck Ribéry, Karim Benzema, più recentemente Kilian Mbappé, Paul Pogba, Ngolo Kanté. Sono giocatori eccezionali. Sia a livello di club. Ho potuto affrontare giocatori come Lionel Messi contro l’Argentina, Cristiano Ronaldo contro il Portogallo e molti altri. Potrei menzionarne molti altri. La azionale ti permette di affrontare i migliori e giocare con i migliori: è fantastico e ne sono orgoglioso.

    Puoi dirci qual è la miglior partita che hai giocato ai Mondiali? E spiegarci perché…Collettivamente penso che la partita contro l’Argentina sia stata un successo, una gara spettacolare. Abbiamo mostrato maturità, talento e forza di gruppo. Penso che sia stata una gara in cui ci siamo impegnati e abbiamo giocato bene dall’inizio alla fine. A livello personale la semifinale contro il Belgio è stata una delle migliori partite della mia carriera, da calciatore professionista e specialmente con la Nazionale. Penso che complessivamente sia stata un’ottima partita per me. Ho alzato il livello del mio gioco per aiutare la squadra a raggiungere la finale.

    Il miglior gol che hai mai visto ai Mondiali?Ce ne sono stati di belli, di magici come quello di Diego Maradona che è partito da metà campo e ha dribblato tutti. Me lo sto ricordando ed è meraviglioso. Un po’ più recentemente, in Brasile, ricordo il meraviglioso colpo di testa di Van Persie su un lancio lungo. Quando ha segnato con un colpo di testa in tuffo facendo un pallonetto al portiere. Anche quello è stato incantevole. Quelle sono gesta meravigliose di grandi giocatori, per questo questa competizione è la più bella.

    Chi è il miglior giocatore che hai visto in allenamento e perché?Dicono che giochi come ti alleni. Se c’è un giocatore che mi ha sempre sorpreso, è Ngolo Kanté. Ti sembra che sia dappertutto, in allenamento e in partita. È stato meraviglioso giocare con lui. Sono stato fortunato a lavorare con lui per molti anni. Quando l’ho incontrato la prima volta era molto timido. È sempre stato timido, ma in campo era un mostro. È stato meraviglioso condividere quei momenti insieme, abbiamo uno stile di gioco simile e sono orgoglioso di aver potuto giocare con lui.

    Chi era il burlone dello spogliatoio?Noi avevamo Adil Rami, a cui piaceva scherzare. Questo è positivo perché mette tutti di buon umore, mantiene l’unione. Anche quando abbiamo avuto momenti in cui non ci sentivamo molto bene, lui aveva sempre il sorriso sulla faccia. È un’ottima cosa per la squadra.

    Chi sono i tuoi migliori amici nel calcio e perché?Non ho un miglior amico, ho sempre fatto amicizia con tutti. Sono molto aperto, ma ho mantenuto un legame forte con i giocatori con cui sono cresciuto nei primi anni di carriera al Saint-Étienne, per esempio. Nella nazionale francese Mamadou Sakho e Paul Pogba. Ci sono giocatori con cui ho un rapporto profondo. C’è anche Moussa Sissoko. Sono più che compagni di squadra. Si creano dei legami quando si sta insieme e si attraversano momenti speciali. In nazionale abbiamo creato dei legami forti durante il torneo. Quindi è bellissimo.

    Qual è il miglior consiglio che ti hanno dato nella tua vita, come persona e come calciatore?Il miglior consiglio me lo hanno dato i miei genitori. È quello di rispettare i compagni, la gente intorno a te, i ct, gli allenatori e te stesso, e anche quello di rimanere sempre umile. E anche sapere da dove vieni. Ho una famiglia che è stata sempre umile, rispettosa e ben educata. Penso che questo sia stato uno dei miei punti di forza. Lo devo ai miei genitori.

    Qual è il miglior stadio in cui hai giocato ai Mondiali?Quello di Rio de Janeiro, per me, era uno stadio, una città, un paese. Quando senti Maracanã, pensi agli anni di Pelé. Pensi a tutto ciò e al fatto che stai per giocare in uno stadio del genere, anche se ovviamente l’infrastruttura non è stessa oggi, ma è un ricordo incredibile. LEGGI TUTTO

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    Juventus, Iling per Cuadrado: Allegri e l'idea di Brambilla

