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    Napoli nel segno del D10S

    Com’è la vista da lassù, Diegote? Come si sta con una nuvola a farti da canapé, D10S del Fútbol? Chiaro, Gordo adorato: adesso giochi a fare il vago, ma sorridi, lo so benissimo. Eccome se sorridi. Anzi, ridi proprio, a crepapelle, in faccia ai potenti, come ci hai abituato per 60 anni, come hai fatto quando eri il Dio del calcio sceso sulla terra per rendere il gioco ancora più bello, entusiasmante. Unico.       Questa stagione è la tua stagione e no, non serve che tu scuota la testa, faccia ondeggiare i rulos, i riccioli. Non convinci nessuno anche se dici di no, esattamente come hai fatto nel 1986 all’Azteca di Città del Messico e poi l’anno dopo a Napoli con la Fiorentina, a Stoccarda nel 1989 e poi ancora al San Paolo nel 1990: perché amavi allontanare da te la luce dei riflettori per spostarla sui tuoi compagni, su quelli che per te si sarebbero buttati nel fuoco e no, non rende del tutto l’idea. El Negro Enrique, Burruchaga, Valdano, Ciro Ferrara, Careca, Alemao, Zola. I tuoi scudieri, i tuoi amici. Quindi ci sta, che tu dica di no, che non c’entri nulla nemmeno stavolta, che non hai soffiato per far entrare il tiro di Lionel Messi, il tuo apostolo preferito, nella finale di Lusail contro la Francia, quella che ha portato La Tercera, la terza Coppa del Mondo alla tua amata Argentina. Quindi è altrettanto scontato il tuo: «Yo? Jamàs!», «Io? Mai!» quando qualcuno ti ringrazia mentre osserva il murale che ti ha dedicato Jorit a San Giovanni a Teduccio oppure la tua enorme immagine dipinta ai Quartieri Spagnoli. È normale: la gloria dev’essere di Khvicha e Victor e Kim e Giacomino e tutti gli altri ragazzi del Narigón Luciano che vestono l’azzurro del Napoli, l’altra tua Patria, il posto nel mondo che è più simile a Buenos Aires, il luogo dove le persone hanno la tua stessa rebeldìa, la tua medesima voglia di rivincita contro un destino troppo spesso cinico e bastardo. Sii sincero, dai, adesso puoi dircelo, y al carajo la scaramanzia, Diego! Ma che cos’è, se non un miracolo futbolistico, se non l’intervento del Sovrannaturale, una stagione in cui due popoli, che aspettavano di festeggiare da 36 e 33 anni, possono tornare a sentirsi dignos, degni, non più paria del calcio, ma principes inter pares? Tre milioni a ballare e dedicarti “el que no salta es un inglés” ai piedi dell’Obelisco, sulla Nueve de Julio, a cantarti “Y el Diego, en el cielo lo podemos ver”. Sì, perché la tua presenza la sentiamo costantemente, Pelusa, e qualche volta ti vediamo anche, lassù nel cielo. Azzurro. Sono un milione tra Castel dell’Ovo, il Lungomare Caracciolo, Piazza del Plebiscito: cori, fuochi d’artificio, balli. Carnevale fuori stagione. C’è chi ha di nuovo impastato la “bluschetta”, il pane con la mollica azzurra proprio come quello che fece sorridere tutta Italia e che ti offrivano a ogni angolo di Partenope, quando tu regalasti loro il secondo tricolore, 33 anni fa: in quei giorni vendevano pure delle boccettine di vetro contenute in una scatolina di plastica trasparente. Se volevi, potevi appuntartele, con una spilla da balia, alla giacca: sopra c’era scritto “E’ lacreme e Perluscone”. Ora le lacrime sono di tutto il ricco e potente nord, mica solo rossonere. La gioia, invece, è azzurra. A quei tempi nessuno chiedeva più i miracoli a San Gennaro: ci pensavi tu. Da due anni e mezzo, credimi, non c’è bisogno nemmeno di pregarti, D10S del Fútbol: fai miracoli in serie, ricompensi con emozioni indimenticabili tutti quelli che ti hanno dimostrato cariño, che hanno affetto per ciò che tu amavi. Soffi per allontanare, con il portiere battuto anzi già sdraiato per terra, il pallone che danza sulla linea e magicamente lo fai uscire, regalando il titolo di campione d’Argentina al Boca Juniors, la squadra del tuo cuore, l’amore di tuo padre Citoro e di tua madre, Doña Tota. Ispiri la rasoiata del Fideo Ángel Di María che vale la Copa América che nemmeno tu eri riuscito a vincere e per di più al Maracanã, in casa dei brazukas, gli insopportabili vicini brasiliani. Saludos y éxitos. Poi il Mondiale in Qatar e, poche ore fa, il Napoli. Ventidue mesi indimenticabili. Per questo ridi, Gordo querido, lo so benissimo. E anche se scuoti la testa, anche se dici “Yo? Jamàs!”, noi ti ringraziamo per tante emozioni, Diego Armando Maradona. LEGGI TUTTO

