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    Diretta Torino-Napoli ore 15: dove vederla in tv, in streaming e probabili formazioni

    TORINO – Ci sarà tempo per il turnover, il campionato richiede massima concentrazione e l’utilizzo della formazione migliore. Contro il Torino scenderà in campo il Napoli migliore e con l’obiettivo di vincere la quarta gara in trasferta. Conte è in testa alla classifica con 29 punti e ha subito solo 9 reti, risultando essere la seconda miglior difesa del torneo. Con un particolare che lascia incoraggiare per un risultato positivo anche in questa sfida: nelle 6 trasferte di quest’anno, i partenopei hanno subito una sola rete nei primi tempi, quella del pareggio contro l’Inter. Una gara delicata per gli azzurri contro i granata di un Vanoli che sta pensando alle mosse per arginare Conte in un clima tutt’altro che disteso tra tifosi e società. Vojvoda come braccetto di difesa, con Coco e Masina che dovrebbero completare il reparto. Ma la novità potrebbe essere il tridente Njie-Sanabria-Adams dall’inizio. Se dovesse optare per il tridente, a perdere il posto sarebbe Vlasic, mentre in mediana troverebbero spazio Ricci e Linetty.  
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    Diretta Torino-Napoli: streaming e diretta tv
    L’incontro tra le formazioni di Vanoli e Conte è in programma domenica 1 dicembre alle ore 15 presso lo stadio Grande Torino. Sarà possibile assistere all’evento in diretta streaming sulla piattaforma Dazn, e in pay tv sul canale Sky Zona Dazn 1 (214). 
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    Torino-Napoli, le probabili formazioni
    TORINO (3-4-3): Milinkovic, Vojvoda, Coco, Masina; pedersen, Linetty, Ricci, Lazaro; Adams, Sanabria, Njie. All. Vanoli. A disposizione: Paleari, Donnarumma, Maripan, Walukiewicz, Bianay Balcot, Dembelé, Sosa, Tameze, Gineitis, Ciammaglichella, Vlasic, Karamoh. Indisponibili: Ilic, Savva, Schuurs, Zapata. Squalificati: -. Diffidati: -.
    NAPOLI (4-3-3): Meret, Di Lorenzo, Rrahmani, Buongiorno, Olivera: Anguissa, Lobotka, McTominay; Politano, Lukaku, Kvaratskhelia. All. Conte. A disposizione: Caprile, Contini, Juan Jesus, Marin, Spinazzola, Zerbin, Gilmour, Folorunsho, Neres, Ngonge, Raspadori, Simeone. Indisponibili: Mazzocchi. Squalificati: -. Diffidati: -.
    Arbitro: Fabbri di Ravenna. Assistenti: Bresmes-Dei Giudici. IV Uomo: Feliciani. Var: Meraviglia. A-Var: Marini.
    Torino-Napoli: scopri tutte le quote LEGGI TUTTO

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    Cairo raggiunge Pianelli: 7030 giorni da Toro. Così parlava il grande Orfeo

    Orfeo Pianelli, già da tempo entrato nella dirigenza granata, diventò presidente del Torino il 20 febbraio del 1963. Quella sera, nella sede di via Prati, si riunirono 10 consiglieri del club. La riunione, cominciata alle 21, si protrasse sin quasi a mezzanotte. Al termine, la segreteria del club emise un comunicato: «Il consiglio direttivo dell’A.C. Torino (…) ha accettato le dimissioni del ragionier Angelo Filippone e ha eletto nuovo presidente, all’unanimità, il commendator Orfeo Pianelli». Era sull’orlo del fallimento da anni quel povero Toro del dopo Superga. Pianelli lo risanò, lo rilanciò, lo riportò ai vertici del calcio italiano e in un giorno di maggio del 1976 salì sul colle di Superga con i giocatori e migliaia di tifosi arrivando a guardare negli occhi il Grande Torino, guardando il cielo. Era la sera del 21 maggio 1982 quando Pianelli lasciò la lussuosa sede del Torino in corso Vittorio Emanuele II. Vide i cronisti sul marciapiede e scoppiò a piangere: «Sì, ho firmato, ho venduto. Non mi hanno lasciato neppure un’azione e potete pensare questo cosa voglia dire per me. Una ventina di anni nel Torino sono una vita, ma non c’erano altre vie d’uscita. Ho dovuto aspettare tre ore per poter firmare. Ora… però… vi saluto». Il più grande presidente granata dopo Ferruccio Novo non riuscì ad aggiungere altro. Singhiozzava. Esattamente quel giorno, il 21 maggio del 1982, Urbano Cairo compiva 25 anni. Il 2 settembre 2005, Cairo diventò il presidente del Torino. Oggi, (soltanto) nel calendario raggiunge Pianelli: stesso numero di giorni di presidenza, 7.030. E da domani sarà lui in solitudine il presidente più longevo della storia del Toro. Poi, martedì, il club compirà 118 anni di vita: un altro potente rintocco del tempo in questo trittico di date. In un giorno di inizio