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    L’agente di Rugani: “Alla Juventus non per caso. Se fai più di 100 partite…”

    TORINO – Davide Torchia è un ex calciatore (portiere alla Spal, al Lecce) e un agente esperto assai. Ci ha messo del suo, ad esempio, nella costruzione del ciclo bianconero: Bonucci, ai tempi sotto la sua ala protettiva, fu la prima grande operazione dell’era Andrea Agnelli.

    Signor Torchia, aveva intuito che stava per aprirsi un ciclo storico? 

    «In quel momento nessuno immaginava una cosa così epocale, anche perché ci fu un primo anno di rodaggio. Però Marotta e Paratici trasmettevano entusiasmo e dimostravano professionalità. Avevano le idee molto chiare e sono riusciti a creare un grande gruppo». 

    Ha vissuto le tre gestioni: Marotta, Paratici, Cherubini. Che dirigenti sono? 

    «Marotta era dirigente quando io giocavo. Era già noto e apprezzato per serietà e voglia di fare calcio. E’ chiaro che nel nostro mondo, a seconda di chi ti telefona, beh… Lo squillo ha un peso specifico diverso. Inoltre aveva già competenze gestionali e finanziarie che lo portavano ad una visione globale. E’ istituzionale». 

    Paratici. 

    «Anche con Paratici ci conoscevamo da tanto tempo. E’ un mastino, uno che non molla la presa. Ha due componenti fondamentali. E’ un grandissimo lavoratore e con dei solidi rapporti a livello internazionale: dal procuratore turco, a quelli che lavorano in Inghilterra e Spagna. L’altra cosa fondamentale: ha un senso di appartenenza incredibile per il club in cui lavora. Questo lo portava anche a strappare giocatori ad altre squadre, in modo da indebolire i concorrenti». 

    Cherubini. 

    «Lui è arrivato nel corso degli anni: giovane ds che si è inserito nel tessuto Juventus. Chi l’ha scelto aveva scorto delle qualità che si sarebbero poi consolidate. Anche lui, come Marotta e Paratici, dalla sua ha la gavetta. E’ un dirigente molto lucido nelle analisi. Anche lui sta nelle due fasi: quella completamente tecnica e quella manageriale. Questo è la base di tutto, consente di guardare con serenità al futuro». 

    Ora come sta la Juventus? 

    «E’ un club che si è consolidato ad altissimi livelli con un brand cresciuto a dismisura. E’ una gestione diversa, con campioni internazionali. In questo campionato, l’impressione è che un rilancio immediato ormai non possa più esserci. Ma attenzione: guardando ad ampio raggio bisogna considerare quanto la società è cresciuta, quanti trofei sono stati vinti e quanto è stato fatto di extracalcistico: lo stadio, i centri sportivi. Ci sono delle basi da club internazionale e quelle restano a prescindere dai risultati della singola stagione». 

    Da ex portiere, sa anche cosa vuol dire… gestire difensori. E lo sa da procuratore. Come si va oltre la BBC? 

    «In un club come la Juve sono passati campioni stratosferici come Platini, Zidane, Del Piero, Nedved, Chiellini… Si va sempre oltre i singoli. Nel caso specifico della BBC, tatticamente si vede che si sta già cambiando dal punto di vista dei moduli. Conte quando trovò interpreti come Barzagli, Bonucci e Chiellini scelse di giocare con la difesa a 3. Allegri, che è arrivato dopo, ha modificato leggermente l’assetto. Ora però si vede che gioca in modo completamente diverso: non è mai un tre puro con difensori di ruolo. Detto questo, è evidente che questi giocatori un po’ di ombra l’hanno fatta. Hanno giocato fino 36, 37 anni: vien da sé che il terreno loro viene coltivato prevalentemente da loro e non è facile inserire altri». 

    Rugani, suo assistito. Ha comunque messo insieme oltre 120 presenze. 

    «Io ovviamente non voglio fare réclame a nessuno… Dico solo che nel calcio si analizzano i fatti. In determinati ruoli l’affidabilità a lungo termine ha un peso specifico importante. I ruoli, intendo, in cui servono applicazione e tenacia. Se fai 100 e passa partite in bianconero, non sei lì per caso. Nel titolo della Juventus non c’è scritto mutuo soccorso…». 

    L’aneddoto indimenticabile pescato in una vita da procuratore?

