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    Juventus-Torino, “allegrata” in vista: che sorpresa nella rifinitura

    Attenzione, “allegrata” in vista. Nella rifinitura di questa mattina alla Continassa, a poche ore dal derby della Mole, Max Allegri ha infatti provato una soluzione inedita in vista del match di questa sera all’Allianz Stadium contro il Torino. Il perno della mediana nel confermato 3-5-1-1 della Juventus dovrebbe parlare argentino, ma non per forza si tratterà di Paredes. LEGGI TUTTO

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    Carrera: “Derby? Servirà una Juve… alla Conte!”

    TORINO – Massimo Carrera ne ha vissuti una dozzina, in bianconero, tra il 1991 e il 1996. E spiega: «Il derby è una cosa indescrivibile. Non si tiene conto della classifi ca. E’ una partita a sé, strana sotto tutti i punti di vista: non conta niente quello che hai fatto prima. Dovevi cercare di stare tranquillo perché più pensavi che era importante, più rischiavi di patire le pressioni. Dipendeva da come ti svegliavi quella mattina, non c’entrava come la preparavi in settimana. Peraltro il Torino era una buona squadra, erano derby combattuti». LEGGI TUTTO

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    Spezia, Nzola e i gol per la salvezza: il Torino osserva per il futuro

    Lo Spezia trova un punto d’oro sul campo dell’Udinese. Il 2-2 della Dacia Arena ha ridato speranze salvezza ai liguri soprattutto grazie al ritorno di Nzola. Dopo l’infortunio che l’ha tenuto fuori per un mese circa, l’attaccante angolano è tornato per uno spezzone nella sfida contro la Juventus e in Friuli da titolare. Il suo gioco è importante per lo Spezia e la doppietta gli ha permesso di regalare un punto alla sua squadra. Con lui in campo la squadra gira diversamente e può sognare la salvezza.  LEGGI TUTTO

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    Primavera, pari Torino. Lecca a valanga: 6-1 al Cesena!

    Si è concluso il 21esimo turno del campionato Primavera. I risultati arrivati dai match della domenica hanno confermato la supremazia del Lecce di Coppitelli sempre più prima della graduatoria. I giallorossi hanno travolto il Cesena e ha approfittato del pari della Juventus contro l’Atalanta. Per quanto riguarda le altre sfide sono state abbastanza equilibrate e combattute fino alla fine.  LEGGI TUTTO

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    Berruto: Cairo ascolti i tifosi del Torino e Juric. Ora derby e Adopo-gol

    «Un anno fa partecipai alla presentazione del libro di Gazzi: 4 stagioni in granata incarnando da mediano caratteristiche da Toro, ora allenatore nel nostro vivaio». Un ragazzo intelligente, onorevole Berruto. «Eravamo nel Museo del Grande Torino a Grugliasco. Scoprii che non era mai stato in quel museo meraviglioso, ricchissimo di cimeli fin dalla fondazione di inizio Novecento. Gazzi era incantato. Ma come?, pensai io, allibito. Per me è clamoroso. Fossi il ds del Torino, porterei lì tutti i giocatori a firmare il contratto. E una volta all’anno la società dovrebbe condurre tutti i giocatori della prima squadra e del vivaio. Per insegnare la storia e trasmettere emozioni. Non è accettabile che chi gioca nel Toro non conosca a nostra storia. Che, con le nostre tradizioni, sono benzina, forza. In quel museo ci sono i valori che ancor oggi ci tengono uniti. Io sono felice, orgoglioso di essere del Toro. Una fede, a prescindere dai risultati. Le altre tifoserie ci invidiano proprio per la storia e il nostro modo di essere. Siamo una meravigliosa eccezione nel calcio moderno. Il Torino dovrebbe ricreare un vero legame con la tifoseria. Il primo passo è portare quel museo al Fila. Chiedo a Cairo di dimostrare la sua volontà di connettersi con la storia e i sentimenti dei tifosi. Un imprenditore della comunicazione così lungimirante dopo 18 anni alla guida del Toro dovrebbe essere sensibile a questi continui richiami della realtà. Guidata dalla storia, la nostra fede è un patrimonio eccezionale, una ricchezza. Basterebbe gettare un cerino per accendere come un pagliaio la passione. La società dovrebbe esaltare questi nostri valori, sarebbe un vantaggio reciproco. Non è retorica. L’unica cosa che conta, per noi tifosi, è il senso di appartenenza, un orgoglio grande così. Valori che non spariranno mai: anche se retrocediamo, anche se non vinciamo mai nulla a differenza di altri. Sì, è un’enorme fortuna tifare Toro. Poi anch’io spesso mi mangio il fegato. Ma abbiamo grandi valori da difendere e tramandare. E non sarà mai uno scudetto o una Coppa in più o in meno a mettere in dubbio questi valori che si trasmettono eroicamente di padre in figlio da oltre un secolo. Il Toro è un gioiello e i tifosi sono realmente eroici a essere ancor oggi come sono, nonostante tutto». LEGGI TUTTO

