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    Ronaldo e il retroscena sul dialogo con Kroos

    La corsa del Portogallo agli Ottavi di Euro 2020 si fa sempre più complicata dopo la sconfitta rimediata contro la Germania. Ai lusitani non è bastano il gol di Cristiano Ronaldo. La squadra di Low ha conquistato tre punti fondamentali in ottica qualificazione. Subito dopo la partita, CR7 ha caricato i compagni di squadra e i tifosi portoghesi con un post su Instagram: “Credeteci quanto noi”, un motto che ricorda tanto il “Fino alla fine” della Juventus. A fine partita, il fuoriclasse portoghese è stato protagonista di un dialogo, quello con Toni Kroos, che ha fatto il giro del web. I due, ex compagni di squadra ai tempi del Real Madrid e ancora oggi molto amici, hanno approfittato della gara per scambiare qualche battuta. I social si sono subito scatenati e molti hanno collegato il colloquio con il centrocampista dei blancos al probabile ritorno di CR7 a Madrid. Le ipotesi però sono state smentite dallo stesso Kroos durante un podcast: “Cristiano se n’è andato da tempo dal Real Madrid e non ci vediamo così spesso. Non giochiamo contro la Juventus da tanto. Abbiamo parlato brevemente della partita, certo, ma anche delle prossime partite. Gli auguro buona fortuna e spero che si qualificheranno per il prossimo turno insieme a noi. A parte questo, gli ho chiesto come stava.  È in Italia da tre anni. Non hai tutto il tempo del mondo dopo la partita e non passi inosservato. Una volta dentro ci siamo anche cambiati la maglia. È stato bello rivederlo”

    Ronaldo, nuovo post social: “Invento nuovi futuri”

    Dopo aver caricato i sostenitori del Portogallo, CR7 è tornato sui social, questa volta lanciando un messaggio criptico.: Mentre copi il mio passato, io invento nuovi futuri”, questa la frase che l’attaccante della Juve ha scritto come didascalia a una foto della formazione lusitana. Cosa vorrà intendere? Non è la prima volta che CR7 si lascia andare a frasi enigmatiche che scatenano varie interpretazioni da parte dei tifosi. LEGGI TUTTO

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    Juve, ci sarà un altro Boniperti?

    Potrà mai esserci un altro Giampiero Boniperti? Potremo cioè vedere un giocatore che compie tutto il suo percorso nella stessa squadra, vincendo e diventandone il capitano, per poi diventarne dirigente, altrettanto vincente e duraturo, incarnando così lo spirito più profondo del club?

    L’impressione è che venerdì se ne sia andato non solo un simbolo della Juventus e un gigante delcalcio italiano, ma anche una figura irripetibile per percorso e storia. Il problema sono le circostanze: la Juventus del Boniperti dirigente era una squadra di calcio e aveva meno di dieci dipendenti, quella attuale è un’azienda che dà lavoro a trecento persone, oltre a essere quotata in Borsa. Boniperti gestiva magistralmente un calcio artigianale, oggi il calcio è industria (e anche una delle più importanti del Paese). Insomma, non è tanto il problema di trovareun calciatore bandiera (sono in via d’estinzione ma se ne trova ancora qualche esemplare), il problema è poi dargli in gestione una società che fattura mezzo miliardo di euro e deve rendere conto anche alla Consob.

    Della competenza, del carisma e della conoscenza profonda del club, però, c’è sempre un grande bisogno. E un Boniperti potrebbe essere utilissimo anche nel calcio industriale di oggi. E la Juventus ha qualche opportunità in più di trovarne uno. Per due ragioni.

    La prima è che c’è un elemento di continuità tra i tempi di Boniperti e i nostri: la famiglia Agnelli. Se Boniperti è stato il gigante che è stato è anche per il supporto e l’aiuto dell’Avvocato Agnelli, che l’aveva scelto e lo ha sempre affiancato con passione e discrezione, dandogli autorevolezza e consigli, sostegno e idee.

    Nella Juventus attuale c’è già Pavel Nedved, che non ha la carriera monoclub di Boniperti, ma è unanimemente riconosciuto come bandiera del club e da undici anni affianca Agnelli al vertice della società. E poi c’è Giorgio Chiellini, che tolti gli inizi, è uno juventino totale, in possesso di un indiscutibile dna bianconero, incarnazione dello spirito del club, agonista e guerriero in campo, educato e composto fuori. Sono molte le somiglianze fra lui e Boniperti. Chiellini aggiunge a tutto questo anche una laurea in Economia e Commercio, conseguita con 110 e lode. Uno strumento indispensabile per districarsi nel calcio moderno.

