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    Inter-Napoli, Spalletti e il piano San Siro

    Diverse indicazioni in vista della ripresa del campionato: il tecnico dei partenopei contro gli spagnoli ha optato per il 4231, mentre nel match contro i francesi ha puntato sul classico 433 (in entrambi i casi con Kvaratskhelia e Osimhen titolari) utilizzato anche nell’ultima partita di Serie A contro la squadra di Sottil. In ogni caso Spalletti potrà fare affidamento su tutti i componenti della rosa, dopo i rientri dai Mondiali di Zielinski, Olivera, Lozano, Anguissa e Kim. LEGGI TUTTO

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    Napoli, la decima di fila è pura sostanza

    Con la decima vittoria consecutiva, il Napoli lancia un altro messaggio al campionato: a questo giro non si lasciano per strada nemmeno le partite poco glamour, quelle che nel passato anche recente hanno inceppato il cammino degli azzurri. Stavolta, invece, anche l’Empoli si è dovuto inchinare alla squadra di Spalletti che, però, per sbloccare la gara ha dovuto aspettare un “rigorino” fischiato da Pairetto per un tocchettino su Osimhen (comunque ancora determinante nell’indirizzare l’inerzia della gara) in uscita dall’area. Episodio borderline che comunque non può mettere in discussione la totale supremazia del Napoli, sancita da un possesso palla debordante (75% contro il 25% dei toscani) e da una sostanziale inoperosità di Meret. Qualche perplessità, casomai, l’ha suscitata una minore brillantezza del Napoli che non ha aggredito la gara come ci aveva abituato fino ad ora: ritmo blando, circolazione di palla precisa ma scolastica. La causa? Una stanchezza figlia delle due battaglie contro Liverpool e Atalanta, più i cambi decisi (proprio per questo) da Spalletti.

    I cambi cambiano

    Non che il Napoli abbia perso identità e misure, ma innegabilmente è mancata un poco di imprevedibilità e di aggressività nella fase finale della manovra. Tanto è vero che gli ingressi di Lozano, Elmas e Zielinski hanno permesso di chiudere una partita che dopo il rigore il Napoli aveva comunque già installato nel modo giusto. La sensazione, però, è che a Udine servirà maggiore fisicità e che la sosta stia arrivando al momento giusto per consentire di caricare energie fisiche e mentali. E a conferma di come Spalletti, finora, non abbia sbagliato in nulla la propria strategia.

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    Anche l'Atalanta va ko: e ora chi può fermare questo Napoli?

    BERGAMO – Il Napoli si conferma padrone del campionato: vince la sfida al vertice di Bergamo contro l’Atalanta e lo fa unendo qualità e carattere. Perché i nerazzurri hanno fatto soffrire la capolista passando in vantaggio in avvio (gran parata di Meret e poi il rigore di Lookman su tocco di mano di Osimhen) e giocando una ripresa di grande ardore per cercare il pareggio dopo i due gol subiti da Osimhen (di testa) ed Elmas. Una bella partita che consegna al campionato un Napoli che dimostra di saper superare i momenti duri grazie a qualità e forza d’animo. Spalletti ha confermato l’importanza morale di questa vittoria, Gasperini ha archiviato la prestazione con la convinzione che la sua Atalanta sia sulla strada giusta per togliersi altre soddisfazioni. Ma il campionato, adesso, ha davvero un padrone: il Napoli. LEGGI TUTTO

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    Napoli, Spalletti e la rivelazione su Kvaratskhelia: “L'infortunio nasce da…”

    BERGAMO – Luciano Spalletti ha parlato ai microfoni di Dazn dopo il successo del Napoli sull’Atalanta di Gasperini. Il primo tema affrontato dal tecnico toscano è stato l’infortunio di Kvaratskhelia: “I compagni non sono contenti di sentire questa storia di Kvara. Se devo dipendere da un solo giocatore che vado a fare in campo? Si può vincere anche senza Kvara, nessuno nello spogliatoio è contento di sentire questa storia a ripetizione. Kvara stasera non c’era, così come non c’è stato Osimhen in passato. Sempre con queste domande su Kvara, non è che abbiamo fatto delle cose in più perchè mancava lui. Ha dolore alla schiena, a causa di una botta rimediata da Alexander-Arnold. Il suo problema finisce parte da lì. Nei giorni successivi lo abbiamo gestito e monitorato costantemente, è andato tutto abbastanza bene, pensavamo migliorasse, invece ieri è venuto che non riusciva proprio per niente. Anche se per voi è quello che ci porta in giro per il mondo, noi ne abbiamo altri di cui ci si può fidare”, ha raccontato Spalletti. Su Elmas, oggi decisivo per la conquista dei 3 punti: “Ha fatto un lavoro di qualità e quantità in maniera eccezionale. E quindi abbiamo preferito lasciare Kvara a casa per non fargli fare una sobbarcata di tensione, il viaggio, poi chiedigli come sta il giorno della partita e poi cosa pensano gli altri giocatori? Non si va da nessuna parte se non abbiamo 20-22 calciatori circa, per cui il ragionamento va fatto in maniera corretta, il gruppo lo recepisce in base a come lo gestisci, con correttezza”, ha proseguito il tecnico toscano.Iscriviti al Fantacampionato Tuttosport League e vinci fantastici premi! LEGGI TUTTO

