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    Superga, il caso dell’aereo G.212 e quella tragedia a Roma 25 giorni prima

    “Il comandante restò sulla collina” racconta la storia di un pilota e della sua famiglia, l’ufficiale Pierluigi Meroni, pluridecorato eroe di guerra, con gli occhi del figlio Giancarlo, che aveva 7 anni quando il padre morì a Superga. L’avventurosa e affascinante (per quanto tragica) biografia romanzata si appoggia su una mole di ricerche storiche e d’archivio. La scrittura di Troiani è avvincente, appassionata, calda, mai banale e sempre fluente, in certi tratti poetica. L’ultimo capitolo, di carattere anche tecnico (l’autore si è avvalso della consulenza dell’autorevole generale dell’Aeronautica Militare Giancarlo Naldi), ricostruisce la tragedia, le inchieste e, dopo tre quarti di secolo, accende i riflettori anche su quegli altri cinque incidenti. Con Troiani, con un altro storico esperto della tragedia di Superga (il professor Stefano Radice: ne parleremo nella puntata di domani) e con la consulenza dell’avvocato Claudio Caminati del Foro di Torino abbiamo ricercato ulteriori fonti e documentazioni, oltreché, invano, le inchieste originarie e la sentenza del giudice istruttore.

    Grazie a questo lungo, faticoso, complicatissimo lavoro di ricerca siamo riusciti anche a scoprire che gli incidenti con G.212 andati distrutti sono stati in realtà otto, non soltanto sei. Due in più: 9 aprile 1949, 25 giorni prima di Superga, e 11 dicembre 1953. Professor Troiani, si sapeva per esempio che nell’aprile del 1948, un anno prima della tragedia di Superga, la squadra “ragazzi” del Torino (oggi diremmo: la Primavera), che era volata in Inghilterra per un torneo, rischiò la vita. Il pilota atterrò “lungo”, il velivolo non riuscì a fermarsi in tempo e finì la sua corsa contro un hangar. Nessun ferito, per fortuna. «Quasi un segno premonitore. Quel modello di aereo era evidentemente nato nel 1947 sotto una cattiva stella. Un G.212 cadde già l’anno dopo in Belgio: 8 vittime. Nel 1949 cadde a Roma in aprile e a Superga in maggio, e poi altre 5 volte in pochi anni. Mi risulta che l’azienda costruttrice smise di produrre i G.212, dopo averne realizzati 19».

    Oltre a ricordare le versioni ufficiali, il suo romanzo pone domande.

    «Al centro del romanzo c’è il figlio del pilota. Per 75 anni si è chiesto quali fossero le responsabilità paterne, senza trovare una sola perizia da cui partire per una risposta definitiva. Ricostruisce fatti nascosti o ignorati. Quasi la metà dei G.212 cadde in volo. Le autorevoli banche dati sui disastri aerei, Baaa e Asn, non sanno documentare nei dettagli la tragedia di Superga. Primo e secondo pilota, il capitano Pierluigi Meroni e il maggiore Cesare Bianciardi, si erano distinti con la Regia Aeronautica e Meroni era istruttore nazionale di volo cieco. Nel romanzo, il figlio rileva fatti e comportamenti sinora mai portati alla luce».

    Nel suo romanzo compaiono anche molte fonti giornalistiche dell’epoca.

    «Ho evocato una certa premura a voltare pagina, comportamenti di autorità gi a pochi minuti dallo schianto. Se il dirigente che sale a Superga, tra rottami fumanti e con 31 corpi straziati, si appella alla “concomitanza di imponderabili” e dice che “ogni mente umana” sarà incapace di trovare le ragioni dell’accaduto, sembra convinto dell’impossibilità di ricostruire dinamica e responsabilità dell’incidente e pone l’accento sulla commiserazione retorica: “Un caso veramente tragico, dinanzi al quale ci inchiniamo come aviatori e sportivi”. Nel romanzo, il figlio non l’accetta: i morti e i loro famigliari non meritano soltanto inchini, ma di sapere, di capire. Due giorni dopo, l’ingegnere del Registro aeronautico italiano dichiara di escludere ipotesi di avaria. La cabina di pilotaggio e i suoi strumenti sono un ammasso informe, sopravvive solo la coda. Nel romanzo mi chiedo: da dove tanta certezza?».

