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    Juventus-Crotone 2-0: Ronaldo doppietta, bianconeri aggressivi

    TORINO – Juventus alta e aggressiva , ma non precisa in fase conclusiva, nonostante questo i primi quarantcinque minuti finiscono 2-0, con i bianconeri che hanno avuto almeno altre quattro occasioni per riuscire a passare in vantaggio: due con Ronaldo e due con Ramsey che ha preso una traversa su una gran palla di Chiesa. Al 38′ la infila Ronaldo con un perfetto colpo di testa su cross di Alex Sandro che CR7 incorna partendo sul filo del fuorigioco. Poi al 46′ costruisce tutto lui: tiro micidiale da fuori, respinta del portiere e sul cross di Ramsey, Ronaldo incorna in rete.
    I ritmi non sono altissimi e il gioco della Juventus non è fluido come vorrebbe Pirlo, soprattutto quando si trova la difesa del Crotone schierata, ma alcune giocate sono effettivamente pregevoli sotto il punto di vista tecnico.
    Bene De Ligt e Demiral in difesa. Volitivo Chiesa stantuffante sulla destra. Buono Kulusevski, teoricamente seconda punta, ma in realtà mobile su tutto il fronte. Tra i migliori Danilo, che si è anche fatto vedere con interessanti inserimenti. LEGGI TUTTO

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    Juve, i convocati per la gara con il Crotone

    La Juventus ha ufficializzato la lista dei convocati per la gara contro il Crotone. Andrea Pirlo dovrà rinunciare a Bonucci e Chiellini, entrambi ai box per un problema muscolare. Ancora indisponibili Paulo Dybala, che come annunciato dal tecnico bianconero in conferenza, non ha ancora smaltito il dolore al ginocchio, Arthur e Cuadrado. All’appello manca Adrien Rabiot, squalificato.

    Ecco la lista completa:
    PORTIERI: Szczesny, Pinsoglio, Buffon.
    DIFENSORI:  De Ligt, Alex Sandro, Danilo, Demiral, Dragusin, Di Pardo, Frabotta.
    CENTROCAMPISTI: Ramsey, McKennie, Chiesa, Bentancur, Bernardeschi, Fagioli, Peeters, Kulusevski. 
    ATTACCANTI: Ronaldo, Morata.

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    Juve-Crotone: la formazione ufficiale di Pirlo LEGGI TUTTO

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    Juve, Pirlo si affida a Ronaldo per il rilancio contro il Crotone

    È un Monday Night da non sbagliare per Pirlo: la partita casalinga contro il Crotone deve essere quella del rilancio dopo il doppio ko subito in campionato contro un Napoli in emergenza e in Champions contro un Porto che ha vinto più per i demeriti (e gli erroracci) dei bianconeri che per meriti propri. Per questo il ritorno all’Allianz Stadium deve spazzare dubbi e perplessità, nonostante le cinque pesanti indisponibilità con cui il tecnico della Vecchia Signora deve fare i conti: sono out per infortunio Bonucci, Chiellini, Cuadrado e Arthur, mentre è squalificato Rabiot. E allora spazio a Demiral e straordinari per Danilo e Bentancur, anche lui fresco ospite del J Medical per un controllo. Le buone notizie riguardano Morata e Dybala, che potrebbero scendere in campo per i minuti necessari a testarne la tenuta e il ventenne Fagioli, che sembra stuzzicare (e non poco) Pirlo.

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    Juve-Crotone, la probabile formazione di Pirlo

    La probabile formazione contro il Crotone
    Tra scelte obbligate e valutazioni tecniche, i bianconeri dovrebbero scendere in campo con il consueto modulo fluido che parte sulla carta come 4-4-2 per poi mutare all’occorrenza in un 3-4-1-2. Buffon dovrebbe dare un turno di riposo a Szczesny; la linea difensiva prevede Danilo a destra, la coppia centrale De Ligt-Demiral e Alex Sandro sulla corsia mancina. A centrocampo McKennie e Chiesa sugli esterni, con due tra Bentancur, Ramsey e Fagioli a presidiare il cerchio di centrocampo. In attacco i due più in forma sono Kulusevski e Cristiano Ronaldo. Dybala e Morata, come detto, pronti a subentrare. LEGGI TUTTO

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    Pirlo, scuoti la Juve. Società furiosa con la squadra