    «La memoria mi riporta proprio a una delle prime trattative con questa nuova Juventus. Una sera ero a Torino in piazza San Carlo e dopo la firma di un contratto dissi: qua tra un po’ si torna con il pullman scoperto. Ora, ridendo, posso dire che è andata bene, no? Un po’ di giri li hanno fatti. Si scatenò un entusiasmo quasi dimenticato. Pessotto, da grande calciatore della Juve, al primo scudetto arrivò a dire, stupito: “Quando siamo venuti a festeggiare la Champions c’era meno gente…”. Ecco: per me che faccio questo lavoro e ho fatto il “calciatore operaio” in tutte le categorie, che sto nel calcio da più di 40 anni, beh, questo è quello che rimane: passione, cuore. Non è solo questione di soldi e di grandi contratti firmati».  LEGGI TUTTO

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    Gran Galà del Calcio, Bremer dimentica il Toro e carica la Juve

    MILANO – Il difensore della Juventus Gleison Bremer è stato votato nella Top 11 della stagione 2021-22 al Gran Galà del calcio grazie alle sue ottime prestazioni con la maglia del Torino. Il difensore brasiliano ha espresso la sua gioia su Instagram pubblicando una foto con il riconoscimento e scrivendo: “È stata sicuramente una stagione molto importante e sono felice di essere stato tra i migliori 11 del campionato italiano, per questa stagione ci sarà da lavorare ancora meglio e con tanta passione per raggiungere grandi traguardi e tante vittorie con la maglia della Juventus”. LEGGI TUTTO

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    Vlahovic e le punizioni: “Alla Juventus grande tradizione, spero di segnare ancora”

    MILANO – In occasione del Gran Galà del Calcio Dusan Vlahovic, votato insieme a Leao e Ciro Immobile come miglior attaccante, ha parlato di un tema che lo ha visto protagonista in questo inizio stagioni: le punizioni. L’attaccante della Juventus infatti è andato a segno in 2 partite consecutive (Roma e Spezia) con due bellissime punizioni all’incrocio: “Se parliamo di chi le ha tirate prima di me alla Juve parliamo di grandissimi campioni, non mi paragonerei a loro. Però mi sto allenando e spero di fare tanti altri gol non solo su punizione ma in generale”. Sul riconoscimento di miglior attaccante della passata stagione: “Vorrei tanto ringraziare i miei colleghi che mi hanno votato. Sicuramente me lo aspettavo, sto lavorando per questo. Ho fatto solo il mio lavoro, è normale”. LEGGI TUTTO

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    La Juve in Chiesa con cautela. Però Max scalpita: ne ha bisogno!

    TORINO – Tre giorni ancora, poi Federico Chiesa potrebbe tornare a cambiarsi nello spogliatoio dell’Allianz Stadium dopo più di 9 mesi. L’ultima volta lo aveva fatto il 6 gennaio, prima di Juventus-Napoli in cui proprio lui aveva pareggiato il vantaggio di Mertens, fissando il definitivo 1-1. Tre giorni dopo a Roma aveva servito l’assist per un altro 1-1, quello di Dybala contro i giallorossi (poi finì 4-3 per la Juve), quindi il legamento crociato del suo ginocchio sinistro si era rotto in un contrasto con Smalling. Operato il 23, l’azzurro ha poi cominciato il lungo viaggio della riabilitazione, con tanto di sosta imprevista e forzata a inizio agosto, quando il ginocchio operato si era gonfiato. Ripartito, a inizio ottobre si è riaffacciato in gruppo e ora gli restano gli ultimi step: tornare tra i convocati, tornare in campo per uno spezzone, tornare tra i titolari.
    Tre giorni di fuoco
    Il primo step, dunque, potrebbe arrivare venerdì sera contro l’Empoli. Forse anche il secondo, che Chiesa spera comunque di regalarsi nel giorno del suo 25° compleanno: il 25 ottobre, quando la Juve si giocherà al Da Luz di Lisbona contro il Benfica la possibilità di continuare a sperare di superare il girone di Champions. Decisivi, intanto, per la scelta di convocarlo o meno con l’Empoli saranno i tre giorni che mancano alla partita con i toscani. Martedì per gli uomini di Allegri è prevista una doppia seduta e non è escluso che l’allenamento pomeridiano possa consistere in un test in famiglia con la Under 19 di Paolo Montero, proprio per verificare le condizioni di Chiesa. E’ comunque ipotizzabile che, anche se intenzionato a non impiegarlo, Allegri possa convocarlo in ogni caso per venerdì sera, per fargli riassaporare il clima della partita.
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    Juve, spogliatoio spaccato e faida interna? La verità