    Abbiamo visto su YouTube la presentazione del suo romanzo alla “Casa dell’Aviatore” di Roma. Il generale Mario Arpino, già capo di stato maggiore sia dell’Aeronautica Militare sia delle Forze Armate, racconta un’esperienza diretta che…

    «Si, e il generale è stato cosi gentile da inviarmi uno scritto sull’episodio: siamo nel 1957 a Pomigliano e ci si addestra sul G.212, che verr poi radiato e sostituito anche da macchine più vecchie. Una sezione del corso si era trovata in “rischio mortale”, ricorda il generale Arpino, perché “il velivolo (…) nelle nubi aveva stallato malamente e si era quasi rovesciato, perdendo parecchia quota. (…) Pare si fosse sovraccaricato rapidamente di ghiaccio fino a uscire di controllo”. Gli aviatori in addestramento ne erano scesi “terrorizzati”. E’ una testimonianza molto autorevole. Fa pensare».

    Lei pubblica in genere libri di politica internazionale. Cosa ha significato scrivere questo romanzo?

    «Nella narrativa non devi solo far ragionare, ma anche emozionare. Chi lo ha letto, mi ha detto che cosi succede. Il romanzo, che percorre la storia del pilota dentro la Storia del XX secolo italiano, racconta un’Italia sconosciuta ai più e solleva interrogativi su Superga».

    Lei ha già presentato il romanzo in diversi Toro Club. Dell’incontro con i tifosi dell’associazione “Picciotti del Toro” di Marsala scrisse anche Tuttosport.

    «Un’esperienza bellissima, anche sotto il profilo umano: mi accompagnò l’editore, Carlo Morrone, che è di Siracusa. Le presentazioni del romanzo con il popolo granata sono state emotivamente coinvolgenti. In una, a Crescentino, conobbi Franco Ossola, il figlio del campione del Grande Torino. Disse in pubblico che aveva letto il romanzo in una sola mattina, e ne era rimasto emozionato. Aggiunse di abbracciargli Giancarlo Meroni, l’82enne figlio del pilota. Di portargli l’affetto dei figli del Grande Torino, consapevoli che tutti hanno sofferto la stessa tragedia». LEGGI TUTTO

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    “Toro, ti manca un Sartori. Non sarà difficile sostituire Juric”