    Può essere lui il Boniperti del futuro? Imprudente e anche poco professionale affermarlo oggi. Diciamo che ha le carte in regola e molto tempo davanti a sé per prepararsi. Sta ancora giocando (e lo farà anche nella prossima stagione) e poi dovrà imparare il mestiere. Tra la fine della carriera da giocatore e l’inizio di quella da presidente, Boniperti frappose dieci anni di apprendistato, bazzicando la sede come consigliere. Non c’è fretta, dunque, ma c’è speranza. LEGGI TUTTO

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    Juve, Vlahovic costa caro: si studiano contropartite

    TORINO – Se arriverà un nuovo attaccante, sarà forte (ovvio), possibilmente giovane (un po’ meno scontato), tanto meglio se reduce da una stagione dominata dal suo timbro inconfondibile (i gol, s’intende). Sembra esattamente il profilo perfetto di Dusan Vlahovic: due annate a Firenze, l’ultima da 21 gol in 37 partite di campionato. Roba da far decollare i sogni di un 2000 tra i più impattanti della sua generazione, anche se chi lo conosce bene racconta di un ragazzo con la testa a posto. Non ama precorrere i tempi, l’ex Partizan, però sa che i telefonini del suo entourage squillano che è un piacere e tra coloro che si sono perlomeno informati sul suo conto c’è anche la Juventus. Non poteva essere altrimenti e il dg Federico Cherubini, impegnato in questi giorni tra Torino e Milano per vari incontri di mercato, è in prima fila. […]

    Vlahovic, obiettivo Juve

    […] Vlahovic è legato alla Fiorentina fino al 2023 e la sua cessione frutterebbe anche una corposa plusvalenza: tre anni fa era co-stato meno di due milioni, per dire. Il nome del serbo, intanto, sta girando con buonissimi riscontri in area Premier League, senza contare i ripetuti sondaggi del Borussia Dortmund. La Juventus, come probabilmente altre società in lizza, alla richiesta di Commisso non intende avvicinarsi e dunque sonderà il terreno per capire se la pista della contropartita tecnica utile ad abbassare l’esborso economico si scontrerà o meno con le resistenze del club viola.

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    Juve, occhio all'Arsenal per Locatelli: i dettagli della trattativa

    Nei salotti europei qualcosa inizia a muoversi, ma per il momento si tratta di interessi che non sembrano scalfire le convinzioni di Locatelli. L’Arsenal è un top club, ma è fuori dalle Coppe. Non un dettaglio per l’azzurro, voglioso di misurarsi in Champions League. L’inserimento dei londinesi, però, è un segnale. Tutto può cambiare in fretta, nel mercato. A maggior ragione se dovessero presentarsi calibri pesanti tipo Psg, Real Madrid o Manchester City. Per tutti questi motivi la Juventus sta ragionando su una nuova strategia: arrivare a un accordo con il Sassuolo prima della fine dell’Europeo e soprattutto prima di aver firmato qualche divorzio, a partire da quello con Aaron Ramsey.

    Carta Dragusin

    Così, dopo tanti contatti indiretti, la Juventus sembra pronta per sedersi al tavolo del Sassuolo con l’obiettivo di completare il puzzle nel più breve tempo possibile. Un punto di partenza, in realtà, è già stato individuato e si chiama Radu Dragusin. Del quartetto di giovani bianconeri oggetto di valutazioni (Rovella, Fagioli e Da Graca gli altri), il 19enne difensore romeno è quello che più convince il Sassuolo, che potrebbe trovarsi a dover sostituire anche Marlon (sul brasiliano è in pressing lo Shakhtar Donetsk di Roberto De Zerbi). Un sacrificio importante, per la Juventus, che nei mesi scorsi ha faticato non poco a rinnovare il contratto in scadenza del centrale di Bucarest per evitare l’addio da svincolato.