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    L'Italia in panchina alla conquista della Champions. Manca solo Allegri

    TORINO – Cinque allenatori italiani in cerca della coppa dalle grandi orecchie. Cinque allenatori italiani che dimostrano, ancora una volta, quanto la nostra scuola sia tutt’altro che superata e inaridita. Cinque allenatori italiani che abbracciano varie generazioni e che insegnano la via per l’affermazione. In un modo o nell’altro.

    Ancelotti ha raggiunto Ferguson

    Carlo Ancelotti, innanzitutto. Con il suo Real Madrid, ha raggiunto il record delle 102 vittorie in Champions League, affiancandosi al mito di Sir Alex Ferguson. Non ci sono più parole per descrivere Carletto, colui che non passa mai di moda e che sa sempre arrivare in fondo, con il gioco, con i giovani, con i campioni rivitalizzati. E con quella calma che sa trasmettere al gruppo e all’ambiente. Pacificatore. Solo alla Juventus non ci è riuscito, ma questa è storia vecchia.

    Conte: con lui tutti in battaglia

    Antonio Conte, poi. Ovvero l’affamato perenne, il tecnico che trasmette adrenalina, dettami tattici, orgoglio infinito. Con il Tottenham ha timbrato nell’ultimo match, nell’inferno di Marsiglia: roba da duri. Come l’ex capitano e tecnico della Juventus, un motivatore senza eguali al mondo. Dategli un morto, lo farà resuscitare. Son e Kane lo amano, tanto per dire.

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    Il Napoli punta l'Atalanta per tenere a bada chi sogna la rimonta

    «Dopo questa gara ci sentiamo più forti», al termine della gara di Liverpool, probabilmente Spalletti avrebbe voluto dire che il Napoli è anche molto arrabbiato per quel ko, il primo in 18 gare stagionali ed insignificante sul piano della qualificazione agli ottavi di Champions attraverso il primo posto del Gruppo A. Ed è un traguardo prestigioso per il quale il coach ha voluto ringraziare tutti i suoi calciatori impugnando il microfono sul volo charter che ha riportato la squadra a Capodichino alle 4.30 del mattino di ieri. Dal sorteggio di lunedì a Nyon gli azzurri sapranno a metà febbraio quale avversario affronteranno nella fase ad eliminazione diretta. Ci sarà tempo per la Champions che tornerà tra tre mesi e mezzo, mentre il campionato proseguirà per altri tre turni nel corso dei quali si capirà se le posizioni in classifica resteranno cristallizzate fino alla ripresa del 4 gennaio, oppure se ci saranno scossoni in vetta.