aprile del 1996 andammo a incontrare Pianelli nel suo “esilio” di Villefranche, nella sua abitazione a pochi chilometri da Nizza. Ci accolse la figlia Cristina, ci portò nella stanza dove i genitori attendevano seduti in poltrona. Su un tavolo vicino, un castello di medicine: erano già entrambi molto malati Orfeo e sua moglie Cecilia. Aveva 75 anni, Pianelli. Un tempo, da imprenditore fatto da sé, nato falegname, muratore, e poi cresciuto elettricista, vinse un mondo. Ma aveva l’effigie della sconfitta nel cuore, l’anziano presidente. Evocammo lo scudetto del ‘76, dopo un po’: «Vent’anni fa vissi la stagione più bella della mia presidenza. Oggi, invece, il presente è angosciante. Mi sembra di toccare con mano il senso di impotenza, di agonia che sta lacerando i tifosi granata. Quelli veri, intendo dire». No, non poteva parlare di Cairo! Però adesso sembra quasi così, vero? Ma ce l’aveva con Calleri, Pianelli: «L’unica cosa buona che ha fatto da presidente del Torino è stata evitare il fallimento». Parlava a fatica. La malinconia riempiva l’aria nella stanza. E la rabbia, quella rabbia che covava ormai da quasi 20 anni, nel corpo provato si trasformava solo in un filo di voce. «Sono sempre stato un tifoso. A differenza di quanto hanno fatto altri, non ho mai pensato al Toro per interesse. E dire che dopo la vittoria in campionato avrei davvero potuto badare ai fatti miei. Vendevo i migliori, recuperavo i soldi che avevo speso, me ne andavo da trionfatore e mi risparmiavo certe amarezze. Invece no. In 19 anni non ho mai svenduto nessuno. Il mio obiettivo era soffiare i migliori agli altri e non smembrare mai la squadra». Dopo un po’ che parlava: «Questo Toro è caduto troppo in basso. È tutto così triste». Alla fine di quella stagione, di lì a poche settimane, i granata sarebbero retrocessi in B. «Ma le sembra un Toro vero, questo? Di sicuro io non posso riconoscermi in questo Torino. Questa squadra che adesso sta soffrendo le pene dell’inferno non ha nemmeno un brandello di quel cuore granata che batte dal 1906. È una condanna il Torino di oggi. E io non guardo nemmeno la tv, non ho più le forze. Mi stanco subito». Per provare (ma chissà come!) a… sdrammatizzare, replicammo: presidente, almeno così ha evitato di vedere le immagini della sconfitta per 5 a 0 nel derby dell’andata. Si riscosse immediatamente: «Mi è bastato saperlo: non sono più le stracittadine mie, quelle che vincevamo noi». Più vittorie nei derby che sconfitte, nei 19 anni di Pianelli. «Da quaggiù continuo a fare il tifo per un Toro astratto, per dei simboli che saranno sempre dentro di me». E il suo Filadelfia abbandonato a rischio crolli?, gli chiedemmo. (L’anno dopo, il Fila sarebbe stato demolito, invece che salvato). «È Il segno di un crollo anche morale. Ai miei tempi studiai un progetto per ristrutturarlo e trasformarlo in una cittadella del Toro. Ma fui bloccato dalla politica e dalla burocrazia. Gente che contava mi disse: lascia perdere, non sei intrallazzato, i permessi non te li daranno mai. E il Filadelfia che oggi si sbriciola è il simbolo del Toro che va in rovina». Fu una lunga, faticosa, dolorosa, intensa chiacchierata di un paio d’ore: anche divagando molto, parlando non solo del Torino. Tra lunghe pause, prima dell’ultima: «Siamo appesi a un filo, io e la mia Cecilia. La vita non ha pietà. E io mi sento molto stanco». (Da diversi anni, dopo i coniugi Pianelli è volata in cielo anche la figlia Cristina). Lo salutammo nel modo più dolce possibile. Continuammo a chiamarlo al telefono ciclicamente, negli anni successivi. Ci concesse altre interviste. Poi tornammo a Villefranche nel 2005, 9 anni dopo, sempre ad aprile. Ma per il suo funerale. Eravamo di nuovo a casa sua vicino ai numerosi giocatori, dirigenti e collaboratori venuti apposti. Fuori, per strada e davanti alla chiesa, tanti, tantissimi tifosi. Si era in attesa del corteo funebre e della funzione celebrata da don Rabino. Suonò il campanello della porta: era un tifoso e in mano aveva un sacchettino di terra. Spiegò alla figlia di Orfeo: «L’ho raccolta al Fila, tra i ruderi rimasti dopo la demolizione. Sono venuto apposta per portarvela». Con quella terra appoggiata dentro alla bara vicino al cuore riposa Pianelli, da 19 anni. Anno Domini 2005: ad aprile morì Orfeo, poi a luglio il Toro, dichiarato fallito. Quindi, a metà agosto, un uomo all’improvviso squarciò un sipario: «Mi chiamo Cairo e voglio il Torino».