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    Scudetto Napoli, ex moglie Maradona: “In cielo si festeggia”

    NAPOLI – Subito dopo lo Scudetto, nel post-partita, Ciro Ferrara, visibilmente commosso, ha ringraziato l’allenatore Luciano Spalletti a nome di tutta la squadra “a partire dal nostro capitano”. Il riferimento, ovviamente, era a Diego Maradona, scomparso tre anni fa e leader del gruppo che conquistò i primi due campionati degli Azzurri.
    Maradona, il post su Instagram dell’ex moglie
    Anche Claudia Villafane, ex moglie del Diez (un suo ritratto è stato messo all’asta per beneficienza in Argentina) e madre di Dalma e Giannina, ha pubblicato ieri sera una storia su Instagram per celebrare lo scudetto ottenuto dal Napoli. Un’immagine postata su una story mostra infatti un cielo azzurro con le scritte “Napoli Campione d’Italia” e “di sicuro state festeggiando, il cielo è in festa”. LEGGI TUTTO

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    Juventus, tutti colpevoli ma uno più degli altri

    TORINO – In teoria, ai fini della classifica, è meglio perdere una partita 5-0 (o a uno: come è successo alla Juventus in quel di Napoli) che perdere 5 partite per 1-0. Però per l’orgoglio, per il morale, per la convinzione nei propri mezzi… No, decisamente no: una sconfitta così fragorosa e pesante e ingiustificabile in casa proprio del Napoli, rappresenta una botta di quelle che restano nella storia. E rappresentano il peggior modo possibile per definire la chiusura – ufficiale: ultima partita – della presidenza Andrea Agnelli. L’unica attenuante: la straboccante potenza del Napoli, perfettamente organizzato tatticamente e nettamente superiore a livello qualitativo e altresì mentale. Giocava a memoria e levava il fiato, concedendosi giusto qualche piccolo svarione a livello individuale (in occasione del momentaneo 2-1 di Angel Di Maria). Dimostrava, il Napoli, non solo che se sta là davanti dei meriti ce li ha, ma anche che ha tutte le carte in regola per restarci sino alla fine.Guarda la galleryJuve horror a Napoli: Bremer diventa Ogbonna sui social LEGGI TUTTO

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    Muore la leader delle Madri di Plaza de Mayo: Argentina con il lutto al braccio?

    TORINO – Un Paese in lacrime, una Nazione in lutto. L’Argentina piange la morte di Hebe de Bonafini, 93 anni, storica leader delle Madri di Plaza de Mayo. La Nazionale, naturalmente, s’è unita al sentimento diffuso tra tutti gli argentini: la Bonafini, infatti, ha rappresentato per lustri e lustri il movimento che chiedeva verità e giustizia per gli oltre 30 mila desaparecidos del periodo tragico della dittatura militare fascista. Adorava il calcio come ogni buon argentino che si rispetti.
    Quel rapporto col D10S
    Amica personale del D10S Diego Armando Maradona, lo incontrò anche all’Estadio El Bosque di La Plata prima di un derby tra Gimnasia ed Estudiantes e il Pelusa rimase con lei per oltre un’ora, parlandole, coccolandola, preferendo una chiacchiera con lei agli ultimi consigli da dare ai giocatori dei Triperos, come si vede nella foto. Adorava Maradona, amava Messi, la Hebe e La Pulga ricambiava questo sentimento. Perché la ferita della dittatura di Videla, Galteri, Massera e degli altri macellai in divisa non è ancora chiusa, non s’è ancora rimarginata nonostante siano passati quasi 40 anni. Perché quando vedi morire ragazzi come te, perché quando i tuoi vecchi ti raccontano che bastava una parola di troppo per essere caricati a forza su un furgone dei militari o della polizia, per essere imbarcato nella stiva di un aereo ed essere buttato di sotto da oltre 10 mila metri di altezza, puoi essere Maradona o Messi ma non puoi rimanere insensibile. E non puoi non mettere Hebe de Bonafini tra i personaggi argentini più importanti della storia. Con Evita, Gardél, Fangio, Monzón, il Diego e La Pulga. Per questo l’Argentina ha chiesto di poterla ricordare, con la fascia a lutto o in qualsiasi altro modo immaginabile, prima del match con l’Arabia Saudita, il debutto al Mondiale in Qatar.
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    Argentina: il presidente Tapia e il rito “antisfiga” per il Mondiale