    La compattezza in casa Juventus corre intorno alla figura di tre giocatori che rappresentano il fulcro dell’unità riconquistata dal gruppo, alleato con Massimiliano Allegri. Danilo, Szczesny e Cuadrado, nel momento più drammatico, dopo la “vergognosa” sconfitta di Haifa, si sono fatti interpreti delle parole del presidente Agnelli e, da veterani, hanno inculcato nello spogliatoio lo spirito bianconero stringendosi l’un l’altro, consapevoli che soltanto con l’unità di intenti e con la forza della squadra la Juventus avrebbe potuto risollevarsi, come ha dimostrato andando a vincere il derby. Nessuna spaccatura, nessuna faida tra senatori e nuovi arrivati, ma la necessità di remare tutti dalla stessa parte, insieme con il timoniere livornese: il successo contro il Torino è soltanto la prima boccata d’ossigeno, si è rivista una Juventus che ha tirato fuori l’orgoglio e le unghie, che ha lottato, con i giocatori che si sono aiutati a vicenda. Ora che si è intrapresa la strada giusta, occorrerà proseguire il cammino per salvare la stagione.Guarda la galleryTorino-Juventus, decide Vlahovic: il gol
    Juventus, la leadership di Danilo
    Danilo è la leadership in persona: la sua lunga esperienza, in tanti top club, e la sua saggezza ne hanno fatto un pilastro fondamentale non soltanto in campo. Al brasiliano poi non fanno difetto né le parole né i ragionamenti per cui molto spesso parla ai compagni, come è accaduto prima del derby. Sa toccare le corde giuste per infondere fiducia, ma anche per pretendere responsabilità da parte di tutti: eccelle però nell’altruismo, facendo suo il motto dei moschettieri “Uno per tutti e tutti per uno”. «Ognuno di noi ha bisogno di aiuto, per un passaggio, per una marcatura o una chiusura in più». Se il difensore ha fatto breccia con l’aiuto reciproco, non devono stupire neppure le parole di Szczesny: spirito libero e conviviale, che ama scherzare ma che nei periodi bui si erge dall’alto del suo carisma. «Ci sono momenti difficili in cui bisogna dimostrare il nostro valore di uomini, prima di quello di giocatori» aveva detto sabato prima del derby puntando sul carattere della persona, che deve avere la cattiveria agonistica, deve sapersi sacrificare e aver voglia di lottare su ogni palla, prima ancora del gesto tecnico o tattico. Infine Cuadrado: certo, le sue prestazioni fanno discutere perché del vecchio giocatore che aveva entusiasmato Antonio Conte sono rimasti soltanto alcuni barlumi, ma è uno dei fedelissimi di Allegri e ha avuto un ruolo importante per ricompattare lo spogliatoio lanciando un messaggio che anche i nuovi arrivati hanno saputo cogliere. E a proposito di new entry, Manuel Locatelli ha annunciato che presto diventerà papà: la moglie, Thessa Lacovich, sposata a giugno, è incinta.
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    Juve Women, poker alla Samp: Nilden show con Bonansea e Cantore

    GENOVA – Secondo successo consecutivo per la Juve Women nella sesta giornata di Serie A Femminile. Le bianconere di Montemurro ripartono con il piede giusto passando sul campo della Sampdoria per 4-0 e rispondendo ai successi di Inter, Roma e Fiorentina che lasciano le distanze invariate nei piani alti della classifica. Decisiva la doppietta di Nilden e le reti di Bonansea e Cantore per salire a quota 15, al 4° posto, a -2 dalle nerazzurre prime della classe.
    Sampdoria-Juventus, tabellino e statistiche
    Sampdoria-Juve Women x-x: la cronaca
    Grande sofferenza nella prima mezz’ora per le bianconere con la doriana Gago che sfiora due volte il gol del vantaggio, Peyraud-Magnin prima e Gama poi evitano il peggio. Nel finale di primo tempo una vera e propria scossa juventina travolge le padrone di casa: al 40′ sblocca Nilden, al 44′ raddoppia Bonansea e all’intervallo è 2-0 Juve. Nella ripresa Bonfantini e Caruso accarezzano in due occasioni il tris che arriva al 77′ con la doppietta di Nilden. Il poker è questione di attimi con Cantore che chiude l’incontro sul 4-0 Juve.
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    Juve, Vlahovic e quella promessa rispettata a fine partita