    Nessuno meglio di lui conosce il Toro dell’era Cairo dalle sue radici. Gianni De Biasi è stato il primo allenatore dopo il fallimento, l’uomo che ha riportato i granata in Serie A dopo un solo tentativo. Adesso, a distanza di 19 anni dall’inizio della sua avventura sotto la Mole, farà il tifo per il suo vecchio club. Contro l’Atalanta c’è l’ultima chance di Europa da difendere, al netto di quello che succederà alla Fiorentina in finale di Conference League contro l’Olympiacos. De Biasi, il Toro può tornare per la terza volta in Europa nell’era Cairo: che effetto le fa? «Provo un misto di sensazioni. Ripenso al mio periodo: avevo suggerito al presidente di costruire un progetto basato sui giovani, ma abbiamo perso un po’ di tempo e Cairo allora aveva altre idee. Diciamo che il tempo mi ha dato ragione, visto il patrimonio di giocatori di cui oggi il Toro dispone. E poi è un club solido, che ha la forza per poter essere una mina vagante della parte sinistra della classifica. Ovvio, però, che per diventare come Atalanta e Fiorentina serva di più. Investimenti, certo, ma soprattutto idee e programmazione».In questi giorni stanno facendo discutere le parole di Juric sui tifosi, sul poco amore e sulla scarsa unione che caratterizza il mondo Toro. Che idea si è fatto di queste dichiarazioni? «Io credo che sia stato interpretato male: voleva dire sicuramente qualcosa di diverso. I tifosi del Toro sono ancorati a due periodi storici di enorme prestigio: quello degli Invincibili e poi il ciclo di Radice. Hanno richieste troppo elevate rispetto al contesto attuale, perché sono stati abituati ad avere squadre molto lontane dai confini dell’ordinario. Per diventare una realtà all’altezza di quel Toro, nel calcio di oggi, basterebbe giocare qualche volta in più in Europa. In questo senso, negli anni, ai granata è mancato uno come Giovanni Sartori, che era vicinissimo a diventare un dirigente granata quando c’ero io. Bisognava prendere lui: Chievo, Atalanta e Bologna sono più di semplici indizi sulla bontà del suo operato».La possibile qualificazione in Conference League renderebbe positiva la stagione? Qual è il bilancio sul campionato? «Per me resta un ottimo campionato, a prescindere dall’ultima partita. Un campionato in linea col valore della squadra: solo il Bologna ha sparigliato un po’ le carte, ma chi precede i granata ha indubbiamente qualcosa in più. Oggi, però, il Toro ha un patrimonio basato su giocatori giovani e forti: la strada è questa, però i granata hanno iniziato tardi rispetto ad altre realtà. Ora ci vuole tempo: la crescita non sarà veloce. Persino un fenomeno come Gasperini ci ha messo 8 anni per vincere».Juric chiuderà con la partita di Bergamo. Chi perde di più, il Toro o l’allenatore? «Non sarà difficile trovare un altro come lui, ma il suo lavoro è stato ottimo. Tuttavia, meglio separarsi quando il matrimonio è logoro. Poi sono sicuro che Juric sia cresciuto tanto come allenatore in questi tre anni: avrà modo di guardarsi dentro, in futuro saprà gestire meglio tante situazioni di campo e non solo. I tecnici migliorano quando si rendono conto degli errori».È sempre più Ital-Toro: i granata hanno tre giocatori fra i pre-convocati di Spalletti. Che prospettive immagina per Buongiorno, Ricci e Bellanova? «Spalletti è sveglio, guarda alla sostanza e non all’etichetta. Ricci e Bellanova hanno prospettive importanti: Spalletti li vedrà in ritiro e capirà se siano già pronti o meno per andare in Germania, ma vedrete che l’anno prossimo faranno ancora meglio. Buongiorno invece sarà protagonista: ormai ha quasi la statura di un campione».A breve il Toro ripartirà da un nuovo allenatore, che quasi certamente sarà Paolo Vanoli. Scelta azzeccata o rappresenta un azzardo? «Va verificato fuori dal contesto del Venezia, anche perché non ha un’esperienza solidissima da primo allenatore. Ma sta facendo un lavoro eccellente, mi sembra una scelta coerente. Dovrà capire subito, però, che il Toro è un altro mondo rispetto a tutto ciò che ha fatto finora».Cosa servirà al Toro per migliorarsi? «Pochi innesti, non più di tre: mi riferisco a potenziali titolari. Ma non andranno sbagliati, Vagnati dovrà andare a colpo sicuro. La base è buona, chi rimpiazzerà Juric troverà una rosa di livello, solo da aggiustare con qualche pedina». LEGGI TUTTO

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    Diretta Cagliari-Fiorentina ore 20.45: dove vederla in tv, in streaming e probabili formazioni