    Reazione a Bergamo

    Il Napoli li esclude, avendo avuto dalla notte di Anfield solo conferme di tenuta agonistica e crescita tecnica, almeno fino all’80’: negli ultimi 10’ c’è stato un calo inconscio, dovuto alla certezza del raggiungimento del primo posto. La sconfitta con il Liverpool, la prima dopo 17 gare con 15 vittorie e due pareggi, scotta molto e l’unguento per il sollievo va cercato sabato al Gewiss Stadium. Vincere per provare ad allungare fino a 9 la striscia di vittorie consecutive in campionato. Sarebbe una bella reazione dopo il ko in Inghilterra e servirebbe per tenere a distanza le inseguitrici, a cominciare dalla stessa Atalanta che oggi è seconda con 5 lunghezze di distacco dai partenopei. Poi, tra martedì 8 e sabato 12 novembre, nelle sfide casalinghe contro Empoli e Udinese, si proverà a mettere in graduatoria altri 6 punti utili a scoraggiare le altre pretendenti allo scudetto, ma anche per eguagliare un record storico per Spalletti. Quello delle 11 vittorie consecutive in campionato quando allenava la Roma nella stagione 2005-06. Il Napoli non lo dice, però l’idea di vincere lo scudetto quest’anno è forte ed è confortata anche dalla qualità delle prestazioni che hanno prodotto 32 punti in 12 gare. L’Atalanta è sotto di 5 punti, il Milan di 6, la Roma 7, la Lazio e l’Inter 8. Ed è proprio alla formazione di Inzaghi che il Napoli guarda con attenzione, provando a tenerla a distanza oppure ad aumentare ancora il vantaggio. Domenica i nerazzurri sfideranno la Juventus a Torino, poi giocheranno con il Bologna e renderanno visita all’Atalanta. Il loro cammino non è agevole, il Napoli lo sa ed è per questo che proverà ad allungare ulteriormente, così da arrivare allo scontro diretto del 4 gennaio a San Siro con un vantaggio tale da giocare il match a testa alta e con il piglio di chi vive il campionato come la formazione da battere. Lo pensano tutti e tutti oggi attendono al varco la squadra di Spalletti, vogliono fare lo sgambetto all’unica formazione ancora imbattuta in Serie A, ben sapendo che per riuscirci bisogna solo sperare in una loro giornata-no. E finora non c’è mai stata, anche perché Spalletti è stato abile ad alternare i calciatori in organico.

    Alternanza magica

    I numeri lo raccontano fedelmente: da Demme (19’) a Raspadori (664’) sono 11 i calciatori considerati come “titolari degli ultimi 30 minuti” che hanno sempre messo piede in campo. Anche sabato ci sarà spazio per alcuni di loro. Pochi, perché Spalletti chiederà uno sforzo di altre tre partite a quelli maggiormente utilizzati e che oggi mostrano segni di stanchezza. Rispetto al match con il Liverpool, è molto probabile che tornino titolari del primo minuto i vari Mario Rui, Zielinski e Lozano. Poi bisognerà valutare lo stato di forma di Victor Osimhen, protagonista di un corpo a corpo con il gigante Van Dijk. Raspadori e Simeone, utilissimi nelle 6 gare senza Osimhen, hanno dimostrato di essere sempre pronti e non si farebbero certo impressionare dal clima caldo di Bergamo. Ma sembra improbabile che l’attaccante nigeriano abbia voglia di starsene fuori: è capocannoniere con Arnautovic (l’austriaco del Bologna) a quota 7 gol e non ha nessuna intenzione di abbandonare il trono dei bomber. Anzi, ha una voglia matta di prendere il volo anche in Simone Inzaghi, 46 anni, vuole rientrare nel giro scudetto Luciano Spalletti, 63 anni: lo scudetto è un obiettivo concreto quella classifica.
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    Napoli, il capolavoro di Spalletti: così sono arrivate tredici vittorie consecutive

    TORINO – Victor Osimhen è forte, fortissimo. Il Napoli gioca bene, benissimo. Quindi chi è che trascina l’altro: l’attaccante o la squadra? Entrambi, in questo caso, perché il Napoli non ha perso un colpo, anzi, quando l’attaccante nigeriano era infortunato. Così come lo stesso attaccante è tornato in condizione straordinarie al punto a aver stupito ogni più rosea attesa mettendo a referto 6 reti: gol all’Ajax, gol al Bologna e alla Roma (entrambi da tre punti l’uno) e tripletta al Sassuolo. Che, considerate anche quelle precedenti l’infortunio, assommano a 8 reti in 730 minuti: un gol ogni 91 minuti. Media che si dimezza se si considera lo score successivo al rientro in campo. Ma alla fine si torna sempre lì: è davvero un errore, al confine dell’ingiustizia tecnica e analitica, discutere di questo Napoli con la “reducito a unum” di un protagonista qualsiasi. Sia egli l’inarrestabile Osimhen o l’affascinante Kvaratskhelia. Quel che conta è l’insieme dei fattori: ciò che ha portato il Napoli a completare questa incredibile striscia di 13 vittorie consecutive. Anzi, no: un protagonista assoluto c’è e si chiama Luciano Spalletti. Intendiamoci: noi da sempre sosteniamo la primazia dei giocatori sugli allenatori (perché tu puoi essere un fenomeno in panchina ma non riuscirai mai a trasformare i ronzini in purosangue) ma è altrettanto ovvio che un allenatore possa migliorare un gruppo di giocatori di talento attraverso il proprio lavoro. Che non è solo quello dentro al campo, fatto di schemi e di atletismo, ma quello di gestione del gruppo e dell’ambiente: perché vincere a Napoli, o provare a riuscirci, non è come vincere da altre parti. Succede che si mettano di mezzo feste troppo anticipate poi “traslate” da sconfitte materializzate in un albergo, succede che una vittoria ti porti in paradiso e che una sconfitta ti scaraventi all’inferno soprattutto se la società resta ondivagamente preda di queste montagne russe umorali. Oppure se qualche componente, magari tra i più autorevoli, del gruppo è da troppo tempo invischiato in queste dinamiche umorali, o chissà che, cittadine. E dunque Spalletti ha lavorato assi su questo aspetto. Prima ha appoggiato e condiviso il lavoro di mercato che Cristiano Giuntoli – con l’indispensabile benestare del club – ha portato avanti per rivoluzionare l’ambiente interno al gruppo. Poi si è incaricato di isolare e di formare, lavorare e organizzare, motivare e strutturare.Sullo stesso argomentoOsimhen, quanto brilla l’oro di NapoliNapoli

