Piero Chiambretti, riusciamo a parlare comunque di calcio il giorno dopo la tragedia della funivia Stresa-Mottarone costata la vita a 14 persone?
«Un dramma al quale assistere in silenzio: sarebbe potuto toccare a chiunque, trovarsi sopra quella maledetta funivia. Purtroppo è il segno di un’Italia a scatafascio».
Lei ha appena terminato l’avventura alla conduzione di Tiki Taka: il bilancio?
«Positivo alla luce di un dato incontrovertibile, per noi uomini di televisione: il crescente numero di ascoltatori. Abbiamo accompagnato il campionato attraverso 32 puntate: sono mancati i tifosi, come è mancato l’appoggio del pubblico in trasmissione, ma la stagione è sicuramente stata interessante nella corsa per lo scudetto o per i piazzamenti Champions».
La Juve ha ottenuto il pass senza Ronaldo, nell’atto finale contro il Bologna.
«A prescindere dagli interpreti i bianconeri non mol-lano mai: l’accesso in Champions non è il massimo dal punto di vista sportivo, nel senso che l’obiettivo principale era vincere la Coppa, ma per il prestigio e soprattutto il fattore economico il 4° posto è fondamentale. La Juve incassa tanti soldi, larga parte dei quali già spesi»
A Tiki Taka, come ripreso da Tuttosport, l’ambasciatore Pupi D’Angieri annunciò l’intenzione di rilevare il Torino subito frenata da Cairo: che presidente sarebbe potuto essere?
«Sull’ambasciatore aleggia un mondo leggendario, è un uomo di grandi conoscenze, tra le quali Carlo d’Inghilterra, al quale sono anche as-sociate splendide amicizie femminili. Ci sarebbero anche potuti essere i giusti presupposti, parlava spesso di voler intervenire sullo stadio Grande Torino, ma è indubbio che la sua uscita a sorpresa abbia fatto imbizzarrire Cairo. Anche perché è arrivata all’interno di una stagione terribile, per i granata: sono certo che il presidente potrà pensare di vendere la società una volta che avrà raggiunto qualche risultato, quindi nel momento in cui la valutazione del Toro sarà più alta di quella attuale».
Se quella appena terminata è risultata un’annata terribile, quella precedente non ci si è discostata di molto: per quali ragioni?
«Difficile rispondere, se consideriamo che i giocatori negli ultimi due campionati sono più o meno stati gli stessi di quelli che, con Mazzarri, avevano raggiunto l’Europa. Non è un frangente semplice, per essere un presidente. Si prenda l’Inter: ha appena vinto lo scudetto, ma già la proprietà frena, su investimenti e stipendi, in vista della prossima stagione».
Non ritiene che al Toro manchi una figura forte, in grado di prevenire, o intervenire dopo batoste come i 7 gol subiti una prima volta dall’Atalanta e la successiva dal Milan?
«Cairo è fatto in un certo modo, è egoriferito e vuole gestire tutto in prima persona. Ci sono stati anni, penso all’accoppiata Ventura-Petrachi, nei quali ha demandato, ma non è facile trovare personaggi forti che possano integrarsi con la personalità di Cairo. Dopo Petrachi c’è stata la promozione di Bava, quindi è arrivato Vagnati che ha trovato una situazione più complessa di quella che si immaginava. Insomma una cosa è certa: c’è tanto, tanto da lavorare, per migliorare il Toro. Soldi ne sono anche stati spesi, ma non bene: si pensi a Niang, Zaza o allo stesso Verdi. E poi c’è una variabile della quale si parla poco, ma che ha una notevole influenza: la sfortuna universale che da tifoso mi auguro possa volgere altrove la sua attenzione. Capisco la delusione dei tifosi, e tralasciamo il capitolo derby, visto che ogni estate si parte sotto i migliori auspici, ma a conti fatti le soddisfazioni sono decisamente poche. Il tifoso del Toro non chiede la luna, ma di rispettare la maglia evitando figuracce vergognose come nelle gare dei 7 gol incassati. Da una parte sono contento per la salvezza, dall’altra la retrocessione avrebbe consentito di resettare tutto».
Capitolo allenatore: è calda la candidatura Juric. Sarebbe un successore autorevole, per l’eventuale post Nicola?
«Juric si percepisce che ha il fuoco dentro, ma Nicola è stata una scelta vincente, spero che Cairo tenga in considerazione la possibilità di proseguire con l’attuale tecnico».
Bivio Belotti: quale strada va presa?
«Dipende da lui: se crede nel Torino ed è animato dal desiderio di evolvere in un Invin-cibile contemporaneo bene, se invece le ragioni del cuore fossero sorpassate da quelle del professionista sarebbe giusto cederlo. Cairo per il Gallo aveva rinunciato a quasi 80 milioni messi sul piatto dal Milan: una chiara intenzione, sul desiderio di farne definitivamente un simbolo granata. Cosa che, chiaro, io mi auguro».
La sentenza Blackstone potrà incidere negativamente sul Toro?
«Spero che Cairo vinca la causa, per evitare la crisi del Toro e delle sue aziende che danno lavoro a tante persone».
Allargando il quadro all’intera Serie A, la grande delusa è il Napoli.
«La mia seconda squadra: ho vissuto a Napoli in una fase della carriera. Ha avuto il braccino, e contestualmente la prestazione del Verona ha messo in chiaro che i famosi “biscotti” non esistono».
Il futuro della Serie A?
«Squadre composte da giovani che sappiano giocare a pallone: nel nostro campionato ci sono atleti, più che calciatori». LEGGI TUTTO