    TORINO – Dusan Vlahovic ha scritto il suo nome nella storia del Derby della Mole, sua la rete decisiva nel’1-0 della Juventus nei confronti del Torino. L’attaccante serbo ha liberato tutta la sua gioia dopo il gol e anche dopo la sostituzione è andato avanti a sostenere con vigore i compagni. A fine partita l’ex Fiorentina si è anche reso protagonista di un bel gesto nei confronti di una giovane tifosa bianconera che sperava in un regalo speciale:  l’attaccante aveva promesso la sua maglia alla tifosa e ha mantenuto la promessa dopo il triplice fischio. Dopo aver esultato per il successo nel derby, Dusan si è avvicinato agli spalti e ha chiamato, con l’aiuto di un collaboratore, la bambina, accompagnata da sua mamma per regalarle la sua numero 9. LEGGI TUTTO

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    Determinazione e Vlahovic: passo avanti Juve

    TORINO – Non si può definirla una Juventus guarita, quella che dopo il ko con il Milan e il tracollo con il Maccabi Haifa è tornata alla vittoria conquistando il derby, ma è stata se non altro una Juventus assolutamente attenta e determinata nel seguire tutte le precauzioni necessarie a non aggravare la propria malattia e a imboccare la strada che può portarla a guarire davvero. E se dovrebbero essere doti basilari di qualsiasi squadra, dopo Haifa aver ritrovato attenzione e determinazione è un passo avanti enorme, anche perché entrambe costituiscono segni di quella compattezza su cui l’ultima prova di Champions aveva fatto sorgere dubbi.Guarda la galleryTorino-Juventus, decide Vlahovic: il gol

    La Juve ritrova Vlahovic

    Nel derby però la squadra di Massimiliano Allegri ha ritrovato qualcos’altro, oltre ad attenzione e compattezza. Anzi, qualcun altro. Ha ritrovato quello che è mancato al Torino, ossia un centravanti, e per giunta non un centravanti qualunque ma un grande centravanti. Ha ritrovato Dusan Vlahovic, la Juventus, e lo aveva ritrovato già prima che il serbo firmasse con un guizzo da serpente dell’area di rigore il suo primo gol in trasferta e la prima vittoria bianconera lontano dallo Stadium. DV9, al netto di due conclusioni non perfette, una nel primo tempo in cui era stato bravo anche Milinkovic Savic a chiudergli lo specchio, e una ciccata nel secondo, è stato un costante punto di riferimento, bravo svariare per trovare spazi, a ricevere palla e girarla sulle fasce da regista offensivo. Sempre concentrato e mai nervoso: e in questo il derby potrebbe aver rappresentato uno scalino fondamentale per lui e per la Juventus.

    Toro, senza Belotti è dura

    Avesse avuto un Vlahovic, il Torino avrebbe forse potuto approfittare dei timori e della preoccupazione che avevano irrigidito la squadra bianconera nella prima mezzora. O avrebbe potuto essere più incisivo nell’assalto finale. L’indisponibilità di Sanabria, gli acciacchi di Pellegri (impalpabile nel finale), ma soprattutto la lacuna non colmata in quel ruolo dopo la partenza di Belotti, hanno invece reso sostanzialmente sterile la squadra di Ivan Juric. Il resto lo ha fatto la già citata attenzione della squadra di Allegri, che si è via via scrollata di dosso un po’ di preoccupazione e dalla mezzora del primo tempo ha cominciato a impegnare Milinkovic Savic, fino al gol che le ha permesso di ritrovare i tre punti. Ora deve ritrovare un’altra dote fondamentale: la continuità nell’esprimere quell’attenzione e quella determinazione. E magari potrà guarire davvero. E di guarire ha bisogno anche il Torino, dopo quattro sconfitte e un pareggio: dovrà inventarsi qualcosa Juric, in attesa che a gennaio possa arrivare la medicina giusta.
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