    All’età di Dejan Kulusevski, Andrea Pirlo giocava nella Reggina. All’età di Weston McKennie, Leonardo Bonucci giocava nel Treviso. All’età di Chiesa, Giorgio Chiellini giocava nella Juventus, ma in Serie B. E né Pirlo, né Bonucci, né Chiellini avevano giocato un ottavo di finale di Champions League. Vale la pena iniziare da qui per rispondere alla domanda: cosa diavolo è successo alla Juventus mercoledì sera a Oporto. L’esperienza media della formazione scesa in campo nell’ottavo di andata era molto bassa e questo è stato uno dei fattori chiave della sconfitta. Uscito Chiellini alla mezzora, fra i giocatori di movimento in campo solo Danilo, Ronaldo e Alex Sandro superavano i 25 anni. In una competizione come la Champions la mancanza di esperienza puà diventare esiziale, soprattutto in una partita che per colpa di un errore assassino al primo minuto si trasforma in una salita dolomitica.

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    Porto-Juve, lo sciagurato errore di Bentancur

    La Juventus del primo tempo, la squadra impaurita, anzi letteralmente impietrita dalla situazione, incapace di organizzarsi con una logica e con il minimo sindacale di rabbia agonistica era una Juventus di ragazzini. Lo era per scelta della società che in estate ha fatto partire un ringiovanimento massiccio e lo era per colpa degli infortuni che hanno squilibrato il rapporto fra giovani ed esperti dalla parte dei giovani. E il rischio, con i giovani, è quello che ogni tanto non sappiamo cosa fare. Succede ai Dortmund e agli Ajax, succede a maggior ragione con una squadra come la Juventus, la cui maglia pesa ancora di più.
    Leggi l’articolo completo sull’edizione odierna di Tuttosport

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    Juve ko contro il Porto, social impazziti: ironie e meme LEGGI TUTTO

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    Porto-Juve, Paratici: “Dybala importante”. E su Morata…

    OPORTO (PORTOGALLO) – “In Champions si è sempre concentrati, non è che a Lione non lo fossimo. Non abbiamo disputato una buona gara e abbiamo perso forse anche in maniera immeritata. Siamo pronti alla doppia gara. Dybala? Lo aspettiamo, abbiamo tanti obiettivi in stagione e può essere importante. Ha vissuto un anno particolare, sfortunato. È un giocatore importantissimo. Ha segnato quasi 100 gol con la Juve. Non è ancora al meglio, ma nel finale di stagione che ha la Champions, una finale di Coppa Italia e un girone di ritorno può essere molto importante” sono le parole di Fabio Paratici ai microfoni di Sky Sport prima dell’andata degli ottavi di Champions League sul campo del Porto. Il dirigente della Juventus ha poi spiegato, su Morata: “Sta meglio, i problemi fisici capitano quando si gioca così tanto. È la 12esima partita in 44 giorni, come un girone d’andata. Normale che i sovraccarichi portino ad infortuni”.

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    Porto-Juve, la formazione ufficiale di Pirlo LEGGI TUTTO

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    Porto-Juve, Nedved: Kulusevski una realtà. Pirlo tranquillo

    OPORTO (PORTOGALLO) – “Kulusevski? E’ una realtà, abbiamo ringiovanito molto la rosa con un nuovo allenatore.Ci sono assenze importanti, ma abbiamo una rosa di assoluto valore. Mancano giocatori importanti, ma chi sostituisce è all’altezza. Pirlo la vive a modo suo, con tranquillità, vedo che non vede l’ora di presentarsi in questo palcoscenico” ha detto Pavel Nedved ai microfoni di Sky Sport prima della partita di Champions League tra Juve e Porto. Il dirigente bianconero ha poi aggiunto: “Stiamo migliorando, siamo contenti di quello che abbiamo raggiunto fino adesso. Siamo nel clou della stagione, cerchiamo di essere pronti”. LEGGI TUTTO

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    Italiano: “La Juve di Conte… Ho fatto il voto salvezza”