    Il confronto impossibile
    Il più grande presidente del Toro dopo Ferruccio Novo, il creatore del Grande Torino. Fede granata e gloria. Pianelli rimase alla guida del club dal 20 febbraio del 1963 al 21 maggio del 1982. Con al fianco il braccio destro Traversa, il segretario generale Bonetto e ottimi collaboratori (molti dei quali già in granata da tanti anni), circondato da un gruppo di soci tutti tifosi, salvò il Torino sull’orlo del fallimento e lo condusse progressivamente di nuovo ai vertici del calcio italiano. Ecco i suoi maggiori risultati in ordine cronologico: le finali (perse) di Coppa Italia del 1963 e del ‘64, il 3° posto in A e la semifinale di Coppa delle Coppe nel ‘65, la vittoria della Coppa Italia nel 1968, il bis nel 1971, il 2° posto in campionato nel ‘72, lo scudetto del 1976, i secondi posti in A del ‘77 e del ‘78, le 3 finali perse di fila in Coppa Italia nel 1980, ‘81 e ‘82 (l’ultima delusione, giusto il giorno prima di vendere il Torino). Per Urbano Cairo nello stesso periodo di tempo, 19 anni, i migliori risultati sono stati 2 settimi posti in A (4 stagioni in B). Per Pianelli, 17 derby vinti, 15 pareggiati e 14 persi. Per Cairo, una sola vittoria, 6 pareggi e 24 sconfitte. LEGGI TUTTO

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    “Vanoli non si tocca. Sono i giocatori del Toro a dover dare di più”

    Lo spartiacque della stagione è stato l’infortunio di Zapata: la rosa attuale, priva del colombiano, ha risorse tecniche e un grado di personalità tali da pensare a una pronta reazione? 
    “Parliamo di uno tra i pochi centravanti in Italia in grado di fare reparto da solo. Evidentemente c’è un Toro, forte, con Zapata al centro dell’attacco, e uno più modesto privo di Duvan. Anche perché in estate sono andati via tre giocatori che avevano un peso tecnico e morale molto importante: mi riferisco a Buongiorno che cuciva la difesa, a Bellanova che sfornava assist in serie, e pure a Rodriguez che aveva un ruolo decisivo in campo e dentro lo spogliatoio. Il contraccolpo, pur tremendo, era stato in qualche modo assorbito anche perché l’inizio di campionato è particolare, con risultati spesso sorprendenti”.
    La cessione di Bellanova, soprattutto per i modi nei quali si è concretizzata, ha aumentato la già intensa contestazione nei confronti di Cairo. È maturo il tempo perché metta in vendita la società? 
    “Sono nel calcio da tanti decenni, e posso dire che una contestazione simile non l’avevo mai vista. Mi riferisco in particolare alla durata. Il quadro è pesante, e penso che a questo punto rimanere in sella sia molto difficile e sicuramente scomodo. Cairo è maestro nel farsi scivolare addosso le cose, ma adesso credo che la situazione stia diventando non più sopportabile anche per lui. Si è vociferato di un interesse della Red Bull, ma per me sarà un fondo, a rilevare il Torino”.
    Vanoli è l’allenatore giusto, in tale frangente? 
    “È perfetto, è da Toro per gavetta e per sentimento. Viene dalla B come Giagnoni e Radice e ha il trasporto e l’umanità di un Mondonico. Vanoli ha capacità, ma il punto è che la squadra lo deve seguire. Sono i calciatori, che devono tirare fuori la rabbia, la voglia di fare e una buona dose di coraggio. Qualità che ultimamente non hanno espresso. Alcuni si sono seduti sugli allori”.