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    Torino, ricarica Buongiorno: “Tifosi, vi aspettiamo al Fila”. E al fantacalcio…

    TORINO – La stracittadina di Torino è dietro l’angolo. E Alessandro Buongiorno è carico: «Si sente già aria di derby in città – dice a Torino Channel -, ho incontrato tifosi che si sono raccomandati…». E per un granata come lui, cresciuto a pane e Toro, fino a indossare la fascia di capitano («la condivido con Rodriguez, abbiamo un bel rapporto, cerco di imparare da lui, dalla sua esperienza, siamo anche vicini nello spogliatoio)», la partita con la Juventus non è una gara qualunque. «A sei anni, ero già in maglia granata. Anche da piccolo sentivo tanto il derby, una partita importante. In famiglia, con gli amici, in città, l’attesa cresce. E domenica aspettiamo tantissimi tifosi al Fila. Speriamo sia pieno, serve la loro spinta». Occhio alla pressione, quindi. «La settimana è diversa, cerchiamo di caricarci il più possibile, cercando di arrivare alla sfida il nel miglior modo». Senza esagerare, eh. LEGGI TUTTO

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    Gigi Meroni, l’intervista al nipote: “Suono la libertà del mio grande zio”

    A Los Angeles è mattina, qui in Italia sera perché il mondo è già andato oltre di 9 ore: eppure rispetto alla California è sempre da noi che gira più lentamente. Glielo diciamo e Luigi Meroni detto Gigi, dall’altro capo del telefono, risponde di sì, «è vero, è così». Gigi Meroni l’americano («però io dentro mi sento ancora italiano all’85%»), stesso nome e cognome, è il nipote di Gigi la Farfalla Granata: che oggi, se fosse ancora tra noi, avrebbe compiuto 80 anni. «Io sono del ‘70, ho 52 anni. La sua memoria è dentro di me nei racconti di mia nonna Rosa, sua mamma, e di mio padre Celestino, suo fratello. Guardo il cielo, penso a loro che non ci sono più e rivedo anche lo zio che non ho mai conosciuto. Ma che è ugualmente dentro di me, nel mio sangue. Mia zia Maria l’ho sentita poco fa, mi aveva chiamato per preannunciarmi la vostra telefonata. Anche lei mi ha raccontato tante cose di suo fratello Gigi, quando ero un ragazzino e vivevo ancora a Como. Ma in questi ultimi venti anni, dopo la morte di mio padre, è più difficile per tutti parlarne. I dolori si mescolano, si sommano».