    “Ma non scherziamo. Piuttosto lo è lo Spezia nel suo insieme: qualcosa di nuovo che stupisce. Tutti ci davano già per spacciati e invece le nostre prestazioni e i nostri risultati destano stupore. Ma non sono certo io il protagonista assoluto: lo sono i ragazzi che lavorano per tutta la settimana con dedizione, applicazione, entusiasmo. E con loro tutti i componenti dello staff”.
    Perfetto. Ma intanto lei ha già un procuratore? Perché altrimenti è ora di cominciare a cercarlo: ci sono club di prima fascia interessati a lei…
    “Mah (risponde con un filo di imbarazzo, nda), proprio un procuratore no. Ma è logico che quando si stilano i contratti sia necessaria la competenza di qualcuno esperto, di un avvocato di fiducia. Quanto al mio futuro professionale, sinceramente non sono ancora stato contattato da nessuno. Ma non nego che gli attestatati di stima siano piacevoli e neppure nascondo che questo mestiere lo si fa anche per ambizione. Ma ora io ho in testa solo la salvezza dello Spezia”.
    C’è sempre l’annosa questione, riguardo ai tecnici emergenti, relativa alla loro capacità di trasmettere certi concetti di gioco anche nelle grandi squadre. Dicono: un conto far correre e combattere i giocatori – giovani o motivati dalla necessità di dimostrare che in A ci “possono stare” – altro riuscirci con i campioni arrivati. E a sostegno della tesi, si porta l’esempio di tutti quelli che ci hanno sbattuto la testa: lei se la fascia prima o le piacerebbe provarci?
    “La difficoltà è sempre la stessa in ogni categoria: creare empatia con i giocatori e convincerli che le proprie idee sono funzionali al gruppo e alle caratteristiche dei giocatori stessi. Tocca all’allenatore saper scegliere l’approccio giusto: hai a che fare con professionisti che, loro per primi, sanno bene che anche a loro conviene avere successo. Fin da ragazzo, del resto, ho visto squadre formate da campioni che vincevano in conseguenza di una idea tattica molto forte e caratterizzante proposta dall’allenatore. Bisogna rendersi credibili: se c’è questo, c’è rispetto e condivisione”.
    Quali sono le squadre che più di tutte le hanno evocato questa sensazione?
    “Sono stato folgorato dal Milan di Sacchi: quella squadra che batteva il Real 5-0, che stravinse la finale con la Steaua. Che dominava in Europa grazie a dei campioni che seguivano i dettami dell’allenatore: si ricorda quanto correvano? Poi, certo, non bastava solo quello, ma l’impronta era evidente. E poi il Barcellona di Guardiola, il Napoli di Sarri e le squadre di Zeman quando erano al loro massimo. E mi aveva impressionato anche la Juve del triennio di Conte: aggressività e organizzazione straordinarie. Come vede, tutte squadre composte da grandi campioni eppure caratterizzate in maniera indelebile dalle idee dell’allenatore”.
    Venerdì, invece, sfiderà per la prima volta Cesare Prandelli, colui a cui ha sempre espresso riconoscenza e stima e che ora sopravanza addirittura in classifica: sensazioni?
    “Ah… Sarà davvero troppo emozionante. A lui devo molto, quasi tutto: è stato il primo in assoluto a darmi fiducia e a schierarmi dall’inizio. Con quel Verona, nel ‘98/99, fummo promossi in Serie A e l’anno successivo ci salvammo giocando davvero un bel calcio… Sì: assomigliavamo a questo Spezia. Non vedo l’ora di riabbracciarlo”.
    Del suo Spezia la preoccupa di più l’eccesso di entusiasmo dopo un’impresa o il rischio depressione dopo un brutto ko?
    “Abbiamo attraversato entrambi questi momenti e finora li abbiamo metabolizzati molto bene. Sappiamo che possiamo perdere o vincere con chiunque e non ci facciamo condizionare. Gli alti bassi, del resto, li hanno tutti, a cominciare dalle big come la Juve. Non dobbiamo dimenticare che questa è una stagione davvero strana e sono sempre più convinto che l’assenza di pubblico condizioni davvero tanto, nel bene come nel male. Ma noi siamo consapevoli del nostro percorso”.
    La sensazione è che lo Spezia sia un gruppo di lavoro molto compatto anche al di fuori del campo e il fatto che la cessione del club non abbia determinato disagi sembra confermarlo: è così?
    “È esatto. Ogni elemento della società sa che dal proprio lavoro dipende un pezzo del successo. Anche il magazziniere, per esempio, sa che non può sbagliare la scelta dei tacchetti perché magari un difensore scivola e prendi gol. Con il ds Mauro Meluso, poi, si è instaurata un’intesa umana forte e sincera. Coinvolgiamo tutti nel lavoro. Ha presente il discorso che fece Guardiola ai dipendenti dopo aver vinto la Premier con il City? Ecco: la filosofia di condivisone è quella”.
    A proposito di Guardiola: lei preferisce la motivazione in stile Mourinho oppure un approccio più “morbido”?
    “Ci deve essere il giusto mix: bisogna capire quando è il momento di coinvolgere il gruppo e quando invece è necessario ‘gestire’ il singolo. Di sicuro quel che mi preme è far capire ai miei ragazzi che non devono mai commettere l’errore di adagiarsi o di pensare che il loro tempo sia infinito. Quando hai 20 anni ti puoi illudere che sia così, invece la bandiera a scacchi del traguardo arriva prima che tu te ne renda conto e guai se ti porti dietro i rimpianti. Ogni allenamento, ogni istante devono essere sfruttati per migliorarsi e loro (sorride, ndr) temono perfino che gli parli di calcio se li incontro a cena… La verità è che facciamo il mestiere che sognavamo da bambini: è un delitto non sfruttare al massimo il tempo che abbiamo a disposizione. Questo, davvero, voglio inculcare ai miei giocatori: il resto arriva di conseguenza, glielo assicuro”.
    E lei? Cosa fa nel tempo in cui non allena?
    “Ah, ne resta davvero ben poco… Quando facevo il calciatore c’era qualche spazio in più perché, finito l’allenamento, il problema era di qualcun altro. Ma ora (sorride ancora, ndr) quel ‘qualcun altro’ sono io e il calcio è una ragione di vita. Poi, certo: mi rilassa leggere e fare pesca subacquea, ma solo d’estate in Sicilia. Il resto è calcio: è un mondo che va veloce, ti richiede continuo aggiornamento e non ti perdona se molli di un passo”.
    Ha già deciso qualcosa di particolare in caso di salvezza dello Spezia?
    “Sì, e i tifosi me lo ricordano ogni volta che mi incontrano: andrò a piedi da La Spezia a Portovenere. Sono una ventina di chilometri che diventerebbero una processione pazzesca con migliaia di persone al seguito. Sarebbe splendido e anche per questo non spreco un secondo del mio tempo: non voglio negare quell’emozione a questa gente. Già si è dovuta rassegnare a non godersi la prima volta in Serie A allo stadio, almeno si merita il regalo finale. Daremo tutto…”. LEGGI TUTTO