    A chi si riferisce?
    “Ricci mi dà l’idea di essersi un po’ accontentato: potrebbe dare di più, e invece è come se si stesse dicendo: ‘Va beh, tanto io sono bravo lo stesso’. La società sarà contenta del valore economico del cartellino che sale, e dell’interesse dei grandi club sul ragazzo, ma questo non so se stia aiutando la maturazione di Ricci. Un giocatore della Nazionale dovrebbe essere padrone del centrocampo, dovrebbe prendere in mano la squadra, lanciare, verticalizzare, tirare, e invece troppe volte Samuele si limita al compitino. Prenda da Barella, il quale ha un’intensità nella partita che ancora Ricci non ha. Ilic ha colpi, ma anche da lui è lecito aspettarsi di più. E poi va trovata una quadra alla voce Vlasic: lo vedo bene a ridosso di una punta, in modo tale da irrobustire il centrocampo. Da mezzala avanzata e con due punte, aiuta poco in ripiegamento. Poi c’è Sanabria che sta faticando, ma gli stanno anche arrivando davvero pochi palloni interessanti. In Adams credo, per quanto stia patendo l’assenza di un compagno di reparto con cui si trovava a meraviglia come Zapata”. 
    Quanti granata, allo stato dell’arte, possono assumere il ruolo di leader?
    “Non ne vado. Per un po’ l’ha fatto Linetty, ma dopo qualche complimento pure lui, come Ricci, si è afflosciato. Il problema del Toro non è certo Vanoli: mi arrabbio quando si parla di esonero perché a mancare a monte è stato l’impegno della società, a valle l’apporto dei giocatori. Non oso immaginare come abbia preso il tecnico l’uscita di Bellanova. Sportivamente parlando una partenza drammatica, per questo Torino. La sua cessione, chissà, potrebbe anche essere un residuo dell’operazione che ha portato Zapata al Torino, ma non Buongiorno all’Atalanta”.
    Dal mercato di gennaio cosa si aspetta? 
    “Posso dire cosa serve: un difensore centrale, un esterno e un centravanti come minimo. Poi una soluzione in più a centrocampo, anche per mettere un po’ di pepe a Ricci, Ilic e Linetty, male non farebbe. E dico questo pur tenendo conto del mio gradimento per Gineitis”.
    La prossima gara contro il Monza è l’incrocio migliore per ripartire?
    “Sarà una partita da affrontare con pazienza, senza volerla sbloccare subito. Da una crisi si esce con calma: vincere sarà importante tanto quanto non perdere…”.  LEGGI TUTTO

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    Salvatori: “Toro, conosco Cairo. Ora potrebbe vendere”

    Il Cairo imprenditore e il Cairo presidente del Torino sembrano perfino due persone diverse. «Secondo me ha sempre pensato che fosse sufficiente fare quello che stava facendo, che fosse sufficiente dare quello che dava… Invece si è verificato il contrario, inevitabilmente. Credo che pensasse di poter costruire qualcosa di bello, di grande e duraturo anche con poco. Sono tutte scelte. Di sicuro non era nella condizione di dire: più di questo non posso fare. Non era questa la sua condizione. Cairo è una persona che nel calcio delega poco o nulla ai dirigenti. Nel calcio, se sei neofita, è sempre meglio circondarti di persone esperte e valide cui delegare le scelte chiave sotto l’aspetto sportivo… Poi deciderai se confermarli o meno, in base al lavoro e ai risultati. Ma lui ancora adesso vuole controllare tutto, me lo dicono, lo so… Altro che delegare! Per lui la strada giusta è quella dell’uomo solo al comando. Un limite, tanto più al giorno d’oggi». Il 1° dicembre raggiungerà il grande Pianelli, il giorno dopo diventerà in solitudine il presidente più longevo del Torino. «Ho letto, sì. Un primato temporale, statistico come questo gli fa certamente piacere, gli darà un orgoglio immenso. Ci tiene tantissimo di sicuro, per lui sarà come vincere una medaglia d’oro alle Olimpiadi, sa che passerà alla storia almeno sotto questo aspetto. E credo anch’io che se mai volesse vendere la società, lo farebbe sicuramente dopo e mai il giorno prima di raggiungere il suo personalissimo record». Ha letto le sue ultime dichiarazioni? «Ho letto che dopo la Fiorentina ha risposto male al vostro giornalista che gli domandava se nel caso avrebbe ascoltato un candidato acquirente… Ha perso la calma. Mi metto anche nei suoi panni, però: subire da settimane la contestazione che subisce non farebbe piacere a nessuno, ci sta che si senta particolarmente sotto