Zlatan Ibrahimovic sarebbe piaciuto parecchio a Giulio Andreotti. Ovviamente non per afflato tifoso (il “Divo Giulio” era un sostenitore accanito della Roma al punto che è noto come il trasferimento di Falcao dai giallorossi all’Inter sia saltato in conseguenza di un suo veto diretto che bloccò l’operazione), bensì perché rappresenta la traslazione calcistica di un suo immortale aforisma sul potere: “Zlatan logora chi non ce l’ha”. A cominciare, pensa un po’, dallo stesso Milan che senza l’apporto tecnico e (soprattutto) motivazionale dello svedese si è pericolosamente avvitato in una evidente crisi di identità. Che, a scanso di semplificazioni equivoche, non era soltanto determinata dall’assenza di Ibrahimovic nelle dinamiche di gruppo ma da una serie di concause tra le quali, però, si deve per forza annoverare la costante della sua assenza. Non è un caso che nel corso di questi anni tutti i giocatori rossoneri abbiano più volte ribadito l’importanza della leadership incarnata dallo svedese, a cominciare da Giroud: «Sa sempre trovare le parole giuste per motivarci». E se lo afferma un campione del mondo, figuratevi l’effetto che può innescare su un giovane, magari straniero o comunque ai primi contatti con la Serie A. Uno per esempio, come Lorenzo Colombo, ora al Lecce ma nell’orbita rossonera. L’attaccante, a Tuttosport, ha spiegato così l’importanza di Ibra: «Viverlo quotidianamente mi ha permesso di conoscerlo molto bene. Un uomo simpaticissimo, ma che al tempo stesso riesce a tenere alto il livello di attenzione e qualità nello spogliatoio. Da lui ho imparato la cura nei dettagli: allenamento, alimentazione e mentalità. Mi ha fatto capire che ogni giorno è importante per noi calciatori, perché ogni giorno è decisivo per la nostra crescita in campo e fuori».Guarda la galleryMilan, Ibrahimovic ritorna in campo: ovazione a San Siro LEGGI TUTTO