    TORINO – Cosa non si fa per annullare l’effetto di una maledizione. Ma anche: essere disposti a tutto pur di non farsi più colpire dalla sfiga. Claudio El Chiqui Tapia è uomo assai credente. Il presidente dell’Afa, i suoi figli e la sua famiglia danno un enorme valore alla religione. I ringraziamenti al Signore, le preghiere a Dio sono presenti nella vita quotidiana del numero uno del calcio argentino: non le ha dimenticate dopo ciascuna delle promozioni centrate dalla sua squadra di club, il Barracas Central, di cui è molto più che Presidente. Tapia cita l’Altissimo sui social. Sempre. Ma non bastano solo parole o preghiere: El Chiqui, come ogni buon cattolico che si rispetti, sa che i voti vanno rispettati.
    In ginocchio da te
    Ecco quindi che nelle ultime ore sono venute alla luce sui social le foto del presidente dell’Afa mentre compie una promessa fatta alla Difunta Correa, una figura venerata in Argentina, Uruguay e Cile, specialmente tra le classi popolari. Tapia s’è recato al Santuario che si trova nel piccolo paese di Vallecito, in provincia di San Juan: ha percorso i 72 scalini che portano al santuario in ginocchio e, davanti alla cripta, ha ringraziato la Difunta Correa per il trionfo ottenuto dall’Argentina contro l’Italia a Wembley nella Finalissima. «L’importante non è quello che si promette, ma quello che si realizza. Finalissima 2022. Ora più che mai, avanti Argentina!», ha pubblicato El Chiqui sul suo account Twitter. Non è però la prima volta in cui la Difunta Correa intreccia il suo culto con il mondo del calcio: dopo lo storico trionfo del Maracanã nella finale di Copa América contro il Brasile nel 2021 Tapia si era recato a Vallecito a portare il trofeo alla Santa. Adesso è tutto pronto per il Qatar, con la speranza che il maleficio sia stato finalmente spezzato.
    Altro che Béla Guttmann
    Sì, perché sulla Selección sembrava esserci una sorta di maleficio, che la portava, dopo il 1986, a sfiorare trionfi e trofei senza mai riuscire a renderli concreti. La vox populi argentina racconta che il maleficio c’era davvero, una sorta di maledizione di Béla Guttmann in salsa chimichurri: la maledizione di Tilcara. Secondo la leggenda, la squadra allenata dal Narigón Carlos Salvador Bilardo fece un tour prima della Coppa del Mondo in Messico. Passò per Tilcara, paesino della provincia di Jujuy. E lì, come raccontano ancora oggi i vecchi della zona, promisero di tornare in caso di successo nel Mondiale, per portare la Coppa al Santuario della Vergine. Andò in Messico e vinse, l’Argentina del Diego, di Valdano, di Burruchaga, Pumpido e del Tata Brown. Mai nessuno però si ricordò della promessa fatta alla Vergine di Tilcara per il titolo, scatenando così la presunta maledizione. Ora che il maleficio di Tilcara pare essere spezzato, grazie a Tapia e alla Difunta Correa, nessuno nutre il minimo dubbio che, in caso di trionfo Mundial, il Chiqui tornerà a Vallecito. In ginocchio e con la Coppa in mano.
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    Spalletti, Maradona e Schopenhauer: che cos’è il genio

    Nel segno di Diego. Il Napoli ha onorato al meglio la festa-ricordo allo stadio ‘Maradona’ per celebrare il Pibe de Oro – che oggi avrebbe compiuto 62 anni – continuando la sua corsa solitaria, buttando giù primati con la forza dei suoi campioni e di un tridente sempre più ispirato. Contro il Sassuolo la squadra di Spalletti ha calato il poker, anzi ha fatto ‘tredici’, come i successi consecutivi, tra campionato e Champions, che certificano, se ancora ce ne fosse bisogno, le qualità di una squadra perfetta, per attitudine, temperamento, qualità e gioco espresso.Guarda la galleryIl Napoli si ‘inchina’ a Maradona: la statua fa il giro del campo