    CAGLIARI (4-3-1-2): Scuffet; Zappa, Mina, Hatzidiakos, Augello; Nandez, Prati, Sulemana; Gaetano; Oristanio, Luvumbo. Allenatore: Ranieri. 
    A disposizione: Aresti, Radunovic, Azzi, Di Pardo, Obert, Wieteska, Deiola, Mancosu, Viola, Lapadula, Kingstone, Petagna, Pavoletti, Shomurodov. 
    FIORENTINA (4-2-3-1): Terracciano; Kayode, Milenkovic, Ranieri, Parisi; Bonaventura, Mandragora; Ikoné, Beltran, Castrovilli; Belotti. Allenatore: Italiano. 
    A disposizione: Christensen, Martinelli, Comuzzo, Quarta, Dodo, Faraoni, Biraghi, Arthur, Lopez, Duncan, Infantino, Barak, Nzola, Gonzalez, Kouamé.
    ARBITRO: Prontera di Bologna. ASSISTENTI: Preti-Miniutti. IV UFFICIALE: Giua. VAR: Mazzoleni. ASS. VAR: Maggioni.
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    Diretta Udinese-Empoli ore 15: dove vederla in tv, in streaming e probabili formazioni

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    Il match tra le formazioni di Cannavaro e Nicola è in programma domenica 19 maggio alle ore 15 al Bluenergy Stadium di Udine. L’incontro sarà trasmesso in esclusiva da DAZN sulla piattaforma streaming e sul canale 214 del decoder Sky.
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    Udinese-Empoli: le probabili formazioni
    UDINESE (3-4-2-1): Okoye; Perez, Bijol, Kristensen; Ehizibue, Walace, Payero, Kamara; Success, Samardzic, Lucca. Allenatore: Cannavaro.
    A disposizione: Padelli, Mosca, Tikvic, Giannetti, Kabasele, Ebosele, Ferreira, Zemura, Zarraga, Pereyra, Brenner, Davis
    Indisponibili: Ebosse, Deulofeu, Lovric, Silvestri, Thauvin, 
    Squalificati: nessuno
    Diffidati: Bijol, Ferreira, Giannetti, Ebosele, Ehizibue, Kamara, Success, Thauvin
    EMPOLI (3-4-2-1): Caprile; Luperto, Walukiewicz, Ismajli; Pezzella, Maleh, Grassi, Gyasi; Cambiaghi, Zurkowski; Cerri. Allenatore: Nicola.
    A disposizione: Perisan, Seghetti, Goglichidze, Shpendi, Kovalenko, Caputo, Niang, Cacace, Marin, Bereszynski, Cancellieri, Fazzini, Destro, Bastoni
    Indisponibili: Ebuehi, Berisha
    Squalificati: nessuno
    Diffidati: Pezzella, Grassi, Zurkowski, Luperto
    ARBITRO: Orsato di Schio ASSISTENTI: Carbone-Giallatini QUARTO UFFICIALE: Di Marco VAR: Irrati ASS. VAR: Chiffi LEGGI TUTTO

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    Diretta Monza-Frosinone ore 15: dove vederla in tv, in streaming e probabili formazioni

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    Il match tra le formazioni di Palladino e Di Francesco è in programma domenica 19 maggio alle ore 15 allo stadio Brianteo. L’incontro sarà trasmesso in esclusiva da DAZN sulla piattaforma streaming e sul canale 215 del decoder Sky.
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    Monza-Frosinone: le probabili formazioni
    MONZA (4-2-3-1): Sorrentino; Birindelli, Izzo, Caldirola, Kyriakopoulos; Gagliardini, Bondo; Colpani, Pessina, Mota; Djuric. Allenatore: Palladino.
    A disposizione: Di Gregorio, Gori, Donati, Pablo Marì, Pedro Pereira, D’Ambrosio, Akpa Akpro, Caprari, Zerbin, Carboni, Colombo
    Indisponibili: Machin, Bettella, Ciurria, Carboni, Maldini, Vignato
    Squalificati: Gomez
    Diffidati: Djuric, Izzo
    FROSINONE (3-4-2-1): Cerofolini; Bonifazi, Okoli, Lirola; Zortea, Barrenechea, Brescianini, Valeri; Reinier, Soulé; Cheddira. Allenatore: Di Francesco.
    A disposizione: Frattali, Marchizza, Romagnoli, Monterisi, Seck, Gelli, Ibrahimovic, Garritano, Harroui, Kvernadze, Baez, Cuni, Kaio Jorge, Ghedjiemis
    Indisponibili: Caso, Kalaj, Mazzitelli, Oyono, Turati
    Squalificati: nessuno
    Diffidati: Mazzitelli, Oyono, Okoli, Soulé
    ARBITRO: Fabbri di Ravenna  ASSISTENTI: L. Rossi-Garzelli QUARTO UFFICIALE: Marcenaro VAR: Abisso ASS. VAR: La Penna LEGGI TUTTO