pressione. Ai tifosi mi permetto però di dire una cosa: è legittimo che possano essere delusi, arrabbiati, che vogliano contestare… Ma ogni comportamento deve essere sempre il più possibile civile… Anche perché certe esasperazioni, certe derive non attraggono certo un candidato acquirente… C’è modo e modo per esprimere il dissenso. Aggiungo che umanamente mi dispiace per Cairo, immagino la sua sofferenza, mi metto nei suoi panni. Detto questo, però, è chiaro che se compri il Toro, poi devi dare qualcosa in più, sempre, per rispetto della storia e della piazza. Più del proverbiale decimo posto, insomma. Il Toro è nel mio cuore: è bastato un anno, quell’anno così pazzesco e trionfale». Buongiorno, Bellanova… Rinforzi modesti… E ora il Torino è in caduta libera. «Se vuoi costruire, se vuoi crescere, ne vendi al massimo uno. Ha spiegato che voleva sistemare il bilancio: restano delle scelte, però. Sarebbe stato meglio stare zitto, allora, invece di promettere… I tifosi si sono sentiti non rispettati, persino calpestati: comprensibile, e tanto più dopo 19 anni». «Non voglio vendere», ripete. «Ma dentro di sé, anche pensando a tutta la sua famiglia, ascoltando i sentimenti dei suoi cari… Insomma… conoscendolo, e per quel che si percepisce, secondo me ci sta pensando eccome alla possibilità di vendere, se già non sta facendo operare qualcuno per lui sotto traccia. Che poi smentisca è normale, in casi come questi: se no fai solo un favore a un candidato acquirente già esistente o in arrivo… e il prezzo scende… La mia sensazione è che quantomeno ci stia pensando. La contestazione lo ha toccato di sicuro e anche tanto: puoi avere il pelo sullo stomaco, ma vivere così è… pesante». Perché lei non è rimasto, dopo quel finale trionfale del 2006? «Ebbi la sensazione di essere stato usato e gettato. Ero molto deluso. Conquistammo la promozione e dovetti andarmene. Già da gennaio cercava un nuovo ds… Prima il caso Sartori, subito dopo Tosi… Tra gennaio e febbraio ci furono ripetuti battibecchi feroci… contestava tutto e tutti solo perché per un po’ non arrivarono grandi risultati sul campo… era già un pochino nervoso… (e dalla voce si coglie benissimo l’ironia, ndr). A promozione ottenuta chiesi un appuntamento, andai da lui a Milano, gli restituii il telefono aziendale e rifiutai la sua proposta di rinnovo. Presidente, io non amo le confusioni in società, gli dissi. Lei da mesi cerca un altro ds e l’ha anche trovato alla fine, seppur un po’ a fatica… E la riconoscenza? Arrivederci e grazie, presidente. Così gli dissi. Rimasi per un po’ senza squadra, ma con la mia dignità e il mio orgoglio intatti». E lei, adesso, con alle spalle una carriera lunga con diversi bei successi? Da giocatore, prima. E poi da ds, ancor di più: 2 promozioni in A e l’Intertoto vinto col Perugia, quindi altre 2 promozioni dalla B con Torino e poi Bologna. Una promozione anche con la Pistoiese, dalla C. Tante squadre, in questi lustri… «Mi auguro che una società seria possa apprezzare il mio percorso, la mia esperienza, le mie grandi motivazioni. E mi prospetti un progetto convincente». LEGGI TUTTO

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    Diretta Cagliari-Torino ore 18: dove vederla in tv, in streaming e probabili formazioni

    CAGLIARI – Altre due brutte notizie per il Torino di Vanoli impegnato a Cagliari: Sosa e Ilic ko dopo l’ultimo allenamento. Il serbo ha rimediato una lesione focale al tendine del bicipide femorale sinistro, il croato una lesione miotendinea di secondo grado al vasto mediale sinistro. Nuove valutazioni saranno fatte nelle prossime settimane: tempi di recupero comunque lunghi, almeno due mesi. Ma Vanoli non vacilla. Lui stesso, nella conferenza stampa di ieri, ha fatto il punto senza lamentarsi e senza aggrapparsi agli alibi facendo un passo indietro e due in avanti: “La perdita di Zapata è pesante, dovremo essere più bravi a attaccare l’ultimo terzo in maniera diversa, magari con passaggi bassi e veloci. Duvan, con la sua forza fisica, ci permetteva di contare di più sulla giocata individuale: da oggi si cambia. A Sanabria ho fatto i complimenti perché già dall’ estate l’ho visto con la voglia di mettersi in mostra. Ora ha una bella responsabilità, ma lui è un uomo che sa prendersela. Per fortuna mi ritrovo con Vlasic in piena forma”. 