    Fino a contorcersi, a legare la lingua, rallentarla, mai però silenziando l’anima. Il vissuto. Il profondo che ti porti dentro, anche dall’altra parte del mondo. Da Como alla California. Come Gigi che da Como era andato a Genova e poi a Torino, per vivere tutto un mondo totalmente diverso. Ma viverlo alla sua maniera di calciatore artista. Che da ragazzo disegnava le cravatte e a vent’anni dipingeva quadri perché era nato così, con l’estro e l’arte sia tra le dita delle mani sia tra quelle dei piedi: quando prendeva il pallone, un dribbling dopo l’altro come arabeschi sul prato. E davvero volava. La Farfalla. Poi falciata da un’automobile, all’improvviso, a 24 anni. Maledetto romanziere delle nostre vite: lo chiamano destino, ma chissà cos’è e cosa significa. E perché.

    L’Emmy e Scooby-Doo

    «Sono un musicista, un compositore. E sotto tanti punti di vista suono la sua libertà, quella voglia di vivere di mio zio al di là della gabbia dei conformismi. Anche se sono nato dopo la sua morte», 15 ottobre del 1967, «lo sento vivo, sento vivi i suoi insegnamenti. Lezioni di vita valide ancor oggi, per me. Ed è bello, è motivo di grande orgoglio». Gigi Meroni è un musicista che, detto con terminologia terra terra, ha sfondato. E da parecchi anni ormai. Basti dire che nella sua brillante carriera ha già vinto un Emmy, l’Oscar della televisione. Compone musica soprattutto per cartoni animati, le serie tv che ha firmato sono ormai innumerevoli in un quarto di secolo. Quella di Scooby-Doo per la Warner gli ha donato la popolarità, la fama («60 episodi trasmessi dalle tv di tutto il mondo»), gli ha spalancato mille porte. Con il regista Marco Ponti ha poi dato vita a un sodalizio artistico che perdura da lustri, di molti film Meroni ha scritto le musiche, anche del recentissimo “La bella stagione”, il docufilm dedicato allo scudetto della Sampdoria. «Io, però, sono interista: come mio papà Celestino. Però, a parte l’Inter, per il Toro ho una predilezione, una simpatia speciale, lo potete immaginare. E visto che la prossima settimana da voi si giocherà il derby di Torino, sappiate che da Los Angeles farò il tifo anch’io per i granata». 

    “Orgoglioso di portare il nome di zio”

    «Questo nome, Luigi, questo cognome, Meroni, questo soprannome identico, Gigi, non mi pesano mai, anzi. Sono ali, per me. Lo sono state e lo saranno ancora. Sono meravigliosamente orgoglioso di indossare il nome di mio zio. Io sono anche cresciuto nel mito di uno zio campione artista, che però ha dovuto sopportare punizioni, privazioni, giudizi terribili, condanne dell’opinione pubblica, dei cosiddetti benpensanti dell’Italia ancora tanto bigotta di metà Anni 60. Solo perché era estroso, perché non si tagliava i capelli, perché dipingeva, perché andava in giro con una Balilla come auto, perché teneva i calzettoni giù in campo, perché non correva dietro ai facili soldi, perché era un calciatore beat, perché dentro di lui c’erano in nuce anche l’età della contestazione, il 68, la libertà dei costumi e del pensiero. E perché si era innamorato e conviveva con una donna che aveva dovuto sposarsi un altro, obbligata dalla famiglia, contro la sua volontà. E tutto ha pagato sulla sua pelle, tutto: la perdita della nazionale, le polemiche, le guerre che gli hanno scatenato contro tanti giornalisti famosi, tanti giornali importanti. Sono stati ali i suoi insegnamenti per me, questo ripeto. E in modi diversi anche io ho sperimentato sulla mia pelle certe analogie. Per cui sì, nella mia musica suono anche la sua libertà che mi hanno trasmesso nonna, papà e zia Maria. E ne vado fiero». E l’orgoglio tra gli spartiti è anche della moglie di Gigi, Simona, pure lei comasca, e dei loro figli, Greta di 15 anni, Tommaso di 13.  

