TORINO – C’è sempre un 13 di mezzo. Perché Giampaolo sarà il 13° allenatore utilizzato da Cairo dal 2005 e giusto 13 anni fa sempre Giampaolo fece scrivere dal suo avvocato, in una nota trasmessa agli organi di informazione: «Pur nella consapevolezza del danno economico che ne deriverà, rinuncio a tornare a Cagliari. L’orgoglio e la dignità non hanno prezzo». Cellino gli aveva appena chiesto di ricominciare a guidare il Cagliari, dopo averlo già esonerato due volte: l’ultima, un mese prima. Ma per Giampaolo era davvero troppo, ormai. Rinunciò ai soldi, rinunciò a tutto: però è vero, «l’orgoglio e la dignità non hanno prezzo». Soprattutto certe volte, quando la frase suona ancor più vera. Giacché a questo mondo anche i compromessi possono ammantarsi di una loro onesta motivazione vincente, tra buon senso, realismo e ragion di stato. Ma certe volte, per l’appunto. Non sempre. Da oggi questo signore di 53 anni da poco compiuti, reduce dalla maledetta e brevissima avventura al Milan (7 partite al comando, esonero già all’inizio dell’ottobre scorso: tutto davvero molto diabolico), è chiamato a restituire al Toro proprio «orgoglio e dignità», con l’entusiasmo in mezzo come maionese. Una nuova impresa: un’impresa ciclopica, dopo quella già compiuta da Longo, ovvero tenere la squadra attaccata al respiratore e condurla alla salvezza. Giampaolo ha rescisso col Milan e firmato col Toro un biennale dalle cifre inferiori, un milione e mezzo netti a stagione, bonus a parte: evidentemente ha molto coraggio.
Ansaldi rinnova con il Torino
Perché sapeva bene, il tecnico, che poi avrebbe avuto a che fare con un Cairo divenuto proverbiale ormai da anni e anni: con le sue promesse altisonanti, con le sue giustificazioni a posteriori, con le sue omissioni palesi e ripetute, con i suoi braccini, la sua linguetta e le sue smorfie, ma anche con le sue pressioni, le sue pretese, le sue ingerenze e pure quell’abitudine consolidata, quando le cose vanno male, a giocare allo scaricabarile. Cioè lo sport più praticato da questo Torino: anche più del calcio. Sapeva anche (sempre Giampaolo) che avrebbe poi avuto a che fare con una “semi-società”. Qui il problema non è certo Vagnati, in sé e per sé. Ovvero il ds inserito nel club a inizio maggio da Cairo, che intanto aveva già mandato allo sbaraglio e poi gambizzato Bava, retrocesso dopo neanche 12 mesi e riportato al vivaio. Il Torino di Cairo è da sempre una “semi-società”. Dimezzata, stretta e costretta come un cuscino messo sottovuoto, stitica nel numero di professionisti di livello (e alcuni indossano cariche “non realistiche”), scarna da 15 anni, inevitabilmente non efficiente a 360 gradi nella gestione quotidiana. E mostruosamente Cairo-centrica: pissi pissi compresi. […]
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