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    Diretta Verona-Torino ore 15: dove vederla in tv, in streaming e probabili formazioni

    Il Toro scende sul campo del Bentegodi nell’incontro valido per la 36ª giornata di Serie A, per ritrovare un successo che manca da 5 gare. Gli uomini di Juric continuano inoltre a disertare l’appuntamento con il gol, dopo i 3 pareggi a reti inviolate con Juve, Frosinone e Bologna e il ko con l’Inter (2-0). L’ultimo giocatore ad essere andato a segno è Zapata con la doppietta di Empoli. Il bilancio dei granata non restituisce ancora la matematica esclusione dalla corsa all’Europa, ma è una certezza ormai dietro l’angolo di questa stagione. Questo pomeriggio inoltre, il Verona proverà a sfruttare il fattore casa per chiudere il discorso salvezza – la gara di andata finì 0-0 – . Gli Scaligeri si trovano al 14º posto 34 punti, mentre il Toro si colloca in 10ª posizione a 3 lunghezze dalla Fiorentina.
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    Il match tra le formazioni di Baroni e Juric è in programma domenica 12 maggio alle ore 15 allo Stadio Bentegodi. L’incontro sarà trasmesso in esclusiva da DAZN sulla piattaforma streaming e sul canale 214 del decoder Sky.
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    Verona-Torino: le probabili formazioni
    VERONA (4-2-3-1): Montipò; Cabal, Magnani, Coppola, Tchatchoua; Duda, Serdar; Lazovic, Suslov, Noslin; Swiderski. Allenatore: Baroni
    A disposizione: Perilli, Chiesa, Belahyane, Centonze, Vinagre, Dani Silva, Dawidowicz, Mitrovic, Tavasan, Charlys, Bonazzoli
    Indisponibili: Cruz
    Squalificati: Folorunsho
    Diffidati: Coppola, Duda
    TORINO (3-4-1-2): Milinkovic-Savic; Masina, Lovato, Vojvoda; Rodriguez, Ilic, Tameze, Bellanova; Ricci; Okereke, Sanabria. Allenatore: Juric
    A disposizione: Gemello, Popa, Buongiorno, Dellavalle, Sazonov, Lazaro, Linetty, Silva, Ciammaglichella, Savva, Kabic, Pellegri, Zapata
    Indisponibili: Djidji, Gineitis, Schuurs, Vlasic
    Squalificati: nessuno
    Diffidati: Lazaro, Rodriguez
    ARBITRO: Marinelli di Tivoli. ASSISTENTI: Alassio-Del Giovane. QUARTO UFFICIALE: Di Marco. VAR: Valeri. ASS. VAR: Piccinini LEGGI TUTTO

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    Diretta Juventus-Salernitana ore 18: dove vederla in tv, in streaming e probabili formazioni