    Il nome nuovo, in questa incerottata e claudicante Juventus, è quello di Samuel Iling Junior. Un profilo inedito per i più, sbucato fuori negli ultimi giorni dalla sempre più prolifica palestra che risponde al nome di Next Gen. Un giocatore, però, che negli ultimi mesi è stato inquadrato ed esaltato da chi, della seconda squadra bianconera, è al timone. Il tecnico Brambilla, dopo sette stagioni e tre scudetti nel vivaio dell’Atalanta, in estate ha accettato la scommessa della Juventus, scoprendo quasi subito le doti dell’esterno offensivo. Quasi perché l’ex Chelsea, in realtà, ha saltato la prima parte di ritiro e si è unito ai compagni soltanto a fine luglio, così da smaltire le tossine accumulate nelle gambe durante la cavalcata che lo ha visto diventare campione d’Europa Under 19 con l’Inghilterra. Tra doppi allenamenti a Vinovo e numerosi test amichevoli, complice lo slittamento del via della stagione in Serie C, l’allenatore si è ben presto invaghito delle qualità tecniche ed atletiche del 19enne, provando in settimana tutte le soluzioni possibili per sfruttarne appieno il potenziale in partita. E, proprio in partita, Iling è stato il principale protagonista dell’avvio stagionale della Next Gen, con quattro gol e un assist in sette partite, bottino che ne fa tuttora il capocannoniere del gruppo.Guarda la galleryJuventus, Iling e gli altri: i 25 esordi bianconeri in Prima Squadra
    Iling, la doppia soluzione a disposizione della Juventus di Allegri
    E quel ruolino di marcia, il ragazzo cresciuto nell’Academy dei Blues fin dall’età di 8 anni, l’ha scritto percorrendo su e giù l’amata fascia sinistra, ma non soltanto. Perché Brambilla, esperimento dopo esperimento, si è convinto a imboccare anche una via alternativa. Ovvero quella che ha previsto il dirottamento di Iling, mancino naturale, sulla fascia destra. Così da permettergli non soltanto di puntare l’uomo e raggiungere il fondo, marchio di fabbrica dell’ala inglese, come scoperto sulla propria pelle anche dalla retroguardia del Benfica martedì sera al Da Luz, ma anche di ampliare il bagaglio di soluzioni a disposizione convergendo verso il centro per imbucare in verticale il pallone oppure calciare. Anche perché la conclusione in porta certo non fa difetto al giovane cresciuto insieme all’amico fraterno Musiala: Iling ha realizzato 15 reti in 66 presenze in Under 19, prima di meritare la promozione in Next Gen e quindi la chiamata di Allegri, che lo ha fatto esordire in prima squadra venerdì scorso contro l’Empoli e quindi gli ha dato continuità in Champions League.
    Sì, caro Allegri devi proprio cambiare aria. Largo ai ragazzi del 2003
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    Sì, caro Allegri devi proprio cambiare aria. Largo ai ragazzi del 2003

    Ha proprio ragione Tuttosport che stamane, in tono perentorio, ha  titolato in prima pagina: ‘Allegri, cambia aria’. E se non è sfuggita anche l’interpretazione maliziosa dell’invito che ci sta tutta, le immagini di Miretti, Soulé e Iling hanno subito centrato la questione del giorno. Prigioniera nel tunnel di una crisi già costata la dolorosissima eliminazione dalla Champions League, con tutto ciò che ne consegue, può la Juve continuare a impiegare a singhiozzo i suoi giovani talenti? No che non può. Nel marasma lisbonese, i tre ragazzi del 2003 hanno dimostrato che cosa significhi il vero attaccamento alla maglia: se non fosse stato  per loro, l’umiliazione benfiquista sarebbe stata ancora più insopportabilmente urticante. E allora, caro Allegri, in questa Juve così malridotta, senza gioco, senza qualità, senza nerbo, il tempo dei “giocatori di categoria” è finito. Altrimenti, a che cosa serve la seconda squadra, meritoriamente allestita dalla società e non a caso ribattezzata Next Gen? Dal 2018, anno di fondazione, a oggi sono stati 25 i giocatori che hanno assaporato il debutto bianconero in Serie A. Fagioli, Iling, MIretti, Soulé sono la nuova onda verde. Cavalcarla è d’obbligo. Sprecarla, una jattura. Purtroppo, non è la sola.Guarda la galleryJuventus, Iling e gli altri: i 25 esordi bianconeri in Prima SquadraIscriviti al Fantacampionato Tuttosport League e vinci fantastici premi! LEGGI TUTTO

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    Juve e inchiesta Prisma, la nuova richiesta della Procura Figc

    TORINO – La procura della Figc ha chiesto alla Procura di Torino i nuovi atti emersi alla chiusura delle indagini preliminari nell’ambito dell’inchiesta ‘Prisma’ sulle plusvalenze e sui bilanci della Juventus. Gli indagati sono sedici, compresa la Juve come società, tra cui lo stesso Andrea Agnelli e i massimi dirigenti del club, da Pavel Nedved a Maurizio Arrivabene. Sul tavolo dell’accusa ci sono ipotesi di reato di falso nelle comunicazioni sociali e false comunicazioni rivolte al mercato. Sul fronte della giustizia sportiva lo scorso aprile il tribunale federale ha prosciolto 11 società e 59 dirigenti che erano stati deferiti dalla procura per presunte plusvalenze fittizie, decisione poi confermata a maggio in secondo grado dalla corte federale d’Appello. LEGGI TUTTO