    Cagliari-Torino: quote e consigli sulle puntate
    Segui la diretta di Cagliari-Torino su Tuttosport.com
    Dove vedere Cagliari-Torino streaming e diretta tv
    Cagliari-Torino, gara valida per l’8ª giornata di campionato e in programma alle ore 18:00 all’Unipol Domus di Cagliari e sarà visibile in diretta su Dazn, Sky Sport Calcio (202), Sky Sport (251), Now e sull’app SkyGo. In alternativa, sarà possibile seguire la cronaca testuale della sfida live sul nostro sito.
    Le probabili formazioni di Cagliari-Torino
    CAGLIARI (4-4-2): Scuffet; Zappa, Mina, Luperto, Augello; Zortea, Adopo, Viola, Azzi; Gaetano, Piccoli. Allenatore: Nicola.A disposizione: Ciocci, Sherri, Palomino, Wieteska, Marin, Deiola, Makoumbou, Prati, Felici, Kingstone,Lapadula, Luvumbo. Indisponibili: Jankto, Obert, Pavoletti. Squalificati: nessuno. Diffidati: Nessuno
    TORINO (3-5-2): Milinkovic-Savic; Walukiewicz, Coco, Masina; Lazaro, Vlasic, Ricci, Linetty, Pedersen; Adams, Sanabria. Allenatore: Vanoli.A disposizione: Paleari, Donnarumma, Vojvoda, Bianay Balot, Dembelé, Gabellini, Tameze, Gineitis, Ciammaglichella, Karamoh. Indisponibili: Ilic, Njie, Savva, Schuurs, Sosa, Zapata. Squalificati: Maripan. Diffidati: Nessuno
    Arbitro: Aureliano (Bologna).Assistenti: Vecchi e Cavallina.IV uomo: Giua.Var: Guida.Avar: Meraviglia.
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    Torino, Vanoli perde Ilic e Sosa: l’esito degli esami strumentali

    Non arrivano buone notizie dall’infermeria per il Torino di Paolo Vanoli. I granata perdono infatti due elementi importanti in vista della gara di domani contro il Cagliari, che si giocherà all’Unipol Domus a partire dalle ore 18. Il Toro dovrà infatti fare a meno sia di Ivan Ilic che di Borna Sosa: entrambi nelle scorse ore hanno sostenuto gli esami strumentali. Due stop che si protrarrano per un lasso di tempo ancora da definire.
    Torino, Ilic e Sosa infortunati: l’esito degli esami
    Lo aveva anticipato Vanoli nella conferenza stampa pre gara: Ilic e Sosa out, oltre al febbricitante Tameze. Ora sono arrivati anche i responsi dagli esami strumentali. Questa la nota diramata dal Torino attraverso i propri canali ufficiali: “Gli accertamenti strumentali cui è stato sottoposto Ivan Ilic hanno evidenziato una lesione focale al tendine del bicipite femorale sinistro. Esami anche per Borna Sosa: per l’esterno croato lesione miotendinea di secondo grado al vasto mediale sinistro”. Si allunga la lista degli assenti dunque, in aggiunta al lungodegente Zapata. LEGGI TUTTO

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    Vanoli: “Sosa e Tameze non giocano. Linetty nuovo capitano. Vlasic…”

    Cagliari-Torino, le parole di Paolo Vanoli
    Il tecnico granata parte dalla condizione dei suoi ragazzi, con una nota di amarezza: “Siamo stati sfortunati: Sosa era tornato contento per il gol ma febbricitante, oggi nella rifinitura calciando ha sentito un problema e sta facendo esami. Si è fermato anche Ilic per un problema al tendine, non ci sarà. Tameze è febbricitante, gli abbiamo fatto fare un po’ corsetta. Anche Walukiewicz è tornato in anticipo dalla Polonia, ma è recuperato. Dobbiamo superare questo momento: quando si cerca un alto livello, dobbiamo prevenire queste cose per non entrare in emergenza. Vorrà dire che diventeremo più forti con i giovani”.