    In palio non ci sono soltanto i 3 punti che servono per l’Europa e per tornare alle spalle di Inter e Milan, ma c’è anche l’obbligo di evitare figuracce che potrebbero compromettere il morale del gruppo in vista della finale di Coppa Italia in programma mercoledì 15 maggio alle ore 21.
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    Il match tra le formazioni di Allegri e Colantuono è in programma domenica 12 maggio alle ore 18 allo Stadium di Torino. L’incontro sarà trasmesso in esclusiva da DAZN sulla piattaforma streaming e sul canale 214 del decoder Sky.
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    Juventus-Salernitana: le probabili formazioni
    JUVENTUS (3-5-2): Szczesny; Gatti, Bremer, Rugani; Cambiaso, McKennie, Locatelli, Rabiot, Kostic; Yildiz, Vlahovic. Allenatore: Allegri
    A disposizione: Perin, Pinsoglio, Djalò, Iling-Junior, Miretti, Alcaraz, Nicolussi Caviglia, Milik, Chiesa
    Indisponibili: Alex Sandro, Danilo, De Sciglio
    Squalificati: Weah, Fagioli
    Diffidati: Cambiaso
    SALERNITANA (3-4-2-1): Fiorillo; Pirola, Fazio, Pierozzi; Sfait, Basic, Coulibaly, Sambia; Vignato, Ikwuemesi, Tchaouna. Allenatore: Colantuono
    A disposizione: Costil, Pasalidis, Pellegrino, Legowski, Simy, Di Vico, Weissman, Kastanos, Martegani
    Indisponibili: Maggiore, Gyomber, Boateng, Candreva, Gomis, Bradaric
    Squalificati: nessuno
    Diffidati: nessuno
    ARBITRO: Santoro di Messina. ASSISTENTI: Zingarelli-Bahri. QUARTO UFFICIALE: Sacchi. VAR: Mazzoleni. ASS. VAR: Nasca
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    L’Atalanta ha i suoi dei: Percassi e Gasperini