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    Verratti, l'ex agente rivela il retroscena: “Voleva la Juve”

    Stasera sarà al Camp Nou con il suo Psg per affrontare il Barcellona, ma Marco Verratti ha rischiato di avere una carriera molto diversa da quella che conosciamo. Parola di Donato Di Campli, ex agente del centrocampista azzurro, che all’Equipe ha rivelato molti retroscena curiosi sul periodo in cui era il suo assistente, prima di venire rimpiazzato da Mino Raiola nel 2017. “Nel 2012 il Napoli era d’accordo con i dirigenti del Pescara, ma Marco rifiutò. Non voleva andare nemmeno al Paris Saint-Germain. Con i suoi amici pescaresi abbiamo dovuto convincerlo”.

    Verratti, l’accordo con la Juventus
    Sembra che inizialmente Verratti avesse idee molto diverse per il suo futuro: “Aveva stretto un accordo con la Juve di cui era tifoso, ma le due società non hanno trovato l’intesa. L’ha spuntata il Psg perché ha pagato la cifra chiesta dal Pescara. Credeva in Marco ed è stata importante la presenza di Leonardo”. “Mi ha chiesto solo una cosa, un’antenna pe guardare le partite del Pescara! Due giorni più tardi, sono partiti in tournée negli Stati Uniti. Leonardo mi disse che aveva dei giocatori importanti a centrocampo, ma quando l’hanno visto palla al piede ne sono rimasti affascinati. Zlatan Ibrahimovic era il re e vide che Marco era straordinario. È diventato rapidamente un titolare inamovibile”.
    “Sono partito con un kalashnikov e ho finito con una pistola ad acqua”
    Nel 2017 avviene il divorzio tra i due, prima amici stretti anche nella vita privata. All’epoca era da poco arrivata un’offerta dal Barça: “Marco voleva andare a Barcellona. Offrivano un sacco di soldi, ma non era per quello: giocare con Messi, diventare un campione, che è una cosa diversa dall’essere un grande giocatore… Il Psg è un grande club ma gioca in un campionato debole. Ho detto a Marco che se voleva diventare un campione doveva cambiare aria. Non sono contro il Psg, ma è più facile farlo al Bayern, al Barça o al Real. La scelta era sua”. Di ritorno a Parigi, però, gli hanno promesso il prolungamento del contratto e l’arrivo di Neymar: l’unica condizione era licenziare il suo agente. “Stavo per dichiarare guerra per trasferirlo al Barcellona ma si è tirato indietro. Sono partito con un kalashnikov e ho finito con una pistola ad acqua”.

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    Psg, tutti in mascherina per la ripresa degli allenamenti collettivi LEGGI TUTTO