    Qual è l’infortunio di Sosa? “Una lesione miotendinea: nel calciare, ha sentito tirare. Ora dovremo capire meglio, ci sarà un bollettino. Dispiace perché eravamo felici per il suo gol, è tornato dalla nazionale con la febbre e oggi era il primo giorno con noi ed è successo questo”. Mentre su Schuurs: “Abbiamo deciso che farà la riabilitazione dal Professor Williams. Ci vorrà tempo”.
    Mentre gli altri: “Vlasic sta molto bene, sono contento perché è importante per noi e in questa squadra mancava uno come lui. Lo vedo carico e con fame di fare qualcosa di importante. Anche gli altri stanno veramente bene: a volte si passano momenti belli, a volte meno. Ed è qui che esce la forza di una squadra”.
    Si proverà qualcosa di diverso? “La perdita di Zapata è importante come capitano, come persona e come giocatore perché è difficile da sostituire. Dovremo attaccare diversamente l’ultimo terzo, con un po’ più di qualità e palloni rasoterra. Anche Maripan e Sanabria sono tornati all’ultimo. Abbiamo proseguito nei nostri concetti modificando qualcosa”.
    L’aspetto psicologico, in questo momento, è fondamentale: “L’ho detto da quando si è fatto male Zapata: dobbiamo diventare più squadra, più tignosi, e dare qualcosa in più. I momenti non positivi devono essere trasformarti in positivi, dobbiamo trovare energie in gruppo: il singolo fa vincere la partita, il gruppo fa vincere i campionati. E io do importanza a tutti, anche a chi è stato in panchina”. Il gruppo intanto ha deciso il nuovo capitano: “Sarà Linetty, ha deciso lo spogliatoio”.
    Vanoli ha avuto modo di parlare con Zapata dopo l’operazione: “Era tranquillo, ci teneva a salutare i compagni e sarà vicino a noi, poi farà il suo percorso di riabilitazione. Lo attende un lungo percorso. Per noi è una persona importante”.Contro il Cagliari “non sarà una partita facile, si gioca in uno stadio caldo e non è facile. L’ho visto già in passato in B, Nicola è bravo e ha fatto salvezze miracolose: dobbiamo guardare a noi stessi per la nostra strada”.
    Il Torino ha concesso troppi gol, c’è qualche problema a trovare un equilibrio difensivo: “Bisogna contestualizzare: abbiamo affrontato le quattro migliori squadre, che sono Milan, Inter, Atalanta e Lazio che sono prima, seconda e terza per gol fatti. Abbiamo segnato 8 gol e presi 9, siamo stati messi sotto pressione ma abbiamo anche fatto gol. Con Lecce, Verona e Venezia fatti quattro gol e subiti due: se ci metto l’errore di Masina sul 3-1 a Verona, ne avremmo preso uno solo. Le cose vanno contestualizzate, ma sono d’accordo che il reparto è cambiato e con tanti giocatori nuovi, devono essere meccanizzati nella linea a 5. Tutto passa dal lavoro, siamo stati sfortunati che nella prima sosta erano appena arrivati i nuovi e sono subiti partiti per le nazionali così come in questa sosta”.
    Vanoli sul reparto offensivo
    Il reparto offensivo è l’osservato speciale. Sanabria e Adams possono coesistere? “Perdendo un ariete come Zapata, un giocatore che fa reparto da solo, dovremo essere più bravi a giocare con le nostre punte a palla a terra e i traversoni dovranno essere più veloci. Dobbiamo attaccare l’area in maniera diversa: Zapata aveva tanta forza fisica, ora dovremo essere più corali per concludere. Ho fatto i complimenti a Sanabria, quest’estate aveva voglia di mettersi in mostra e ha fatto ottime prestazioni. Ha mandato un bel messaggio a Zapata, l’ho sempre visto coinvolgente ed è un ragazzo che ha qualità per dare tanto: lo ha già dimostrato in passato. È una bella responsabilità, Sanabria saprà prendersela”.
    L’infortunio di Zapata ha imposto lo studio di nuove strategie tattiche: “La perdita di Zapata è importante come capitano, come persona e come giocatore perché è difficile da sostituire. Dovremo attaccare diversamente l’ultimo terzo, con un po’ più di qualità e palloni rasoterra. Anche Maripan e Sanabria sono tornati all’ultimo…Abbiamo proseguito nei nostri concetti modificando qualcosa”.
    Quale sarà la collocazione tattica di Vlasic? “Ha intensità, può fare la mezzala che va tra le linee come piace a me e sa fare la fase difensiva. Può anche fare il trequartista. Nel centrodestra, è la zona dove si esprime molto bene. Ho visto alcune sue gare in Premier dove giocava a sinistra, ma in quella zona è molto più efficace”.