    Se c’è una squadra che ha onorato alla lettera la propria ragione sociale questa è l’Atalanta, Dea della corsa. In quattordici anni, che si compiranno il prossimo 4 giugno, Antonio e Luca Percassi l’hanno portata dalla Serie B alla prima finale europea dalla fondazione, addì 17 ottobre 1907. L’andatura della squadra e della società procede a perdifiato e, come confermano l’eliminazione del Marsiglia, il duello per il quinto posto con la Roma e la finale di Coppa Italia con la Juve, una cosa non faranno mai quelli di Bergamo: rallentare. D’altronde, bastano due parole per riassumere il carattere della Casa: mòla mia e non c’è bisogno di traduzione dalla lingua di Bartolomeo Colleoni, non casualmente dotato di tre attributi. L’ha compreso bene anche Stephen Pagliuca, 69 anni, origini abruzzesi, copresidente e comproprietario dell’Atalanta; copresidente di Bain Capital, uno dei principali fondi d’investimento mondiali (gestisce patrimoni per circa 190 miliardi di euro), comproprietario dei Boston Celtics, 17 volte campioni Nba. Giovedì notte, nel delirio del Gewiss impazzito di gioia, Pagliuca sgranava gli occhi e ripeteva estasiato ai Percassi: «It’s amazing, it’s amazing». E anche qui, non c’è bisogno di traduzione. La verità è che nulla succede mai per caso, anche nel mondo dove si diceva e si dice ancora: la palla è rotonda (Brera, perdonaci) e basta un palo o un rigore sbagliato per cambiarti la vita.
    L’età dell’oro
    Certo, è già successo e succederà ancora, come no? Però, capisci che il fato c’entra sino a un certo punto, che questo non è un miracolo italiano, ma una grande impresa italiana quando pensi che quattordici anni fa, la Dea era in B; che quattro anni fa era al n.104 del ranking Uefa e oggi occupa il n.19 a ridosso di Juve e Napoli e prima del mitologico Benfica (87 trofei in bacheca), per dire; che negli otto anni gasperiniani, ha contato tre partecipazioni di fila alla Champions League con una semifinale persa all’ultimo respiro; quattro campagne in Europa League, sopravanzando ora il quarto di finale perso con il Lipsia; che in campionato, dov’è attualmente quinta, con quattro partite ancora da giocare, si è lasciata alle spalle un ottavo, un settimo, un quinto, un quarto e tre terzi posti consecutivi, tre finali di Coppa Italia in cinque anni, la terza prossimamente sugli schermi dell’Olimpico. A Bergamo la chiamano l’Età dell’oro e fra cent’anni, non ci piove, si parlerà ancora dell’Atalanta dei Percassi e di Gasp.
    Il cittadino onorario 
    Ecco, appunto. Gian Piero Gasperini, 66 anni, grugliaschese cittadino onorario di Bergamo, 380 partite atalantine, 196 vittorie, 91 pareggi, 93 sconfitte, percentuale di successo 51,58 per cento. Dopo avere eliminato Marsiglia ipse dixit: «L’Atalanta dimostra che non c’è bisogno delle Superleghe». Parole sante. E prima del Marsiglia: «Si è grandi solo se si vince un titolo? Questa è un’idiozia. Allora, se fai solo il giornalista e non sei un direttore, sei un perdente? Così sono tutti perdenti e si ammazzano. È un’idiozia grande come una casa, alimentata da chi è frustrato». Sacchi ha rivoluzionato il calcio, Guardiola l’ha cambiato, Gasperini sta accanto a loro, per ciò che ha proposto e per quanti hanno cercato di imitarlo, in Italia e all’estero. La difesa a tre, con gli esterni che salgono a sostegno dell’azione offensiva e pronti a ripiegare sulla linea difensiva, portandola a cinque uomini; la marcatura uomo su uomo a tuttocampo; le ripartenze brucianti; il difensore centrale pronto ad avanzare a centrocampo; i ribaltamenti di gioco da una fascia all’altra, le verticalizzazioni improvvise, le triangolazioni degli attaccanti. Su tutto, sopra tutto, la mentalità spiccatamente offensiva di una squadra che si para davanti all’Om allineando dal primo minuto Koopmeiners, De Ketelaere, Scamacca e Lookman. What else?
    Di padre in figlio
    Su tutti, sopra tutto, ci sono loro. I Percassi. L’Atalanta ce l’hanno nel Dna e non è un modo di dire. Antonio, 70 anni, cresciuto nel vivaio insieme con Gaetano Scirea, suo indimenticabile amico, stopper di quelli che portavano la maglia numero cinque e dai quali era meglio girare alla larga, in quanto “roccioso” e “pieno di grinta”, Capitan Futuro ante litteram, sette stagioni in prima squadra, prima del passaggio al Cesena in cambio di Bertuzzo e di un grave infortunio al ginocchio. Gli tronca la carriera, ma gli cambia la vita. E non solo la sua. Oggi, Antonio è uno dei più importanti imprenditori italiani; secondo Real Time Forbes (ultimo rilevamento, 26 aprile scorso) è dotato di un patrimonio personale di 1,5 miliardi di dollari, circa 1,4 miliardi di euro. Ha sempre pensato quanto essere sia meglio di apparire. Tant’è vero che giovedì notte, l’intervista congiunta