    Spalletti, Maradona e Schopenhauer

    Prima del match è andata in scena la festa organizzata dall’ex manager di Maradona Stefano Ceci, gli ex compagni di squadra Salvatore Bagni, Nando De Napoli, Gianfranco Zola, Pietro Puzone, Enrico Zazzaro, Antonio Carannante e il massaggiatore Salvatore Carmando. La statua del Pibe de Oro ha fatto il giro del campo, scortata da tutto l’amore dei tifosi e la frase pronunciata da Spalletti non è passata in sordina. Il tecnico azzurro ha ‘scomodato’ uno dei più importanti filosofi del XIX secolo per spiegare al meglio la leggenda del Diez: “La differenza fra Maradona e gli altri giocatori? È come quello che disse Schopenhauer sulla differenza tra il talento e il genio. Il talento colpisce bersagli che gli altri non colpiscono, il genio colpisce bersagli che gli altri non vedono”.
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    Argentina, i guai di Di Maria e Dybala e quell'audio virale dell'ex ct Bilardo

    TORINO – L’Argentina è in ansia per le condizioni di Ángel Di María e Paulo Dybala: mancano poco meno di 40 giorni all’inizio del Mundial in Qatar e i tifosi dell’Albiceleste incrociano le dita e si domandano se sia il caso di convocare i due infortunati nel caso in cui il Fideo e la Joya arrivassero alla settimana prima dell’inizio della Coppa del Mondo senza la adeguata preparazione.
    Il meglio che possa accadere! A tal proposito in Argentina nelle ultime ore è diventato virale sui social media un vecchio audio di Carlos Bilardo, ex ct della Selección campione del Mondo in Messico nel 1986 e vicecampione 4 anni dopo in Italia, in cui El Narigón spiega che la cosa migliore che può capitare alla sua Nazionale è che, a un mese dal Mondiale, tutti si infortunino. «Continuiamo a pensare che sia fantastico il fatto che si facciano male a un mese dall’inizio della Coppa. È meraviglioso, un dono del cielo. Il perché? Semplice: hai un paio di settimane in cui puoi prepararti perfettamente sotto il punto di vista fisico e arrivare al Mondiale con una forma molto più che brillante. E quindi uccidere, mangiare vivi i nostri avversari, surclassare quelli che giocano nel Real Madrid, nell’Inter… Se ti fai male al Mondiale sei fottuto, totalmente. Infortunandoti un mese prima, invece, guadagni brillantezza». Penserete che sia un po’ estrema come teoria: d’accordo, ma ricordatevi che El Narigón Bilardo è sempre stato un personaggio sui generis, uno che durante la cena che seguì al matrimonio tra Diego Armando Maradona e Claudia Villafañe il 7 novembre 1989 fece avvicinare a turno i difensori della Selección presenti alla festa ai giocatori brasiliani e italiani del Napoli che erano al matrimonio per capire chi fossero quelli più adatti a marcarli. Il ct stava già pensando a come stupire gli avversari nel Mondiale italiano dell’estate seguente… A preoccupare il ct Lionel Scaloni e i tifosi argentini sono soprattutto i malanni di Di María e Dybala, ma anche i problemini di Messi e del Tucu Correa. Al via di Qatar 2022 mancano meno di 40 giorni: se è vera la teoria di Bilardo «non poteva succedere niente di meglio», il Fideo, la Joya, la Pulga e il Tucu al Mondiale «si mangeranno vivi gli avversari».
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    Renica zittisce Cassano: «Il tuo cervello è scappato!»

    TORINO – Di Antonio Cassano si parla più oggi di quando giocava: potenza del Web e delle sparate di Fantantonio, opinionista che non teme la figuraccia. Ospite di Muschio Selvaggio, il podcats di Fedez, l’ex attaccante del Bari ha spiegato che «Maradona ha vinto il primo scudetto con degli scappati di casa in squadra. Il secondo era una squadra decente». Una dichiarazione abbastanza avventurosa, visto il numero di fuoriclasse presenti nelle due formazioni che hanno visto i partenopei vincere il titolo nel 1987-88 e nel 1989-90. E così uno dei compagni di Maradona, Alessandro Renica non ha perso tempo e ha replicato sui social network a Cassano: «Quello che è scappato, è il tuo cervello! Irrecuperabile», ha scritto lo storico libero, che a con la maglia del Napoli ha giocato 136 partite di campionato e vincendo due scudetti, due Coppe Italia, una Coppa Uefa e una Supercoppa Italiana, dal 1985 al 1991. Renica vinse il primo titolo con Maradona, quindi per Cassano è esattamente uno degi scappati di casa.

    Per la cronaca, ecco le formazioni del Napoli del 1988 e del 1990.
    87/88′ Garella, Bruscolotti, Ferrara, Bagni, Ferrario, Renica, Carnevale, De Napoli, Giordano, Maradona, Romano.
    89/90′ Giuliani, Ferrara, Francini, Crippa, Alemao, Zola, Baroni, Corradini, Fusi, Mauro, Careca, Maradona, Carnevale
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