    Chi giocherà in attacco? “Vediamo domani. Si è unito un altro giovane come Gabellini, insieme a Karamoh e Njie abbiamo cinque attaccanti: domani vediamo le scelte”.
    A gennaio si interverrà sul mercato? “Non siamo indifferenti a ciò che è successo a Zapata. Come in tutte le grandi società, si porta avanti da qui. Quando analizzi i giocatori fermi, sono giocatori non funzionali al tuo gioco. Ed è normale che una grande società si guardi intorno per essere pronti nelle difficoltà del mercato”. LEGGI TUTTO

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    “Sanabria-Adams, adesso tocca a voi. Il Toro si compatti”

    Bonesso su Zapata
    Bonesso, lei è stato un attaccante indimenticabile per il popolo granata. Il ruolo la accomuna a Duvan Zapata. Come riparte un giocatore di 33 anni dopo un guaio del genere? «Non credo esistano tanti metodi, per cui mi viene da dire una sola cosa: lavorando, lavorando e lavorando. Questa è stata una mazzata immensa, persino i tifosi di altre squadre hanno mostrato solidarietà, per cui questo dettaglio fa capire quanto sia grande il dispiacere per questo infortunio. Da quando è arrivato a Torino ha fatto la differenza esaltando gli animi della tifoseria, facendo vedere di essere un giocatore di un altro spessore tecnico e caratteriale. Mancherà tantissimo Zapata, inutile minimizzare. Forse farà più fatica a ripartire il Toro rispetto al giocatore stesso, che già tra qualche giorno, smaltita la delusione, avrà una voglia matta di tornare».
    L’infortunio di Zapata priva il Toro di due componenti: un attaccante potenzialmente da doppia cifra, ma anche un grande trascinatore all’interno dello spogliatoio. Cosa pesa di più? «Il peso del giocatore è importante, ma non penso possano esserci ripercussioni negative nello spogliatoio, anzi. Mancheranno i gol e le capacità di questo giocatore, ma sono certo che il gruppo si compatterà. Adams e Sanabria si devono responsabilizzare: sono ottimi giocatori, per cui il loro momento è adesso. In cuor mio, poi, spero che possa emergere qualche giovane dalla Primavera: nel calcio dei miei tempi, d’altronde, si faceva così. Le rose erano più corte, per cui si doveva subito pescare dal vivaio».
    Il mercato del Toro
    C’è anche il mercato svincolati dal quale attingere. «Dico subito una cosa: Balotelli non lo prenderei. Ci sono Destro e Caputo: è gente che in Serie A ha fatto tanti gol, un pensierino lo farei. Ma io ragionerei già in funzione del mercato di gennaio. Io ho un debole per i fratelli Shpendi. Li ho allenati a San Marino e per me sono giocatori sui quali scommetterei senza dubbi. Sarebbe bello persino rivederli insieme: ora è uno è al Cesena, l’altro è alla Carrarese, ma al Toro li vedrei benissimo. Hanno qualità importanti e fra i giovani attaccanti che ci sono in giro sono quelli che mi stuzzicano di più».
    Per il presente, però, Vanoli ha un compito importante: rendere una coppia gol due elementi come Adams e Sanabria, che insieme hanno giocato pochissimo. «Sanabria mi pare un giocatore intelligente, deve capire il momento e tirare fuori qualcosa in più. Non è più un attaccante di primo pelo, mi auguro che possa fare molto bene. Ora o mai più: sostituire Zapata è un’occasione che non deve perdere. Anche Adams mi sembra uno con lo spirito giusto: si è esaltato con Duvan, ma ha qualità importanti che ha fatto subito vedere in Italia e non era scontato».
    Quale altra opzione può sfoderare Vanoli? «Penso che il rientro di Vlasic possa essere la chiave per vedere un Toro diverso: si può trovare una quadra anche con una mezza punta e un attaccante di ruolo. Secondo me il mister ha l’intelligenza per sistemare il Toro, certo la missione per lui si complica. Non credo abbia mai immaginato una squadra senza Zapata».
    Che ne sarà delle ambizioni del Toro adesso? «Un infortunio così può ridimensionare le prospettive. I tifosi spesso si sono aggrappati a Zapata, un combattente che sapeva indossare come pochi la maglia del Toro. Il gruppo ora ha il compito di sopperire a questa lacuna e penso che la gente, in un momento delicato come questo, starà ancora più vicino ai granata. C’è davvero bisogno dell’aiuto di tutti per superare questo shock». LEGGI TUTTO