con Luca davanti alle telecamere di Sky Sport è stata un evento più unico che raro. Per loro natura, i bergamaschi apprezzano chi parla con i fatti. L’applaudono, pensando a che cosa sia stato capace di fare, per l’Atalanta e per Bergamo, il figlio dell’impresario edile di Clusone, Valle Seriana. Rimirano il nuovo Gewiss Stadium che dalla prossima stagione, terminata la ristrutturazione della Curva Morosini ormai in dirittura d’arrivo, sarà la Bombonera della Serie A con 25 mila posti, il museo del club, bar e ristoranti. Una spesa complessiva di 100 milioni di euro, «un investimento che resterà per sempre il nostro dono a Bergamo e ai bergamaschi». Gewiss, il marchio della multinazionale orobica ramo elettrotecnica, sponsor dello stadio, in tedesco vuol dire “sicuro”. Quando si dice nomen omen. «Il nostro impianto è l’ottavo colle di Bergamo, anche se è ai piedi di Città Alta». L’immagine è di Luca Percassi 43 anni, figlio di Antonio, amministratore delegato da quel 2010, autentico regista e indefesso stakanovista dell’Età dell’Oro (praticamente vive a Zingonia, lì potete chiedere chi sia il primo a presentarsi in ufficio e l’ultimo a spegnere la luce).
    Pensando a Vialli
    Come il padre, Luca è cresciuto nel vivaio. A 17 anni vola al Chelsea, dove incrocia Gianluca Vialli, al quale lo lega un rapporto di profonda stima. Tornano alla mente le parole pronunciate da Luca in morte di Gianluca: «La tua scomparsa mi provoca un dolore immenso. Grazie a te sono cresciuto molto e mi hai trasmesso tantissimo. Anzitutto valori e principi, sportivi e umani, che ho trasferito in Atalanta e che ancora oggi sono fiero che siano fra i nostri segni distintivi. Grazie di tutto, buon viaggio e un abbraccio commosso alla tua famiglia, ai tuoi cari, ai tuoi amici e a tutte le persone e sono tantissime che ti hanno voluto bene e che,come me, non ti dimenticheranno mai». Le capacità manageriali di Luca sono direttamente proporzionali alla passione per l’Atalanta e per la collezione di migliaia di maglie (il conto deve averlo perso anche lui) che possiede. Naturalmente, l’ultima è la marsigliese. Deus ex machina delle operazioni di mercato, titolare di un invidiabile record di bilancio (otto utili consecutivi), secondo Calcio e Finanza, nell’era Percassi, al 31 dicembre 2023 l’Atalanta ha guadagnato complessivamente 504 milioni di euro grazie alle cessioni. Il record è stato stabilito dal passaggio di Hojlund al Manchester United: surplus di 53, 2 milioni di euro. Il fiore all’occhiello di Luca è il Gewiss Stadium: nella notte più bella della storia (aspettando le prossime), ha ricordato: «Abbiamo comprato l’impianto nel giorno dei 110 anni del club. L’investimento è stato il più grande della storia della società, per noi bergamaschi è molto significativo avere questo stadio in città. Sarà la casa dell’Atalanta e dei suoi tifosi».
    D’amico e Zamagna
    Come il padre, anche Luca disdegna le luci della ribalta: le frequenta solo lo stretto necessario. Dev’essere una regola aziendale non scritta, perché Tony D’Amico è un altro signore di evidente ispirazione sartriana («Ogni parola ha conseguenze. Ogni silenzio anche»). Non era facile per l’ex direttore sportivo del Verona raccogliere l’eredità di Giovanni Sartori che a Bologna sta lasciando le sue impronte, profonde come negli otto anni atalantini, scanditi da magistrali colpi a ripetizione. D’Amico c’è riuscito alla grande: lavorando sodo, sempre a pelo d’acqua, in totale sintonia con Percassi, battendo la concorrenza sul tempo (l’ultima operazione da applausi si chiama Isak Hien, chiedere referenze ad Aubameyang che non l’ha vista mai). Con D’Amico lavora Gabriele Zamagna, la migliore risposta all’algoritmo, perché lui i giocatori va a vederli e rivederli, prima di prenderli. Nel 2023 ha percorso oltre 150 mila km in auto, ha saltabeccato su almeno cinquanta aerei e, a fine 2024, avrà fatto ancora di più. Zamagna è scuola Favini, per intenderci. Basta il nome di Mino per capire quanta strada abbia fatto Gabriele.
    Marino e Zanforlin
    Un’altra architrave dell’Atalanta società è Umberto Marino, dg, padre putativo dell’Under 23, nata in un mese nel luglio scorso grazie al grande lavoro del ds Fabio Gatti, già capace di superare il primo turno dei playoff della Serie C, sotto la guida di Francesco Modesto, allievo prediletto di Gasperini. Negli uffici di Zingonia ce n’è uno metaforicamene adibito a forziere del club. Ne è titolare Romano Zanforlin, il mago del marketing. Sotto la sua regia, i partner commerciali a vario titolo sono diventati 350 (trecentocinquanta), tanto che il regista di questo boom si schermisce: «Sono diventati così tanti che fatichiamo a stare loro dietro». L’abbiamo detto: la Dea della corsa non si ferma mai. LEGGI TUTTO