    Il Napoli di Spalletti: divertente e moderna macchina da gol

    Ecco : il Napoli di Luciano Spalletti, questa divertente e moderna macchina da gol, è figlio di un processo di rinnovamento che si sta riverberando splendidamente sul campo. E che conferma un assioma che dovrebbe diventare basilari nelle analisi di coloro che si occupano per mestiere di calcio: la partita. Che pure richiama così tanta attenzione, è solo la punta dell’iceberg. Al di sotto c’è una montagna di roba: lavoro, organizzazione, scelte tecniche, gestione del gruppo. Poi, se tutto questo funziona, “capita” anche di riuscire a vincere le partite. E, dettaglio tutt’altro che secondario, di ribaltare aspettative e gerarchie nei sentimenti dei tifosi. Perché sì, sarà un poco superfluo e forse pleonastico ricordare i sentimenti che si respiravano a Napoli (e non solo) in occasione della rivoluzione di mercato, ma adesso assume un significato straordinario il modo in cui Kvaratskhelia e Raspadori, Anguissa, Simeone e Kim hanno sostituito gente come Insigne. Koulibaly e Mertens nel cuore dei tifosi. Giocatori che, ci mancherebbe altro, non saranno mai dimenticati come è giusto che sia ma che di fronte a questo straordinario lavoro di Spalletti vengono incasellati nel posto giusto: quello del passato affettuoso che non innesca il rimpianto.
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    Spalletti, Maradona e Schopenhauer: che cos’è il genio

    Nel segno di Diego. Il Napoli ha onorato al meglio la festa-ricordo allo stadio ‘Maradona’ per celebrare il Pibe de Oro – che oggi avrebbe compiuto 62 anni – continuando la sua corsa solitaria, buttando giù primati con la forza dei suoi campioni e di un tridente sempre più ispirato. Contro il Sassuolo la squadra di Spalletti ha calato il poker, anzi ha fatto ‘tredici’, come i successi consecutivi, tra campionato e Champions, che certificano, se ancora ce ne fosse bisogno, le qualità di una squadra perfetta, per attitudine, temperamento, qualità e gioco espresso.Guarda la galleryIl Napoli si ‘inchina’ a Maradona: la statua fa il giro del campo

    Spalletti, Maradona e Schopenhauer

    Prima del match è andata in scena la festa organizzata dall’ex manager di Maradona Stefano Ceci, gli ex compagni di squadra Salvatore Bagni, Nando De Napoli, Gianfranco Zola, Pietro Puzone, Enrico Zazzaro, Antonio Carannante e il massaggiatore Salvatore Carmando. La statua del Pibe de Oro ha fatto il giro del campo, scortata da tutto l’amore dei tifosi e la frase pronunciata da Spalletti non è passata in sordina. Il tecnico azzurro ha ‘scomodato’ uno dei più importanti filosofi del XIX secolo per spiegare al meglio la leggenda del Diez: “La differenza fra Maradona e gli altri giocatori? È come quello che disse Schopenhauer sulla differenza tra il talento e il genio. Il talento colpisce bersagli che gli altri non colpiscono, il genio colpisce bersagli che gli altri non vedono”.
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