    “Artista dentro e fuori dal campo”

    «Lui girava per Como con una gallina al guinzaglio, io con una Vespa 50 Special tutta rosa. E tanti mi guardavano male, strano. L’Italia provinciale è sempre la stessa, sotto tanti volti, anche oggi. Però è vero che nel mio sangue scorre quel filone artistico che era di mio zio. Mio padre invece no, era più… posato: ragioniere. Gigi era un artista nella pittura e sul prato, io nella composizione musicale, nel guizzo di una nota all’improvviso». Un dribbling tra gli spartiti: tutti i giorni, a un ritmo indefesso, perché «in America la competizione è imparagonabile e non puoi dormire sugli allori neanche un giorno. Vivo a Los Angeles dal ‘97, dopo aver frequentato il conservatorio a Boston ed essermi poi trasferito in California per suonare jazz. Partii giovanissimo da Como con la mia chitarra. Mi dissi: devo provare, buttarmi, seguire l’ispirazione, ciò che mi bolle dentro. E poi quel che sarà sarà».

    Le chiacchiere con la nonna

    E a 20 anni rivisse idealmente i salti nel buio del Gigi calciatore, giovane talento. «Nonna Rosa mi parlava di lui, ma poi si interrompeva sempre, la commozione era troppa. Anche papà e zia hanno sempre fatto tanta fatica. Troppo il dolore, troppo tremenda la morte, così giovane. Troppo tutto. E io ho compreso meglio, direi appieno, la forza morale e la tensione per la libertà di mio zio quando sono diventato adulto. Oggi conservo le sue cose… una maglia della Nazionale, altri cimeli… come oggetti viventi». Disse Meroni in un’intervista rilasciata tre mesi prima di morire: «Io son quel che sono perché non ho mai rinunciato ai miei principi morali, di me stesso sono contento, sono un tipo semplice, non ho mai fatto nulla che adesso non rifarei e non mi cambierei con nessun altro». Gli insegnamenti di una vita a 24 anni, nel 1967. Così come oggi, per i suoi 80 anni, che però non ci sono. Ma invece sì, sono anche dentro di noi, se li sappiamo ascoltare col cuore. Il fruscio delle ali. E l’orecchio. Il diapason della sensibilità.  LEGGI TUTTO

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    Toro: la certezza è Miranchuk

    TORINO – Karamoh spera di avere un’altra chance dall’inizio, ma il suo eventuale impiego da inizio gara è in questo momento subordinato allo sviluppo delle condizioni fisiche di Vlasic. Alle prese con un guaio di natura muscolare che tiene Juric con il fiato sospeso, in vista del derby di martedì (ore 20.45, cornice l’Allianz Stadium). Discorso a parte per Radonjic: il serbo, almeno nel 2023, è il granata più deludente, per atteggiamento prima che per resa in campo. Basso il secondo, irritante il primo. In definitiva la certezza per la seconda sfida stagionale contro i bianconeri è Miranchuk, guardando alle corsie offensive. Uno tra i due esterni d’attacco sarà il russo, mentre nel ruolo di centravanti sarà confermato Sanabria. Il paraguaiano è appena scattato in cima alla classifica dei marcatori granata, con il rigore trasformato contro la Cremonese: 5 i suoi gol, uno più di Miranchuk e Vlasic (4 reti le ha realizzate anche Radonjic, ma 2 sono arrivate in Coppa Italia). Dell’ex atalantino – per il quale Vagnati sta trattando il riscatto con i nerazzurri (12 milioni la cifra pattuita la scorsa estate con il club lombardo) – in prospettiva derby andrà pesata la tenuta tra primo e secondo tempo. In genere, assecondando quello che è poi un trend di tutto il Torino, Miranchuk eccelle nel primo tempo, ma si sgonfia nella ripresa. Martedì, intanto, il trequartista agirà assieme a Ilic e, tendenzialmente nella ripresa, a Ricci: quando tutti e tre saranno al meglio, il palleggio dei granata sarà di altissimo livello. LEGGI TUTTO