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    Boniperti, l'ultima intervista: «La Juve non è nel mio cuore, è il mio cuore»

    Presidente, le piace questa Juventus? Giampiero Boniperti sospira, quasi a lasciare intendere che la domanda posta a lui quasi non ha senso. «Senta, può giocare bene o meno bene, ma io quando vedo un giocatore che indossa quella maglia tifo per lui, è più forte di me, è un legame indissolubile». La leggenda bianconera compie 90 anni, non parla volentieri, ma non tradisce il suo cuore a strisce bianche e nere. «Allo stadio non vado più ma non perdo mai la partita in televisione, le vedo veramente tutte. E ovviamente sono felice se vince e non mi piace vederla perdere». L’uomo ha sempre incarnato l’essenza della juventinità. Tifoso da bambino, giocatore da quando era adolescente, presidente da adulto: un percorso dritto e coerente come la sua persona, carismatica e iconica per milioni di juventini.Boniperti ha attraversato le epoche della Juventus e del nostro Paese, con il pragmatismo contadino di cui non solo non si è mai vergognato, ma ha fatto sempre tesoro, e con lo stile che gli permetteva di dialogare con Gianni Agnelli, insieme al quale ha formato una coppia indissolubile il cui ricordo fa sciogliere qualsiasi tifoso sopra i quarant’anni e inorgoglire tutto il popolo bianconero.«La Juve non è soltanto la squadra del mio cuore. E’ il mio cuore», ripete sempre. Uno dei suoi aforismi preferiti e forse il più romantico. Meno conosciuto di quello divenuto così immortale da essere citato in continuazione ed essere perfino stampato sul colletto della maglia nella stagione 2013-14: «Vincere non è importante. E’ l’unica cosa che conta». La summa dello juventinismo (figlia di una frase analoga pronunciata da Vince Lombardi, coach dei Green Bay Packers, grande team della Nfl Anni 60) e spesso male interpretata. Perché non è uno slogan arrogante, ma una filosofia di vita che, in fondo, è figlia di un’altra pepita di saggezza con cui il senatore Giovanni Agnelli, fondatore della Fiat, aveva impostato il suo modo di lavorare: «Una cosa fatta bene può sempre essere fatta meglio».Qui infatti non c’entra il barone De Coubertin, apparentemente sbeffeggiato dalla smania di arrivare primi dei bianconeri, perché la concezione del mondo juventina è un austero e continuo tendere alla perfezione, o quanto meno al miglioramento o al raggiungimento di qualcosa più in là, senza accontentarsi mai e senza mai sbracare in nome della sobrieta? sabauda. E’ lo sport inteso come ricerca di confini sempre nuovi e, soprattutto, come storia infinita che trova continuita? fra le generazioni. Un po’ come Giusto Gervasutti, l’immenso alpinista degli Anni 30 e 40, che dopo ogni sua grande conquista, in cima alla vetta, veniva pervaso da una pro-fonda malinconia e riusciva a placarla solo cercando con gli occhi altre vette da conquistare. Boniperti, da presidente, era vittima della stessa mania e altro che pullman scoperto! I giocatori delle sue Juventus ricordano sorridendo le loro feste per gli scudetti o le coppe: «Arrivava nello spogliatoio con la bottiglia di spumante. Stappava, brindava e un minuto dopo il cin cin era lì che sottolineava le fasi della stagione più critiche, gli errori da non commettere più, gli obiettivi per la stagione successiva». Pancia piena? No, con Boniperti non avevi il tempo di riempirla. E quello spirito è stato tramandato e periodicamente rinasce nei cicli vincenti bianconeri, come quello che sta vivendo la societa? juventina, spinta dalla famelica voglia di vincere di stampo bonipertiano.Lui che da giocatore aveva iniziato da spettatore privilegiato e ammirato dell’epopea del Grande Torino, del quale fu fiero rivale, ma anche amico. Poi toccò anche a lui vincere e trionfare con le scarpe chiodate ai piedi. Quelle che consegno? al magazziniere il 10 giugno del 1961: «Tienile tu, a me non servono più». Inutile l’insistenza di Gianni Agnelli, aveva deciso di ritirarsi e non tornò indietro. Spiegando, più avanti, nella sua autobiografia: «La Juve, il sogno della mia vita. La sognavo davvero. Perché io, che portavo all’occhiello il distintivo bianconero, avevo in quegli anni un solo desiderio: giocare almeno una partita di Serie A con la maglia bianconera. Me ne sarebbe bastata una, ero sicuro, per essere felice per sempre. E’ andata meglio: in campionato ne ho giocate 444. Ho fatto la mia parte senza sacrifici. Perché ho dato quello che avevo dentro. Sono un uomo felice». Anche adesso, alla soglia dei 90 anni: «Un regalo? Non chiedo nulla, ho avuto già tanto». Auguri presidente. LEGGI TUTTO